Consultellum, cambio di strategia per i partiti ma la governabilità rimarrebbe una chimera

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 9 giugno

Pare che il tedesco si sia arenato. In queste ore convulse non si sa se la nuova legge elettorale verrà effettivamente approvata. Ma una cosa è assolutamente chiara: se salta il modello simil-tedesco non ci sarà un’altra legge elettorale. Resteranno in piedi i due Consultelli e si andrà al voto con quelli. A beneficio del lettore che ha perso il filo di Arianna nel labirinto delle proposte elettorali ricordiamo che si tratta di due sistemi creati da due sentenze della Consulta. Quello della Camera prevede un premio di maggioranza che dà il 54% dei seggi alla lista che arriva al 40% dei voti. La soglia per avere seggi è al 3% a livello nazionale. Quello del Senato non prevede un premio di maggioranza. La soglia è all’8% a livello regionale. Scende al 3% nel caso in cui un partito si allei ad altri e insieme arrivino al 20%.

Noi non siamo tra quelli che si stracceranno le vesti se il tedesco verrà definitivamente affossato. Dal punto di vista che ci interessa veramente, e cioè la governabilità del paese, tra tedesco o consultellum non c’è differenza. L’uno e l’altro non sono in grado di favorire nell’attuale contesto la formazione di maggioranze coese e stabili, come si vede dal confronto delle due simulazioni che proponiamo. Con i dati di oggi e il sistema simil-tedesco solo 4 partiti sarebbero rappresentati. Il leggero vantaggio della coalizione pro-Europa rispetto al fronte populista è effimero. La maggioranza dei seggi potrebbe andare a M5s e Lega Nord. Il voto sarebbe una lotteria e il risultato non è detto che sia il governo dei populisti. Potrebbe essere il non governo. Ma anche nel caso, più probabile, in cui Pd e Fi arrivino a 316 seggi o poco più sarebbe una maggioranza fragile.

Alla stessa conclusione si approda se i partiti che superassero la soglia fossero più di 4, come abbiamo dimostrato in un precedente articolo. Ovvero se le percentuali delle intenzioni di voto fossero diverse da quelle usate qui. Non sono i numeri esatti che contano. Questi possono cambiare. Ma con sistemi proporzionali dovrebbero cambiare in maniera drastica perché il quadro delineato qui non fosse più verosimile. Al momento nulla lascia pensare a un cambiamento così profondo delle preferenze degli italiani.

Con gli stessi dati di oggi e il Consultellum al posto del tedesco, alla Camera entrerebbero 6 partiti. Come si vede, cambierebbe la distribuzione dei seggi, ma non cambierebbero gli scenari. Maggioranze fragili e governi deboli. E la stessa probabilità che il fronte populista arrivi alla maggioranza assoluta. Sorridiamo al pensiero di tutti coloro che hanno tifato per la cancellazione del ballottaggio dell’Italicum per la paura di una vittoria del M5s. La verità pura e semplice è che senza dare agli elettori un secondo voto, come in Francia o come nel caso dei nostri sindaci, oggi qualunque sistema elettorale – tedesco, mattarellum-bis, consultellum – non può favorire alcuna reale governabilità. Per questo motivo il ritorno al consultellum non cambia il nostro giudizio sulle prospettive di governo del paese.

Tab. 1 – Distribuzione dei seggi alla Camera, confronto fra modello tedesco e consultellumtedesco vs consultellum

Sarebbe sbagliato però affermare che nulla cambierà se il tedesco non verrà approvato e si voterà con i due consultelli. Per i partiti cambieranno molte cose. Soprattutto per Berlusconi. Sarebbe lui il vero vincitore se il tedesco fosse approvato. Sarà lui il principale perdente se non lo fosse. Ed è paradossale che a mettere in crisi il Cavaliere sia stata una sua deputata con un emendamento che ha scatenato la bagarre.

Il consultellum con tutti i suoi difetti è pur sempre un sistema che alla Camera prevede un premio di maggioranza che va ad una lista e non ad una coalizione. Pd e M5s potranno impostare la campagna elettorale facendo credere agli elettori di poter arrivare al 40% dei voti e quindi alla maggioranza assoluta dei seggi. Questa strategia – da voto utile – è preclusa a Forza Italia, a meno che non si associ a Lega Nord e Fratelli d’Italia. Partendo da una base del 13% delle intenzioni di voto nemmeno un grande illusionista come Berlusconi può far credere di poter arrivare da solo al 40%. Per essere credibile deve “fondersi” con i suoi antichi sodali. Non una coalizione, ma una fusione in una lista unica. Operazione complicata e rischiosa.

Correre da solo però vorrebbe dire rassegnarsi a giocare un ruolo marginale al momento del voto, anche se dopo il voto il suo pacchetto di seggi sarebbe comunque indispensabile. Con il tedesco il dilemma non esiste. Né con questo sistema ci sarebbero le preferenze. E si sa quanto poco piacciano al Cavaliere. Tanto più che al Senato dovrebbero essere raccolte in diverse regioni in ambiti territoriali molto vasti. Si pensi alla Lombardia e alla Sicilia. Con tutte le conseguenze negative che questo comporta. Insomma, per Berlusconi l’ideale è proprio quel tedesco che la sua collega Biancofiore ha messo in crisi.

Per i partiti minori il ritorno al consultellum ha dei pro e dei contro. La soglia del 3% alla Camera è molto più abbordabile di quella prevista dal tedesco. Al Senato però la soglia è all’8%. Solo alleandosi, come abbiamo detto, possono sperare di prendere seggi. Ma allearsi con chi? La risposta non è semplice. Per questo il consultellum, abbinato alla diversità dei corpi elettorali, potrebbe produrre risultati ancora più differenziati tra Camera e Senato di quanto farebbe il tedesco.

Tutto questo preoccupa certamente il presidente della Repubblica che contava, e forse ancora conta, su una legge elettorale armonica. Ma se salta l’accordo a quattro sarà difficile mettere mano a modifiche significative dei due consultelli. Anche se alcune di queste sarebbero utili, necessarie e neutrali.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.