Pubblicato su Questioni Primarie il 6 febbraio
La convenzione nazionale del Partito Democratico (PD) svoltasi lo scorso 3 febbraio ha chiuso la prima fase del congresso e ha aperto la corsa per le primarie aperte del 3 marzo, che designeranno il nuovo segretario del principale partito di opposizione. Si sono dunque concluse le votazioni degli iscritti nei circoli del partito. L’analisi della partecipazione al voto nei circoli e dei risultati elettorali a livello territoriale ci permette di valutare lo stato di salute del PD a quasi un anno dalla drammatica sconfitta elettorale del 4 marzo 2018 che, dopo un’intera legislatura al governo, ne ha profondamente ridimensionato il ruolo nella politica e nella società italiana. Come comunicato dal presidente della Commissione per il “congresso”, questa fase congressuale ha coinvolto circa 6.500 circoli, per un totale di 189.101 votanti, pari al 50,5% degli aventi diritto. Il contesto generale è di un calo della partecipazione rispetto ai congressi di circolo degli anni precedenti: nello specifico, il tasso di partecipazione è calato di oltre 8 punti percentuali rispetto al 2017, quando votò il 58,8%. All’epoca, si trattò di una partecipazione in crescita rispetto al 2013, sebbene avvenuta nel contesto di una forte diminuzione degli iscritti, che passarono da circa 540.000 a 450.000 (Vittori 2017). Invece, l’elemento che risalta maggiormente è che il calo della partecipazione del 2019 avviene in un contesto di forte contrazione degli iscritti (meno 76.000 tesserati circa in due anni). In altre parole, in questa fase, il segno meno sembra essere il tratto distintivo del PD, che dopo il minimo storico delle politiche di un anno fa ha anche raggiunto il minimo storico del numero di iscritti, che si è più che dimezzato rispetto alla sua fondazione, e perfino di partecipazione al più importante evento della vita del partito, dove un iscritto su due resta a casa. Resta da capire se il numero di votanti alle primarie di marzo seguirà lo stesso trend negativo. Prima di passare all’analisi dei risultati, che come sappiamo hanno visto Zingaretti prevalere su Martina e Giachetti, è interessante dare un’occhiata alla geografia elettorale della partecipazione al voto nei circoli. Una premessa è necessaria: il Partito Democratico, ad oggi, non ha rilasciato dati disaggregati a nessun livello territoriale relativi a iscritti e votanti nei circoli. Abbiamo dunque proceduto facendo ricorso ai dati messi a disposizione da YouTrend.it, il cui dataset – aggiornato al 3 febbraio – raccoglie i dati inviati spontaneamente dai singoli circoli al sito. I dati disponibili a livello di circolo (e successivamente aggregati a livello provinciale) comprendono un totale di circa 130.000 voti, corrispondente a poco meno del 70% dei voti effettivamente espressi. Per quanto concerne gli iscritti, invece, disponendo del solo totale nazionale (374.786) comunicato dal presidente della Commissione per il congresso, abbiamo stimato gli iscritti per ciascuna zona geopolitica (Nord-ovest, Nord-est, Zona rossa, Sud) applicando lo swing tra zona geopolitica e totale nazionale delle primarie 2017 sui dati riportati da Questioni Primarie (2/2017). Naturalmente, questo indica che i dati che presentiamo da questo punto in avanti vanno interpretati con molta cautela. Come mostrato nella Figura 1, la geografia della partecipazione ai congressi di circolo sembra essere cambiata nel corso del tempo. Nello specifico, emerge il ruolo sempre più importante giocato dalle regioni del Nordovest, dove il tasso di partecipazione è stato pari al 76,5%, in crescita di ben 15 punti percentuali rispetto al 2017 e addirittura di quasi 30 rispetto al 2013. Al contrario, sembra essere ridimensionato il ruolo del Sud, che risultava l’area a più alta partecipazione nel 2013 (circa 70%) e che invece, nel 2019, mostra un calo fino al 46,7%. Un quadro che sembra rispecchiare la trasformazione della geografia elettorale del partito dopo le elezioni del 2018, ossia quella di un PD in grado di mantenere sostanzialmente le posizioni nelle grandi città del Nord ma in chiara ritirata dal Meridione.
