Autore: Matteo Boldrini

  • Comunali 2023: astensione in crescita ovunque, tiene il Sud

    Comunali 2023: astensione in crescita ovunque, tiene il Sud

    Il risultato del primo turno di amministrative tenutesi il 14 e il 15 maggio sembra confermare la tendenza alla diminuzione della partecipazione elettorale nel nostro Paese. Il dato finale a livello nazionale evidenzia infatti un’affluenza pari al 59,03%, con una flessione di circa due punti percentuali rispetto alle elezioni amministrative precedenti, quando si è recato a votare il 61,22% degli aventi diritto, e di quasi cinque punti rispetto alle politiche del 2022, quando l’affluenza si era attestata al 63, 8%. Si tratta di un risultato che certamente non sorprende. Le elezioni amministrative sono infatti considerate delle elezioni di “secondo ordine” rispetto alle elezioni politiche (Reif e Schmitt 1980) in cui è più difficile mobilitare gli elettori. Inoltre, è noto che l’Italia risulta interessata da tempo da un trend di decrescente affluenza (Emanuele e Maggini 2016; Trastulli 2021; Improta e Angelucci, 2022).

    Data il complessivo calo dell’affluenza, è interessante esplorare questa tendenza in base alle differenze geografiche e alla dimensione dei Comuni, per evidenziare se questo aumento dell’astensionismo abbia avuto caratteristiche omogenee oppure presenti delle specificità territoriali.

    La Tabella 1 illustra l’affluenza alle comunali del 2023 nei 91 comuni superiori (cioè con più di quindicimila abitanti) divisi per zona geopolitica (Nord, Zona Rossa e Sud). In primo luogo, in tutte e tre le aree si registra una diminuzione dell’affluenza rispetto alla precedente tornata elettorale, con valori sostanzialmente simili, solo leggermente più alti per quanto riguarda le regioni del Nord (-2,6%) e più bassi per quanto riguarda la Zona Rossa (-1,8%). Il Nord si conferma inoltre la zona del Paese con la minore affluenza in questo tipo di elezioni (54,1%), con valori inferiori sia alla Zona Rossa (57,6%), sia al Sud (61,7%), l’area in cui l’affluenza ha raggiunto i livelli più alti.

    Questo quadro viene in parte confermato dal confronto con le elezioni politiche. Rispetto allo scorso settembre, infatti, il calo dell’affluenza nei comuni maggiori è stato più elevato (-4,6%) rispetto a quello complessivo di questa tornata di amministrative. Tuttavia, nuovamente, vi sono ampie differenze territoriali. Il Nord costituisce l’area del Paese dove il calo rispetto alle politiche è stato più elevato (-15,3%), seguito dalla Zona Rossa (-10,7%). Al contrario, al Sud, vi è stata una crescita dell’affluenza di ben 4,6 punti percentuali, confermandosi come l’area del Paese più interessata a questo tipo di competizioni elettorali. Si tratta di un dato coerente con quanto visto con le recenti tornate amministrative (Trastulli 2021; Improta e Angelucci, 2022) e presumibilmente legato a dinamiche localistiche e alla presenza di “signori delle preferenze” (Fabrizio e Feltrin 2007; Emanuele e Marino 2016).

    Concentrandosi poi sulla competizione elettorale nei comuni capoluogo (Tabella 2), si nota come essa sia interessata da forti specificità locali. Sebbene infatti in questi comuni la crescita dell’astensionismo sia generalmente più elevata, vi sono numerosi casi particolari.

    Rispetto alle elezioni politiche, infatti, l’affluenza crolla a Treviso (-19,1%), Vicenza (-15,9%) e Brescia (15,3%), mentre sostanzialmente tiene a Imperia (-4,2%), Massa (-3,7%) e Teramo, oltre a crescere a Brindisi (+3,6%). Rispetto alle comunali invece il quadro diviene ancora più complesso, con una forte decrescita a Treviso (-7%), a Imperia (-4,7%) e Sondrio (-4%) ma addirittura una leggera crescita dell’affluenza ad Ancona (+0,4%), Brescia (+0,4%) e Siena (+0,7%).

    L’astensione sembra dunque confermarsi nuovamente come la vera vincitrice di questa tornata elettorale. Tuttavia, sembra consolidarsi una tendenza di tipo nuovo, con il Sud e i centri più piccoli (o comunque non capoluogo) maggiormente interessati a queste competizioni di “secondo ordine”.

    Riferimenti bibliografici

    Emanuele, V., & Maggini, N. (2016). ‘Calo dell’affuenza, frammentazione e incertezza nei comuni superiori al voto’, in Cosa succede in città? Le elezioni comunali del 2016, V. Emanuele, N. Maggini e A. Paparo (a cura di), Dossier CISE, pp.49-56.

    Emanuele, V., & Marino, B. (2016). ‘Follow the candidates, Not the parties? Personal vote in a regional de-institutionalized party system’. Regional & Federal Studies, 26(4), 531-554.

    Fabrizio, D., & Feltrin, P. (2007). ‘L’uso del voto di preferenza: una crescita continua’, in Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle regioni italiane, A. Chiaramonte e G. Tarli Barbieri (a cura di), Bologna: Il Mulino, pp. 175-199.

    Reif, K., & Schmitt, H. (1980). ‘Nine second-order national elections – A conceptual framework for the analysis of european election results’. European Journal of Political Research, 8(1), pp. 3-44.

    Trastulli, F. (2021). ‘Comunali 2021: crollo dell’affluenza, vince l’astensione. Grandi città disertate, “tiene” l’effetto incumbent’, disponibile su: Comunali 2021: crollo dell’affluenza, vince l’astensione. Grandi città disertate, “tiene” l’effetto incumbent | CISE (luiss.it)

  • I flussi elettorali a Firenze

    I flussi elettorali a Firenze

    Firenze costituisce una parziale eccezione nel panorama dei risultati delle elezioni politiche del 2022, in quanto il centrosinistra è riuscito ad affermarsi come prima forza politica della città e a vincere il corrispondente collegio uninominale.

