Il peso dei candidati uninominali alle politiche 2022: il confronto tra regioni ed un focus sulla Toscana

Quanto hanno pesato i candidati dei collegi uninominali alle recenti elezioni politiche del 25 settembre? Hanno avuto un peso nel determinare la vittoria o la sconfitta nella relativa competizione elettorale di collegio o l’esito di quest’ultima è stato soltanto il frutto di un “traino” guidato dal voto di lista?

Con il presente articolo proveremo a rispondere a tali interrogativi. Per farlo ci avvarremo del “tasso di personalizzazione” ovvero lo strumento con cui è possibile calcolare, stante gli spazi del sistema elettorale, il “peso” di ciascun candidato e che indica, precisamente, la percentuale dei voti espressi in favore del solo candidato sul totale dei voti validi ottenuti da quest’ultimo considerando anche i voti di lista[1].

In particolare, abbiamo sviluppato l’analisi, sia per la Camera che per il Senato, calcolando in primo luogo il dato nazionale (computato cioè per la totalità dei collegi uninominali[2]) e quello di ciascuna regione per poi procedere con uno specifico approfondimento sulla Toscana elaborando, per quest’ultima, il dato dei collegi, dei singoli candidati, nonché delle coalizioni e delle formazioni politiche ammesse al riparto[3].

Partendo dal dato nazionale possiamo vedere che per la Camera il valore delle elezioni 2022 è pari al 3,7% mentre per il Senato al 3,5%. I risultati si pongono in analogia con quelli riscontrati nel 2018[4] e dimostrano che circa 4 elettori su 100 che esprimono il loro favore per una lista o per una coalizione lo fanno tracciando un segno esclusivamente sul relativo candidato del collegio uninominale.

Esaminando i dati delle singole regioni possiamo notare una certa omogeneità (figure 1 e 2) che tuttavia non esclude alcune oscillazioni degne di attenzione: tra le regioni dove più alta è stata la propensione a votare per il solo candidato troviamo valori che superano il 7% (Trentino-Alto Adige, Camera) o il 5% (Friuli-Venezia Giulia, Senato), mentre dove questa è stata minore troviamo valori pari al 2% (Sicilia, Senato) o leggermente più alti (Calabria, Senato).

La Toscana invece presenta un dato in linea con la media nazionale, precisamente pari al 3,6% alla Camera e 3,7% al Senato, riproducendo anche qui un valore simile a quello emerso in occasione delle precedenti elezioni politiche[5]. Scomponendolo possiamo analizzarne le determinanti sia politiche che territoriali.

Partendo da quest’ultime (figure 3 e 4) vediamo che i collegi uninominali della Camera con i tassi più alti sono il n. 7 – Firenze (4,4%) ed il n. 9 – Arezzo (4,2%). I collegi in cui sono ricompresi tali territori primeggiano anche al Senato dove il dato più alto (4,4%) è quello del collegio uninominale n. 4 – Firenze seguito dal n. 1 – Arezzo (3,7%). I collegi invece dove troviamo i tassi più bassi sono il n. 4 – Pisa (3,2%) ed il n. 6 – Prato (3,2%) alla Camera ed il n. 3 – Prato (3,1%) al Senato.

Spostando l’attenzione sul piano politico (tabelle 1 e 2) possiamo vedere come la formazione che più ha fatto prevalere il voto personale sia stata la lista Azione-Italia Viva che in Toscana assume la prima posizione in entrambi i rami del Parlamento (5,6% Camera, 5,4% Senato), seguita da quella del M5S (4,1% Camera, 4% Senato). Tra le coalizioni a primeggiare è invece il centrosinistra (3,5% Camera, 3,7% Senato) con un dato più alto del centrodestra in quasi tutti i collegi uninominali[6].