Fig. 1 – Tasso di partecipazione nei circoli, 2013, 2017, 2019[1]
In questo quadro di bassa mobilitazione, il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, esce vincitore dalla prima fase del congresso, con il 47,4%, seguito dal tandem formato dall’ex segretario Maurizio Martina e da Matteo Richetti (36,1%) e dal ticket di estrazione renziana formato da Roberto Giachetti ed Anna Ascani (11,1%). Questi sono i tre candidati che, come stabilito dallo statuto del partito e dal regolamento congressuale, si sfideranno nelle primarie aperte di marzo. Resta invece fuori l’ex lettiano Francesco Boccia (4%), assieme agli outsider Dario Corallo e Maria Saladino (0,7% ciascuno). Come mostra la Figura 2, Zingaretti è arrivato primo in tutte le macro-aree del paese, sebbene si noti una marcata sovra-rappresentazione nel Sud (dove sovrasta Martina di oltre 27 punti percentuali, a fronte di uno scarto nazionale di “soli” 11 punti). C’è invece maggiore competizione nel Nord-est, dove Martina viene distanziato solo di 3,5 punti. Su questi dati pesa probabilmente il passaggio di molti notabili meridionali del partito che, in vista dei nuovi equilibri post-congressuali, si sono spostati dalla vecchia maggioranza renziana verso Zingaretti – una sorta di bandwagon anticipato che potrebbe risultare decisivo sull’esito delle primarie del 3 marzo. Infine, Giachetti non è mai realmente in corsa per la vittoria e risulta sovra-rappresentato nel Nordovest (17,4%) e invece appare del tutto marginale al Sud (8,1%).
Fig. 2 – Percentuale dei voti ai tre principali candidati per macro-area, 2019
In conclusione, Zingaretti sembra essere il grande favorito per il 3 marzo, eppure il suo 47,4% indica che il presidente del Lazio è ancora lontano dall’ottenere il pieno controllo del partito, a differenza di quanto avvenuto con Renzi nel 2017 – quando l’ex Presidente del Consiglio aveva ottenuto il voto di circa i 2/3 degli iscritti nei circoli (Emanuele 2017). Questo significa, da un lato, che la partita è ancora aperta e che la vittoria di Zingaretti sarà tanto più probabile, a parità di condizioni, quanto minore sarà lo scarto tra elettori nei circoli e elettori delle primarie. Dall’altro lato, l’elezione del nuovo segretario del PD potrebbe non chiudersi il 3 marzo: se infatti nessun candidato dovesse ottenere più del 50% dei voti ai gazebo, sarà l’assemblea nazionale ad eleggere, con il voto dei suoi delegati, il nuovo leader del PD tra i due candidati più votati alle primarie (D’Alimonte 2017). A quel punto sarebbero i voti di Giachetti, con ogni probabilità, ad essere decisivi.
Riferimenti bibliografici
D’Alimonte, R. (2017), ‘Primarie Pd, una conta in due tempi. Ecco regole e variabili’, Centro Italiano Studi Elettorali. https://cise.luiss.it/cise/2017/02/14/primarie-pd-una-conta-in-due-tempi-ecco-regole-e-variabili/
Emanuele, V. (2017), ‘Primarie 2017, la competizione che non c’è (e si vede)’, Questioni Primarie, 5, pp. 11-12. https://cise.luiss.it/cise/2017/05/04/primarie-2017-la-competizione-che-non-ce-e-si-vede/
Vittori, D. (2017), ‘Primarie Pd 2017: tutti i numeri della partecipazione e del voto’, Centro Italiano Studi Elettorali. https://cise.luiss.it/cise/2017/04/30/primarie-pd-2017-tutti-i-numeri-della-partecipazione-e-del-voto/
[1] Per il 2017 e il 2019 i valori relativi alle quattro macro-aree sono stati calcolati senza tenere conto di alcune regioni di cui non abbiamo potuto stimare il numero di iscritti perché il dato era mancante già nel 2017 (Veneto, Marche, Puglia, Calabria, Sicilia).