di Roberto D’Alimonte
Pubblicato sul Sole 24 Ore il 18 marzo 2016
A prima vista sembra difficile spiegare la decisione di Georgia Meloni di candidarsi a sindaco di Roma. Dopo Bertolaso, Marchini e Storace arriva anche lei. Quattro candidati che si collocano tra il centro e la destra. Poi ci sono Virginia Raggi del M5s, Giachetti del Pd e un candidato della sinistra radicale il cui nome è ancora incerto. Forse Fassina, forse Marino. Con tutti questi candidati le elezioni saranno una lotteria. Ed è proprio questo il motivo che ha spinto la Meloni a entrare in gioco. In una lotteria tutti (o quasi) possono provare a vincere. E allora tanto vale fare una puntata. Per lei, come per gli altri, la chiave sarà il ballottaggio.
Il sistema elettorale con cui si eleggono i sindaci è una specie di Italicum. I turni sono due. A differenza dell’Italicum si vince al primo turno solo se si arriva al 50% dei voti più uno. Nell’Italicum la soglia per vincere al primo turno è al 40%. Se nessun candidato arriva al 50% i due candidati più votati vanno al ballottaggio. Nel caso di Roma l’unica cosa certa è che nessuno vincerà al primo turno. Sarà il ballottaggio a decidere chi farà il sindaco. Ma chi ci arriverà? Difficile dirlo, ma è possibile che la Meloni possa essere uno dei due contendenti. Questa è la sua scommessa. Tra Bertolaso, Marchini e Storace potrebbe essere lei a prendere più voti. A Roma Fratelli d’Italia ha una base elettorale che pur non essendo solida come un tempo rappresenta comunque un bacino di voti di tutto rispetto. In più c’è da dire che la Meloni gode di una certa visibilità e di un discreto livello di popolarità.
Il fattore decisivo è il numero di candidati. In un contesto così frammentato i voti al primo turno si sparpaglieranno e questo abbasserà la soglia per conquistare uno dei due posti in palio al ballottaggio. Dunque, per arrivarci non sarà necessario avere il 30% dei voti. Ne basteranno meno. Forse parecchi di meno. Questo rende la competizione molto aperta. Quasi tutti i candidati possono illudersi di avere una chance. La Meloni tra questi. Ma anche così non è detto che ce la faccia. I vincitori del primo turno potrebbero essere il candidato del Pd e la candidata del M5s. Ma se invece fossero la Meloni e la Raggi oppure la Meloni e Giachetti?
Sono scenari interessanti. In entrambi i casi la leader di Fratelli d’Italia avrebbe una grossa opportunità. Sbaragliati i vari Bertolaso, Marchini e Storace al primo turno la Meloni diventerebbe naturalmente il punto di riferimento di tutto lo schieramento moderato al secondo turno. Tra l’altro il sistema elettorale delle comunali, a differenza dell’Italicum, prevede la possibilità di apparentamento tra primo e secondo turno. E così è molto probabile che la coalizione del centro-destra, che non si è formata ora, si formi dopo il primo turno. In pratica il primo turno funzionerebbe come una elezione primaria. Quella primaria che Berlusconi ha sempre rifiutato ma che la candidatura della Meloni finisce per imporre. Ma alla leader di Fratelli d’Italia non basterà vincere le primarie del centro-destra. Dovrà anche essere capace di prendere più voti di Giachetti o della Raggi. Solo così arriverà al ballottaggio. Superare Marchini e Bertolaso sarebbe una magra consolazione se restasse esclusa dal secondo turno.
Come abbiamo detto la partita è apertissima. E per la Meloni vale certamente la pena di giocarla in prima persona. La posta in gioco va al di là della città di Roma. Una eventuale sua vittoria ne farebbe non solo il sindaco della capitale, ma anche uno dei punti di riferimento per la riaggregazione della destra italiana dopo la fine del berlusconismo. Chissà, lei e Salvini potrebbero dividersi i compiti ovvero i territori. L’uno al Nord e l’altra al Sud. In fondo Lega Nord e Fratelli d’Italia sono partiti complementari geograficamente. Il primo ha sempre , e presumibilmente continuerà ad avere, la sua roccaforte elettorale nel Nord, mentre il MSI e le sue filiazioni, ultima delle quali il partito della Meloni, sono sempre stati molto più forti nelle regioni centro-meridionali.
Una ultima considerazione. Il giochino di trasformare il primo turno nelle primarie del centro-destra si può fare a Roma, ma sarebbe impossibile farlo alle politiche. Infatti se il quadro dentro il quale si andrà al voto sarà simile a quello attuale è praticamente certo che, se i partiti del centro-destra si presenteranno divisi al primo turno, saranno Pd e M5s ad andare al ballottaggio. Anche per questo motivo Roma rappresenta una ghiotta opportunità, seppur rischiosa. Ma di questi tempi se non si rischia si rimane ai margini del grande gioco. Matteo Renzi, con la sua sfida alle primarie per il sindaco di Firenze, ha fatto scuola.