Pubblicato sul Sole 24 Ore l’11 giugno 2024
I risultati delle elezioni europee hanno mostrato un quadro di sostanziale continuità rispetto alle politiche del 2022. I partiti hanno subito scostamenti, ma nel complesso assai più limitati di quelli osservati fra politiche 2013 ed europee 2014, o fra le politiche 2018 e le europee dell’anno successivo. Più in generale, se consideriamo la straordinaria mobilità elettorale registrata negli ultimi 15 anni, i risultati dello scorso weekend paiono sorprendentemente simili a quelli del 2022. La variazione più rilevante riguarda l’affluenza – calata di quasi 15 punti, e fermatasi (per la prima volta in elezioni di carattere nazionale) al di sotto del 50%.
Al netto del calo della partecipazione, che permette ai partiti di mantenere le percentuali del 2022 con molti meno voti in valore assoluto, non si osservano grandi stravolgimenti. Tuttavia, al di là dell’apparente stabilità dei saldi netti fra i risultati aggregati, una più alta instabilità cova sotto la cenere. Ce lo mostrano chiaramente le analisi dei flussi elettorali a partire dai dati a livello di sezione che abbiamo stimato in 8 grandi centri collocati in tutto il territorio nazionale: Torino, Genova, Padova, Bologna, Firenze, Napoli, Taranto e Messina.
La tabella mostra sinteticamente le principali evidenze, riportando (per ogni partito e in ogni città) la percentuale degli elettori 2022 che alle europee ha confermato il proprio voto, e quella che invece ha scelto di non votare (o che ha votato il grande partito dello stesso campo).
L’unico partito con un elettorato davvero stabile è il Pd. Mantiene oltre i tre quarti dei propri elettori 2022 e non cede niente verso il non voto. Ma è una eccezione. Persino l’altro grande partito vincitore delle europee, Fdi, conferma appena la metà dei propri elettori, e ne perde un terzo in media verso il non voto. Il risultato del partito di Meloni è, come già nel 2022, frutto di un massiccio rimescolamento interno al centrodestra. Infatti, sia la Lega che Fi mantengono poco più di un quinto dei propri elettori 2022, ne cedono fra il 30 e il 40% al non voto, e registrano fuoriuscite significative (in media fra il 20 e il 25%) proprio a vantaggio di Fdi.
Infine, il M5s mostra un tasso di fedeltà medio inferiore al 40%: sono addirittura di più gli elettori pentastellati 2022 che si sono astenuti (41% in media). Rispetto al centrodestra, si segnalano meno scambi interni al possibile campo largo: in media, il 10% degli elettori 2022 del M5s defezionano verso il Pd.