Autore: Federico De Lucia

  • Provinciali 2011: terzo polo e sinistra divisa fanno triplicare i ballottaggi

    di Federico De Lucia

    Domenica e lunedì scorsi si è votato per il rinnovo di 11 amministrazioni provinciali. Di queste, 6 sono province settentrionali (Vercelli, Mantova, Pavia, Treviso, Gorizia e Trieste), 3 sono province della Zona Rossa (Ravenna, Lucca e Macerata), e 2 sono province meridionali (Campobasso e Reggio Calabria). Il turno amministrativo precedente, svoltosi nel 2006 (fatti salvi i casi di Vercelli nel 2007, e di Macerata nel 2009), era stato caratterizzato da due aspetti. In primo luogo dalla presenza di una offerta politica quasi perfettamente bipolare, tale da rendere necessario il ricorso al ballottaggio in soli due casi su undici (Gorizia e Trieste). In secondo luogo da una prevalenza del centrosinistra per 7 a 4 nel computo delle vittorie finali. Questa netta prevalenza progressista è certamente da mettere in relazione con la particolare congiuntura nella quale si tennero le elezioni: si era infatti nel momento in assoluto più favorevole alla sinistra dell’ultimo decennio. Il centrodestra, in tali circostanze, riuscì ad avere la meglio solo in tre delle sue roccaforti settentrionali (Vercelli, Pavia e Treviso) mentre la vittoria di Macerata, del 2009, risale ad una congiuntura politica ben diversa, e ben più favorevole alle destre.

    Nell’analizzare il primo turno delle elezioni appena tenutesi, dobbiamo registrare un dato diametralmente opposto al primo dei due che abbiamo notato relativamente al turno elettorale scorso. Stavolta, in ben 6 casi sui 11 sarà necessario tornare alle urne a fine mese per definire il Presidente eletto e lo schieramento cui assegnare la maggioranza consiliare. Si tratta della diretta conseguenza dell’aumento della frammentazione politica: la nascita del terzo polo, da una parte, e la collocazione spesso autonoma di alcune delle formazioni alla sinistra del PD, dall’altra, sono due fattori che rendono ben più difficile ai due schieramenti maggiori la conquista dal 50%+1 dei voti già al primo turno. Per il momento dunque, il computo delle vittorie deve accontentarsi di rimanere largamente incompleto. Nelle cinque Province in cui lo scontro è già finito si sono registrate 3 vittorie per il centrosinistra e 2 vittorie per il centrodestra. Lo schema riassuntivo è riportato in Tabella 1.

    Tabella 1:

    Il centrosinistra è riuscito a confermarsi vincente in tre Province storicamente alla sua portata: a Ravenna e a Lucca, dove già cinque anni fa si era imposto al primo turno, e a Gorizia, dove contrariamente al 2006 è riuscito ad evitare il ballottaggio. In tutti e tre questi casi il centrosinistra si presentava unito attorno ad un solo candidato, insieme (dove presenti) a IdV, SEL, o FdS. Il centrodestra ha invece confermato agilmente Treviso, dove ha superato il 50% nonostante la presenza del terzo polo, ed è riuscita a strappare ai rivali Campobasso, in una competizione nella quale, unico caso fra quelli in esame, inglobava sotto le sue insegne anche le liste del terzo polo, sia UDC che FLI.

