Liguria, Toti avanti con il 60%. Non decolla il patto Pd-M5S

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 28 agosto

Giovanni Toti è avviato alla riconquista del suo secondo mandato alla guida della regione Liguria. Questo dice il sondaggio Winpoll-CISE, il terzo della serie dedicata alle regionali di settembre. Secondo la nostra stima sarebbe riconfermato con il 60,1% dei voti contro il 34,4% di Ferruccio Sansa, candidato della coalizione di centrosinistra che include – unicum fra le 7 regioni al voto il 20 e 21 settembre – anche il Movimento Cinque Stelle (Figura 1). Il numero di indecisi è ancora cospicuo (22%) ma comunque non sufficiente a ribaltare la sfida fra i due candidati principali.

Fig. 1 – Operato del governo regionale e intenzioni di voto ai candidati

Il sondaggio fotografa chiaramente il cambiamento dei rapporti di forza in questi anni a favore del centrodestra. Alle regionali del 2015 Giovanni Toti, alla guida di un centrodestra unito, era riuscito a conquistare la regione con poco più di un terzo dei voti (34,4%) (Figura 2). Ciò grazie alla frammentazione del campo progressista dove, oltre al centrosinistra (27,8%), competevano il M5S (24,8%) e la sinistra radicale di Luca Pastorino (9,4%). Oggi lo scenario è cambiato e Toti appare largamente favorito nonostante la riconfigurazione del sistema in senso bipolare.

Fig. 2 – Trend elettorali in Liguria nelle ultime tornate elettorali

Cinque anni fa un’alleanza fra M5S, PD e sinistra avrebbe quasi certamente vinto visto che la somma dei tre candidati di allora totalizzava 63,6%. Ma, si sa, la politica non è una somma algebrica. Oggi la coalizione a sostegno di Sansa vale poco più della metà dei voti di allora. E così il centrodestra si avvia a vincere per la prima volta una secondo mandato consecutivo in regione. Osservando le forze in campo si nota che la coalizione a sostegno di Sansa non è esattamente la stessa che a Roma sostiene Conte. Italia Viva si è infatti sfilata e sostiene il Prof. Aristide Massardo. Ci sono poi due ex pentastellate, Alice Salvatore e Marika Cassimatis, che corrono con due liste civiche. Nel complesso, però, queste tre candidature drenano pochi voti, complessivamente circa il 5%.

Tradizionalmente la Liguria è stata una sorta di “swing state”, come l’Ohio o la Florida negli USA. Posta geograficamente al confine fra la Zona rossa e il Nord industriale, già nella Prima Repubblica si notava chiaramente la spaccatura fra il Levante ligure, che costituiva l’ultima propaggine della subcultura rossa, e il Ponente, che invece premiava la DC e i partiti di centrodestra. Nella Seconda Repubblica, la regione ha visto una quasi perfetta alternanza fra le due coalizioni del bipolarismo italiano, con il centrosinistra vincente 3 volte (nel 1995, 2005 e 2010) e il centrodestra due (2000 e 2015). Anche alle politiche c’è stato grande equilibrio a partire dal 1994, anche se l’ultima vittoria del centrosinistra risale al 2006. Da quel momento il pendolo ha iniziato a oscillare a favore del centrodestra, che alle politiche del 2018 è arrivato primo con il 37,3%, staccando il centrosinistra – terzo polo, superato anche dal M5S – di oltre 13 punti.

La supremazia del centrodestra e di Toti è quindi in parte riferibile a un generale spostamento a destra dell’elettorato ligure negli ultimi anni.  Ma incidono anche fattori di breve periodo. Fra questi ne citiamo tre: l’emergenza Covid, la popolarità di Toti e la debolezza del candidato rivale. Anche in Liguria, come in Veneto e Campania, analizzate nei giorni scorsi su questo giornale, la pandemia sembra aver favorito il governatore uscente. Il 65% dei liguri è soddisfatto di come la regione ha gestito l’emergenza sanitaria. Fra i soddisfatti troviamo anche un elettore del PD su due e uno del M5S su tre. In generale, 7 liguri su 10 giudicano molto o abbastanza positivamente l’operato dell’amministrazione regionale.

