Autore: Giorgos Charalambous

  • Europee Cipro: lievi apatia, punizione del governo e rafforzamento dell’estrema destra

    Europee Cipro: lievi apatia, punizione del governo e rafforzamento dell’estrema destra

    Traduzione di Elisabetta Mannoni.

    Introduzione

    Le elezioni europee del 2019 nella Repubblica di Cipro si sono tenute a tre anni di distanza dalle ultime elezioni legislative del 2016 e a un anno dalle elezioni presidenziali del 2018, in cui il partito di destra al governo, DISY, e il presidente Nicos Anastasiades hanno visti rinnovati il loro mandati per altri cinque anni. Già prima della campagna elettorale e dei risultati elettorali cui ci troviamo ora davanti, era possibile osservare una serie di riallineamenti negli schemi della competizione politica. Sebbene ognuno di essi abbia un significato, la loro rilevanza complessiva nell’evoluzione politica dell’isola di Cipro non è certamente definibile come una grande trasformazione della politica interna. Piuttosto, quello che si è osservato è stato una serie di fenomeni che possono essere definiti ‘lievi’, in cui l’apatia e il consolidamento dell’estrema destra sono diventati la nuova normalità ed è emersa un’attitudine negativa rispetto al governo, che tuttavia non ha alterato in modo significativo le dinamiche politiche.

    I temi della campagna elettorale: le fratture permangono

    La campagna elettorale per le elezioni europee è solitamente incentrata su questioni di ordine nazionale piuttosto che di carattere europeo. Cipro costituisce un chiaro esempio di questo approccio etnocentrico al processo elettorale dell’Unione, in base al quale la competizione politica ruota principalmente attorno alla questione cipriota e all’economia. Questo schema si evince sin dalle prime elezioni europee del 2004 (Teperoglou 2012) ed è continuato fino ad oggi, tendenzialmente in modo analogo anche ne resto del continente.

    La questione cipriota ha superato l’UE come tema al centro del dibattito pubblico, e ha anche inglobato questioni di rilievo per la dimensione europea. Ad esempio, la candidatura dell’accademico turco-cipriota Niazi Kizilyurek, nelle fila dell’ala sinistra dell’AKEL, è stata contestata da giornalisti e politici, che hanno messo in discussione le sue intenzioni di voto all’interno del Parlamento Europeo su alcune ‘questioni cruciali’ per il paese, come gli scambi commerciali diretti tra l’UE e la parte settentrionale dell’isola, la Repubblica Turca di Cipro del Nord, non riconosciuta a livello internazionale.

    La maggior parte dei sondaggi ha mostrato che la questione cipriota, l’economia e, in misura minore, la corruzione sono stati i principali criteri a guidare del voto. Queste erano anche le questioni più salienti per l’opinione pubblica, alle quali i media hanno risposto e contribuito, con un framing di tipo etnocentrico (Trimithiotis 2019). La campagna si è sviluppata in varie direzioni. Ad esempio sulle discussioni tenutesi sulla vendita da parte del governo della Banca Statale Cooperativa ad una delle principali banche private del paese, e la gestione della dismissione da parte del Ministro delle Finanze. L’immoralità evidente, ulteriormente aggravata dalle accuse della sinistra secondo cui Anastasiades e DISY sarebbero elitari, autoritari e corrotti, ha anche leso la reputazione del partito di governo. Le questioni di ‘nuova politica’, che tagliano trasversalmente le tradizionali linee di frattura del paese – come i diritti delle donne all’interno dell’UE o al di fuori di essa, le questioni dei diritti LGBT, la protezione ambientale, i cambiamenti climatici o lo sviluppo urbanistico – sono stati marginali nella migliore delle ipotesi, se non del tutto irrilevanti. A tutto questo si aggiunge un certo numero di questioni che vengono affrontate già quotidianamente nell’ambito della spaccatura etnica insita nella questione cipriota.

