Da dove potrebbero arrivare le sorprese nei risultati delle europee? Dai cittadini che non hanno dichiarato un’intenzione di voto. Un’area grigia, che nel nostro sondaggio vale il 28% degli intervistati, che dovrebbe andare a votare ma non sa per chi. Certo, si tratta di un gruppo eterogeneo, ma è comunque giusto chiedersi quali partiti sapranno conquistarlo, o volgerlo almeno in parte a proprio favore. Ecco perché nella nuova puntata di Telescope, dopo aver ritratto l’identikit di questi elettori, dedichiamo spazio a chi, in teoria, dovrebbe riuscire a intercettarli: i leader, il cui giudizio è sempre più importante nelle scelte prese dagli elettori. Elettori che, come vedremo, sembrerebbero avere le idee chiare anche in merito alla guida di un’ipotetica coalizione di centrosinistra tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, in contrapposizione a quella di centrodestra ora al governo.
L’area grigia: donne, giovani, né di destra, né di sinistra
Il ritratto degli elettori dell’area grigia mostra subito una linea marcata nel genere: tra le donne, la quota di indecise (33%) è maggiore rispetto a quella degli uomini (22%). È un dato in linea con nostre precedenti rilevazioni, a riprova che l’elettorato femminile, rispetto a quello maschile, cela di più le proprie scelte di voto, oppure tende a prenderle più tardi, più a ridosso delle elezioni. Il grande cambiamento dal 2014 lo si registra nelle diverse fasce d’età. Oggi i più giovani (18-29 e 30-44 anni) sono quelli maggiormente indecisi, l’esatto opposto degli over 65: i più anziani non si fanno scrupoli nell’indicare, già ora, il partito per il quale voteranno, un valore in linea – se guardiamo alla condizione lavorativa – con quello dei pensionati. Anche chi si auto-colloca a sinistra, e soprattutto a destra, fa lo stesso (indecisi solo il 16% e l’11%, rispettivamente), mentre gli indecisi aumentano sensibilmente tra chi si colloca al centro (sono il 29%), diventando addirittura la maggioranza (57%) in chi non si colloca sull’asse sinistra-destra. L’area grigia si dimostra inoltre consistente (quasi il 30%) tra chi esprime un giudizio negativo sul governo Meloni: con tutta evidenza, è un bacino ideale da cui attingere per i partiti di opposizione.
I leader: bene Conte e Tajani, male Schlein e Salvini
Veniamo allora ai tratti dei leader riconosciuti dagli elettori, secondo quattro diverse caratteristiche: la competenza, l’ energia (capacità di fare le cose), l’onestà (da intendersi meglio come sincerità), l’empatia. Chi è, allora, quello giudicato come il più competente? Il ministro degli esteri Antonio Tajani, leader di Forza Italia, con un lungo curriculum politico-istituzionale alle spalle in cui spicca l’esperienza da presidente del Parlamento europeo. Tajani ottiene buone valutazioni anche in merito alla sua onestà, con un valore appena superiore alla metà (50,1%), 7 punti in più della premier Meloni e ben 26 del ministro Salvini. Il segretario della Lega è ultimo in tutti i confronti con gli altri leader, meno su uno: quello se sia o meno un leader forte, perché fa peggio Elly Schlein. La segretaria dem è penultima anche nel giudizio su chi capisce meglio i problemi della gente, un fatto negativo specie vedendo chi è al primo posto: Giuseppe Conte. L’ex premier pentastellato è in testa anche per quanto riguarda l’onestà, e in seconda posizione per la competenza. Tutti tratti che, come approfondiremo nel paragrafo successivo, incideranno nelle opinioni degli elettori di centrosinistra. E Giorgia Meloni? La presidente del consiglio conta su un primato: essere riconosciuta come la leader più forte (72%). Naturalmente, la percentuale cambia se incrociata con le preferenze dei singoli elettorati, come visibile nella tabella sotto.
Gli sfidanti di domani: la leadership di centrosinistra
Alle europee, come noto, si vota col proporzionale: ogni partito va da solo, non ci sono le coalizioni. Eppure, nel nostro sondaggio, abbiamo voluto tastare comunque l’opinione pubblica sul tema della leadership del centrosinistra. Se mai il “campo largo” con Pd e Movimento Cinque Stelle dovesse diventare realtà alle prossime elezioni politiche, da chi dovrebbe essere guidato? Le risposte al nostro sondaggio sono chiare: Giuseppe Conte. Il leader dei pentastellati prevale su Schlein tra gli elettori che si definiscono di sinistra (32,9% contro 22,6%), ancor di più di centrosinistra (36,4% contro 18%) e con valori schiaccianti tra quelli di centro (47,3% contro appena il 3,8%). Se guardiamo poi alla tabella con i risultati distinti per elettorato dei singoli partiti, emerge un dato forse ancora più emblematico: solo il 36,4% degli elettori del Pd vorrebbe Schlein alla guida della coalizione, con una quota rilevante (15,6%) che preferirebbe invece l’ex premier Conte.
Sulle vicende del centrosinistra, tuttavia, peserà il risultato delle elezioni europee. Come abbiamo già sottolineato, in elezioni di ‘secondo ordine’, dove il voto è percepito come meno importante perché non è in gioco il governo nazionale, una quota rilevante di elettori che solitamente vota alle politiche tende ad astenersi: si tratta di elettori tendenzialmente meno istruiti e meno interessati alla politica, residenti nelle circoscrizioni Sud e Isole più che nelle altre zone del paese. Sulla base di queste caratteristiche, non stupisce il fatto che alle elezioni europee il M5s non abbia mai brillato particolarmente, ottenendo risultati sempre inferiori rispetto a quelli delle politiche. Il Pd, al contrario, caratterizzato da un elettorato politicamente sofisticato e collocato in gran parte nel Centro-Nord del paese, ha nelle europee un proprio terreno favorevole. In sintesi: Giuseppe Conte appare un leader forte di un partito che fatica nelle competizioni elettorali diverse dalle politiche, mentre Elly Schlein appare una leader debole di un partito la cui sopravvivenza non è legata a quella del segretario di turno. Ogni valutazione sulla leadership dell’ipotetica coalizione progressista, allora, dovrà tener conto, necessariamente, dei risultati dell’8 e 9 giugno.
Riferimenti bibliografici
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