Valutando infine le performance dei singoli candidati riscontriamo che i tassi di personalizzazione più alti, rispettivamente per Camera e Senato, sono quelli dei candidati di Azione – Italia Viva Cosimo Maria Ferri (7,9%)[7] e Stefania Saccardi (7,3%). Circa 7-8 elettori su 100 che hanno espresso il favore per tali candidati lo hanno dunque fatto facendo perno sul nominativo e non sul simbolo. Alti tassi di personalizzazione sono poi riscontrabili nel candidato del centrosinistra Vincenzo Ceccarelli (5,3%, quasi due punti percentuali sopra la media della coalizione) e nel candidato del M5S Andrea Quartini (5,3%). Nel centrodestra, che come detto presenta tassi più bassi, il valore più elevato si ferma invece al 3,5% (Fabrizio Rossi, candidato del collegio uninominale n. 1 – Grosseto della Camera).

Alla luce di tali risultati è possibile avanzare alcune conclusioni che ci permettono anche di rispondere all’interrogativo che ci siamo posti in apertura dell’articolo. 

Partendo dal dato nazionale possiamo notare che anche per l’ultima tornata elettorale ci troviamo davanti ad un dato non irrilevante, ma molto contenuto, in linea con quello riscontrato nel 2018. Questo ci permette di affermare che la struttura complessiva dell’attuale sistema elettorale si conferma incentrata sul voto di lista, che risulta essere il vero trascinatore della contesa elettorale.

L’apporto dei singoli candidati, se calcolato in termini di voti personali, appare dunque complessivamente limitato e l’esito della disputa in ciascun collegio uninominale, anche a causa dell’impossibilità di “disgiungere” il voto, risulta quasi integralmente determinato dal rendimento della coalizione o del partito di cui tali candidati sono espressione. La conseguenza che ne deriva è che i candidati degli uninominali, più che apparire come i protagonisti della competizione nei diversi territori, in molteplici casi sembrano piuttosto essere percepiti dall’elettorato come “candidati di lista”[8] al pari degli altri candidati presenti nei collegi plurinominali.

Per quanto attiene alle singole diversificazioni dei tassi di personalizzazione notiamo che questi risultano generalmente più bassi per i candidati sostenuti da coalizioni rispetto a quelli sostenuti da singole liste. Presumibilmente gioca a favore di questi ultimi la totale equivalenza del voto espresso in favore della lista o del candidato. Per le coalizioni, invece, la prevalenza del centrosinistra, con dati comunque non eccessivamente elevati, sembra confermare una buona conoscibilità da parte dell’elettorato di riferimento per i nominativi scelti.

Sui singoli candidati che più hanno beneficiato del voto alla persona è interessante osservare, inoltre, come questi siano identificabili, nella totalità dei casi richiamati in precedenza, con soggetti che ricoprono – o hanno ricoperto in passato – ruoli di amministratori locali o regionali[9]. E’ ipotizzabile, in quest’ottica, che alcuni candidati, alla luce della loro reputazione e conoscibilità, oltreché del contesto di riferimento declinato anche in termini di competitività, abbiano deciso di impostare la propria campagna elettorale facendo perno sul nominativo con l’obbiettivo di sottrarre il maggior numero di voti possibili allo schieramento avverso. 

Infine, quanto ai valori riscontrati nei diversi territori, è utile rilevare come il lato della personalizzazione qui analizzato non si sovrapponga a quello afferente all’espressione del voto di preferenza: i territori della Toscana e le singole regioni dove la propensione all’espressione di queste ultime risulta generalmente elevato non coincide con le aree in cui si sono riscontrati i più elevati tassi di personalizzazione.


[1] Il tasso di personalizzazione è dunque dato dal rapporto, calcolato in termini percentuali, tra il totale dei voti validi espressi in favore dei soli candidati dei collegi uninominali (numeratore) ed il totale dei voti validi complessivamente attribuiti ai medesimi candidati (denominatore), dato dalla somma dei voti validi di lista e di quelli ottenuti dai soli candidati.