    Le dinamiche interne ai partiti hanno determinato la loro strategia e di conseguenza composizione delle liste. La sinistra, all’interno della quale è stata manifestata una chiara posizione pro-soluzione a partire dal 2014 circa, ha incluso per la prima volta un turco-cipriota nelle sue liste per incarico elettivo nella Repubblica di Cipro. La sua candidatura è stata sia emblematica delle lotte per la riunificazione, sia pratica, perché per la prima volta AKEL ha diretto una campagna preelettorale strutturata ed estesa nella parte settentrionale dell’isola, cosa che nel giorno del voto si è tradotta in un incentivo alla mobilitazione di elettori turco-ciprioti.

    La mossa di AKEL era allo stesso tempo razionale da un punto di vista elettorale, perché la candidatura di Kizilyurek era stata pensata per limitare o invertire la ‘perdita’ di un paio di punti registrata alle elezioni del 2014 ad opera delle liste bi-comunali pro-riunificazione (Jasmin e Drasy-Eylem). Nelle elezioni europee del 2019, si stima che il voto turco-cipriota abbia determinato approssimativamente tra il 2% e il 4% della quota di voto complessiva di AKEL, a seconda della quota di astenuti. Più alta sarà stata l’astensione tra i ciprioti greci, più determinante risulterà il peso del voto turco-cipriota, quindi più reattivo al voto turco-cipriota, probabilmente, AKEL (ed altri).

    Per il partito di destra DISY, la presenza dell’ELAM di estrema destra richiedeva figure che potessero richiamare elementi ultranazionalisti, conservatori e neofascisti, ma questi dovevano essere bilanciati da persone che riflettessero opinioni liberali, aperte e bi-comunali. La sua lista è stata così un ‘compromesso’ tra le tendenze più popolari della destra di ceto basso e medio, sia religiose sia nazionaliste, e gli strati più cosmopoliti, affluenti e professionalizzati della società, che sono liberali ed europeisti. La strategia di DISY può aver prevenuto danni peggiori, ma non è bastata ad evitare un deflusso verso il voto bi-comunale di AKEL o l’ostilità assoluta dell’ELAM nei confronti della riunificazione.

    Risultati e interpretazione: fenomeni ‘lievi’

    Sono stati eletti sei uomini, due dai due partiti principali, AKEL e DISY, e uno dal cosiddetto spazio intermedio, DIKO ed EDEK. I quattro pilastri del sistema partitico pre-crisi di Cipro sono così entrati nel Parlamento Europeo, evidenziando però delle dinamiche evolutive e dei cambiamenti elettorali in atto (Tabella 1). Subito dopo l’elezione, gli articoli nei media puntavano ancora tutti sullo slogan “L’astensione ha vinto”. Di fatto, l’astensione è salita a 352.968 unità contro le 340.025 del 2014. Un drammatico calo del tasso di affluenza si era verificato già nel 2009 e poi nuovamente nel 2014, in occasione della seconda e terza elezione europea a Cipro. Ad oggi, l’apatia è divenuta stabile e rientra nella normalità, per cui è una tendenza ancor più difficile da invertire: né la polarizzazione istigata dai partiti, né la crescita dell’estrema destra sono riusciti ad arrestarla. L’affluenza turco-cipriota è stata del 6,9% (5.604 elettori), circa il doppio dal 2014, in gran parte grazie alla candidature di Kirzilyurek – e si tratta comunque di una cifra ancora piuttosto bassa. L’aumento del tasso di astensione e una più generalizzata apatia sono tratti che si sono registrati già da prima degli inizi del 2010, all’inizio della crisi economica, e quindi non possono essere collegati esclusivamente ai problemi di carattere economico e alla loro politicizzazione (vedi Charalambous 2014).

    Tab. 1 – Risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo 2019: Cipro
    Partito Gruppo parlamentare Voti (VA) Voti (%) Seggi Differenza di voti dal 2014 (PP) Differenza di seggi  dal 2014
    Raggruppamento Democratico (DISY) EPP 81.539 29,0 2 -8,8 +0
    Partito Progressista dei Lavoratori (AKEL) GUE/NGL 77.241 27,5 2 +0,5 +0
    Partito Democratico (DIKO) S&D 38.756 13,8 1 +3,0 +0
    Movimento Socialdemocratico – EDEK (EDEK) S&D 29.715 10,6 1 Ν/D[1] +0
    Fronte Popolare Nazionale (ELAM) NI 23.167 8,2 0 +5,5 +0
    Schieramento Democratico (DIPA) ΝΙ 10.673 3,8 0 +3,8 +0
    Ecologisti/Alleanza dei Cittadini G-EFA/ALDE 9.232 3,3 0 Ν/D[2] +0
    Jasmin (Yasemi) NI 4.786 1,7 0 Ν/D[3] +0
    Altri partiti 5.826 2,1 0 +0
    Totale 280.935 100 6 +0
    Affluenza (%) 45,0
    Soglia legale di sbarramento (%) 1,8[4]

