Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 6 Dicembre
I partiti della attuale maggioranza litigano su tutto, ma non sulla riforma elettorale. Pare che abbiano trovato un accordo su un sistema proporzionale. I dettagli non sono ancora noti, ma spagnolo o italiano, di proporzionale si tratta. E così gli elettori italiani che da anni votano per eleggere direttamente il governo dei comuni e delle regioni verranno definitivamente privati della possibilità di eleggere il governo nazionale. Voteranno per uno dei partiti in campo e saranno i partiti dopo il voto a decidere con chi fare il governo. Insomma torniamo alla Prima Repubblica senza i partiti che c’erano allora.
È un imbroglio, ma non è una sorpresa. Sulla carta il Pd si è espresso a favore di un sistema maggioritario di lista a due turni, ma lo ha fatto con poca convinzione. D’altronde tutti i suoi alleati sono fermamente schierati a favore del proporzionale, e in primis i Cinque Stelle. Di Maio lo ha detto tante volte. Il Movimento deve essere l’ago della bilancia del sistema, cioè il partito dei due forni. Con il suo 15% non può più aspirare a essere un attore dominante ma può continuare a essere un partner indispensabile per qualunque maggioranza. Per far questo ha bisogno di un sistema proporzionale. Con questo sistema potrà allearsi una volta con la Lega e un’altra volta con il Pd. Esattamente come è già avvenuto. Naturalmente la condizione è che nessun partito o nessuna coalizione arrivi a conquistare la maggioranza assoluta dei seggi.
Oggi le stime basate sui sondaggi dicono che il centro-destra di Salvini non è lontano dalla maggioranza assoluta dei voti. Se l’eventuale sistema elettorale proposto dai partiti al governo producesse un po’ di disproporzionalità, grazie alle soglie di sbarramento o alla dimensione ridotta delle circoscrizioni, forse ce la potrebbe fare. Ma non è detto che si arrivi al voto con un centro-destra vicino al 50% e certamente non è detto che questo possa accadere in futuro. L’esito ‘normale’ di un sistema proporzionale è la dispersione dei voti tra più partiti, nessuno dei quali ha la maggioranza assoluta dei seggi. Tra l’altro con un sistema del genere non c’è più bisogno di coalizioni pre-elettorali. Berlusconi, Salvini, Meloni si presenteranno ognuno per conto proprio, forse con una promessa di fare il governo insieme dopo il voto. E già qui si intravedono le altre ragioni della riforma, e che non riguardano solo il M5s. Con il proporzionale, e quindi senza il vincolo del patto pre-elettorale che il maggioritario comporta, Forza Italia acquista molta più libertà di manovra. Se le conviene farà il governo con Lega e Fdi ma potrebbe diventare disponibile anche a sostenere altri tipi di governo. E questo è un fatto che naturalmente non dispiace a sinistra.
Insomma, con la riforma che gli attuali partiti di governo stanno concependo si riaprono i giochi. In ogni caso, comunque vada, è certo che con il proporzionale la vittoria del centro-destra alle prossime elezioni verrà limitata. Anche se arrivasse alla maggioranza assoluta, Salvini e Meloni dovranno fare i conti con Berlusconi e il suo pacchetto di seggi. E se non arrivassero alla maggioranza assoluta? Con chi farebbe il governo Salvini? Di nuovo con Di Maio e insieme alla Meloni? La Prima Repubblica è dietro la porta. D’altronde a chi mai interessa la stabilità dei governi di questo paese?