    Esaminare attraverso i flussi la composizione elettorale dei vari partiti e gli spostamenti che rispetto alle precedenti elezioni politiche può dunque essere interessante per comprendere i fattori che hanno garantito la vittoria al Pd e alla coalizione da esso guidata.

    Uno dei primi aspetti che occorre esaminare è relativo alla fedeltà elettorale, cioè alla percentuale di votanti che hanno confermato il sostegno allo stesso partito rispetto al 2018.

    Osservando i flussi di destinazione, si nota come il Partito Democratico sia la forza politica con il livello più elevato di fedeltà, riuscendo a riportare a votare il 56,9% di chi lo aveva sostenuto alle precedenti elezioni. Nonostante le perdite significative, sia verso Fdi (11,3%), sia soprattutto verso Azione (17,6%), il PD appare dunque come il partito con la più alta capacità di mobilitazione della propria base elettorale.

    Anche Fratelli d’Italia presenta livelli di fedeltà particolarmente elevanti, ottenendo la preferenza elettorale del 53,7% di chi lo aveva sostenuto nel 2018. Inoltre, il partito di Giorgia Meloni si dimostra quello più capace di intercettare consensi di altre forza politiche, sia nella coalizione di centrodestra (attirando il 49% degli elettori della Lega e il 41% di quelli di Forza Italia), sia all’esterno, conquistando la preferenza elettorale di parte della base del Pd (11,3%), di Più Europa (10,8%) e del M5s (3,3%).

    Il Movimento Cinque Stelle presenta valori di fedeltà più bassi (29%), cedendo però consensi soprattutto verso l’astensione (36,4%) e, in misura, verso il Partito Democratico (14,8%), la Lega (7,5%) e, come già evidenziato, Fdi. Il Movimento inoltre si presenta attrattivo soprattutto per gli elettori di sinistra, attirando il 27,6% di Liberi ed Uguali, il cui elettorato si divide tra il M5S, il Pd (37,6%) e l’alleanza tra Verdi e Sinistra (28,6%).

    Gli altri partiti principali manifestano livelli di fedeltà decisamente inferiori. Infatti, solo il 15,7% degli elettori di Forza Italia e addirittura il 13,4% di quelli della Lega hanno confermato la propria scelta dimostrando quindi una scarsa capacità di rimobilitazione dei propri sostenitori di questi partiti.

    Infine, per quanto riguarda l’area del non voto, si rileva una sua sostanziale stabilità con l’88% di quanto si erano astenuti nel 2018 che anche questa volta non si sono recati alle urne.

    Queste considerazioni sono confermate osservando la composizione del sostegno elettorale. Il Pd è la forza politica più stabile, con il suo elettorato composto prevalentemente da persone che lo avevano già votato nel 2018 (il 72,9%), e, in misura minore, da elettori del M5S (10,1%) e di Leu (9,7%).

    Al contrario, Fdi presenta l’elettorato più variegato, composto sia da elettori dei vari partiti di centrodestra (29,7% Lega, 19,3% Forza Italia, 14,7% Fdi), sia da una parte considerevole di elettori del Pd (22,7%).

    Per quanto riguarda le forze politiche fuori dalle principali coalizioni, l’elettorato della lista unita Azione e Italia Viva risulta composto principalmente da ex elettori del PD (46,4%), di Più Europa (15,9%) e di Forza Italia (15,2%). Al contrario, il sostegno al M5S è formato prevalentemente – oltre che da elettori pentastellati (60,3%) – da elettori di Leu (21,5%) e, in misura inferiore, da astenuti (12,8%).

    Concludendo dunque, si può dire che la tenuta del Partito Democratico in città sia da attribuire all’alta fedeltà del suo elettorato e dall’attrazione di parte di quello di Leu e del M5S che, seppur parzialmente, compensano i flussi in uscita verso Fratelli d’Italia e verso Azione. La crescita del partito di Giorgia Meloni deve invece essere ricollegata alla capacità del suo partito di attrarre sia elettori tradizionalmente di centrodestra, sia elettori che alle scorse elezioni avevano sostenuto il PD. Infine, il calo del M5S deve essere imputato alla minore capacità di mobilitazione del suo elettorato, indirizzatosi per oltre un terzo verso l’astensione e, parzialmente, verso gli altri partiti.

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 360 sezioni elettorali del comune di Firenze. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 16,3.

  • Le elezioni politiche 2022 in Toscana. La crisi del “muro rosso”

    Alla vigilia delle elezioni del 2022, una delle domande che più avevano interessato esponenti politici e commentatori politici era relativa alla possibile tenuta del cosiddetto muro rosso della Toscana, cioè di quell’area che, nonostante la crisi di consensi attraversata dal Partito Democratico in Italia, sembrava poter resistere all’avanzata del centrodestra.

    Come è già stato evidenziato, le elezioni politiche del 2022 hanno visto una delle peggiori performance della sinistra italiana e anche in Toscana questa crisi si è manifestata con particolare forza.

    Tuttavia, per comprendere in maniera più adeguata la portata e le implicazioni, è utile esplorare in maniera più specifica l’esito elettorale.

    In primo luogo, il centrodestra è riuscito ad affermarsi nella gran parte delle competizioni uninominali.

    Il Partito Democratico e i suoi alleati sono riusciti a prevalere solamente nei due collegi di Firenze e di Scandicci (approssimativamente coincidenti con tutta la Provincia di Firenze), mentre la coalizione di centrodestra si è affermata negli altri sette.


    Figura 1 Numero di vittorie nei collegi uninominali per coalizione (elezioni 1994, 1996, 2001, 2018, 2022)

    Si tratta di un avanzamento importante se paragonato alle scorse elezione politiche (in cui entrambe le forze politiche avevano vinto sette seggi) ma che appare ancora più rilevante se confrontato con la serie storica della Seconda Repubblica (Figura 1). Negli anni Novanta la coalizione di sinistra era infatti uscita vincitrice dalla gran parte delle competizioni uninominali (riuscendo addirittura a vincerle tutte nel 1994) e negli anni successivi il centrodestra era riuscito a conquistare solamente due collegi (Grosseto e Lucca) dei ventinove in palio.