Il “voto disgiunto” è un altro indizio della popolarità di Toti.  Anche in Liguria gli elettori possono votare un candidato Presidente e una lista che sostiene un altro candidato. Dal confronto della Figura 1 (voti ai candidati) e della Figura 3 (che riporta invece le intenzioni di voto alle liste) si ricava che Toti raccoglie il 60% dei voti maggioritari contro il 57% dei voti alle sue liste (proporzionali). Al contrario Sansa raccoglie come candidato presidente il 34%, mentre le sue liste arrivano al 37%. Quindi a livello di liste le due coalizioni sono distanziate di 20 punti percentuali, ma a livello di candidati la differenza diventa di circa 26 punti. All’interno del centrodestra la Lega si conferma in base alle stime il primo partito con il 25,7%, sebbene distante dal 33,9% raggiunto alle europee del 2019. In calo anche il PD, al 17,1%, e il M5S, che otterrebbe appena l’11%, la metà di quanto preso alle scorse regionali. Certo non un bel segnale per il Movimento nella regione natia del suo fondatore, Beppe Grillo. Il M5S sarebbe anche scavalcato da Fratelli d’Italia, che, con il 12,5% raddoppierebbe la performance delle europee. Nel centrodestra, inoltre, a fronte del calo di Forza Italia (6,9%) in linea con suo trend nazionale spicca il 10,9% della lista personale del governatore, “Cambiamo!”. Un altro segnale della sua capacità di attrazione.

Fig. 3 – Intenzioni di voto alle liste

I flussi elettorali fra le europee 2019 e le intenzioni di voto alle prossime regionali (Figura 4) mostrano invece chiaramente la debolezza del candidato di centrosinistra, che sembra aver unito -si fa per dire- più le classi dirigenti locali che gli elettori dei due principali partiti. Basta guardare le defezioni degli elettori di PD e M5S delle europee dello scorso anno. Nel caso del Pd 4 elettori su 10 non sono intenzionati a votare Sansa.  Piuttosto che votare il candidato del loro schieramento preferiscono astenersi. Quanto al M5s, solo la metà di coloro che hanno votato il Movimento alle europee dice di votare Sansa mentre il 15% è intenzionato a astenersi e un terzo a votare Toti. Il dato stupisce se pensiamo che Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano, è certamente un candidato più vicino al M5S che al PD. È il candidato che non funziona o l’alleanza? Non abbiamo i dati per rispondere. In ogni caso è prematuro giudicare le prospettive della alleanza organica tra Pd e M5s a livello nazionale partendo dal caso della Liguria. Certo il segnale che viene da questa regione non è positivo. Ma visto il percorso accidentato con cui si è arrivati alla candidatura di Sansa non può sorprendere più di tanto.

Fig. 4 – Flussi di voto tra europee e regionali

Interessante, infine, il risultato relativo al referendum costituzionale. In linea con quanto abbiamo constatato in Veneto e in Campania, il Sì al taglio dei parlamentari è in vantaggio (60 a 40), ma si tratta di un vantaggio inferiore alle aspettative diffuse fino a poco tempo fa. La campagna per il No fa proseliti. La riforma vede convinti solo i pentastellati (97% per il SI), mentre gli elettori di tutte le altre forze politiche sono piuttosto divisi, con il Sì che prevale di misura, e mai sopra il 56%.

Fig. 5 – Il referendum costituzionale

Nota metodologica

Soggetto committente: Sole 24 Ore – Cise. Soggetto realizzatore: Winpoll – Cise. Periodo di realizzazione interviste: 24-25 agosto 2020. Popolazione di riferimento: popolazione ligure, maschi e femmine dai 18 anni in su, segmentata per sesso, età, comuni capoluogo e non, proporzionalmente all’universo della popolazione ligure. Metodo di campionamento: stratificato per provincia, comuni capoluogo e non, casuale ponderato per genere, fasce di età e voto alle ultime europee. Metodologia delle interviste: mista. Numero di interviste: 1000: 500 cati-cami (2243 rifiuti), 500 cawi. Margine di errore con intervallo di confidenza al 99%: 2,4%.