     

    Eppure, qualche cambiamento è già accaduto. In netto contrasto con le elezioni europee del 2014, quando il periodo immediatamente successivo all’elezione del Presidente (Anastasiades è stato eletto nel 2013) ha consentito alla destra di evitare perdite significative e presentarsi come vincitrice (Charalambous, Papageorgiou e Pegasiou, 2015), nel corso degli anni l’insoddisfazione per il governo, che ora ha sei anni alle spalle e non più uno, è aumentata in modo significativo. Mentre una parte considerevole dei cittadini aventi opinioni negative su DISY è passata all’astensione, la perdita del partito di quasi il 9% (un totale di circa 16.000 voti), può segnalare l’inizio della fine dell’egemonia di DISY. Ma questo trend può anche risultare potenzialmente invertito o quantomeno contenuto alle prossime elezioni legislative del 2021, tra due anni, in un quadro di alta fluidità elettorale. Rispetto ai risultati elettorali degli altri partiti che appartengono al Partito Popolare Europeo (EPP), le perdite di DISY gli consentono comunque di collocarsi a circa 7 punti percentuali al di sopra della media UE delle suoi alleati. Il risultato non è quindi disastroso, almeno in termini comparati, ma ha perso terreno e il futuro elettorale che gli si prospetta appare arduo.

    Ciò che l’estrema destra ha raggiunto è il consolidamento quale uno dei cinque maggiori partiti della Repubblica di Cipro. Nello specifico, l’ELAM ha raccolto 23.166 voti, un risultato leggermente migliore di quello ottenuto in occasione della sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2008, ma più di tre volte superiore rispetto a quello delle elezioni europee del 2014. Sebbene l’estrema destra greco-cipriota non sia riuscita a entrare nel Parlamento Europeo, la sua vera forza elettorale sembra ora attestata tra il 6 e l’8% dei consensi. I giorni di discussione su come scoraggiare l’ascesa degli estremisti sono finiti; questo è il periodo del loro consolidamento e della loro normalizzazione.

    Anche la fluidità della competizione politica era chiara da tempo, ma i risultati, ancora una volta, non hanno natura trasformativa. Dalla Tabella 2, si può vedere che spostamenti di elettori si sono verificati in quasi tutti gli bacini politici, ma per la maggior parte solo avvenuti tra partiti o programmi ideologicamente simili. Gli elettori si sono spostati da un’opzione all’altra, ma in gran parte basandosi su almeno una o più convinzioni ideologiche o politiche, senza discostarsi troppo dalle scelte passate in merito a una o ad entrambe le questioni cruciali (la tradizionale frattura socio-economica e quella etnica).

    Tab. 2 – Elettori fedeli, in entrata e in uscita nelle elezioni per il Parlamento Europeo 2019 a Cipro (rispetto alle elezioni legislative del 2016)[5]
    Partito Elettori fedeli (≈ %) Principali ingressi da Principali uscite verso
    AKEL 89 Ciprioti Turchi, progressisti di DISY
    DISY 79 ELAM ELAM
    DIKO 72 Solidarietà[6] EDEK, DIPA
    EDEK 90 DIKO, Ecologisti/Alleanza dei Cittadini, AKEL Molto limitate
    DIPA 80 DISY, DIKO, ΑΚΕL, nuovi elettori, astensione N/D
    Ecologisti/Alleanza dei Cittadini 35/35 Ν/D EDEK, astensione
    ELAM 80 Solidarietà, nuovi elettori, astensione, DISY DISY

     