    L’esame delle competizioni uninominale consegna dunque una Regione, in cui non solamente i rapporti di forza tra le varie forze politiche sono cambiati, ma sembrano addirittura invertirsi.

    In secondo luogo, la vittoria del centrodestra appare ancora più solida andando ad esaminare il risultato aggregato sul territorio regionale. Dopo le elezioni europee del 2019 in cui la destra aveva sopravanzato la sinistra per la prima volta di un punto percentuale, nel 2022 la coalizione guidata da Giorgia Meloni riesce, per la prima volta ad una elezione politica, ad imporsi a quella di centrosinistra, superandola di circa quattro punti percentuali.

    Osservando i dati della serie storica (Figura 2), si nota come per il centrodestra quello del 2022 costituisca uno dei migliori risultati mai ottenuti, recuperando i consensi perduti alle elezioni del 2013 e riportandosi sostanzialmente in linea con l’esito delle elezioni del 2001 e del 2006.

    Al contrario, per il centrosinistra, nonostante un leggero recupero rispetto all’elezione precedente, le elezioni del 2022 costituiscono uno dei suoi peggiori risultati, immediatamente dopo quelle del 2018, capitolo finale di una scia negativa iniziata con le elezioni del 2008.


    Figura 2 Risultati elettorali della coalizione di centrosinistra e di centrodestra alle elezioni politiche in Toscana (Camera dei Deputati)

    L’esame della serie storica spinge inoltre ad una ulteriore considerazione. Nonostante la crescita, il centrodestra regionale sembra riportarsi (in termini percentuali) a livelli sostanzialmente simili rispetto al passato. Al contrario, il centrosinistra si trova in una crisi continua, che lo ha portato di fatto a perdere circa la metà del suo elettorato rispetto al 2006.

    Il superamento operato dal centrodestra sembra quindi da imputarsi in misura prevalente all’emorragia di consensi che affligge il centrosinistra toscano. Il logoramento della base elettorale del Partito Democratico e la sua minore capacità di mobilitazione si sono tradotti in una lenta crisi di consensi, che, congiuntamente ad una ripresa di forza del centrodestra, ha favorito una apertura della competizione a livello regionale.

    Infine, l’ultimo aspetto che merita di essere considerato è relativo alla distribuzione del voto nella Regione. Dei 273 comuni, il centrosinistra riesce ad affermarsi come prima forza politica solamente in poco più di un quarto (il 27,1%), evidenziando così come vi sia stata una vittoria diffusa in tutto il territorio regionale da parte del centrodestra. Al contrario, il centrosinistra appare sempre più chiuso nel perimetro della Toscana centrale. Quasi uno su due (il 47%) dei comuni vinti da questa coalizione appartiene alla provincia di Firenze e quasi uno su tre (il 31,1%) a quella di Siena, mentre non riesce a conquistarne nessuno nella parte settentrionale della regione.

    In conclusione, dunque, dopo la fine della subcultura rossa, sembra che anche la geografia elettorale della regione sia cambiata. La debolezza del centrosinistra, la sua difficoltà nel rimobilitare la sua base elettorale, hanno lasciato ampio spazio al centrodestra, a cominciare proprio dalle aree regionali più periferiche e distanti dal centro. Il muro rosso è quindi definitivamente caduto e, quello che ne rimane, assomiglia ormai solo a un ridotto fiorentino. 

  • L’andamento dei livelli di bipolarismo e bipartitismo

    L’andamento dei livelli di bipolarismo e bipartitismo

    Nell’esaminare il risultato delle elezioni politiche di domenica 25 settembre, uno degli aspetti da considerare è relativo al livello di bipolarismo e bipartitismo.

    Il tema ricopre una rilevanza particolare nel contesto italiano. L’Italia, nel corso della Prima Repubblica, è stata considerata un Paese frammentato e numerose sono state le leggi elettorali (a partire dalla legge Mattarella nel 1993 e la legge Calderoli nel 2005) introdotte per cercare di favorire una maggiore bipolarizzazione del sistema.

    L’exploit del Movimento Cinque Stelle nel 2013 e nel 2018 ha però rappresentato un fatto nuovo, diminuendo drasticamente la tendenza al bipolarismo registrata negli anni precedenti e aprendo la strada ad un sistema di fatto tripolare.

    L’esame dell’indice di bipolarismo può dunque consentire di verificare se questa tendenza alla frammentazione si sia mantenuta o se invece vi sia stata una inversione di tendenza rispetto alle elezioni precedenti.

    Figura 1 Indice di bipolarismo per i voti ottenuti alle elezioni politiche del 2022

    Come si può osservare dalla Figura 1, l’indice relativo alle elezioni del 2022 è solo leggermente più alto di quello del 2018 (69,94 contro 69,7) a indicare una sostanziale continuità nei livelli di bipolarismo. Sebbene il dato sia in controtendenza rispetto al 2013, è particolarmente distante rispetto al periodo 2001-2008, in cui la bipolarizzazione raggiungeva i suoi livelli massimi, superando stabilmente l’80% e raggiungendo addirittura il picco del 99,1% nel 2006.

    La presenza di terzi e quarti poli fuori dalle due coalizioni principali, non sembra dunque aver impattato particolarmente sul livello di bipolarismo. Il sistema politico italiano si conferma di fatto tripolare, con una forte coalizione di centrodestra a cui si contrappongono una più piccola coalizione di centrosinistra e, a poca distanza, il Movimento Cinque Stelle. 

    Un secondo aspetto che è possibile considerare è invece relativo all’indice di bipartitismo, che misura la forza elettorale dei primi due partiti.

