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Il 3 e 4 ottobre si è svolto il primo turno delle ammnistrative che hanno coinvolto 118 comuni superiori ai 15.000 abitanti.[1] Oltre all’affluenza e alla performance dei partiti ̶ già analizzate in precedenti articoli, rispettivamente, da Federico Trastulli e da Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo ̶ un altro elemento da considerare per fornire una prima disamina del voto è quello relativo ai conteggi delle vittorie e delle sfide al ballottaggio nei 118 comuni superiori. Non è mai semplice fornire un’interpretazione di un voto come quello delle amministrative, giacché non sono chiari i termini di confronto e l’attenzione dei media è inevitabilmente catturata dal risultato delle città principali, soprattutto quando quest’ultime includono le quattro città più popolose del Paese (Roma, Milano, Napoli e Torino). Un buon metodo di lavoro è quello di analizzare le vittorie ottenute dalle diverse coalizioni, disaggregando il dato sia per macro-area geografica che per caratteristica del comune (capoluogo di provincia) e dell’elezione (presenza di un sindaco incumbent). La Tabella 1 mostra i risultati, che vanno interpretati tenendo presente anche la situazione di partenza. Come visto in un precedente articolo di Vincenzo Emanuele, Marco Improta e Federico Trastulli, il centrosinistra (ossia le coalizioni guidate dal PD) governava 37 comuni su 118, contro i 24 del centrodestra (ossia le coalizioni che includevano Forza Italia) e i 13 della destra di Lega e Fratelli d’Italia (coalizioni senza Forza Italia). Inoltre, 26 comuni erano governati da sindaci “civici” e 12 da esponenti del Movimento 5 Stelle (M5S). Era questa la fotografia di un sistema molto lontano dall’essere bipolare (Chiaramonte e Emanuele 2016), seguendo un trend cominciato nel 2013 a livello nazionale quando il sistema politico acquisì un formato tripolare (D’Alimonte, Di Virgilio e Maggini 2013; Chiaramonte e Emanuele 2014). Passando all’analisi di queste comunali, nei comuni già assegnati (56, ossia quasi la metà) prevale il centrosinistra (24) sul centrodestra (18). Ma se si considerano anche le coalizioni di sinistra (senza il PD) e di destra (senza Forza Italia), il quadro che ne viene fuori è quello di un sostanziale equilibrio tra l’area di centrosinistra-sinistra e quella di centrodestra-destra (25 vittorie contro 22). Un bilancio quindi ben diverso da quello emerso dal voto nelle grandi città, che ha visto una netta affermazione del centrosinistra. Ma questa non è una novità: storicamente la performance elettorale dei partiti del centrosinistra italiano è positivamente correlata con la dimensione dei comuni, mentre il centrodestra di solito va meglio nei piccoli centri.[2] Questo dato è confermato anche dal conteggio delle vittorie nei comuni capoluogo (si veda sempre la Tabella 1): il centrosinistra al primo turno ottiene il doppio delle vittorie del centrodestra in questi comuni maggiori (6 a 3). Inoltre, disaggregando il dato per area geopolitica (Nord, ex Zona Rossa e Sud)[3] si può notare come l’esito del primo turno sia territorialmente differenziato: le coalizioni di centrosinistra prevalgono chiaramente su quelle di centrodestra nella ex Zona Rossa (8 vittorie contro 2) e nel Sud (11 vittorie contro 1), mentre al Nord prevale chiaramente il centrodestra (15 vittorie contro 5). Mentre quindi la dimensione del comune e il territorio sono fattori che spiegano molto i risultati delle principali coalizioni, l’incumbency factor non pare aver avvantaggiato nessuno: tra i 42 comuni in cui il sindaco uscente è stato rieletto, 16 sono andati al centrosinistra e 16 al centrodestra (si veda ultima colonna della Tabella 1).
Tutte queste considerazioni spingono verso un’interpretazione prudente del voto. Certamente spiccano le nette affermazioni del centrosinistra a guida PD già al primo turno in città importanti come Milano (risultato storico mai ottenuto prima), Napoli e Bologna. Questo dato già rappresenta un miglioramento rispetto al 2016, quando era stato escluso dal ballottaggio a Napoli e aveva vinto al ballottaggio a Milano e Bologna. Inoltre, vittorie importanti sono state ottenute in altri comuni capoluogo come Ravenna, Rimini e Salerno. Però allargando lo sguardo dalle città più grandi, nei confronti delle quali c’è stata maggiore attenzione mediatica, all’insieme dei comuni superiori, il quadro di analisi appare molto variegato ed è difficile trarne una lettura uniforme in chiave nazionale. Tanto più se si considera che dalla nostra analisi sono stati esclusi i comuni più piccoli, quelli sotto i 15.000 abitanti, in cui vive il 40% degli elettori italiani e in cui tradizionalmente il centrodestra è relativamente più forte. Il vero dato chiaro che emerge semmai è quello del nuovo bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra: prima di tutto in termini di alleanze (a differenza del passato il M5S in 29 comuni si è presentato in coalizione col PD) e poi in termini di esiti, dal momento che il M5S nei 20 comuni in cui ha corso fuori dalla coalizione ha vinto solo in uno (Grottaglie) e ha subito cocenti sconfitte in due importanti città come Roma e Torino, dove aveva governato per 5 anni. Il tracollo del M5S è l’elemento di discontinuità rispetto al 2016 che spiega il ritorno in auge del bipolarismo, seppure in un contesto di minore affluenza elettorale, mentre i candidati “civici” continuano a esercitare un certo appeal alle ammnistrative, conquistando 8 comuni al primo turno.
