La sinistra, quando governa, fa ancora la “sinistra”? L’analisi sulle disuguaglianze di 20 Paesi in 150 anni

Militanti, dirigenti, commentatori, perfino avversari: in molti, sia in Italia che in Europa, rimproverano da anni ai partiti della sinistra al governo di non fare più cose di “sinistra”, cioè di non difendere e migliorare le condizioni dei meno abbienti. Ma è dimostrabile empiricamente? Vincenzo Emanuele e Federico Trastulli lo hanno verificato con una ricerca originale pubblicata ad agosto sulla rivista Perspectives on Politics, dei cui risultati diamo risalto in questa nuova puntata di Telescope. La sinistra, ci si chiede, è stata in grado di realizzare la propria missione di ridurre le disuguaglianze? Se sì, su che cosa e fino a quando? Se no, perché non lo fa più? È davvero tutta colpa di Tony Blair e della sua Terza via? Per rispondere l’articolo compie un’analisi storico-comparata che riguarda 20 paesi dell’Europa occidentale, 150 anni di storia e oltre 600 legislature. E le conclusioni non sono affatto scontate.

Come misurare il potere?

Per orientarsi con criterio lungo un secolo e mezzo di storia serve in primis valutare quanto potere sia stato in mano ai partiti della sinistra. Emanuele e Trastulli lo hanno fatto rivedendo e perfezionando l’‘indice di potere governativo’ [Bartolini, 1998]: un indicatore che varia da 0 a 10, composto da elementi essenziali come lo status del partito nel governo (in maggioranza o all’opposizione), e se sì in che ruolo (partner principale o secondario), distinguendo inoltre tra formule politiche diverse (partito unico, coalizione etc…). Questa misura permette di fotografare, nell’arco dei vari decenni, forza e rilevanza dei partiti della sinistra, come visibile nel primo grafico in basso. È interessante notare che dopo “l’età dell’oro” della socialdemocrazia degli anni ‘60 e ‘70 il declino dell’indice sia solo leggero, a fronte di un declino molto più marcato dei risultati elettorali (qui non mostrato). Com’è possibile? Una spiegazione è che questi partiti, una volta entrati nella stanza dei bottoni, acquistino una posizione di centralità nel sistema politico che fornisce loro una capacità negoziale tale da restare al governo anche senza grandi risultati nelle elezioni. La seconda visualizzazione, invece, mostra il valore medio dell’indice per Paese, con l’Italia che figura al quindicesimo posto su 20 (quindi tra i paesi con minore presenza di governo della sinistra).   

Figura 1 – Potere governativo della sinistra in Europa occidentale (1871-2020)

Figura 2 – Indice potere governativo della sinistra per Paese (valore medio 1871-2020)

Le diseguaglianze: quali sono diminuite davvero?

Il passaggio successivo è stabilire quali sono le diseguaglianze da valutare in questi 150 anni, non limitandosi a quelle di reddito tradizionalmente trattate dalla letteratura. Le diseguaglianze, infatti, non sono riducibili solamente alle condizioni economiche. Proprio per questo l’articolo ha individuato sette diverse forme di disuguaglianza (in ambito economico, sociale e politico): diseguaglianze di reddito e welfare; educativa e sanitaria; nella distribuzione del potere politico per posizione socioeconomica, gruppo sociale (etnico, linguistico, religioso) e genere (uomo/donna).

Ebbene: la sinistra, quando è andata al governo, è riuscita a ridurle? Sì, ma non tutte. Ha indubbiamente contribuito a diminuire quelle legate al welfare e alla distribuzione del potere politico per gruppo sociale e status socioeconomico. Ha inoltre migliorato l’uguaglianza sociale relativamente a istruzione e assistenza sanitaria, seppure i dati mostrino che, al giorno d’oggi, ci sarebbero ancora ampi margini di miglioramento. Tuttavia, la sinistra al governo non è riuscita a ridurre davvero i divari di reddito, e di distribuzione del potere politico per genere. Insomma: in Europa occidentale, che pure è il luogo meno diseguale al mondo, esiste ancora ampio margine di intervento grazie a politiche pubbliche appropriate.

