Alla ricerca della stabilità perduta: a livello locale domina la volatilità

Le elezioni comunali del 2017 sono state estremamente rilevanti. Abbiamo già ampiamente presentato e discusso i risultati di coalizioni e partiti, sia in riferimento alle amministrazioni conquistate, che ai voti complessivi ricevuti, con particolare dettaglio per alcune importanti città.

C’è ancora un tema che rimane da affrontare: la stabilità (o meno) del colore politico delle amministrazioni locali. Come sappiamo, sono stati 160 i comuni superiori al voto, e 159 hanno eletto un sindaco[1]. Per 11 comuni, però, queste comunali 2017 erano le prime in cui erano superiori e quindi svolte con relativo sistema elettorale. Eliminando questi 11 casi, abbiamo un campione di 148 comuni che ha votato nel 2017, era superiore già alle precedenti comunali, ed ha eletto un sindaco. Per questi comuni è dunque possibile confrontare la coalizione a sostegno del sindaco eletto quest’anno con quella della passata legislatura comunale[2].

Come possiamo osservare nella Tabella 1, quasi i due terzi dei comuni ha cambiato il colore politico della propria amministrazione cittadina. Si tratta di un valore straordinariamente simile a quello riscontrato cinque anni fa, quando si svolsero le precedenti comunali per la stragrande maggioranza dei comuni considerati.

Per la precisione, sono 52 i comuni con una continuità nella coalizione a sostengo del sindaco eletto, contro i 96 che invece hanno cambiato coalizione al governo. La grande instabilità è confermata nelle tre zone geopolitiche del nostro paese, anche se si segnala una certa differenza fra centro-nord e sud. Nelle regioni a sud della Zona Rossa, la percentuale di comuni stabili politicamente scende al 30%, mentre al nord e nelle quattro regioni rosse si attesta attorno al 40%.

Tab. 1 – Stabilità delle amministrazioni comunali per zona geopolitica nei comuni superiori da almeno due elezioni comunalistab_by_zona

Guardiamo ora alla stabilità in base al diverso colore politico delle amministrazioni uscenti (Tabella 2). Iniziando dai due ex poli del bipolarismo italiano (il centrodestra targato Berlusconi e il centrosinistra del Pd), possiamo osservare come entrambi abbiano mantenuto poco meno del 40% delle amministrazioni uscenti.

In particolare, coalizioni contenenti il Pd avevano vinto 76 dei 148 comuni considerati e ne hanno mantenuti 30 (ovvero il 39,5%). Sono addirittura meno dei 31 conquistati da coalizioni di destra (con o senza Fi, 27 e 4 rispettivamente). Ve ne sono poi 5 passati al M5s, 8 a coalizioni civiche, mentre solo 2, equamente divisi, sono andati ai due poli più prossimi, il centro e la sinistra alternativa al Pd (Tricase e Melito di Napoli rispettivamente).

Coalizioni contenenti il partito di Berlusconi (Pdl o Fi, nei diversi anni) avevano invece conquistato 39 amministrazioni. Ne mantengono 15, il 38,5%. A Cerea a strappare il comune è stata una coalizione di destra senza Fi (Lega). I comuni passati al Pd sono stati 9, cui si sommano i 2 in cui il Pd fa ora parte della “grande” coalizione che governa la città, mentre ad Arzano a vincere stavolta è stata una coalizione di sinistra senza il Pd. Oltre un quinto dei comuni con un’amministrazione uscente appoggiata da Fi (8) sono stati vinti da coalizioni civiche, mentre 3 sono stati conquistati dal M5s – che quindi si è dimostrato ancora una volta trasversale, strappando il 6/7% delle amministrazioni sia al centrodestra che al centrosinistra.