    La lista dei candidati dell’AKEL, che includeva anche un accademico liberale turco-cipriota (eletto con oltre 25.000 voti), ha attratto gli elettori più pro-riunificazione all’interno di DISY, o più in generale nel campo di centrodestra. La sinistra ha anche attirato un numero considerevole di turco-ciprioti, come previsto – circa due terzi di quanti hanno votato. Questi due fattori hanno aumentato il voto di AKEL per il Parlamento Europeo e, insieme al ritorno al partito degli elettori che nel 2014 si erano astenuti, hanno garantito alla sinistra circa 8.000 elettori in più rispetto a cinque anni fa. Tuttavia, anche se il tasso di fedeltà del voto di AKEL è aumentato ed è elevato, una parte degli elettori che votavano il partito fino al 2009, prima degli effetti della sua esperienza di governo (2008-2013), sembrano essere andati persi per sempre – per lo più, sebbene non esclusivamente, a favore dell’astensione.

    DISY ha ceduto la maggior parte dei suoi ex-elettori alla sua destra, all’estremista ELAM, specialmente nel distretto di Famagosta, dove gli interessi materiali per il turismo e le costruzioni, che potrebbero essere lesi in caso di riunificazione, tendono a favorire l’ultranazionalismo e una politica particolarmente rigida sulla questione cipriota. Il campo nazionalista “centrista” ne è uscito equamente diviso, come era entrato: l’Alleanza dei Cittadini sta uscendo di scena, mentre ad confermarsi è il gruppo scissionista di DIKO, DIPA. DIKO ha aumentato la sua quota di circa il 3 punti, anche se a questo ha contribuito l’aver incluso il movimento Solidarietà. Il socialdemocratico EDEK ha attratto gli elettori che erano fermamente convinti di voler tenere l’ELAM fuori dal Parlamento Europeo, molti dei quali provenivano da Ecologisti/Alleanza dei Cittadini che, spinti dai risultati dei sondaggi, hanno scelto di optare per l’EDEK per evitare di esprimere un ‘sprecare il voto’.

    Gli anni della crisi non sono ancora finiti a Cipro, in modo particolare sul sentiero che conduce alla spartizione concordata e ufficiale dell’isola (vedi Ioannou, 2019), ma anche per quanto riguarda la risposta del pubblico alle ultime elezioni europee. Vari sono i segnali di disaffezione politica dovuta all’economia: l’aumento del consolidamento del voto di sinistra, il passaggio dalla destra all’estrema destra da parte di sostenitori ultranazionalisti di ceto medio e basso, che sono stati influenzati negativamente da favori o politiche statali e dalla centralità di alcuni attori economici, quali banche e cooperative, durante la campagna elettorale.

    Per molti aspetti queste elezioni hanno segnalato la continuazione di alcuni sviluppi già comparsi nelle elezioni europee del 2009 e 2014, e nelle elezioni legislative del 2016. Dunque, piuttosto che generare fenomeni di per sé del tutto nuovi, la competizione elettorale di quest’anno ha in realtà consolidato delle tendenze preesistenti all’interno della società cipriota.

    Riferimenti bibliografici

    Charalambous, G. (2014), Political Culture and Behaviour in the Republic of Cyprus during the Crisis, Nicosia, Peace Research Institute Oslo, Cyprus Centre e Freidrich-Ebert-Stiftung.

    Charalambous, G., Papageorgiou, B. e Pegasiou, A. (2015), ‘Surprising Elections in Exciting Times? Of Proxies and Second-Order Events in the 2014 European Election in Cyprus’, South European Society and Politics, 20 (3), pp. 403-424.

    Ioannou, G. (2019), ‘Ο Ντενκτάς στον νότο: Η Κανονικοποίηση της διχοτόμησης στην Ελληνοκυπριακή Πλευρά’, Psifides.

    Teperoglou, E. (2010), ‘A Chance to Blame the Government? The 2009 European Election in Southern Europe’, South European Society and Politics, 15 (2), pp. 247-272.

    Trimithiotis, D. (2019), ‘The Persistence of Ethnocentric Framing in Online News Coverage of European Politics’, Digital Journalism, DOI: 10.1080/21670811.2019.1598882.


    [1] Non disponibile perché EDEK nel 2014 correva in una lista unitaria con gli Ecologisti, che raccolse il 7,7%.