    Come si può vedere dalla Tabella 2, diversamente da quanto visto precedentemente, in quanto caso si verifica una netta inversione di tendenza rispetto alle elezioni precedenti. L’indice ha infatti valore 45,1, relativamente distante dai valori registrati nelle due elezioni del 2013 e del 2018 e sostanzialmente in linea con quelle del 2001-2006. Sostanzialmente, dunque, più di un elettore su due non ha votato per una delle due liste principali, favorendo una maggiore frammentazione del sistema politico.

    Figura 2 Indice di bipartitismo per i voti ottenuti alle elezioni politiche del 2022

    Il livello di bipartitismo può inoltre essere comparato con quello emerso dopo le ultime elezioni politiche negli altri Paesi dell’Europa occidentale (Figura 3). Come si può vedere, dopo le elezioni del 2022 l’Italia presenta uno dei sistemi meno bipartitici di tutto il contesto europeo, inferiore a tutti i grandi Paesi europei come Germania, Francia o Spagna e superiore solamente a Paesi storicamente molto frammentati sia dal punto di vista sociale che politico (come Svizzera, Olanda e Belgio).

    Figura 3 Livelli di bipartitismo nei Paesi dell’Europa occidentale (ultima elezione politica)

    In definitiva dunque, il sistema politico italiano uscito dalle elezioni, pur in sostanziale continuità nei livelli di bipolarismo, sembra caratterizzarsi per una maggiore frammentazione e per livelli di bipolarismo inferiori sia alla sua storia recente, sia alla maggior parte degli altri Paesi europei. Nonostante l’indebolimento del M5S, le difficoltà del centrosinistra (e in particolare del PD) nell’allargare la propria base di consensi e nel costituire una vera alternativa al centrodestra, hanno influito negativamente sul rafforzamento dell’assetto bipartitico.

    Dopo il periodo del “bipolarismo frammentato”, del “bipolarismo limitato” (Chiaramonte, 2010), il “tripolarismo” del sistema politico italiano (Chiaramonte & Emanuele, 2014; Chiaramonte & Emanuele, 2019) sembra consolidarsi, in una forma più asimmetrica – data la compattezza della coalizione di centrodestra – e frammentata.

    Bibliografia

    Chiaramonte, A., (2010), Dal bipolarismo frammentato al bipolarismo limitato? Evoluzione del sistema partitico italiano, in Chiaramonte, A., D’Alimonte, R., Proporzionale se vi pare. Le elezioni politiche del 2008, Bologna, Il Mulino

    Chiaramonte, A. e Emanuele, V. (2014), ‘Bipolarismo Addio? Il Sistema Partitico tra Cambiamento e De-Istituzionalizzazione’, in A. Chiaramonte e L. De Sio (a cura di), Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 233-262.

    Chiaramonte, A. e Emanuele, V. (2019). ‘La stabilità perduta e non (ancora) ritrovata. Il sistema partitico italiano dopo le elezioni del 2018’, in A. Chiaramonte e L. De Sio (a cura di), Il voto del cambiamento. Le elezioni politiche del 2019, Bologna, Il Mulino, pp. 241-264.

  • I flussi elettorali a Napoli

    I flussi elettorali a Napoli

    A Napoli le elezioni politiche del 2022 hanno avuto un esito politicamente significativo. Il Movimento Cinque Stelle è riuscito infatti a confermarsi prima forza politica della città, conquistando entrambi i collegi uninominali alla Camera e sconfiggendo in uno di essi proprio l’ex capo politico del movimento pentastellato, Luigi Di Maio. Anche al Senato, nell’unico collegio in palio, è stato il M5S a vincere. È dunque interessante esaminare i flussi elettorali tra le elezioni politiche del 2018 e quelle del 2022 per evidenziare quale sia la composizione dell’elettorato delle varie forze politiche ed indagare quali fattori abbiano favorito l’affermazione del M5S.

    Guardando i flussi di destinazione rispetto alle politiche del 2018, uno degli aspetti principali da osservare è la fedeltà elettorale, cioè quella percentuale di elettori che hanno confermato la propria scelta elettorale. Tra le forze politiche, il PD presenta la maggiore fedeltà, riportando a votare quasi un elettore su due (49%), seguito dalla Lega (41%) e dal M5S (41%). Una fedeltà inferiore dimostrano invece gli elettori di Fratelli d’Italia (28%) e di Forza Italia (24%). Il dato più rilevante rispetto ai voti in uscita è tuttavia rappresentato dalla bassa propensione degli elettori del M5S a non spostarsi su altri partiti. Sebbene infatti il 43% dell’elettorato del partito dell’ex premier Conte si rifugi nell’astensione, il restante si è orientato solo in misura ridotta verso gli altri partiti rispetto sia al PD (il cui elettorato si sposta per un 18% verso FDI e per un 16% verso Azione), sia alla Lega, sia a Fratelli d’Italia. In più, il Movimento sembra essere sostanzialmente l’unica forza politica in grado di intercettare elettori dall’astensione (16%).

    Per rafforzare queste considerazioni, passiamo invece ad esaminare la composizione del sostegno elettorale dei vari partiti alle ultime elezioni politiche. Come si può vedere dalla figura, l’elettorato pentastellato del 2022 è composto quasi esclusivamente da persone che già lo avevano sostenuto nel 2018. Una tendenza simile, coerente con quanto esposto precedentemente, si registra sia per il PD, sia per la Lega, il cui elettorato è composto in gran parte da persone che già avevano votato per questi partiti nel 2018 (il 50% per il PD, il 43% per la Lega) e che solo in misura minore sono riusciti ad intercettare l’elettorato degli altri partiti, specialmente il M5S per il PD (22%) e Forza Italia per la Lega (30%). Diversamente dagli altri partiti però, il M5S è stato in grado di attrarre il voto degli astenuti (33% della sua base elettorale), unica tra le forze politiche insieme a Impegno Civico (38%).

