A Genova le elezioni politiche del 2022 hanno avuto un esito che è in controtendenza rispetto a quello registrato a livello nazionale. Nel comune del capoluogo ligure, infatti, nei due collegi uninominali per la Camera dei Deputati la coalizione di centrosinistra ha ottenuto il 36% dei voti, mentre la coalizione di centrodestra si è fermata al 33,6% nel collegio “Municipio VII-Ponente” e al 35,2% nel collegio “Municipio I-Centro Est”. L’affermazione (di misura) del centrosinistra è avvenuta nonostante la concorrenza del M5s e del cartello Azione-Italia Viva. Nel collegio “Municipio VII-Ponente” il M5s ha ottenuto il 18% e Azione-IV il 5,9%, mentre nel collegio “Municipio I-Centro Est” il M5s e Azione-IV hanno raccolto, rispettivamente, il 13,4% e l’8,9% dei consensi. A livello di voti di lista, il Pd si afferma come primo partito della città con il 27,8% dei voti nel collegio “occidentale” e con il 25,4% in quello “centro-orientale”, quindi con percentuali di voto nettamente migliori rispetto alla media nazionale del 19%. Il vincitore delle elezioni, FdI, invece a Genova si ferma al 20,5% nel collegio “centro-orientale” e al 17,9% in quello “occidentale”. Risultati simili si sono registrati anche nei collegi senatoriali. Alle precedenti elezioni politiche del 2018 nel comune di Genova aveva invece vinto il M5s (con l’eccezione delle sezioni del collegio di Rapallo dove aveva vinto il centrodestra).
È dunque interessante esaminare i flussi elettorali (riportati nella figura sopra) tra le elezioni politiche del 2018 e le ultime elezioni politiche per evidenziare quale sia la composizione dell’elettorato delle varie forze politiche ed indagare quali fattori abbiano favorito l’affermazione del centrosinistra e del Pd in particolare.
Guardando i flussi di destinazione rispetto alle politiche del 2018, uno degli aspetti principali da osservare è la fedeltà elettorale, cioè quella percentuale di elettori che hanno confermato la propria scelta elettorale. Il Pd risulta il partito con l’elettorato più fedele: il 65,5% di chi aveva votato Pd nel 2018 conferma la propria scelta nel 2022. Allo stesso modo, il 73% degli elettori di Leu confermano il proprio voto a partiti della coalizione di centrosinistra nel 2022. Dopo il Pd, Fratelli d’Italia è il partito che mostra una fedeltà elettorale maggiore, rimobilitando quasi un elettore su due (il 48% di chi aveva votato FdI nel 2018). Si tratta però di una percentuale decisamente inferiore rispetto a quella mostrata dal partito di Letta. E ancora più basse sono le fedeltà mostrate dagli elettori di Forza Italia (35,6%), del M5s (29,4%) e della Lega (18,3%). Dove si sono indirizzati pertanto gli elettori forzisti, “grillini” e leghisti che nel 2022 non hanno confermato la loro precedente scelta di voto? Per quanto riguarda il M5s, i suoi elettori si sono divisi in parti quasi uguali tra chi si è rifugiato nell’astensione (34,1%) e chi si indirizzato verso altri partiti/candidati (36,6%). Tra questi ultimi, le destinazioni maggiori sono state FdI (8,1%), Pd (7,1%), Lega (6%) e altri partiti minori (7,3%). Queste perdite non sono state compensate in maniera adeguata dalle entrate provenienti in particolare dalla sinistra (il 10,6% degli attuali elettori del M5s in passato aveva votato Pd o Leu). Questi dati spiegano il forte calo di consensi registrato dal M5s in città.
Nell’area di centrodestra ci sono stati diversi flussi elettorali che hanno avvantaggiato il partito che è cresciuto di più, ossia FdI. Infatti, ben il 44,4% di elettori leghisti e il 35,6% di elettori forzisti nel 2022 hanno scelto di premiare col proprio voto la formazione guidata da Giorgia Meloni. Se guardiamo alla composizione dell’elettorato di FdI, infatti, per il 67% è composto da persone che nel 2018 avevano votato altre formazioni di centrodestra e per il 15,3% da persone che avevano votato il M5s. La capacità attrattiva di FdI non è l’unica cosa che spiega il calo di consensi di Lega e FI. Infatti, una quota significativa di elettori leghisti (15%) si è astenuta e non del tutto trascurabile è la quota che ha votato Pd (7,7%). Per quanto riguarda invece FI, i flussi in uscita più consistenti dopo quello verso FdI sono quelli verso Azione-Iv (17,8%) e verso l’astensione (11,4%). La formazione guidata da Carlo Calenda sembra quindi aver esercitato una certa attrattiva verso l’elettorato moderato di centrodestra e il dato è ancora più evidente se si considera che il 21,5% di chi aveva votato FdI nel 2018 a questa tornata ha scelto Azione-Iv. Quest’ultima però è risultata appetibile anche per il 15,6% di elettorato dem. Dal punto di vista della consistenza numerica, l’ex elettorato Pd rappresenta la quota più rilevante dell’attuale elettorato di Azione-Iv (45,8%) e in generale il 59,5% degli attuali elettori centristi a Genova nel 2018 aveva votato per il centrosinistra.
Infine, per quanto riguarda l’area del non voto, si può notare come essa sia un blocco estremamente stabile: il 90,7% di chi si era astenuto nel 2018 lo ha fatto anche stavolta. Del restante 9,3% il maggior beneficiario (4,7%) è il M5s che, anche se con risultati modesti, si dimostra il partito che riceve maggiori voti dall’astensione, una tendenza già osservata a Napoli e a Torino.
Riassumendo, la performance del centrosinistra in controtendenza rispetto al dato nazionale può dunque essere ricollegata in buona misura alla capacità di rimobilitare il proprio elettorato, che si dimostra molto fedele: in particolare il Pd non cede in maniera significativa alle altre forze politiche, con l’eccezione di Azione – Italia Viva, verso cui si è indirizzato, come detto in precedenza, il 15,6% di ex elettori dem. Queste uscite però sono state compensate dalle entrate provenienti dal M5s e dalla Lega (10,2% e 5,8%, rispettivamente). Per contro, l’avanzata di Fratelli d’Italia all’interno della coalizione di centrodestra è in larga parte dovuta alla sua capacità di attrarre molti elettori che in passato avevano votato Lega e Forza Italia, mentre la capacità attrattiva verso elettorati esterni alla coalizione di centrodestra, seppur presente (in particolare verso il M5s), non è altrettanto significativa. Infine, il calo del Movimento 5 Stelle è dovuto alla scarsa capacità di mobilitare il proprio elettorato, che si indirizza verso varie destinazioni, tra cui l’astensione è l’opzione relativamente più gettonata.
Riferimenti bibliografici
Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.
Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.
NOTA METODOLOGICA
I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 656 sezioni elettorali del comune di Genova. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 15,9.