    Negli altri 6 casi si va dunque al turno di ballottaggio, che si terrà il 29 e 30 maggio. Nella Tabella 2 forniamo il riepilogo dei risultati della competizione fra candidati in queste Province. In 3 di essi è il centrosinistra a difendere le posizioni acquisite cinque anni fa. A Trieste, dove si presentava unito, lo fa comunque da una posizione molto tranquilla, con la propria candidata che, esattamente come cinque anni fa, ha fallito solo di un soffio l’elezione al primo turno. A Mantova e a Reggio la situazione è invece più delicata: le possibilità di riconferma ci sono tutte, ma passano dalla capacità dei candidati giunti al ballottaggio di mobilitare gli elettori delle formazioni minori, o dalla loro persuasione nei confronti delle formazioni di sinistra rimaste escluse (in particolare, a Reggio sarà determinante la scelta che faranno gli scissionisti dal PD, Pietro Fuda e Giuseppe Bova). Negli altri 3 casi è il centrodestra a doversi difendere. Dove in passato aveva vinto al primo turno è ora costretto al ballottaggio, e questo a causa della posizione autonoma assunta dal terzo polo. Mentre a Vercelli la vittoria sembra comunque abbondantemente alla portata, negli altri due casi non è così. A Macerata è addirittura il centrosinistra, forte dell’alleanza con l’UDC, ad essere passato in una posizione di forza: oltre a partire da un lieve vantaggio gli rimane ancora aperta la possibilità di coinvolgere il forte candidato autonomo di FdS e SEL. A Pavia poi, dove per il centrodestra la vittoria al ballottaggio sembra a prima vista scontata, la situazione non è in realtà affatto idilliaca: il forte candidato del terzo polo, il presidente uscente Vittorio Poma, è in forte polemica con il PdL locale per il mancato sostegno alla sua candidatura, e pare intenzionato a strizzare l’occhio alla sinistra.

    Tabella 2:

    Nel complesso dunque, in attesa dei ballottaggi, si deve registrare come a livello di elezioni provinciali (molto più che a livello di elezioni comunali) sia il terzo polo a risultare in qualche modo decisivo. Dove ha stretto accordi con il centrodestra, come e Campobasso, addirittura conduce i berlusconiani ad una vittoria inaspettata; dove ha scelto di presentarsi autonomamente è risultato decisivo nel costringere gli ex alleati al ballottaggio, anche in zone, quelle settentrionali, dal comportamento elettorale storicamente molto conservatore. Il centrosinistra, dal canto suo, si limita a tenere le posizioni, pronto a cogliere le opportunità che le divisioni altrui gli concederanno. Se riuscisse nell’impresa di ricompattare il proprio elettorato in vista dei ballottaggi potrebbe addirittura tornare ai fasti del 2006 sotto il profilo del numero di vittorie. Un risultato che sarebbe positivo al di là di ogni previsione.

  • Provinciali 2011: analisi dell’offerta politica

    di Federico De Lucia

    Dall’analisi dell’offerta politica che si presenterà agli elettori alle consultazioni provinciali del 2011, il cui primo turno si terrà nel prossimo fine settimana, emerge in modo chiaro il momento di difficoltà del bipolarismo italiano. Nella prima parte della Tabella riportata sotto operiamo un semplice confronto con le provinciali scorse per quanto riguarda il numero medio dei candidati e delle liste presenti sulla scheda elettorale. Se il numero medio di liste presentate è sostanzialmente costante rispetto alle scorse consultazioni, lo stesso non si può dire del numero medio di candidati, che passa da 5,2 a 6,6. Già da questo primo dato si evince chiaramente una evoluzione in senso multipolare della competizione elettorale, ma la conferma decisiva in questo senso è rappresentata dal numero medio di liste che compongono i vari schieramenti: sia le liste di centrodestra che quelle di centrosinistra diminuiscono rispetto alle ultime elezioni provinciali, mentre quelle a sostegno dei terzi candidati passano da 3,3 a 7,1. In sostanza stiamo assistendo allo svuotamento dei due poli principali. Dal resto è ben noto come negli ultimi anni entrambi gli schieramenti abbiano vissuto momenti di grossa difficoltà: nel centrodestra, alla rottura di Berlusconi con Casini (di inizio 2008), ha fatto seguito quella con Fini (di fine 2010); nel centrosinistra invece si fanno sempre più sentire le indecisioni strategiche del PD, diviso fra coloro che propongono alleanze con il centro e coloro che spingono verso un consolidamento dell’alleanza con l’IdV e con la SEL di Vendola. Tutto questo produce conseguenze notevoli sull’offerta elettorale.

