Perché la soluzione non è il Rosatellum corretto col premio

Nella palude in cui siamo finiti dopo il voto del 4 Marzo si comincia a guardare alla ennesima riforma elettorale come alla via di uscita per dare un governo al paese. Per ora la sola proposta in campo è quella annunciata recentemente da Salvini: innestare un premio di maggioranza sull’attuale impianto del Rosatellum. In pratica, il sistema elettorale continuerebbe a prevedere l’assegnazione di un terzo dei seggi nei collegi uninominali e di due terzi con formula proporzionale.  In aggiunta ci sarebbe un premio che dovrebbe andare alla coalizione o al partito che ottiene più voti. I seggi di premio dovrebbero essere sottratti dal totale dei seggi proporzionali ottenuti dai partiti e dalle coalizioni perdenti.

Un sistema del genere pone una serie di problemi. Il primo è l’entità del premio. Per essere certi che dalle urne esca un vincitore dovrebbe essere variabile e garantire il raggiungimento di una certa percentuale di deputati e senatori. Immaginiamo che alla Camera al vincitore siano garantiti 340 seggi, pari al 54% del totale. Nelle elezioni del 4 Marzo la coalizione di centro-destra ha ottenuto 265 seggi. Per portarla a 340 il premio dovrebbe essere di 75 seggi, da sottrarre alla quota proporzionale degli altri. Un premio di 12 punti percentuali, ma in realtà il premio vero è più alto. Infatti, il centro-destra ha ottenuto i suoi 265 seggi, pari al 42% del totale, con il 37% dei voti. Il premio reale quindi sarebbe effettivamente di 17 punti. Questo perché il premio esplicito di 12 punti si va a sommare al premio implicito di cinque punti generato dal funzionamento dei collegi uninominali.

Due premi di natura diversa che sicuramente susciterebbero le ire e i ricorsi  dell’avvocato Besostri e probabilmente attirerebbero l’attenzione della Corte Costituzionale. Oltretutto, in occasione delle ultime elezioni la disproporzionalità generata dai collegi uninominali è stata complessivamente limitata perché la distorsione a favore del centro-destra nei collegi uninominali del Nord è stata ‘compensata’ dalla distorsione a favore del M5s nei collegi del Sud. Ma non è detto che vada sempre così.

Per evitare un premio eccessivo, secondo i canoni della Consulta, occorre fare in modo che il premio non scatti se la forza politica più votata non arriva a una certa soglia di voti , come nell’Italicum, oppure introdurre un premio fisso, cioè un certo numero di seggi da dare alla forza più votata. In entrambi i casi però il sistema elettorale potrebbe non assicurare una maggioranza. Nel primo caso perché nessuno arriva alla soglia e quindi il premio non scatta, nel secondo caso perché il premio potrebbe non essere sufficiente.

Il secondo problema sta nella differenza di corpi elettorali tra Camera e Senato.  Potrebbe succedere che il premio scatti in una camera e non nell’altra. Poi che si fa?

Il terzo problema è il più rilevante dal punto di vista politico. A chi si dà il premio alle coalizioni o a singole liste?  Perché il M5s dovrebbe accettare un premio alla coalizione con più voti invece che un premio alla lista con più voti?  Visto che le riforme elettorali si fanno sulla base degli convenienze dei singoli partiti non si vede perché il movimento di Di Maio dovrebbe accettare una riforma che palesemente avvantaggia il centro-destra. Non si dimentichi che il 4 Marzo il M5s ha preso il 32,7% dei voti alla Camera e la coalizione di centro-destra il 37% e che il M5s non fa alleanze e la Lega sì. D’altronde non si vede perché Salvini possa accettare un premio che va solo alla lista visto che la sua lista è al 17,4% e quella di Di Maio al 32,7%.

Chissà, forse la fantasia dei nostri politici partorirà una soluzione di compromesso che noi non riusciamo a vedere. Quello che vediamo ora è un tentativo di trovare la soluzione ad un problema politico, che è quello della difficoltà a fare alleanze, attraverso il ricorso a tecniche elettorali. Non è sbagliato trasferire la decisione sul governo dai partiti ai cittadini attraverso l’adozione di sistemi elettorali decisivi perché fortemente maggioritari. Ma lo strumento giusto non è il Rosatellum con il premio, ma il doppio turno.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.