“Stanchi delle guerre, contro l’immigrazione e non troppo convinti del clima che cambia: ecco gli italiani, nel nostro sondaggio”

Come la pensano gli italiani su guerre, immigrazione, magistratura ed altre questioni di stretta attualità? È cambiato qualcosa rispetto a maggio, quando eravamo nel pieno della campagna elettorale per le elezioni europee? Nella nuova puntata di Telescope pubblichiamo la prima parte dell’analisi del nostro nuovo sondaggio, realizzato con metodo CAWI su un campione di 1.200 italiani maggiorenni. Dopo una panoramica sugli orientamenti generali dell’opinione pubblica, abbiamo scelto di approfondire le opinioni su un argomento specifico: il cambiamento climatico. Se ne parla dal secolo scorso, ma da meno di un decennio in modo diffuso, specie quando accadono eventi catastrofici. In questo caso ci ha spinto un tema d’attualità: l’ennesima alluvione in Emilia-Romagna, che peraltro segue la siccità in Sicilia, dove almeno due milioni di abitanti hanno l’acqua razionata una volta a settimana. Queste calamità hanno inciso sulla più ampia percezione del fenomeno? Si crede che si tratti di variazioni naturali, oppure di un cambiamento climatico dovuto alle attività umane? Il governo, nell’affrontare tutto ciò, è stato giudicato all’altezza? Ecco cosa dicono i dati della rilevazione.

Gli italiani, sei mesi dopo: cresce la polarizzazione

L’opinione pubblica italiana, oggi più che a maggio, rigetta le endless wars, i conflitti che si prolungano per anni senza una fine apparente. Ciò è chiaro per gli scenari internazionali più importanti e attenzionati dai media: l’Ucraina e Gaza. Sulla prima, due terzi del campione vorrebbero che si arrivasse a una trattativa di pace con la Russia, al costo di riconoscere i territori annessi da Putin. In Medio Oriente, una fetta ancora maggiore – pari all’81%, ben 4 punti in più che in primavera – si dice contraria alla prosecuzione dell’intervento militare israeliano. Nel mezzo di queste posizioni, non sorprende che la variazione più significativa sia stata sulla creazione di un esercito comune europeo, il cui consenso perde 7 punti, scendendo sotto la soglia del 50% (49%). Ad essere contrari sono soprattutto i Millennials (52%), cioè chi ha tra 28 e 43 anni, e i Gen X (55%) ricompresi nella fascia d’età 44-59, mentre a favore restano i gruppi più anziani over 60 e, rispetto all’auto-collocazione politica, chi si definisce di sinistra (57%).

Riguardo poi a vari altri temi, rispetto alla primavera varie opinioni che già erano maggioritarie hanno acquisito ulteriore forza. Due esempi su tutti: il negare l’ingresso ai movimenti anti-abortisti nei consultori, che ora raccoglie oltre il 70% delle preferenze (era il 66,4% in primavera), e il limitare l’accoglienza degli immigrati (67,7%, era il 62,9%). Quest’ultimo tema è, da almeno 15 anni, tra i più sentiti dalle opinioni pubbliche occidentali, dimostrandosi determinante in diverse elezioni. Giusto per citarne una, quella americana del mese scorso con la vittoria di Trump. L’evidenza ormai è tale per cui alcuni partiti di sinistra, o più largamente definibili “progressisti”, stanno rivedendo le proprie posizioni in merito all’argomento. Lo ha fatto, se pure tardivamente e con scarso profitto, Kamala Harris, candidata presidente del partito democratico negli Stati Uniti. Prima di lei, e con risultati fino ad ora migliori, era successo in Danimarca, ed è successo più di recente in Germania con Sahra Wagenknecht, leader del partito BSW, che ha scalzato la Linke a riferimento della sinistra radicale tedesca. Accadrà lo stesso in Italia?

Completiamo la nostra panoramica con una delle questioni più divisive: i poteri della magistratura. Le opinioni su questo tema sono difficili da scalfire, perché ormai appare chiara una polarizzazione su linee partitiche. L’orientamento sul dare ai giudici più o meno poteri è rimasto pressoché invariato (appena mezzo punto in più rispetto a maggio), nonostante il dibattito politico con relative tensioni sul ddl Nordio approvato in estate, che ha eliminato l’abuso d’ufficio.

 

 

 

Il cambiamento climatico? C’è un segmento non trascurabile di negazionisti

C’è una questione però, visibile sopra nelle tabelle, su cui la maggioranza degli intervistati si dice d’accordo (56,3%, era il 57,8% in primavera): dare la priorità alla protezione dell’ambiente, anche a costo della crescita economica. È un tema che si ricollega al più generale tema dell’ambiente, che abbiamo voluto in particolare approfondire con una domanda chiave: di fronte all’intensificarsi di eventi meteorologici estremi degli ultimi anni, gli intervistati tracciano una connessione col cambiamento climatico oppure no?

