L’analisi dei flussi di voto dal 2013: tra (s)mobilitazione e passaggi di campo

Il sondaggio realizzato, in collaborazione con la LUISS e IlSole24Ore, traccia delle traiettorie in parte inaspettate sui passaggi di voto che dovrebbero avvenire tra il 2013 e il 2018. Pur scontando un certo livello di approssimazione, dato che i flussi di voto sono ricavati dalle intenzioni di voto e non da tutte le sezioni elettorali Italiane, tale analisi fornisce delle indicazioni rilevanti per poter intrepretare i potenziali scenari del voto politico Italiano.

Nelle nostre precedenti analisi (Emanuele e Maggini 2015, Carrieri 2017), il M5S si era configurato come un moderno pigliatutto, riuscendo a conquistare un profilo molto interclassista e sfondando elettoralmente presso tutti i segmenti attivi del mercato del lavoro. L’analisi dei flussi rivela la tendenza del M5S ad incunearsi presso i bacini elettorali del centrosinistra e del centrodestra. Infatti, questo partito conquisterebbe una quota molto significativa di ex elettori di centrosinistra (12,3) e montiani (12,9) del 2013. La percentuale di elettori di centrodestra che passerebbe al M5S non sarebbe inconsistente (7,5%), soprattutto in un uno scenario politico dove i passaggi di voto tra una coalizione e l’altra sono stati tradizionalmente limitati (D’Alimonte e De Sio 2010). Inoltre, secondo le nostre stime, il partito di Di Maio ottiene un elevato livello di riconferme elettorali (71%), rimobilitando una parte molto consistente dei suoi elettori del 2013.  Per di più, il M5S diventa il primo partito elettorale tra i giovani che hanno maturato l’età per il voto dal 2013 ad oggi, evidenziando la propria capacità di attrarre le giovani generazioni e, probabilmente, di svolgere una funzione di socializzazione alla politica per molti di essi. Sembra lecito poter affermare che il M5S stia mettendo in atto una strategia trasversale e pigliatutto in vista delle elezioni del 4 Marzo, che gli conferirebbe una posizione centrale nel sistema politico Italiano.

D’altra canto, la vicenda del PD e del centrosinistra appare come la cronaca di una sconfitta annunciata. Infatti, dopo le elezioni Europee del 2014, il PD ha registrato molte battute d’arresto elettorali, culminate con la sconfitta referendaria del Dicembre 2016, che hanno prodotto le dimissioni del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il dato più problematico per il PD è il tasso di riconferma elettorale rispetto al 2013, che si fermerebbe al 54,7%. Questa netta tendenza alla smobilitazione elettorale sembrerebbe condannare il PD, il quale dovrebbe recuperare una parte rilevante dei suoi ex-elettori per tornare ad essere realmente competitivo. D’altro canto, gli ex-elettori della coalizione montiana, si rivolgerebbero principalmente al PD, garantendogli una tenuta elettorale. La rendita di posizione del PD presso gli ex-elettori centristi di Monti, sembrerebbe indicare un profilo nettamente più moderato del partito, che invece perderebbe voti a sinistra a vantaggio del M5S e LEU. Gli altri cespugli della coalizione di centrosinistra, tra cui spicca la lista Più Europa guidata da Emma Bonino, non compenserebbero le ingenti perdite registrate dal PD tra i suoi ex-elettori. Quindi, il processo di coalition-building realizzato dal centrosinistra sconterebbe dei profondi limiti, non riuscendo a realizzare un’efficace strategia pigliatutto. Il centrosinistra non conseguirebbe né uno sfondamento presso i campi avversari (centrodestra e M5S) né una rimobilitazione del proprio elettorato in fuga. La difficile incumbency del PD, insieme alle divisioni a sinistra, sembrano i principali fattori causali di tale smobilitazione. La spaccatura con LEU, in cui militano diversi ex-esponenti del PD, ha parzialmente danneggiato il centrosinistra, drenando l’11% degli ex-elettori di Bersani nel 2013. Eppure neanche la formazione guidata da Pietro Grasso sfonda presso gli altri bacini di voto potenziali (M5S e astenuti), mentre, il M5S risulta essere il principale beneficiario dei voti in uscita dal centrosinistra, ottenendo il 12,3% di quegli elettori.

Al contrario, il centrodestra nel suo insieme registrerebbe un elevato tasso di rimobilitazione; FI, Lega, FDI e Noi per L’Italia raggiungerebbero un tasso di riconferma elettorale pari all’84,5% rispetto ai voti conquistati dall’intero centrodestra nel 2013. La storia elettorale Italiana è stata spesso definita come la storia di un astensionismo asimmetrico (D’Alimonte e De Sio 2010), dato dai differenziali tra i voti in entrata e voti in uscita dalle coalizioni. Tale dinamica avvantaggerebbe il centrodestra che è stato capace di diversificare la propria offerta elettorale, aggregando le sue diverse anime all’interno di una coalizione. La gamba sovranista di questa coalizione (Lega e FDI) e quella più moderata ed Europeista (FI e Noi per l’Italia) dimostrerebbero la propria complementarità nell’arena elettorale. Tale complementarità potrebbe però tradursi in un ostacolo ai fini di un’eventuale azione di governo, data la profonda eterogeneità ideologica all’interno della coalizione. Ad ogni modo, il centrodestra non riesce ad oltrepassare le barriere ideologiche preesistenti. Infatti, FI e FDI non intercettano i voti in uscita dalle altre coalizioni del 2013. L’unica parziale eccezione è la Lega di Matteo Salvini, che in parte pescherebbe nel bacino di voto grillino del 2013 (9,1%), dimostrando qualche contiguità ideologica con la proposta Anti-Establishemnt ed Euroscettica del M5S. Le tendenze elettorali di questo schieramento rivelano gli incentivi insiti in un’offerta coalizionale ampia ed eterogenea, che riproduce il tipico formato coalizione della Seconda Repubblica. Pur non riuscendo a conquistare gli elettori delle altre coalizioni del 2013, il centrodestra è l’unica vera coalizione che si presenterà alle prossime elezioni, mediando tra le sue diverse componenti ed accreditandosi, più degli altri, come potenziale vincitore.