Se il mero conteggio delle vittorie al primo turno ci ha mostrato un sostanziale equilibrio tra le due principali aree politiche del paese, è chiaro che bisogna aspettare l’esito dei ballottaggi per capire chi ha veramente vinto queste elezioni comunali del 2021, considerando anche che al ballottaggio si decideranno le sorti di città rilevanti come Roma e Torino. Già ora possiamo però analizzare la posizione di partenza delle forze politiche arrivate al ballottaggio (si veda la Tabella 2). Il primo dato che emerge è che in 26 comuni su 62 ci sarà la tradizionale sfida in stile Seconda Repubblica tra centrosinistra a guida PD e centrodestra a guida Forza Italia. Se si considera che in 4 comuni la sfida sarà tra centrosinistra e coalizioni sovraniste a guida Lega/FDI, si vede come la dinamica bipolare è confermata. Inoltre, candidati di coalizioni di centrosinistra e di centrodestra saranno presenti al ballottaggio in un numero quasi identico di comuni: 41 e 40, rispettivamente. Questo ci dice che entrambe le coalizioni possono incrementare il numero di sindaci eletti rispetto alla tornata del 2016 (come si è detto in precedenza erano 37 per il centrosinistra e 24 per il centrodestra). Il M5s sarà invece presente solo in 9 ballottaggi (quindi sicuramente diminuirà il numero di sindaci eletti rispetto al 2016), così come i candidati sostenuti dalle coalizioni di destra. Collegando questo dato del numero esiguo di ballottaggi ottenuti dalle liste di destra “sovranista” col loro magro bottino di vittorie al primo turno (4), si può dire che il centrodestra per essere competitivo e vincere deve includere anche la sua componente moderata, seppur Forza Italia sia in declino da anni. Ben più numerosi sono i candidati civici arrivati al ballottaggio (21), mentre le coalizioni di centro e quelle di sinistra si trovano in fondo alla classifica, portando rispettivamente solo due e un candidato al ballottaggio.
Nelle 41 sfide in cui sarà presente, la coalizione guidata dal PD correrà da prima classificata al primo turno in 23 ballottaggi, contrapponendosi al centrodestra in 16 casi. La coalizione di centrodestra invece partirà in prima posizione in 18 ballottaggi, sfidando il centrosinistra in 10 casi. I candidati sostenuti dal PD quindi partono da una posizione migliore e questo può favorire una loro vittoria finale contro i candidati del centrodestra, anche se sappiamo che i ballottaggi fanno storia a sé e gli esiti non possono mai essere dati per scontati. Per quanto concerne il M5S, solo in 3 casi su 9 i suoi candidati correranno da primi, sfidando in 2 ballottaggi il centrodestra e in 1 un candidato civico. Da secondo invece affronterà candidati di centrosinistra (2 ballottaggi), di centrodestra (2 ballottaggi), di centro (1) e di destra (1). La maggior parte dei candidati civici arrivati al ballottaggio correrà partendo da secondi (12 ballottaggi su 21), sfidando soprattutto candidati di centrodestra (in 6 casi), mentre da primi affronteranno soprattutto candidati di centrosinistra (in 5 ballottaggi). Infine, le lotte “fratricide” tra centrosinistra e sinistra da una parte e tra centrodestra e destra dall’altra saranno ridotte al minimo: in uno e due ballottaggi, rispettivamente (con il centrosinistra e la destra che partono da primi).
