di Roberto D’Alimonte
Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 19 giugno
Tra i 121 comuni al voto ci sono 20 capoluoghi di provincia, di cui 6 capoluoghi di regione. Due settimane fa erano 24. Il sindaco è già stato eletto a Cagliari (centro-sinistra), Cosenza (centro-destra), Rimini (centro-sinistra), Salerno (centro-sinistra). In questi 20 comuni si giocano le partite più importanti. Ma merita comunque dare una occhiata panoramica all’intero universo dei 121 comuni.
Come mostrato dalla Tabella 1, il Pd è il partito, che da solo o con vari alleati, è riuscito ad arrivare primo o secondo, e quindi a guadagnarsi un posto al ballottaggio, nel maggior numero di comuni. Per la precisione sono 90. In 48 casi è arrivato primo e in 42 casi secondo. Dentro questa cifra ci sono anche 17 capoluoghi di provincia (su 20). In questi 17 è arrivato primo 10 volte. In breve Pd e alleati sono esclusi dal secondo turno solo a Napoli, Isernia e Latina. Quanto al tipo di sfide, quelle più numerose vedono di fronte il candidato del centro-sinistra e quello del centro-destra. È così in 45 comuni, circa un terzo del totale. Sono le sfide di una volta, quando la competizione era ancora bipolare. Adesso non lo è più, ma il passato resiste ancora. I casi più interessanti sono Milano e Bologna su tutti, ma anche Trieste, Grosseto, Savona, Varese.
Sempre restando sul Pd, c’è da aggiungere che negli altri 45 casi in cui va al ballottaggio incontrerà avversari di tutti i tipi. In 15 comuni sono candidati di liste civiche. In 6 affronterà un candidato di una destra senza Forza Italia. Per esempio a Novara. E in 11 comuni lo sfidante sarà il candidato del M5s. Va da sé che questi sono i casi più interessanti. Tre sono comuni capoluogo: Roma, Torino, Carbonia. Per il Pd, e per chi cerca di capire le dinamiche del voto in questa fase convulsa della nostra vita politica, questi 11 comuni, e soprattutto Roma e Torino, ci daranno delle indicazioni preziose sulle seconde preferenze degli elettori italiani.
Ai ballottaggi si vince riportando a votare i propri elettori – quelli del primo turno – ma cercando anche di convincere a votare per te una parte degli elettori i cui candidati sono rimasti esclusi dal ballottaggio. Queste sono le seconde preferenze. Non sempre determinano l’esito finale del voto, ma tante volte sì. Per un precedente articolo (Si veda Il Sole 24 Ore dell’8 Giugno) avevamo calcolato i flussi tra il primo turno delle comunali del 2011 e il primo turno di quelle odierne. Nei prossimi giorni calcoleremo i flussi tra il primo e il secondo turno. Sarà molto interessante vedere il comportamento degli elettori di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia in tutti i casi di scontro tra Pd e M5S, e soprattutto a Roma e Torino. Quanti staranno a casa e quanti preferiranno il candidato del M5S a quello del Pd o viceversa? E non meno interessante sarà vedere la decisione di voto di coloro che al primo turno hanno votato i candidati delle varie formazioni della sinistra.
Nella sostanza saranno i flussi a dirci quanto pesi realmente a livello elettorale la “santa alleanza” di tutti contro il Pd. E questo test riguarderà anche il M5S e i suoi elettori. In fondo, il M5S sarà presente al ballottaggio solo in 20 casi su 121. In alcuni comuni, come Ravenna e Rimini, non si è presentato ma in tanti casi era in corsa ed è stato escluso dal secondo turno. Cosa faranno i suoi elettori? Resteranno a casa in massa? E se non sarà così, chi sceglieranno tra il candidato del Pd e quello del centro-destra? Sono le risposte a queste domande che ci aiuteranno a decifrare le tendenze elettorali anche in vista delle prossime politiche.
Passando al centro-destra, i suoi partiti si sono presentati in ordine sparso. Roma non è un caso unico. In 15 comuni Lega Nord e Fratelli d’Italia sono riusciti ad arrivare al secondo turno senza l’appoggio di Forza Italia. Ma sono molti di più i comuni – 61, cioè uno sue due – in cui il centro-destra unito è riuscito a piazzare un suo candidato al ballottaggio. Vuol dire che quando lo “schema Milano” prevale sullo “schema Roma” il centro-destra rimane uno schieramento competitivo. I casi di Milano, Trieste, Varese, Savona, Benevento ne sono una prova. Quindi, nonostante tutto il clamore suscitato dalla performance del M5s in queste comunali, non è detto che sia Di Maio a sfidare Renzi tra due anni. Lo “schema Milano” potrebbe cambiare pronostici affrettati. Intanto aspettiamo a vedere cosa succede oggi.