    Diverso il caso di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni, coerentemente con la crescita avuta in città e nel resto di Italia, è riuscito ad intercettare gli elettori di tutti gli altri grandi partiti, in particolare quelli di Forza Italia (38%), del PD (26%), della Lega (12%) e, in misura leggermente minore, del M5S (8%).

    L’affermazione del Movimento Cinque Stelle a Napoli può dunque essere ricollegata alla capacità di mobilitare il proprio elettorato, senza contemporaneamente cedere in maniera significativa alle altre forze politiche. Nonostante le forti perdite verso l’astensione, questa sua attitudine e il forte consenso di partenza ottenuto nel 2018 hanno garantito al partito di Giuseppe Conte la posizione di prima forza politica della città nonostante l’avanzata della destra guidata da Fratelli d’Italia.

    Riferimenti bibliografici

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.

    Schadee, H.M.A., e Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 884 sezioni elettorali del comune di Napoli. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR è pari a 16,5.



  • Le elezioni municipali in Francia: una prova per Macron ai tempi del coronavirus

    Le elezioni municipali in Francia: una prova per Macron ai tempi del coronavirus

    Le elezioni municipali rappresentano storicamente uno degli appuntamenti elettorali più importanti del sistema politico francese. Non solamente perché l’incarico di sindaco costituisce uno dei principali accessi alla scena politica nazionale, ma anche per la forte valenza politica che si associa a questa elezione, che vede coinvolti tutti i quasi quarantamila comuni francesi nella stessa tornata (Parodi 1983). Inoltre, gli eletti nella comunità locali concorrono all’elezione dei componenti del Senato, che com’è noto, è eletto indirettamente da un collegio elettorale composto per la maggior parte dai consiglieri municipali (Boldrini et al. 2015). Una debole rappresentanza locale rischia dunque di tradursi in una debole rappresentanza all’interno della Camera Alta, indebolendo l’azione di governo[1].

    Il ballottaggio tenutosi alla fine di giugno, a più di tre mesi dal primo turno svoltosi mentre esplodeva l’emergenza coronavirus, sembra concludere una tornata di municipali di particolare importanza. Essa è stata per il Governo e per lo stesso Presidente Macron un banco di prova fondamentale per misurare il loro consenso non solo alla luce della gestione dell’emergenza coronavirus ma anche in relazione alla riforma delle pensioni proposta dallo stesso Presidente e al grande sciopero di questo inverno che ne è seguito. Ma sono state elezioni cruciali anche per lo stesso partito del Presidente, La République En Marche, che si è trovato per la prima volta a misurarsi con la sfida del radicamento territoriale in vista elle elezioni senatoriali di questo autunno e soprattutto delle presidenziali del 2022 (Lefevre 2020). Infine, hanno rivestito particolare importanza anche per le altre forze politiche, per Il Rassemblement National, che ha cercato di consolidare il suo successo in vista delle presidenziali e per Il Partito Socialista (PS) e I Repubblicani (LR), ridimensionati alle ultime legislative ma fortemente radicati nelle amministrazioni locali.

    Le elezioni: il dato aggregato

    Il primo risultato emerso dalle urne è stato il deciso crollo della partecipazione elettorale che ha registrato uno dei risultati più bassi di sempre. L’affluenza al secondo turno è stata infatti del 41,6%. Il primo turno, tenutosi il 15 marzo scorso, aveva già segnato un record negativo, con un’affluenza del 44,66%, dieci punti percentuali in meno rispetto alla tornata precedente. Sulla partecipazione ha influito ovviamente la stessa emergenza coronavirus e la gestione dell’emergenza da parte del governo, con la scelta, fortemente criticata da parte di molti esponenti politici, di tenere lo stesso il primo turno di elezioni a marzo, per poi rinviare i ballottaggi la mattina seguente le elezioni.

    Vediamo ora più nel dettaglio quali sono stati i risultati dello scrutinio elettorale. Per semplicità di analisi si è scelto di esaminare i risultati dell’elezione del sindaco solamente per i comuni con più di 3500 abitanti, in cui la competizione assume caratteristiche meno locali e più simili a quelle del sistema politico nazionale.

    Come si può notare dalla Tabella 1, il primo dato che si può osservare è la sostanziale tenuta delle due aree di sinistra e di destra, che insieme ottengono quasi la metà dei voti e vincono la maggioranza dei comuni coinvolti. Si tratta ovviamente di un dato aggregato e quindi non particolarmente significativo, ma che tuttavia ci fornisce alcune preziose indicazioni sulla resistenza di queste due aree politiche, che la discesa in campo di Macron nel 2017 si proponeva esplicitamente di superare. Si tratta di un primo segnale di un risultato non positivo per la maggioranza di governo che come vedremo troverà conferma nell’andamento del voto nelle grandi città.

    Tab. 1 –  Voti ottenuti al primo turno e comuni vinti dai principali blocchi politici alle municipali francesi del 2020[2]. Fonte: Elaborazione dell’autore a partire dai dati del Ministero dell’Interno francese

    In secondo luogo emerge la forte affermazione delle forze di sinistra che riescono a conquistare numerose città e ad ottenere un numero di consensi superiore rispetto alle altre forze politiche (24,6% voti al primo turno). Sebbene infatti il cuore conservatore della Francia dei piccoli centri premi la destra, che si conferma prima per numero di comuni conquistati (39,5%), la sinistra avanza in numerose realtà non solamente, ritagliandosi una fetta importante di amministrazioni locali (il 29,9%).

    Infine, ultimo aspetto, si evidenza la tenuta locale delle forze di estrema destra ed estrema sinistra, ben radicate in alcune piccole (quantitativamente parlando) realtà locali. In particolar modo, il PCF, unica tra le forze di sinistra estrema ad ottenere dei Sindaci, nonostante la perdita di alcune vecchie roccaforti rosse, come Champigny-sur-Marne e Auberville (passati alla destra) e soprattutto Saint Denis (passato al PS) – segnali che la vecchia “cintura rossa” di Parigi è sempre più in destrutturazione – si dimostra fortemente competitivo in alcune elezioni locali conquistando 44 comuni.

