La scommessa di Salvini

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 10 agosto

Matteo Salvini ha deciso di rischiare il tutto per tutto. Alla fine ha ceduto alle pressioni della Lega Nord, la vera Lega, che da mesi premeva per la rottura con i Cinque Stelle e a favore delle elezioni anticipate. Perché lo abbia fatto ora a ridosso di Ferragosto non è dato sapere con certezza. Le occasioni per rompere prima non sono mancate. Se non è successo è perché fino a ieri Salvini nutriva dubbi sulla opportunità di provocare la crisi in questo momento. Poi qualcosa è cambiato. La TAV è un alibi. Una ragione ben più solida è il mancato accordo sulla autonomia. Ma su quello non si poteva rompere con il rischio di fare una campagna elettorale Nord contro Sud. Ma la Lega Nord ha mal digerito l’ennesimo rinvio.

Anche il taglio dei parlamentari ha avuto un peso. La riforma costituzionale avrebbe dovuto concludere il suo iter in Parlamento a Settembre. L’eventuale richiesta di referendum ne avrebbe allungato i tempi di applicazione. Una volta approvata definitivamente i collegi elettorali avrebbero dovuto essere ridisegnati. Il rischio di un rinvio a data incerta di eventuali elezioni anticipate era concreto. Senza contare che andare al voto dopo il taglio avrebbe drasticamente tagliato la rappresentanza parlamentare degli eventuali vincitori.

E poi c’è la questione della legge di bilancio per il 2020. Fino ad oggi molti pensavano che Salvini preferisse farla insieme al M5S. Adesso evidentemente ha cambiato idea. Dice di essere pronto a farla lui da solo ma dopo il voto. In realtà non è affatto chiaro chi la farà. È difficile che eventuali elezioni si possano svolgere prima della fine di ottobre. A quel punto o sarà il governo in carica, qualunque esso sia, ad assumersene la responsabilità oppure sarà il nuovo governo scelto dagli elettori a farlo. A Salvini vanno bene entrambe le soluzioni. Nel primo caso perché non sarebbe la Lega a pagare le conseguenze politiche di una manovra onerosa. Nel secondo perché farla dopo il voto, a urne chiuse, è meglio che farla prima.

Ma questi fattori non bastano a spiegare la decisione di Salvini. Senza le elezioni europee e i dati di sondaggio non ci sarebbe la crisi. La Lega è ancora sopra il 35 % delle intenzioni di voto. Secondo il sondaggio pubblicato recentemente nel nostro giornale (si veda il Sole 24 Ore del 2 Agosto), la maggioranza degli italiani preferisce il voto alla continuazione del governo Conte. (Phentermine) È molto probabile che questi dati, in combinazione con le pressioni dei leghisti del Nord, abbiano fatto cambiare opinione al leader della Lega. Oggi si è definitivamente convinto che gli convenga andare al voto subito puntando ad ottenere la maggioranza assoluta dei seggi.

Da solo o in compagnia? La decisione è delicata. Serpeggia nelle file della Lega la tentazione di non fare accordi pre-elettorali con nessuno. Ma eventualmente farli dopo se necessario. Se così fosse sarebbe una novità clamorosa della politica italiana. Mai dal 1994 a oggi si è assistito alla corsa solitaria di un partito che punta alla maggioranza assoluta dei seggi senza alleati. Nemmeno il Pd di Veltroni lo ha fatto nel 2008. 

Sarebbe una mossa rischiosa. Arrivare a superare il 50% dei seggi partendo da poco più del 35% dei voti, con questo sistema elettorale, è una impresa molto difficile. Alle elezioni del 2018, alla Camera, la coalizione di centro-destra ha ottenuto complessivamente il 42% dei seggi con il 37 % dei voti. Come abbiamo scritto più volte, per centrare l’obiettivo occorre vincere almeno il 40% dei seggi proporzionali e il 70% dei seggi uninominali.  È improbabile che la Lega ce la possa fare da sola. Ma a suo favore potrebbero giocare la divisione degli avversari e il meccanismo del voto utile. In ogni caso molto dipenderà dal suo risultato nelle regioni meridionali. Quanti collegi riuscirà a strappare in questa zona del paese ai Cinque Stelle? È il motivo per cui in questi giorni di crisi si vede Salvini in giro a far comizi nei lidi balneari del Sud. Come Di Battista tempo fa.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.