[2] E’ esclusa dal calcolo la Regione Valle d’Aosta in cui la competizione è articolata esclusivamente mediante metodo maggioritario (senza possibilità quindi di esprimere il voto di lista) e, per il solo Senato, del Trentino Alto Adige per la medesima motivazione.

[3] Per esigenze di semplificazione nella presente analisi saranno dunque considerate soltanto le formazioni politiche che hanno superato gli sbarramenti previsti dalla legge Rosato (l. 165/2017), ovvero le coalizioni di liste che hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 10% dei voti validi – comprensive di una lista che abbia conseguito almeno il 3% – e le singole liste non collegate in coalizioni che hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 3% dei voti validi (o, per il Senato, il 20% a livello regionale).

[4] Nelle elezioni del 2018 il tasso di personalizzazione nazionale è stato pari al 3,8% alla Camera e al 3,6% al Senato. Per un’analisi dettagliata degli indici relativi a tale tornata elettorale v. Personalizzazione e antipolitica. La competizione nei collegi uninominali alle elezioni del 2018 in Domenico Fruncillo e Felice Addeo (a cura di), Le elezioni del 2018. Partiti, candidati, regole e risultati, SISE (Società Italiana di Studi Elettorali), Firenze, 2018.

[5] Il tasso di personalizzazione della Toscana alle elezioni del 2018 è stato pari al 3,6% alla Camera e al 3,4% al Senato. Per ulteriori approfondimenti sul voto in Toscana alle elezioni del 2018 si veda il fascicolo il voto in Toscana. Le elezioni politiche del 4 marzo 2018. Dati e prime analisi sui risultati elettorali, a cura dell’Osservatorio elettorale della Regione Toscana.

[6] Come si può vedere dalle tabelle nn. 1-2 gli unici collegi in cui i candidati di centrodestra hanno avuto un tasso di personalizzazione maggiore di quello dei candidati di centrosinistra è rappresentato dai collegi uninominali della Camera nn. 5 (Livorno) e 6 (Prato) dove le candidate Chiara Tenerini e Erica Mazzetti hanno prevalso sui candidati Andrea Romano e Tommaso Nannicini.

[7] Da notare che, anche nel 2018, Cosimo Maria Ferri, quale candidato nel collegio uninominale n. 8 – Massa, ha riportato il tasso di personalizzazione più alto dell’intero centrosinistra regionale con un valore pari al 10,7%.

[8] A supporto di tale tesi si può riscontrare, seppur in riferimento a perimetri territoriali limitati, come in alcuni casi l’elettorato abbia fatto chiaramente confluire la sua preferenza per il candidato di collegio sulla lista di appartenenza del candidato medesimo, indipendentemente dai voti personali espressi. Nel Comune di Montalcino, ad esempio, dove al Senato nel relativo collegio uninominale (U1- Arezzo) era candidato il sindaco in carica, si ha un rendimento del suo partito di appartenenza (PD) maggiore di oltre 7 punti percentuali rispetto quello ottenuto dalla medesima formazione alla Camera dei deputati.

[9] Con la definizione di “amministratori” in tale sede comprendiamo anche i membri degli organi consiliari locali o regionali.

Gabriele Bracci è dottore magistrale in Scienza della politica e dei processi decisionali. E' stato borsista, nell’anno 2011, del Seminario di Studi e Ricerche Parlamentari “Silvano Tosi” ed ha recentemente conseguito il Master Interuniversitario di secondo livello in Diritto Amministrativo (MIDA) presso la Luiss School of Law. Attualmente lavora presso il Consiglio regionale della Toscana dove ha collaborato attivamente alla stesura della legge elettorale 51/2014 e sul cui contenuto ha partecipato a diversi incontri in qualità di relatore. Ha pubblicato sul Forum di Quaderni Costituzionali e sul Bullettin of Italian Politics. E’ tesoriere della Società Italiana di Studi elettorali (S.I.S.E.).