Gli altri formati coalizionali amministravano pochi comuni ciascuno, per cui è poco sensato ragionare in termini percentuali. Tuttavia è interessante notare come il M5s non abbia confermato nessuno dei propri 3 comuni: a Parma e Comacchio hanno vinto i sindaci uscenti ma senza più il simbolo del Movimento a sostenerli, mentre a Mira ha vinto la coalizione contenente il Pd. Lo stesso vale per i tre comuni vinti la volta scorsa da coalizioni di destra senza Berlusconi: oggi in due casi Fi fa parte della coalizione vincente, mentre a Sabaudia la ricomposizione dell’alleanza fra Fi e Fdi non ha avuto lo stesso esito e a vincere è stato un candidato civico.

Coalizioni di sinistra senza il Pd amministravano 9 comuni, ne hanno mantenuti 2: Belluno e Cerveteri. In 3 casi il Pd fa oggi parte della coalizione che esprime il sindaco, 2 sono passati al centrodestra e 2 a coalizioni civiche. Coalizioni di centro (l’allora Terzo Polo) avevano in 7 comuni: mantengono solo Acerra. Tre sono stati vinti dalle coalizioni con il Pd, uno a testa per sinistra, centrodestra e altri.

Coalizioni civiche avevano 10 comuni, 7 sono oggi amministrati da coalizioni con il Pd (5) o con Fi (2), mentre solo 3 saranno ancora retti da coalizioni senza partiti. L’unico formato coalizionale che ha mantenuto tutti i suoi comuni è la grande coalizione fra Pd e Fi: certo, governava un solo comune (Jesolo) ma comunque è riuscita a mantenerlo.

Tab. 2 – Coalizione uscente e coalizione vincente  nei comuni superiori da almeno due elezioni comunalivincente_by_uscente

Vi è un altro aspetto inerente la stabilità del governo comunale che possiamo indagare: la riconferma dei sindaci uscenti. Sui 148 casi analizzati, in oltre la metà (78) si ripresentava a caccia di un secondo mandato da primo cittadino l’incumbent. Guardando in maggior dettaglio, possiamo notare come sia al nord che al sud l’uscente fosse in corsa nella metà scarsa dei comuni, mentre nelle regioni della Zona Rossa la percentuale fosse assai più alta (16 su 19, ovvero oltre l’80%).

Concentrandoci ora sui tassi di riconferma di questi sindaci uscenti,  possiamo osservare come il 60% (47) siano stati premiati dai propri concittadini con un secondo mandato, mentre 31 sono stati sconfitti. Guardando al dato disaggregato per zona geografica, il sud è fa segnare un tasso leggermente superiore a quello nazionale, mentre al nord è circa 10 punti più basso, esattamente pari al 50%. Nella Zona Rossa i più frequenti sindaci uscenti sono stati anche più frequentemente confermati. Ciò è accaduto nel 70% scarso dei casi in cui erano presenti (11 su 16).

Tab. 3 – Sindaci uscenti, riconfermati e non, per zona geopolitica  nei comuni superiori da almeno due elezioni comunalirieletti_by_zona

La stabilità personale dei sindaci uscenti è dunque assai più alta di quella per coalizioni. Questo è dovuto anche alla rielezione di sindaci uscenti che hanno cambiato, rispetto alle elezioni precedenti, il formato della coalizione a proprio sostegno. Oltre ai due già citati casi dei sindaci ex M5s a Parma e Comacchio, vi sono altri due casi rilevanti in quanto avvenuti in comuni capoluogo: Orlando a Palermo era un sindaco di sinistra alternativa al Pd cinque anni fa, mentre oggi ha vinto per il centrosinistra targato Pd. Lo stesso per Borgna a Cuneo, che vinse per il Terzo Polo contro il Pd nel 2012 e invece è stato appoggiato dal Pd quest’anno. In tutto sono 14 i comuni che hanno confermato il proprio sindaco uscente ma con una coalizione a sostegno di tipo diverso: ovvero il 10% dei comuni totali e il 30% dei sindaci uscenti rieletti. Nonostante ciò, i comuni con l’incumbent in corsa hanno mantenuto stabile il colore politico dell’amministrazione cittadina nel 43,6% dei casi (34 su 78); mentre nei comuni “aperti” (senza l’uscente sulla scheda) l’amministrazione ha cambiato colore nel 75% dei casi (52 su 70).