Come si è visto, quindi, l’esito del
primo turno ha mostrato la resurrezione del bipolarismo, con una sorta di “ritorno
al futuro” alla situazione delle comunali del 2011, quando il M5S giocava un
ruolo ancora marginale. Il centrosinistra ha ottenuto importanti vittorie dal
punto di vista simbolico nelle grandi città e nei comuni capoluogo, ma la
situazione appare più equilibrata se si considerano gli esiti anche nel resto
dei comuni più piccoli, con il centrodestra tra l’altro che prevale nel Nord
del Paese. Non resta che attendere i ballottaggi del 17 e 18 ottobre per sapere
chi tra centrosinistra e centrodestra avrà alla fine ottenuto più sindaci
eletti nei comuni superiori ai 15.000 abitanti andati al voto in questa tornata
ammnistrativa del 2021. (https://www.etutorworld.com/)
Nota
metodologica
La
Sinistra (senza il PD) riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra
Potere al Popolo (PAP), Rifondazione (PRC), Partito comunista Rizzo (PC),
Partito comunista italiano Arboresi (PCI), Partito comunista dei lavoratori
(PCDL), Articolo-1-MDP (MDP), Sinistra italiana (SI), Partito socialista
italiano o socialisti (PSI), Centro democratico (CeDem), Italia in Comune
(ITCOM), DemA (DemA), Italia dei Valori (IDV), Europa verde (Verdi), Possibile
(Possibile), DemoS (Demos) – ma non dal PD.
Il Centrosinistra è formato da candidati
nelle cui coalizioni a sostegno compaia il PD; il Centro riunisce tutti i candidati
sostenuti da almeno una fra Più Europa (+EU), Azione (AZ), Italia Viva
(IV), Noi con l’Italia (NCI), Unione di Centro (UDC), Democrazia Cristiana
(DC), Partito Repubblicano (PRI) (ma né PD né FI) Volt (Volt).
Il Centrodestra è formato
da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia FI.
La
Destra riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra Lega o Prima
+ nome del comune (LEGA), Fratelli d’Italia (FDI), Cambiamo Toti (Cambiamo),
Popolo della Famiglia (PDF), Partito liberale europeo (PLE), Rinascimento
Sgarbi (Sgarbi), Italexit (ITEXIT), Fiamma Tricolore (FT), Movimento Idea
Sociale (MIS) – ma non FI.
I candidati civici sono invece quei
candidati non sostenuti da alcuna lista di cui sopra ma soltanto da liste
civiche.
Quindi, se un candidato è sostenuto
dal PD o da FI è attribuito al centrosinistra e al centrodestra
rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della
coalizione a suo sostegno.
Se
un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo PD
e FI che hanno la priorità) in sede di attribuzione pre-elettorale viene
segnato come appartenente ad entrambe le aree (vedi ‘Altre formule’). Esempio:
se, per ipotesi, Potere al Popolo (PAP) e Azione (AZ) sostengono lo stesso
candidato (che non è candidato di nessun partito principale) la coalizione
viene indicata come SX-CX. Dopo il voto, si valuterà il relativo contributo dei
diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al
polo che pesa di più).
Riferimenti
bibliografici
Chiaramonte,
A. e Emanuele, V. (2014), ‘Bipolarismo addio? Il sistema partitico tra
cambiamento e de-istituzionalizzazione’, in Terremoto Elettorale. Le
Elezioni Politiche Del 2013, A. Chiaramonte, L. De Sio (a cura di),
Bologna: Il Mulino, pp. 233–262.
Chiaramonte,
A. e Emanuele, V. (2016), ‘Multipolarismo a geometria variabile: il sistema partitico
delle città’, in Cosa succede in città? Le elezioni comunali del 2016,
V. Emanuele, N. Maggini e A. Paparo (a cura di), Dossier CISE (8), pp.33-40
Corbetta,
P., Parisi, A. e Schadee, H. (1988), Elezioni in Italia. Struttura e
tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.
D’Alimonte,
R., Di Virgilio, A. e Maggini, N. (2013), ‘I risultati elettorali: bipolarismoaddio?’, in ITANES (a cura di), Voto amaro. Disincanto e crisi economica
nelle elezioni del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 17-32.
Diamanti,
I. (2009), Mappe dall’Italia politica. Bianco, rosso, verde, azzurro… e tricolore,
Bologna, Il Mulino.
Emanuele,
V. (2011), ‘Riscoprire il territorio: dimensione demografica dei comuni e
comportamento elettorale in Italia’, in Meridiana– Rivista di Storia e Scienze
Sociali, 70, pp. 115-148.
Emanuele,
V. (2013), ‘Il voto ai partiti nei comuni: La Lega è rintanata nei piccoli centri,
nelle grandi città vince il PD’, in L. De Sio, M. Cataldi e F. De Lucia (a cura
di), Le Elezioni Politiche 2013, Dossier CISE (4), Roma, Centro Italiano
Studi Elettorali, pp. 83-88.
[1] Non è incluso il comune di Lamezia
Terme (CZ), nel quale, a seguito della decisione del Consiglio di Stato, si è
votato soltanto in quattro sezioni che non possono matematicamente ribaltare
l’esito delle precedenti elezioni.
[2] Per un’analisi del rapporto tra
dimensione demografica dei comuni e comportamento elettorale in Italia si veda Emanuele
(2011; 2013).
[3] Sul concetto di
zone geopolitiche e le diverse classificazioni proposte, vedi Corbetta, Parisi e
Schadee (1988), Diamanti (2009), Chiaramonte e De Sio (2014).