    Il risultato nei comuni maggiori

    Il dato dei comuni maggiori, cioè quei comuni con più di centomila abitanti, rafforza e aiuta ad articolare meglio le osservazioni tratte dai dati aggregati presentati precedentemente.

    Come si può vedere dalla Tabella 2[3], la sinistra, nelle sue varie forme, riesce a conquistare numerose città governate in precedenza dal centro e dalla destra. Si tratta in particolare di una vittoria delle forze ecologiste e verdi che, alla testa di coalizioni con le altre forze di sinistra si sono imposte in numerose sfide elettorali. Cadono in questo modo numerosi bastioni moderati e conservatori che si ritroveranno ad avere amministrazioni di sinistra “rosso-verdi”, tra cui Strasburgo, Lione, Bordeaux e, probabilmente, Marsiglia[4].

    Anche in quei contesti in cui sono risultate sconfitte, le forze ecologiste si sono dimostrate in grado di insidiare gli altri partiti, come a Tolosa o a Lille, dove l’ex segretaria socialista Martine Aubry ha conquistato il suo quarto mandato con solo 227 voti di scarto sul candidato verde. Lo stesso Partito Socialista, nonostante la crisi sul piano nazionale, è riuscito ad ottenere dei buoni risultati, riconfermando tutti i propri feudi elettorali, tra cui Lille e Clermond-Ferrand. Complessivamente, le forze di sinistra si aggiudicano quindi 20 grandi città, a cui vanno aggiunte Montreuil, vinto dal PCF con l’appoggio delle altre forze di sinistra, e Annecy, strappato alla destra da una lista ecologista locale.

    Specularmente, la destra francese risulta sconfitta, perdendo alcune sue storiche roccaforti e arretrando nel numero di città amministrate. Tuttavia, I Repubblicani dimostrano un solido ancoraggio territoriale, risultando competitivi in numerose sfide nelle città maggiori ed evidenziando come, parimenti al PS, la destra tradizionale francese possa contare su un relativamente stabile insediamento locale, non limitato solamente ai piccoli centri della provincia più tradizionalista ma che si estende anche ad alcune delle città maggiori.

    Il dato principale che evidenziano queste elezioni è tuttavia la sconfitta dell’area di governo ed in particolare de La Rèpublique En Marche. Il partito di Macron è risultato escluso da quasi tutti i ballottaggi più importanti, venendo costretto a fare al secondo turno accordi con le altre forze politiche – più frequentemente a destra che a sinistra – e eleggendo un numero basso di amministratori locali. Paradigmatico in questo senso è il caso di Parigi, dove la candidata de LREM è risultata terza ben distanziata sia da Anne Hidalgo del PS, sia da Rachida Dati de I Repubblicani, senza riuscire ad essere eletta nel consiglio della città di Parigi, in quanto non ha ottenuto abbastanza voti nel proprio Arrondissement di candidatura. La vittoria in alcune città, come a Tolosa in alleanza con il candidato uscente de I Repubblicani, e quella del Primo Ministro Philippe al ballottaggio a Le Havre appaiono come una magra consolazione, specialmente considerando che sei anni fa lo stesso Philippe venne eletto direttamente al primo turno. Infine, occorre citare il caso di Perpignan, in cui l’esponente del Rassemblement National Louis Aliot, ex compagno di Marine Le Pen e già europarlamentare del Front National, è risultato vittorioso contro il sindaco uscente de I Repubblicani Puyol, appoggiato da tutti gli altri partiti, spezzando il “fronte repubblicano” con una campagna elettorale incentrata sull’assenza di leader nazionali e sulla proximité locale. Perpignan è quindi la prima città sopra i centomila abitanti ad essere amministrata da un esponente del RN.

    Tab. 2 – Città con più di centomila abitanti per lista vincitrice alle elezioni. Fonte: elaborazione dell’autore a partire dai dati del Ministero dell’Interno francese. Nota: * Nessuna forza ha ottenuto la maggioranza assoluta alle elezioni

    In conclusione dunque, si può dire che il grande sconfitto di questa tornata di elezioni sia stato Emmanuel Macron, su cui hanno pesato sia fattori di politica nazionale, come la crisi coronavirus, sia soprattutto lo scarso ancoraggio locale de La Rèpublique En Marche, che non è riuscita a replicare l’operazione di svuotamento del PS e dei LR così come fatto alle presidenziali e alle politiche nel 2017. Anzi, le stesse forze di centrodestra hanno dimostrato di possedere una forte presenza locale e di poter costituire un polo di attrazione per i candidati macroniani al secondo turno.

    Com’è noto, il risultato delle elezioni è stato così negativo da indurre alle dimissioni lo stesso Primo Ministro Philippe, sostituito in questo incarico dal commissario per la riapertura dopo l’emergenza coronavirus Jean Castex. Il nuovo Governo non si discosta significativamente da quello precedente (su 17 Ministri con portafoglio 13 lo erano già nel Governo Philippe), tuttavia il profilo del Primo Ministro appare particolarmente importante. Castex, esponente de I Repubblicani ed ex-segretario generale di Sarkozy, è stato anche sindaco di Prades, piccolo comune nei Pirenei Occidentali. Macron sembra dunque affidarsi, in vista delle prossime presidenziali, ad un primo ministro proveniente dalle fila della destra tradizionale ed esperto conoscitore delle dinamiche della Francia profonda.

    Parzialmente soddisfatta può poi ritenersi Marine Le Pen, che per la prima volta ha conquistato una città di grandi dimensioni e ha rotto il “fronte repubblicano” che si vedeva opporre da parte delle altre forze politiche. Si tratta ovviamente di una elezione locale, la cui dimensione deve essere relativizzata, ma che tuttavia rappresenta un punto di svolta, almeno sul piano simbolico, significativo.