Figura 3 –Disuguaglianze economiche, politiche e sociali in Europa occidentale (1871-2020)

 

 

 

La svolta degli anni Ottanta: la forza dei vincoli esterni

Ma c’è di più: la situazione è cambiata in modo significativo negli ultimi decenni. Se infatti è vero che la sinistra al governo ha certamente ridotto le diseguaglianze, ormai non lo fa più in maniera significativa dagli anni Ottanta. A partire da questo momento, infatti, la sinistra al governo appare indistinguibile dai partiti di centrodestra (che non hanno raggiunto obiettivi egualitari, non avendoli mai perseguiti). Questo ci permette di correggere il tiro su un tema di dibattito presente nel mondo progressista: non sono state per prime le soluzioni ispirate alla Terza via di Tony Blair a fermare improvvisamente il cammino della sinistra nella lotta alle diseguaglianze, bensì si è trattato di un processo politico lungo vari decenni. Tra le possibili spiegazioni discusse nell’articolo, quella che sembra emergere come più probabile è che la minore capacità della sinistra al governo di ridurre le disuguaglianze sia imputabile  soprattutto al peso crescente di vincoli esterni – come quelli richiesti dall’Unione Europea e dai mercati globali – sulle politiche nazionali, che limitano il margine di manovra dei partiti al governo in materia di politica economica e sociale, con effetti specialmente tangibili nelle aree di policy economica e sociale tradizionalmente associate alla sinistra.

Figura 4 – Effetto marginale del potere governativo della sinistra sulle diverse diseguaglianze

 

Conclusione

Il risultato delle dinamiche pluridecennali descritte nell’articolo è che oggi i partiti di sinistra non sono più quelli giudicati più credibili nel correggere le diseguaglianze. Ad esempio, dati recenti sull’Italia (De Sio, Maggini e Mannoni 2024) ci dicono che il partito più credibile sulla lotta alle diseguaglianze (specie economiche) è stato negli ultimi anni il Movimento Cinque Stelle e ormai un’ampia letteratura vede i partiti populisti di destra sempre più premiati dai ceti più disagiati (anche se in realtà tra questi ultimi la sinistra è spesso ancora prevalente: Oesch e Rennwald 2018); addirittura alcuni studi hanno mostrano che importanti partiti populisti di destra hanno guadagnato voti, negli ultimi anni, per la loro credibilità su proposte economiche di protezione sociale, ovvero “di sinistra” (Angelucci e De Sio 2021). Quest’ultimo sviluppo non sorprende, anche alla luce del fatto che l’integrazione sovranazionale (sostenuta anche dalla sinistra) per certi versi ha tolto ai governi nazionali alcuni strumenti di governo dell’economia per combattere le diseguaglianze; di fronte quindi a una difficoltà a regolare l’economia, è inoltre anche il tema dell’immigrazione ad alimentare (tra i ceti più disagiati) il successo dei partiti populisti di destra (Bornschier e Kriesi 2012). Ma questa è un’altra storia.

Riferimenti bibliografici

Angelucci, D. e De Sio, L. (2021), “Issue characterization of electoral change (and how recent elections in Western Europe were won on economic issues)”, in Italian Journal of Electoral Studies (IJES)84(1), 45–67. https://doi.org/10.36253/qoe-10836

BartoliniS. (1998),Coalition Potential and Governmental Power.” in Comparing Party System Changes, Vol. 2, eds. Jan-Erik Lane and Paul Pennings3656London, Routledge.

Bornschier, S. e Kriesi, H. (2012), “The Populist Right, the Working Class, and the Changing Face of Class Politics.” In Class Politics and the Radical Right, edited by Jens Rydgren, 28–48. Routledge. https://doi.org/10.4324/9780203079546

De Sio, L., Maggini, N., Mannoni, E. (2024), “Al cuore della rappresentanza. I temi in discussione, tra domanda dell’elettorato e offerta dei partiti”, in A. Chiaramonte e L. De Sio (a cura di.), Un polo solo. Le elezioni politiche del 2022, Bologna, Il Mulino, pp.47-76.

Emanuele, V., Trastulli, F. (2024) “Left Governmental Power and the Reduction of Inequalities in Western Europe (1871–2020)”, in Perspectives on Politics, 2024 pp. 1-20. https://doi.org/10.1017/S1537592724000628

Oesch, D., Rennwald, L. (2018), “Electoral competition in Europe’s new tripolar political space : class voting for the left, centre-right and radical right”, in European journal of political research, 2018, Vol. 57, No. 4, pp. 783-807  – https://hdl.handle.net/1814/51132