    [2] Non disponibile perché nel 2014 l’Alleanza dei Cittadini si era presentato solo e gli Ecologisti correvano in una lista unitaria con EDEK, che raccolse il 7,7%.

    [3] Non disponibile perché nel 2014 il leader di Yasemi si è presentato come indipendente, raccogliendo l’1% dei voti.

    [4] La soglia legale è 1,8% ma di fatto avendo Cipro 6 seggi (assegnati in un’unica circoscrizione) sale al 16,6%.

    [5] Le cifre sono approssimate, basate su multipli exit poll.

    [6] Solidarietà è un partito nazionalista di centrodestra, che ha corso, nelle elezioni europee del 2019, con DIKO. La sua leader, Eleni Theocharous è arrivata seconda e non è stata rieletta.

  • Cyprus: An Election of ‘Soft’ Phenomena – Apathy, Incumbent Punishment and Far-right Consolidation

    Cyprus: An Election of ‘Soft’ Phenomena – Apathy, Incumbent Punishment and Far-right Consolidation

    Introduction

    The 2019 European election in the Republic of Cyprus came three years after the last legislative elections of 2016 and one year after the presidential elections of 2018 which saw the right-wing governing party, DISY and President Nicos Anastasiades, renew their mandate for another five years. In the backlog of the campaign politics and electoral results that lie before us, one can observe a number of realignments in the patterns of political competition. Although each of them carries significance, their overall relevance in the island’s political evolution is certainly not analogous to a major transformation of domestic politics. Rather, a series of phenomena that can be called ‘soft’ have been witnessed, whereby apathy and far right consolidation have become the new normal and a swing against the government has emerged, which, however, has not altered the political dynamics very significantly.

    Campaign Issues: A lasting cleavage structure

    Campaigning in the European elections is usually centred around national-level issues rather than EU-wide or even EU-relevant ones. Cyprus constitutes a clear example of this ethnocentric approach to the Union’s electoral process whereby political competition revolves chiefly around the Cyprus Problem and the economy. This is a pattern evident since the first European elections of 2004 (Teperoglou, 2012) which continues until today, in much similarity to the rest of the continent.

    The Cyprus problem both trampled the EU as an issue of public political debate and was incorporated into questions relevant to the EU. For example, the Turkish Cypriot academic Niazi Kizilyurek’s candidacy, on the left-wing AKEL’s ballot, was challenged by journalists and politicians by questioning his intentions about voting inside the European Parliament (EP) on such ‘crucial issues’ of government and state policy such as direct trade between the EU and the internationally unrecognised TRNC (‘Turkish Republic of Northern Cyprus’), in the island’s northern part.

    Most polls showed that the Cyprus problem, the economy and to a lesser extent corruption were the main criteria declared by the public as driving the vote. These were also the most salient issues within public opinion, to which the media both responded and contributed with their own ethnocentric framing (Trimithiotis, 2019). The crisis unfolded into various directions, for example, discussions about the government’s selling of the previously state-owned Cooperative Bank to one of the main private banks, and the handling of the transfer by the Finance Minister. Visible sleaze, compounded by the Left’s allegations that Anastasiades and DISY were elitist, authoritarian and corrupt also eroded the incumbent’s profile. Issues of ‘new politics’ that go beyond the traditional cleavages in the country – such as women’s rights within the EU or outside of it, LGBT rights issues, environmental protection, climate change, or urban planning – were marginal at best and completely insignificant at worse. A number of issues are also, already addressed within the ambit of the ethnic cleavage, through the everydayness of Cyprus problem politics.

    The internal dynamics of parties determined their electoral strategy and consequently their ballot composition. The Left inside which a clear pro-solution stance has been projected since about 2014, included for the first time a Turkish Cypriot in its ballot for a public post in the Republic of Cyprus. His nomination was both symbolic of the reunification struggles and practical, as it was the first time that AKEL ran an organised and extensive pre-electoral campaign in the northern part of the island, which on voting day turned into contributing towards the transportation and attendance of Turkish Cypriot voters at the electoral polls.