    Infine, le vere vincitrici di queste elezioni sono state le forze di sinistra che, trascinate dall’onda ecologista, sono riuscite ad affermarsi in contesti differenti. Si tratta di un risultato importante per un’area politica che, in seguito alle elezioni del 2017, aveva mostrato segni di difficoltà sul piano dei consensi. Vedremo se questa tornata di municipali, con i numerosi accordi locali vittoriosi tra Partito Socialista e Verdi (si pensi a Parigi), costituiranno il primo passo verso un accordo nazionale strutturato tra queste due aree politiche che, anche attraverso la selezione di una candidatura forte, possa andare a sfidare alle Presidenziali del 2022 Emmanuel Macron e Marine Le Pen.

    NOTA DI LETTURA

    Sul sito del Ministero degli Interni francese le appartenenze politiche dei vari candidati (le cosiddette “nuances politiques” vengono attribuite dai prefetti sulla base dei partiti che appoggiano una candidatura. I dati sono generalmente affidabili, tuttavia possono variare per errori materiali oppure ricorsi da parte dei soggetti interessati. La codifica effettuata dalle prefetture non pone generalmente problemi quando la lista d’appoggio è costituita da una singola forza di livello nazionale (es. I Repubblicani o il Partito Socialista) tuttavia pone dei problemi di lettura nel caso in cui il candidato sia appoggiato da più liste differenti o da liste non nazionali. Si riporta di seguito la codifica ufficiale di fornita dal Ministero francese con la trascrizione del nome francese di quei casi che possono generale confusione

    Lista di sinistra diversa (Divers gauche): Liste sostenute da un partito di sinistra minore o da esponenti dissidenti di un partito maggiore oppure liste di sinistra senza investitura ufficiale di un partito di sinistra

    Unione di Sinistra (Union de la gauche): Liste di sinistra formate da più partiti tra cui il PS

    Lista di centro diversa (Divers centre): Liste sostenute da un partito di centro minore o da esponenti dissidenti di un partito maggiore oppure liste di centro senza investitura ufficiale di un partito di centro.

    Unione di Centro (Union du centre): Liste di centro formate da più partiti tra cui LREM

    Lista di destra diversa (Divers droite): Liste sostenute da un partito di destra minore o da esponenti dissidenti di un partito maggiore oppure liste di destra senza investitura ufficiale di un partito di destra.

    Unione di Centro (Union de la droite): Liste di destra formate da più partiti tra cui I Repubblicani.

    Riferimenti bibliografici

    BOLDRINI, M. BRUSADELLI, S., FUSANI, I., MAZZOLAI, B., MELANI, G., La Francia, in P. Caretti – M. Morisi (a cura di), “Il Parlamento bicamerale. Cinque esperienze a confronto”, Osservatorio sulle fonti, Numero Speciale, 2015, pp. 167-256

    Déconfinement : le vote du Sénat, un avertissement pour l’exécutif in « Le Monde », 6 maggio 2020, consultato il 29 giugno 2020

    DOLEZ, B., FRETEL, J. et LEFEBVRE, R. (a cura di) L’Entreprise Macron, 2019, Grenoble, Presses universitaires de Grenoble

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    GAXIE, D. Explication du vote: un bilan des études électorales en France. 1989, Parigi, Presses de Sciences Po,.

    LEFEBVRE, R. Municipales 2020 : La République en marche au défi de l’ancrage politique local, in « Métropolitique », 6 febbraio 2020, consultato il 29 giugno 2020.

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    LEFEBVRE, R. La Vie politique municipale est-elle vraiment démocratique ?, 2020, Paris, La Documentation française.

    PARODI J.L. (1983), «Dans la logique des élections intermédiaires», in Revue Politique et Parlementaire, 903, pp. 42-70.  

    SAWICKI, F. “Questions de recherche: pour une analyse locale des partis politiques.” Politix. Revue des sciences sociales du politique 1.2 (1988): 13-28.


    [1] Si può citare in questo senso quanto avvenuto allo stesso Governo Philippe che, nel mezzo dell’emergenza coronavirus, si è visto respingere al Senato – in cui socialisti e repubblicani hanno la maggioranza – il piano di de-confinamento che era stato approvato a larga maggioranza all’Assemblea Nazionale.

    [2] Nel totale sono inclusi gli arrondissement di Parigi e Lione e i settori di Marsiglia considerati separatamente, in quanto vere e proprie elezioni distinte.

    L’appartenenza ad uno specifico blocco politico è stata assegnata seguendo le linee guida del Ministero dell’interno francese nell’applicazione del colore politico alle varie liste. Di seguito un riepilogo di come sono state assegnate le principali liste nazionali francese:

    Sinistra estrema: Partito Comunista Francese; La France Insoumise

    Sinistra: Partito Socialista; Partito Radicale di Sinistra, Unione di Sinistra; Europa Ecologia I Verdi

    Centro: La République En Marche; Unione di Centro; MoDem; Democratici ed Indipendenti

    Destra: I Repubblicani; Unione di Destra

    Destra estrema; Rassemblement National

    Altri: Liste civiche, Liste regionaliste, altri ecologisti

    [3] I dati qui presentati sono estratti dal sito del Ministero dell’Interno e presentati per semplicità con la traduzione della codifica presente nel sito stesso. Per la versione francese ed una spiegazione più articolata si veda la Nota di Lettura in fondo all’articolo.

    [4] Il caso di Marsiglia è più complesso in quanto, venendo i consiglieri comunali eletti a livello di settore, nessuna forza ha raggiunto la maggioranza dei seggi. Tuttavia, appare probabile un accordo tra l’unione di sinistra di Michèlle Rubirola e la candidata socialista dissidente Samia Ghali.