Tabella 1 –  I flussi elettorali fra ricordo del voto 2013 e intenzione di voto 2018, destinazioni (clicca per ingrandire)flussi_ITA_tab

L’analisi dei flussi ci fornisce delle informazioni utili circa il quadro che potrebbe delinearsi il 4 Marzo. Da un lato, il M5S è sempre di più il vero partito della nazione, che concepisce e realizza una strategia pigliatutto. Da sempre, i passaggi di voto tra una coalizione a l’altra sono stati considerati una merce preziosa e rara, mentre l’astensionismo asimmetrico è stata la vera chiave di volta a determinare l’esito delle elezioni. Nel 2013, il M5S aveva scardinato tale dinamica, drenando milioni di voti da centrosinistra e centrodestra (De Sio e Paparo 2014). Il partito guidato da Di Maio ha saputo mantenere quella capacità di essere trasversale, continuando ad incunearsi nei campi avversari e, probabilmente, beneficiando dei passaggi di voto. La sua indisponibilità a formare una coalizione potrebbe avergli conferito un vantaggio strategico nella campagna elettorale, rafforzando la propria immagine di partito Anti-Establishment. D’altra parte, tale logica potrebbe penalizzare il M5S nella fase post-elettorale, quando si formerà il governo. Viceversa, il centrosinistra appare scontare una forte tendenza alla smobilitazione elettorale, che lo metterebbe in una posizione di forte svantaggio nella competizione politica. L’incapacità di costruire una colazione ampia, che includesse le diverse anime del centrosinistra, potrebbe avere accelerato tale smobilitazione, già aggravata dal peso dell’incumbency del PD. Infine, la coalizione del centrodestra è stata l’unica a replicare le dinamiche del passato, quando si presentavano coalizioni molte inclusive, adatte a vincere le elezioni ma meno capaci di governare stabilmente (Chiaramonte 2010). Eppure tale scelta strategica sembra pagare in termini elettorali, nella misura in cui centrodestra potrebbe rimobilitare ampi segmenti del suo elettorato. L’incentivo strategico alla costruzione di coalizione ampie è ancora largamente presente in Italia, eppure solo il centrodestra è stato capace di raccoglierlo, facendone la propria forza.

Figura 1 – I flussi elettorali fra ricordo del voto 2013 (sinistra) e intenzione di voto 2018 (destra). Clicca per ingrandireflussi_ITA_fig

Riferimenti bilbliografici

Biancalana, C. e Legnante, G, (a cura di), 2017, Partiti ed elettori in tempo di crisi, Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

Carrieri, L., (2017), Il M5S: un moderno partito pigliatutto, in Biancalana, C. e Legnante, G, (a cura di), Partiti ed elettori in tempo di crisi, Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, pp. 43-55.

Chiaramonte, A., (2010), Dal bipolarismo frammentato al bipolarismo limitato? Evoluzione del sistemapolitica Italiano, in Chiaramonte, A. e D’Alimonte, R., (a cura di), Proporzionale se vi pare. Le elezioni politiche del 2008, Bologna, Il Mulino, pp. 203-228.

Chiaramonte, A. e D’Alimonte, R., (a cura di), 2010, Proporzionale se vi pare. Le elezioni politiche del 2008, Bologna, Il Mulino.

Chiaramonte, A. e De Sio, L. (a cura di) (2014) Terremoto elettorale, Bologna, Il Mulino.

D’Alimonte, R. e De Sio. L, (2010), Il voto: perché ha rivinto il centrodestra, in Chiaramonte, A. e D’Alimonte, R., (a cura di), Proporzionale se vi pare. Le elezioni politiche del 2008, Bologna, Il Mulino, pp. 75-105.

De Sio, L. e Paparo, A., (2014) Elettori alla deriva? I flussi di voto tra 2008 e 2013, in Chiaramonte, A. e De Sio, L. (a cura di) Terremoto elettorale, Bologna, Il Mulino, pp. 129- 150.

Emanuele, V. e Maggini, N. (2015) Il Partito della Nazione? Esiste, e si chiama Movimento a 5 Stelle, in “Cise-Luiss”, 7 dicembre.


NOTA METODOLOGICA

Il sondaggio è stato condotto da Demetra nel periodo dal 5 al 14 febbraio 2018. Sono state realizzate 3.889 interviste con metodo CATI (telefonia fissa) e CAMI (telefonia mobile), e 2.107 interviste con metodo CAWI (via internet), per un totale di 6.006 interviste. Il campione, rappresentativo della popolazione elettorale in ciascuna delle tre zone geografiche, è stato stratificato per genere, età e collegio uninominale di residenza. Il margine di errore (a livello fiduciario del 95%) per un campione probabilistico di pari numerosità in riferimento alla popolazione elettorale italiana è di +/- 1,17 punti percentuali. Il campione è stato ponderato per alcune variabili socio-demografiche.