    AKEL’s move was at the same time electorally rational, as Kizilyurek’s candidacy was intended to limit or reverse the party’s 2% ‘losses’ to the pro-reunification, bi-communal ballots of 2014, Jasmin and Drasy-Eylem. In the European elections of 2019, the Turkish Cypriot vote was estimated to condition approximately between 2% and 4% of AKEL’s overall vote share, depending on abstention. The higher the abstention among Greek Cypriots, the more determinative of the result the Turkish Cypriot vote, hence the more responsive to the Turkish Cypriot vote AKEL (and others) would likely be.

    For right-wing DISY, the presence of the extreme right ELAM required personas addressing ultranationalist, conservative and neo-fascist elements, but these had to be balanced with people reflecting liberal, open and bi-communal views. Its ballot thus reached a ‘compromise’ between the popular, lower and middle-class tendencies of the Right, both religious and nationalist, and the cosmopolitan, capitalist strata and professional classes which are liberal and pro-European. DISY’s strategy may have prevented worse damage but it was not enough to avert outflows towards either AKEL’s bi-communal ballot or ELAM’s outright hostility to reunification.

    Results and interpretations: Soft phenomena

    Six men were elected, two from the two main parties, AKEL and DISY, and one by the so-called in-between space, DIKO and EDEK. The four pillars of the pre-crisis party system in Cyprus entered the EP, but electoral shifts and evolving dynamics were evident (Table 1). In the immediate aftermath of the election, media articles again revolved around the slogan ‘Abstention was the winner’. In real votes abstention rose up to 352,968 from 340,025 in 2014. Α dramatic fall in the turnout rate happened already in 2009 and then again in 2014, on the occasion of the second and third European elections in Cyprus. By today, apathy has been stabilised and normalised, hence it is now all the more difficult to reverse – neither party-instigated polarisation, nor the growth of the far right have tamed it. Turkish Cypriot turnout was 6.93% or 5,604 voters, approximately double from 2014, largely because of Kirzilyurek’s nomination, but still very low. Increasing abstention rates and broader apathy are traits that have existed since before the early 2010s, at the onset of the economic crisis, and thus cannot be exclusively linked to economic trouble and their politicisation (see Charalambous, 2014).

     

    Table 1 – Results of the 2019 European Parliament elections – Cyprus
    Party EP Group Votes (N) Votes (%) Seats Votes change from 2014 (%) Seats change from 2014
    Democratic Rally (DISY) EPP 81,539 29.2 2 -8.6 +0
    Progressive Party of the Working People (AKEL) GUE/NGL 77,241 27.5 2 +0.5 +0
    Democratic Party (DIKO) S&D 23,167 8.3 1 -2.5 +0
    Social Democratic Movement – EDEK (EDEK) S&D 29,715 10.6 1 Ν/Α* +0
    National, Popular Front (ELAM) NI 23,167 8.9 0 +6.1 +0
    Democratic Line-up (DIPA) ΝΙ 10,673 3.8 0 Ν/Α* +0
    Ecologists/Citizens’ Movement G-EFA/ALDE 9,232 3.3 0 Ν/Α* +0
    Jasmin (Yasemi) NI 4,786 1.7 0 Ν/Α* +0
    Total 259,520 100 6
    Turnout (%) 44.99
    Legal threshold for obtaining MEPs (%) 1.8**
    *Ν/Α because EDEK run on a joint ballot with the Ecologists in 2014; Citizens’ Movement run alone; DIPA did not exist at the time; Yasemi’s leader ran as an independent.
    **The threshold by law is 1.8% but in practice for six seats (with Cyprus counting as a single constituency) it is 16.6%.

     

    Yet, some change has already happened. In clear contrast to the European elections of 2014, where the then newly elected President’s honeymoon period (Anastasiades was elected in 2013) allowed the Right to avoid significant losses and present itself as a winner (Charalambous, Papageorgiou and Pegasiou, 2015), by 2019 dissatisfaction with the government, now six years old rather than one, increased significantly. While a considerable part of citizens with negative opinions about DISY shifted into abstention, the party’s loss of almost nine per cent (a total of around 16,000 votes), may signal the beginning of the end of DISY’s hegemony. But it can also be potentially reversed or contained at the legislative elections in 2021, in two years’ time, amidst high electoral fluidity. Compared to the vote shares of the parties participating in the EPP (European People’s Party), DISY’s losses still allow it a place approximately seven percentage points above its ‘sister’-parties’ EU average. Its result is thus not disastrous at least in comparative terms but its ground has receded and its electoral future looks tough.

