di Vincenzo Emanuele e Nicola Maggini
Nei giorni scorsi il Cise ha effettuato un sondaggio CATI e CAMI (1524 casi rappresentativi della popolazione italiana) riguardante la politica italiana e il rapporto tra i cittadini e i partiti. Si tratta della seconda ondata di un panel (rilevazione ripetuta nel tempo sullo stesso campione) che ha lo scopo di monitorare il cambiamento dell’opinione pubblica nel corso dell’anno che porta alle elezioni politiche. Tra le domande sottoposte agli intervistati ce ne erano anche alcune concernenti le primarie del centrosinistra.
La prima domanda riguarda l’intenzione dei nostri intervistati di recarsi a votare alle primarie del 25 novembre. Emerge un dato che può apparire sorprendente: il 31,9% del campione dichiara la propria intenzione di recarsi ai seggi, a fronte di un 60,9% che non andrà a votare e un 7,2% di indecisi (vedi Figura 1). Se riportiamo questo dato in termini assoluti potremmo parlare di una partecipazione del tutto eccezionale, stimabile attorno ai 12 milioni di elettori, il triplo di quelli che nel 2005 incoronarono Romano Prodi alle primarie dell’Unione. Ovviamente si tratta solo di una mera intenzione che non è detto si tradurrà in un comportamento effettivo il giorno del voto. Di certo possiamo però affermare che questo 31,9% è la quota di coloro che prendono in considerazione l’idea di poter partecipare.
Fig. 1
Le risposte degli intervistati sembrano evidenziare che la partecipazione alle primarie è molto sensibile al costo associato al voto stesso. Avevamo infatti chiesto a coloro che dichiarano di voler andare a votare se l’avrebbero effettivamente fatto anche in presenza dell’obbligo di registrarsi in un luogo diverso dal seggio elettorale (procedura superata proprio in questi ultimi giorni dalla decisione degli organizzatori di permettere la registrazione anche ai seggi il giorno del voto). Ebbene solo due terzi di questo segmento del campione ribadisce la propria intenzione di votare anche in presenza dell’obbligo della preregistrazione, contro un 21,6% che rinuncerebbe e un 12,6% che si mostra indeciso. Staremmo comunque parlando di una partecipazione che resterebbe su livelli altissimi, segno evidente che lo strumento delle primarie è senza dubbio apprezzato dagli elettori. E questo dato è ancor più rilevante in una fase come quella attuale, di forte distacco dei cittadini nei confronti della politica.
Ma quando si tratta di scegliere il candidato premier della coalizione di centrosinistra quali sono le intenzioni di voto? Il segretario del Pd Bersani risulta il candidato favorito al primo turno, con il 48,2% delle intenzioni di voto, seguito da Matteo Renzi al 37,6%. Vendola non sembra competitivo per la vittoria, dal momento che si ferma al 9,9%. Preferenze decisamente inferiori quelle per gli altri due sfidanti, la Puppato al 3,4% e Tabacci allo 0,9% (vedi Figura 2). Da questi numeri sembra dunque profilarsi l’ipotesi di un ballottaggio tra Bersani e Renzi in cui potrebbe risultare decisivo il ruolo degli indecisi. Coloro che pensano di votare alle primarie ma non hanno ancora deciso per chi costituiscono una fetta rilevante del nostro campione, il 20,4%: un numero sufficiente a ribaltare i rapporti di forza tra i due candidati favoriti.
Fig. 2
Abbiamo poi chiesto ai nostri intervistati l’intenzione di voto all’eventuale ballottaggio tra il segretario del Pd e il sindaco di Firenze. Il vantaggio di Bersani emerso già alla domanda sul voto al primo turno si consolida anche al secondo turno: l’ex ministro dello Sviluppo economico trionferebbe con il 55,8% dei voti contro il 44,2% del sindaco rottamatore (vedi Figura 3). Pesano su questo risultato i voti degli elettori di Vendola che al ballottaggio preferirebbero nettamente Bersani (55,1%) rispetto a Renzi (28,6%). Anche riguardo all’opzione di voto del ballottaggio, comunque, registriamo un alto numero di indecisi, pari al 13,8% di coloro che hanno intenzione di votare alle primarie.
Fig. 3
Da questi dati emerge come Bersani sia il candidato preferito dall’elettorato di centrosinistra ed il favorito per la vittoria in queste elezioni primarie. Ma il candidato preferito è anche quello più competitivo per vincere le elezioni politiche generali?
Dai nostri dati sembrerebbe di no. Abbiamo infatti rivolto a tutto il campione, compresi gli intervistati che non parteciperanno alle primarie, la seguente domanda: “Se dovesse vincere Bersani, Lei pensa che voterebbe per il centrosinistra alle prossime elezioni politiche?”. E abbiamo poi ripetuto la stessa domanda inserendo il nome di Renzi. Il risultato è molto interessante: con Bersani candidato premier la coalizione di centrosinistra potrebbe ottenere circa il 35% dei voti (Figura 4). Con Renzi invece la percentuale degli elettori che potrebbero votare per il centrosinistra sale al 44% (Figura 5). Dunque la vittoria alle primarie del sindaco di Firenze potrebbe valere al centrosinistra quasi nove punti percentuali in più alle elezioni politiche, ossia la quasi assoluta certezza, stanti gli attuali rapporti di forza tra gli schieramenti politici in campo, di ottenere la maggioranza parlamentare necessaria per governare (a prescindere dalla legge elettorale con cui si voterà).
Paradossalmente per Matteo Renzi vincere le primarie sembra essere più difficile che vincere le politiche.
Fig. 4
Fig. 5
Nota metodologica: Il sondaggio è stato condotto da Demetra con metodo CATI e CAMI (telefonia fissa e mobile) nel periodo 22 ottobre – 13 novembre 2012 su un campione di 1524 casi. Il campione nazionale intervistato è rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne per genere, età e zona geografica di residenza. Il margine di errore (a livello fiduciario del 95%) è di +/- 2,5 punti percentuali. Il campione è stato ponderato per alcune variabili socio-demografiche.