Riassumendo, il quadro del governo locale che emerge dai dati che abbiamo mostrato appare estremamente instabile. Solo il 35% dei comuni conferma il formato coalizionale che l’ha governato nella passata legislatura. Guardando al ruolo dei sindaci uscenti, il 60% di questi viene confermato, indicando una chiara prevalenza della figura del sindaco sul sistema partitico, che si conferma estremamente sfilacciato e poco capace di orientare le scelte degli elettori a livello locale, come segnalato anche dalla grande capacità degli uscenti di vincere contro la coalizione che li aveva eletti la volta precedente, e dalla notevole differenza nella stabilità del colore politico fra comuni in cui l’uscente correva (44%) o meno (26%).

In chiave comparata, tuttavia, emerge una certa debolezza dell’incumbency factor al livello del comune italiano. Infatti, anche tralasciando la questione di uscenti che si presentano sotto nuove insegne (tutt’altro che marginale sia analiticamente che numericamente in queste elezioni), i nostri dati come il 40% degli uscenti non ottenga una riconferma. Facendo un confronto con il caso americano, per cui più abbondanti e datati sono gli studi sull’incumbency, ci accorgiamo come oltreoceano più dell’80% degli uscenti viene confermato, e spesso il 90% o più (Jacobson e Carson 2015, in riferimento alle elezioni per la Camera e il Senato). Certo, il limite a due mandati consecutivi per i sindaci, può parzialmente spiegare la maggiore difficoltà degli uscenti nostrani nello strutturare il proprio vantaggio competitivo, ma questo elemento istituzionale non può essere questa la sola ragione di una così netta differenza. In conclusione, quindi, i dati qui presentati sembrano sollevare una interessante domanda di ricerca, ovvero indagare le classiche fonti dell’incumbency advantage (quali la personalizzazione della politica, il venir meno del ruolo tradizionale dei partiti, la possibilità di rendersi visibile e risolvere specifici problemi per i cittadini, l’aumento dei costi delle campagne elettorali) per comprendere come mai non dispieghino efficacemente i loro effetti nel caso del comune italiano.

Riferimenti bibliografici

D’Alimonte, R. (2017). Renzi, Berlusconi, Grillo: chi ha vinto e chi ha perso /cise/2017/06/13/renzi-berlusconi-grillo-chi-ha-vinto-e-chi-ha-perso/

Emanuele, V. and Marino, B. (2016). Follow the candidates, not the parties? Personal vote in a regional de-institutionalised party system, Regional and Federal Studies

Emanuele, V. e A. Paparo (2017). Il centrodestra avanza, il Pd arretra: è pareggio. I numeri finali delle comunali /cise/2017/06/26/il-centrodestra-avanza-il-pd-arretra-e-pareggio-i-numeri-finali-delle-comunali/

Jacobson, G. C., e Carson, J. L. (2015). The politics of congressional elections. Rowman & Littlefield.

Paparo, A. (2012).  La stabilità perduta: in due comuni su tre cambia il colore politico del governo cittadino in De Sio, L. e A. Paparo (a cura di) Le Elezioni Comunali 2012, CISE, Dossier CISE 1, 147-148.  /cise/wp-content/uploads/2012/07/DCISE1_148-149.pdf 

Paparo, A. (2017). I risultati complessivi dei partiti: il Pd ancora primo, il M5s sotto il 10%, avanza la Lega ma Fi difende il primato nel centrodestra /cise/2017/06/14/i-risultati-complessivi-dei-partiti-il-pd-ancora-primo-il-m5s-sotto-il-10-avanza-la-lega-ma-fi-difende-il-primato-nel-centrodestra/


[1] A Trapani la città sarà commissariata a seguito del ritiro di Fazio (Centro) dal ballottaggio e per il mancato raggiungimento del quorum di votanti.

[2] Criteri per l’assegnazione di un candidato a un polo: se un candidato è sostenuto dal Pd o dal Pdl (o Fi) è attribuito al centro-sinistra e al centro-destra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno e dalla specifica appartenenza partitica del candidato. Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico. Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo Pd e Pdl che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).