Prove di ritorno del bipolarismo

Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 28 febbraio 2024

Per la prima volta dalle elezioni politiche del 2022, il centrodestra ha perso una elezione. Dopo avere vinto in Sicilia, Lazio, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Molise, e provincia di Trento ha perso in Sardegna. Una sconfitta resa più indigesta per Giorgia Meloni perché a risultare sconfitto, seppure per pochi voti, è stato il candidato imposto da lei anche a costo di esonerare senza troppi complimenti il governatore uscente che avrebbe voluto e potuto ricandidarsi. 

Questo risultato inatteso, ma non del tutto sorprendente, si deve a diversi fattori ma in primis alla ritrovata competitività del centrosinistra. In Sardegna Cinque stelle e Pd hanno fatto un accordo che ha funzionato. In un contesto maggioritario, e quello delle elezioni regionali sarde lo è, uniti si può vincere, divisi si perde di certo. È quello che è successo alle politiche del 2022. La banale verità è che allora il centrodestra ha vinto, per di più con una larga maggioranza, non perché avesse più voti del centrosinistra ma perché si è presentato unito contro avversari divisi.

In Sardegna le cose sono cambiate. Questa elezione rappresenta un tentativo ancora embrionale, ma significativo, di ricomporre un sistema con due poli competitivi e non più con un polo dominante. Forse siamo alla vigilia di un ritorno a quel bipolarismo che ha caratterizzato la Seconda Repubblica fino al grande successo del M5s nelle elezioni del 2013 e del 2018. Il forse è legato al fatto che questa volta l’accordo tra Cinque Stelle e Pd è statto fatto grazie al “sacrificio” del Pd che ha accettato come candidata comune della coalizione una esponente del M5s. L’alleanza si consoliderà quando avverrà anche il contrario. Le occasioni per questo test non mancheranno.

Quello che lascia pensare che quanto successo in Sardegna non sia un accordo effimero è il processo di evoluzione dell’elettorato del M5s. Sia nel 2013 che nel 2018, la sfida del Movimento al sistema bipolare dei precedenti 20 anni aveva raccolto consensi trasversali all’asse sinistra destra, ma nel corso della legislatura 2018-2022 i connotati degli elettori pentastellati sono cambiati. Infatti, molti tra coloro che avevano votato M5s provenendo dal centro-destra sono tornati a casa, attratti prima dalla leadership di Salvini (europee 2019) e poi da quella emergente di Giorgia Meloni (politiche 2022). La conseguenza è che gli elettori del Movimento di oggi non sono più così distanti dagli elettori del Pd. E questo rende l’alleanza – organica o no – molto più praticabile e quindi il ritorno ad un assetto bipolare più probabile. Tanto più che anche in Sardegna si sono rivelate illusorie le velleità terzopoliste, come ha ammesso realisticamente Carlo Calenda. 

La coalizione è importante, ma non basta. Ci vogliono anche i candidati giusti per essere competitivi. Alessandra Todde lo è stata. Il fatto che abbia preso 40.000 voti in più dei partiti che la appoggiavano lo dimostra ampiamente. E tra questi ci sono anche elettori della Lega, come si vede nell’analisi dei flussi fatta da Aldo Paparo al CISE. Una prova ulteriore che i candidati contino viene anche dal Molise dove si è votato pochi mesi fa. Anche lì Pd e Cinque Stelle si sono presentati uniti. Eppure, in una regione dove alle politiche del 2022 avevano raccolto il 47,5%, hanno perso malissimo a causa di un candidato sbagliato che ha fatto una campagna elettorale sbagliata. Anche in quel caso il candidato era del Movimento e per di più era il sindaco del capoluogo di regione. In Sardegna invece è andato tutto per il verso giusto. 

Per il centrodestra il voto sardo è un campanello d’allarme. I sondaggi dei prossimi mesi diranno se si tratta dell’inizio di una inversione di tendenza o no. Molto dipenderà da come verrà gestito all’interno della coalizione. Al di là delle dichiarazioni pubbliche la sconfitta in Sardegna è destinata a complicare i rapporti tra Fdi e Lega. Saranno i prossimi appuntamenti elettorali regionali e comunali a dirci di più al riguardo. Senza dimenticare che a giugno si vota a livello nazionale per le Europee. I conti si faranno allora. E questo vale a destra, al centro e a sinistra.