Pubblicato sul Sole 24 Ore il 12 marzo 2024
Il campo largo non ha fatto il miracolo. Sulla carta, ma solo sulla carta, i numeri per vincere in Abruzzo c’erano. Nelle elezioni politiche del 2022 la somma dei partiti di centro-sinistra che si sono presentati uniti a sostenere D’Amico aveva preso il 46,7% dei voti contro il 47,7% della coalizione di centro-destra. Anche il confronto con le regionali del 2019 mostra che i due schieramenti erano equivalenti: 49,2% il centro-destra e 50,3% il centro-sinistra. Come si spiega allora che l’esito di queste elezioni sia stato diverso da quello in Sardegna?
Diversi fattori fanno la differenza. In Sardegna il centro-destra aveva trovato una finta unità intorno al proprio candidato. L’elezione era stata preceduta da forti dissapori all’interno della coalizione che si sono manifestati al momento del voto. E già il fatto che il governatore uscente non sia stato ricandidato e al suo posto sia stato presentato un candidato poco gradito ha favorito significative defezioni nelle urne che la possibilità di esprimere un voto disgiunto ha amplificato.
Nulla di tutto questo è successo in Abruzzo dove, tra l’altro, il voto disgiunto non era possibile. L’analisi dei flussi elettorali tra le politiche del 2022 e le regionali effettuata dal CISE a L’Aquila e Pescara conferma la ritrovata unità degli elettorati dei partiti di centro-destra. Diversamente da quanto osservato in Sardegna (a Sassari un leghista 2022 su due ha votato la candidata presidente del centro-sinistra), sia a L’Aquila che a Pescara, chi aveva votato alle politiche Fdi, Fi o Lega non ha defezionato verso D’Amico. I tassi di fedeltà verso Marsilio sono davvero alti: fra l’85 e il 90% per i due partiti minori della coalizione, sorprendentemente un po’ più bassi per Fdi. La sorpresa deriva dal fatto che gli elettori di Fdi avevano una figura del loro partito da votare come governatore. Eppure, uno su tre si è astenuto: qualcosa meno a L’Aquila, qualcosa di più a Pescara.
Come spiegare questo risultato? Sono due i fattori da considerare. L’elettorato di Fdi alle politiche 2022 era molto variegato. Da una parte, conteneva anche elettori periferici, distanti dalla politica, che tendono a non andare a votare in elezioni meno importanti come le regionali. Vi erano poi anche elettori anti-sistema, che avevano visto nel partito di Giorgia Meloni lo strumento per un cambiamento rispetto alle politiche mainstream incarnate dal governo Draghi. È plausibile ipotizzare che questi elettori facciano più fatica a votare Meloni ora che siede a Palazzo Chigi. Ma è anche possibile che qualcuno manifesti così la sua disapprovazione nei confronti dell’azione del governo. In ogni caso, non sono elettori che, in una competizione bipolare come quella di queste regionali, siano stati attirati dalla unica alternativa disponibile rappresentata dalla coalizione acchiappatutti di D’Amico.
Passando al centro-sinistra, anche su questo fronte si osservano differenze importanti rispetto al caso sardo. Se infatti due settimane fa gli elettorati di Pd e M5s si erano sommati perfettamente su una candidata del Movimento, in Abruzzo, il civico D’Amico (ex rettore dell’Università di Teramo) non è riuscito a fare altrettanto. Questo è vero soprattutto per quello che riguarda gli elettori del M5s. A L’Aquila uno su due si è astenuto, e quasi il 15% ha votato Marsilio. E anche a Pescara uno su otto ha votato il candidato della coalizione rivale. Ma le defezioni non si fermano qui perché sono pochi i voti presi alle politiche da Azione e Italia Viva che in queste regionali sono confluiti sul candidato della coalizione. A D’Amico è andato il 30-40% mentre la fetta più rilevante a L’Aquila si è astenuta e a Pescara ha votato Marsilio.
Tutto questo induce a pensare che il campo largo non sia ancora un campo coeso. Manca la colla giusta per tenere insieme tutte le diverse componenti che stanno alla opposizione dell’attuale governo. È legittimo ipotizzare che una parte degli elettori del Movimento si senta a disagio dentro a una coalizione che li vede insieme a Calenda e Renzi, oltre a un Pd che nel passato hanno fortemente osteggiato. Ma questa non è una sorpresa. L’effetto Sardegna ha illuso, ma la strada per costruire una alternativa di centro-sinistra competitiva è ancora lunga. Tuttavia non esistono scorciatoie. Con i sistemi elettorali vigenti in Italia a tutti i livelli la somma dei diversi elettorati dei diversi partiti che compongono le diverse coalizioni è una condizione necessaria per poter puntare alla vittoria. Il problema, come abbiamo detto, è trovare la colla giusta.
NOTA METODOLOGICA
I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) separatamente alle 170 sezioni elettorali del comune di Pescara e alle 81 sezioni del comune di L’Aquila. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), sono state rimosse le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 3,1 per Pescara e 10,3 per L’Aquila.