La risposta è essenzialmente “sì”, ma non unanime, e con alcune interessanti specificazioni. Intanto, abbiamo rilevato questa connessione con due domande diverse: una generica, che non faceva riferimento specificamente agli eventi di quest’anno, collocata dopo domande su altri temi; e poi una molto più specifica, alla fine di varie domande sul cambiamento climatico, e che faceva invece esplicito riferimento ai fenomeni estremi di quest’anno (alluvioni in Emilia-Romagna, siccità al Sud, ecc.). Ebbene, nel primo caso il 76% degli intervistati attribuisce gli eventi estremi degli ultimi anni a un processo di cambiamento climatico (invece che normali oscillazioni climatiche); nel secondo, l’81% degli intervistati imputa gli eventi di quest’anno in Italia al cambiamento climatico prodotto dall’uomo. Tuttavia i due dati indicano una tendenza coerente: a fronte di una stragrande maggioranza che lega i due fenomeni (in linea con il consenso unanime tra gli scienziati), esiste comunque un’area tra il 20 e il 25% degli intervistati che invece nega questo collegamento.

Diventa quindi di grande interesse vedere in quali gruppi è più diffuso questo atteggiamento “negazionista”. Prendendo a parametro la domanda generale, ci sono molte conferme e qualche sorpresa. La parziale sorpresa viene da un dato generazionale: percentuali di negazionisti sopra la media si trovano tra i Millennials (28-43 anni, 34%) e nei più anziani Silent Gen (gli over 79, 25%), mentre i giovani della Gen Z (17-27 anni) sono i meno negazionisti con il 16%. Gli altri gruppi sociali mostrano invece sostanziali conferme: sono più negazionisti gli uomini delle donne (30 contro 18%), i meno istruiti (30% tra elementari e nessun titolo, 24% in tutti gli altri), i più agiati economicamente (56 e 60% nelle due categorie più agiate, rispetto a valori tra il 19 e il 27% in tutte le altre categorie); quest’ultima sovrapposizione di caratteristiche (agiatezza economica, ma minore istruzione) ricorda il profilo tipico degli elettori di centro-destra: e infatti l’auto-collocazione politica ha un effetto molto forte: la percentuale di negazionisti è solo del 7% tra chi si colloca a sinistra, mentre sale al 43% tra chi si colloca a destra. È peraltro verosimile che queste domande siano anche influenzate dalla posizione del proprio partito. Quando infatti chiediamo una questione più ampia e neutrale, ovvero se il cambiamento climatico abbia contribuito a cambiare il modo di vedere il futuro dell’intervistato, risponde di sì addirittura l’83% (rispetto al 69 di maggio): segno che alcuni che si dichiarano negazionisti forse poi alla fine credono al cambiamento climatico.

E non a caso, essere colpiti da eventi climatici estremi ha un effetto sulle opinioni. Chi li ha vissuti sulla propria pelle nell’ultimo anno crede infatti molto di più al cambiamento climatico rispetto a chi invece non li ha affrontati (86 contro 70%). Inoltre, gli abitanti di una zona colpita credono maggiormente che questi fenomeni siano colpa delle attività umane (68%), rispetto a chi risiede altrove (59%). E peraltro, nella batteria di domande consultabile qui sotto, si vede che il 51,2% degli intervistati dichiara di avere fatto esperienza di alluvioni, siccità, ondate di calore. È una percentuale molto alta, che ci dà l’idea della rilevanza del fenomeno. Sui rimedi adottati, infine, il parere invece è netto, e boccia l’azione del governo Meloni: per l’81% i giudizi sono negativi o molto negativi.

Quale conclusione possiamo trarre da tutto ciò? Per molti anni la protezione dell’ambiente è stato un tema politicizzato da una sola direzione, dal lato ambientalista. Negli ultimi anni, tuttavia, di fronte a provvedimenti con un rilevante impatto economico sui settori legati ai combustibili fossili, si è mobilitato un fronte contrario (con successo soprattutto tra gli elettori di destra). Il tema è quindi oggi più controverso e politicizzato, e i nostri dati ormai lo mostrano chiaramente. È una dinamica tipica della politicizzazione di questo conflitto, che a questo punto non riguarda più, ad esempio, solo gli Stati Uniti, ma sembra chiaramente presente anche in Italia.

 

 

 

 

Nota metodologica

Il sondaggio Cise-Telescope è stato somministrato con metodologia CAWI su un campione di 1.206 intervistati, tra il 20 e il 26 novembre 2024, dalla società Demetra. Il campione è rappresentativo della popolazione italiana in età di voto per combinazione di sesso e classe di età, titolo di studio e zona geografica. Successivamente il campione è stato ponderato per sesso, combinazione di classe ed età, zona geografica e ricordo del voto espresso nella precedente elezione del 2022. Il tasso di risposta in rapporto agli inviti è stato del 40%. Il margine di errore (al livello di fiducia del 95%) per un campione probabilistico di pari numerosità è di ± 2,8 punti percentuali.