    Nella seconda parte della Tabella (che tralascia volutamente la collocazione di partiti di dimensioni piccole, come La Destra, la Federazione della Sinistra, e l’Alleanza per l’Italia di Rutelli) possiamo vedere come concretamente si realizza questa multipolarizzazione della competizione elettorale, nelle undici province al voto. In tutti i casi in esame i poli che si confronteranno sono più di due. Tuttavia, solo in tre di essi (Pavia, Treviso, Gorizia) la competizione avrà l’assetto tripolare che si ipotizza come più probabile per le prossime elezioni politiche (quello che in Tabella definiamo come standard): PdL e Lega coalizzati sulla destra, UDC e FLI coalizzati al centro, e PD, IdV e SEL coalizzati sulla sinistra. Anche in altri tre contesti l’assetto sarà tripolare, ma con una fisionomia diversa da quella che abbiamo appena ricordato. A Lucca l’UDC ha scelto di coalizzarsi con la destra, lasciando i finiani da soli al centro; a Macerata si riproporrà l’assetto delle regionali scorse, con l’UDC alleato con il centrosinistra, FLI ancorato al centro destra, e SEL alleata con i comunisti in una coalizione di estrema sinistra; a Campobasso si è assistito ad una ricomposizione fra FLI, UDC e il centrodestra, mentre sulla sinistra si registra la corsa solitaria della forte IdV locale. In due casi i poli che si confronteranno sono quattro (Mantova e Ravenna): qui la situazione è in realtà molto simile al tripolarismo nella sua versione standard, dato che l’unica anomalia che rispetto ad esso si registra è il fatto che FLI e UDC non sono riusciti a proporre un candidato comune e si presentano, dunque, separatamente. In tre casi, infine, la competizione sarà addirittura fra cinque poli. A Trieste questo è dovuto alla strategia ben poco lungimirante del centrodestra locale, che oppone alla sinistra unita ben quattro candidati diversi (uno a testa per Lega Nord, PdL, FLI e UDC); a Reggio Calabria invece , mentre a destra si registra la posizione autonoma del solo FLI, è il centrosinistra a presentarsi molto diviso, dato che al candidato del PD si oppongono da una parte il candidato comune di IdV e SEL e dall’altra il candidato degli esponenti della fronda interna al PD calabrese; a Vercelli, infine, la proliferazione dei candidati è dovuta, oltre che alle posizioni reciprocamente autonome di FLI e UDC, al fatto che IdV e SEL hanno preferito una collocazione non allineata al centrosinistra piuttosto che sostenere il candidato del PD (il deputato teodem Bobba).
    Come si vede, per quanto riguarda l’offerta elettorale si registra una situazione molto variabile e fluida. Una situazione per noi molto interessante, dato che dopo il voto saranno possibili tutta una serie di interessanti analisi sulle prestazioni dei partiti a seconda della loro collocazione coalizionale. Nel frattempo, l’unica cosa che già si può dire è che il bipolarismo italiano si trova in una fase evolutiva molto delicata. Da una parte è evidente che le fibrillazioni all’interno dei due schieramenti maggiori o sono già esplose (collocazione spesso autonoma di FLI e UDC) o sono sempre più sul punto di farlo (tensioni crescenti fra PD e IdV-SEL). Dall’altra, è altrettanto evidente come il nuovo terzo polo centrista stenti a decollare: riesce infatti a presentarsi unito ed autonomo dal centrodestra solo in una minoranza delle province al voto. Questo dipende, in parte, dalla naturale reticenza che alcune segreterie locali di FLI e UDC manifestano nel rinunciare alle ormai collaudate alleanze con PdL e Lega, ma anche dai comprensibili particolarismi che, sul piano locale, caratterizzano la scelta dei candidati di vertice in formazioni appena inaugurate.