    What the far right achieved amounts to its consolidation as one of the five biggest parties in the Republic of Cyprus. Specifically, ELAM gathered 23,166 votes, slightly higher than its candidacy for the Presidential elections of 2008 polled, but more than threefold in real numbers of its 2014 European elections result. Although the Greek Cypriot far right did not manage to enter the EP, its real electoral strength now seems to lie between six and eight per cent of the vote. The days of discussing how to deter the rise of the extremists are now over; this is the period of their consolidation and mainstreaming.

    The fluidity of political competition has also been clear for some time but the results, again, are not transformative. From Table 2, one can see that vote switching occurred between most political spaces, but for the most part only between the ideologically approximate parties or platforms; voters moved from one to another choice, largely based on at least one or more ideological or political convictions with a historical reflection in terms of either or both traditional socio-economic issues and the ethnic cleavage.

     

    Table 2 – Vote consolidation and vote switching at the 2019 Cyprus European elections (compared to the 2016 legislative elections)*
    Party  Vote consolidation (≈ %) Main inflows from Main outflows to
    AKEL 89 Turkish Cypriots, DISY liberals
    DISY 79 ELAM ELAM
    DIKO 72 Solidarity** EDEK, DIPA
    EDEK 90 DIKO, Ecologists/Citizens’ Movement, AKEL Very limited
    DIPA 80 DISY, DIKO, ΑΚΕL, new voters, abstention N/A
    Ecologists/Citizens’ Alliance 35/35 Ν/Α EDEK, Abstention
    ELAM 80 Solidarity**, new voters, abstention, DISY DISY
    * Approximate figures, based on multiple exit polls.
    ** Solidarity is a centre-right, natioanlist party, which ran on DIKO’s ballot in 2019. Its leader, EleniTheocharous came second and was not re-elected.

     

    AKEL’s candidate list, which included a Turkish Cypriot liberal academic (who was elected with more than 25,000 votes), attracted voters on the pro-reunification side within DISY or the broader centre-right space. The left also attracted a considerable number of Turkish Cypriots, as intended – around two thirds of those who voted. These two forces have increased AKEL’s vote for the EP, which along with a return to the party from voters who had abstained in 2014, added to the Left around 8,000 voters compared to five years ago. Still, and although AKEL’s vote consolidation has increased and is high, a number of voters choosing the party until 2009, before the effects of its experience in executive office (2008-2013), seem to have been lost forever – mostly, although not exclusively, to abstention.

    DISY lost most of its ‘previous’ votes to its right, the extremist ELAM, especially in the district of Famagusta where material interests in tourism and construction that could be damaged from reunification tend to favour an explicitly hard-line policy on the Cyprus problem and ultra-nationalism. The ‘centrist’, nationalist space emerged equally divided as before – Citizens’ Alliance is exiting as a relevant actor and DIKO splinter, DIPA, is entering. DIKO increased its share by approximately 3%, although to this contributed the inclusion of Solidarity in its ballot. The social democratic EDEK attracted voters who were adamant on keeping ELAM out of the EP, many of whom came from the Ecologists/Citizens’ Movement and guided by polls, opted for EDEK to avoid casting a ‘lost vote’.

    The crisis years are not yet over in Cyprus, especially in the path towards the negotiated and official partition of the island (see Ioannou, 2019), but also in what concerns the public’s response to the last European elections. Various signs of economically-driven political disaffection are there: increase in the left’s vote consolidation, switches from the Right to the Far Right by ultra-nationalist lower- and middle-class supporters who have been negatively affected by state favours or policy, and the centrality of economic institutions in the campaign, such as co-ops and banks.

    In most respects the election signalled the continuation of developments that had appeared with the European elections of 2009 and 2014, or the legislative elections of 2016; this year’s electoral contest consolidated pre-existing tendencies inside society, rather than generating phenomena that are entirely new in their own right.

     

    References

    Charalambous, G. (2014). Political Culture and Behaviour in the Republic of Cyprus during the Crisis. Nicosia: Peace Research Institute Oslo, Cyprus Centre and Freidrich-Ebert-Stiftung.

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