Pubblicato su Il Sole 24 Ore dell’11 marzo
Ci vorrà un miracolo per dare un governo al paese. Per capirlo basta fare un banale esercizio. Immaginiamo che questa sia la sequenza del processo di formazione del prossimo governo. Mattarella potrebbe dare l’incarico a una personalità del centro-destra, visto che questo è lo schieramento con la base parlamentare più consistente. Come si evince dalla Tabella 1, con i suoi 265 seggi alla Camera e i suoi 137 seggi al Senato gliene servono rispettivamente 51 e 21 per arrivare a 316 e 158, le soglie di maggioranza nelle due camere. Dove li trova? C’è poco da scegliere. I seggi mancanti possono venire o dal Pd o dal M5s o da tutti e due insieme. Non ce ne sono altri a disposizione. Pd e M5s dovranno decidere se partecipare direttamente (accordo organico) o indirettamente (appoggio esterno) a un governo di centro-destra. Lo faranno? Molto poco probabile.
Se l’incarico al centro-destra non porterà a nessun risultato, è presumibile che Mattarella incarichi una personalità del M5s. In questo caso la base di partenza sono 227 seggi alla Camera e 112 al Senato. È possibile che in prima battuta il Movimento cerchi di formare un governo di minoranza, senza accordi formali con nessuno (come d’altronde pare voglia fare Salvini), puntando a cercare in parlamento i voti necessari per passare lo scoglio della fiducia. Governi di minoranza o governi della non sfiducia sono tornati di moda. Se non ce la fa (come probabile), e se a quel punto vorrà ancora puntare al governo, Di Maio avrà tre possibilità per cercare i voti che gli mancano. Si chiamano Pd, Forza Italia, Lega. Naturalmente la scelta non dipende solo dal M5s. Bisogna essere in due per un accordo. Di queste tre soluzioni l’unica che si può escludere a priori è un governo con Forza Italia, anche se i numeri ci sarebbero. Certo, se il M5s rinunciasse a una legge sul conflitto di interesse (con annessa nuova regolamentazione del settore televisivo) il cavaliere potrebbe anche arrivare a sponsorizzare un governo pentastellato. Per le stesse ragioni è da escludere una ipotesi che veda insieme M5s, Forza Italia e Lega.
Restano due opzioni per fare un governo: M5s-Pd e M5s-Lega. La seconda è quella comunemente etichettata come maggioranza populista. C’è chi sostiene che spetti proprio a M5s e Lega dare un governo al paese, in quanto vincitori di queste elezioni. L’argomento non è campato per aria. Si scontra però con altri argomenti. Mettiamo da parte per un momento la questione della disponibilità dei due partiti a stare insieme e soffermiamoci sulle reazioni che un governo M5s-Lega susciterebbe. I mercati e l’Unione non sono soggetti particolarmente apprezzati di questi tempi, ma pesano. Fino ad oggi sono rimasti alla finestra. Non sarà così se si materializzasse l’ipotesi di un governo populista in un paese con un debito pubblico superiore al 130% del Pil.
Quanto ai due protagonisti del possibile accordo, contrariamente alla vulgata comune che li etichetta entrambi come populisti, in realtà sono molto diversi tra loro. Rappresentano interessi, anche territoriali, diversi. E hanno obiettivi diversi. Un governo con Di Maio premier (227 seggi alla Camera) e Salvini vice (125 seggi) è difficile da immaginare. D’altronde è altrettanto difficile ipotizzare un governo M5s-Pd, anche se su parecchi punti programmatici la distanza che li separa è minore di quanto appaia. Il fatto è che in questa fase per il Pd appoggiare un qualunque governo è rischioso. L’ex partito di Renzi ha bisogno di opposizione per curarsi le ferite. Che siano gli altri ad assumersi la responsabilità di governare. Questa è l’idea che circola. Ma fa a pugni con il senso di responsabilità. È il paradosso di un partito sconfitto, senza il quale i vincitori difficilmente riusciranno a fare un governo. A volte essere in posizione strategica non conviene.
Tab. 1 – Distribuzione dei seggi per partiti e coalizioni alla Camera e al Senato
Esaurita la rassegna delle soluzioni per così dire convenzionali, occorre prendere in considerazione quelle non convenzionali. Qui serve fantasia. Si parla di un governo di scopo affidato a una personalità super partes con la missione di fare una nuova legge elettorale per tornare al voto in tempi più o meno brevi. Quale legge non si sa. Né è chiaro chi appoggerebbe questo governo. In teoria dovrebbero essere tutti e quattro i maggiori partiti. Molto poco probabile.
Da ultimo resta la risorsa italica del trasformismo. C’è chi pensa che dopo un periodo di decantazione non sarà impossibile per il centro-destra trovare tra le fila dei pentastellati e dei democratici una pattuglia di transfughi disposti a salvare se stessi, e la patria, consentendo la nascita di un governo. In fondo sarebbe contenta anche l’Europa. Sarebbe un governo stabile, ma non troppo, che non farà molto ma che non farà nemmeno molti danni. In fondo Renzi e Gentiloni hanno tirato avanti così, sfruttando le risorse di un parlamento liquido. Forse il miracolo lo farà proprio lo spettro di nuove elezioni. Ma ci vorrà un po’ di tempo.