Il patto proporzionale salvato a scapito della governabilità

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 6 giugno

La soglia al 5% c’è, e senza trucchi per aggirarla. Questa è la buona notizia che si ricava dalla lettura del testo del nuovo sistema elettorale, cosiddetto tedesco, che ora va in aula alla Camera. Imboscate di vario tipo sono sempre possibili soprattutto al Senato, ma l’accordo dei quattro maggiori partiti dovrebbe essere una garanzia. Così, per ora registriamo che la promessa di una soglia vera è stata mantenuta. Ci sono anche i collegi uninominali. Rispetto alla proposta originale quelli delle 18 regioni regolate dalla nuova legge sono diminuiti da 303 a 225 in modo da poter trovare una soluzione meno pasticciata al problema dei seggi in soprannumero che in Germania viene risolto allargando il Bundestag, cosa che da noi non si può fare.

Poi ci sono 26 circoscrizioni (senza Trentino-Alto Adige e Valle D’Aosta) in ciascuna delle quali i partiti presenteranno una lista di candidati che va da 2 a 6 nomi. Erano 25 e l’emendamento Fiano ne ha aggiunto una in Lombardia. Le liste, come in Germania, sono bloccate, cioè non è previsto alcun voto di preferenza. Sono spariti i capilista garantiti, quelli che avrebbero preso il primo seggio disponibile a spese degli eletti nei collegi uninominali. Tutti gli eletti nei collegi uninominali avranno il seggio diversamente da quanto previsto nella proposta originale. Contrariamente a quanto pensano in tanti l’assenza del voto di preferenza non è una cosa negativa. Ricordo che l’attuale consiglio regionale lombardo è stato scelto dal 14% degli elettori andati alle urne. Solo loro hanno usato la preferenza. In queste condizioni è relativamente facile per gruppi organizzati influenzare l’elezione dei consiglieri. In Calabria invece la preferenza viene utilizzata da oltre l’80% dei votanti. Oggi il voto di preferenza da noi è sinonimo di clientelismo (soprattutto al Sud), corruzione e voto di scambio (dappertutto), e lobbies organizzate (soprattutto al Centro-Nord). Questo è l’unico punto su cui siamo d’accordo con Berlusconi.

Mettendo da parte Trentino Alto Adige (11 seggi), Valle d’Aosta (1) e i 12 seggi della circoscrizione estero, alla Camera i seggi da distribuire ai partiti sono 606. Questi 606 seggi vengono tutti distribuiti proporzionalmente ai voti presi, e così anche al Senato. Per questo motivo chiamiamo “finti” i collegi tedeschi, per distinguerli da quelli veri in cui la vittoria o meno in un collegio incide sulla ripartizione dei seggi tra i partiti. Come in Gran Bretagna, Francia, l’Italia del Mattarellum.

Gli elettori avranno un solo voto. Con lo stesso voto sceglieranno il candidato nel loro collegio e il partito ad esso collegato. Se non piace il candidato dovranno comunque votarlo per poter votare il partito. Se piace il candidato ma non il partito, dovranno accettare il partito per poter votare il candidato. L’unica scelta vera è quella di non votare. In Germania non è così. Questo, e non l’assenza del voto di preferenza, è uno degli elementi negativi di questo sistema. Detto ciò, occorre anche dire che questo meccanismo rappresenta un incentivo per i partiti più grandi a candidare nei collegi persone credibili per cercare di attirare voti personali che si trasformano automaticamente in voti al partito. Un piccolo vantaggio per il Pd, meno per Fi e M5s.

Eppure, Berlusconi e Grillo sono i veri vincitori di questa partita. Volevano un sistema proporzionale e lo hanno ottenuto. In questo modo possono presentarsi davanti agli elettori da soli. Berlusconi non avrebbe potuto farlo né con il Mattarellum-bis – alias Rosatellum – né con il Consultellum. Il Cavaliere ha già annunciato in una recente intervista al Giornale la sua strategia. Correre da solo dicendo agli elettori che dopo il voto farà il governo con la Lega Nord e Fratelli d’Italia, come ai bei tempi. Solo che quei tempi non ci sono più e il governo lo farà con Renzi. Ma questo ai suoi elettori non lo dice. Né lo dirà Renzi. Le prossime elezioni – lo abbiamo già scritto – saranno la fiera delle finzioni.

Il M5S temeva moltissimo i collegi veri. I collegi finti del simil-tedesco gli vanno bene. In più gli va benissimo che non ci siano incentivi per gli altri a fare coalizioni prima del voto. Se la giocheranno testa a testa con il Pd per il primo posto in classifica e poi si vedrà. Renzi voleva le elezioni anticipate e forse le otterrà. Tornare al governo val bene il ritorno al proporzionale. Poteva puntare sul Rosatellum e eventualmente andare al voto con il Consultellum. E invece ha sacrificato il principio maggioritario sull’altare delle elezioni anticipate e – lo dice lui- del pragmatismo.

Ed è contento anche il presidente Mattarella che voleva fortemente una nuova legge elettorale armonica e la otterrà. La Consulta ci ha detto che i due sistemi elettorali da lei confezionati erano auto-applicativi, ma pare che non abbia convinto il presidente. Molto contenti sono anche loro, i giudici della Consulta e la grande maggioranza dei costituzionalisti italiani da sempre tenacemente ancorati all’idea che la vera democrazia sia quella proporzionale. Viva la rappresentanza. L’intendenza, cioè la governabilità, seguirà. E se non seguirà, pazienza. Per loro non è un problema. I perdenti – per ora – sono i piccoli partiti. Ma in fondo la soglia del 5% non è un obiettivo irraggiungibile né per la sinistra di Pisapia, né per il centro di Alfano né per la destra della Meloni. Se fanno bene i conti, possono giocarsela.

Noi invece siamo molto scontenti. A noi, e – osiamo credere – alla maggioranza dei cittadini, interessa che dopo il voto ci sia un governo capace di governare e di fare quelle riforme di cui il paese ha bisogno. Il ritorno al proporzionale non garantisce affatto un esito simile. Questo è il vero problema. Non il numero dei collegi uninominali o le liste bloccate.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.