  • Comunali Firenze: Nardella vince al primo turno grazie a ingressi a 360°

    Comunali Firenze: Nardella vince al primo turno grazie a ingressi a 360°

    Il confronto con le europee e le politiche del 2018

    Il risultato delle elezioni comunali a Firenze sembra poter essere considerato come in controtendenza rispetto all’esito generale delle elezioni (Angelucci e Paparo 2019). A Firenze, diversamente da quanto accaduto in gran parte del resto d’Italia (e in particolare anche della stessa Zona Rossa), il Partito Democratico e le liste ad esso collegate sono riuscite a conquistare il comune già al primo turno. Il sindaco uscente Dario Nardella è stato infatti riconfermato approssimativamente con il 57% dei consensi, distanziando nettamente i principali sfidanti, il candidato del centrodestra a guida leghista Ubaldo Bocci (fermatosi al 25% dei consensi), la candidata della coalizione di sinistra radicale Antonella Bundu, arrivata terza con circa il 7% dei voti e il candidato del Movimento 5 Stelle Roberto De Blasi (che raccoglie all’incirca il 6% dei consensi).

    Per quanto riguarda il voto alle singole liste, è il Partito Democratico a raccogliere la percentuale maggiore di consensi. Il PD infatti alle comunali intercetta 74.025 voti, pari al 41% dei suffragi espressi, affermandosi come la lista più votata in città. Secondo partito risulta essere la Lega con all’incirca il 14% dei consensi (pari a 25.923 voti), seguita dalla lista civica alleata del centrosinistra Lista Nardella Sindaco che raggiunge complessivamente 14.914 voti (l’8% del totale).

    Il dato delle elezioni comunali risulta ancora più interessante se confrontato con il risultato delle elezioni europee tenutesi lo stesso giorno e delle elezioni politiche del 2018 (Tabella 1).

    Se rispetto alle contestuali elezioni europee il PD perde all’incirca 10.000 voti (fenomeno in parte spiegabile con la mutata offerta politica, alle comunali partecipano infatti ben quattro liste civiche all’interno della coalizione di centrosinistra, di cui, come detto, una sfiora i 15.000 voti), si nota come rispetto alle politiche del 2018 il Partito Democratico abbia consolidato le proprie posizioni, aumentando i propri consensi di circa 2.000 unità.

    Diversa invece la situazione che emerge per il centrodestra. Per quanto riguarda la Lega l’andamento dei consensi segue all’incirca quanto detto per il PD. Il partito di Salvini cresce significativamente tra le politiche e le europee, quasi raddoppiando i propri consensi, ma ne perde circa 13.000 tra le europee e le comunali, andandosi ad attestare su un risultato di poco superiore a quello dell’anno precedente. Il partito guidato da Giorgia Meloni invece, nonostante la crescita alle europee, passa dai quasi 10.000 voti delle politiche ai 7.617 delle comunali. Infine, è da registrare un andamento fortemente decrescente per Forza Italia, che mantiene meno della metà dei propri consensi in città passando dai 16.568 voti del 2018 ai 7.630 delle comunali. Complessivamente si può dire che l’area dei tre partiti di centrodestra registra il picco dei propri consensi alle elezioni europee, per poi perderne alle elezioni comunali. Differentemente dal centrosinistra tuttavia, tale calo delle liste partitiche non viene controbilanciato dal successo delle liste civiche che, per quanto riguarda il centrodestra, raccolgono meno di 5.000 voti (circa il 2% dei suffragi).

    Inoltre, vanno sottolineati i risultati sia delle liste di sinistra che del Movimento 5 Stelle. Per quanto riguarda il M5S si è in presenza di una significativa perdita di voti, con il partito del vicepremier Di Maio che alle europee dimezza il numero di consensi ottenuti alle politiche e alle comunali ne perde quasi i due terzi, passando dai circa 40.000 voti del 2018 a poco più di 12.000. Infine, le due liste di Sinistra Italiana e Potere al Popolo, ottengono alle comunali approssimativamente lo stesso numero di consensi delle europee (poco più di 7.000 voti): un risultato ben lontano da quello delle politiche 2018 (19.288 voti), solo in parte compensato dalla presenza di una lista civica presentatasi in coalizione con esse (5.596 voti).

    Tab. 1 – Risultati elettorali delle recenti elezioni nel comune di Firenzerisultati_FI

    I flussi elettorali

    Dopo aver esaminato quali partiti hanno guadagnato e quali hanno perso voti, passiamo adesso ad esaminare in che direzione si sia spostati questi elettori. In particolare, è interessante interrogarsi su quale sia stato l’approdo degli elettori del M5S e della Lega, dato che come abbiamo visto vi è una significativa differenza tra il voto alle europee e quello alle comunali di questi due partiti. L’analisi dei flussi elettorali è quindi lo strumento che meglio ci permette di stimare quali siano stati questi spostamenti di voto[1].

    All’interno della Tabella 2 vediamo elencate le destinazioni dei movimenti di voto tra le europee e le comunali, identificando quindi verso quali partiti si sono orientati alle comunali gli elettorati dei diversi partiti delle elezioni europee. Come si vede, il Partito Democratico è la forza politica che mostra la più alta continuità di voto tra le due elezioni. Infatti, degli elettori che hanno votato il PD alle europee, il 72% ha confermato la propria preferenza anche sulla scheda per le comunali. Molto più bassi i tassi di fedeltà per la Lega, che si ferma al 61%, il Movimento 5 Stelle (58%) e Forza Italia (47%). Di fatto, quindi, oltre un elettore su due del partito di Silvio Berlusconi alle europee ha modificato la propria preferenza alle comunali.

    Gli elettori del PD inoltre, anche quando decidono di cambiare il proprio voto, sembrano indirizzarlo principalmente verso le liste civiche a sostengo di Dario Nardella (il 17%) o il non voto di lista (il 12%) concedendo pochissimo alle liste rivali (infatti solo un 2% degli elettori del PD alle europee cambia di fatto candidato e si orienta sulle liste a sostegno di Antonella Bundu). Come avevamo supposto poco sopra, quindi, gran parte dei voti in uscita dal PD sono stati recuperati dalle liste civiche all’interno della coalizione. Le civiche si dimostrano tuttavia importanti anche nell’attrarre i voti al di fuori del perimetro del Partito Democratico. Queste liste sono infatti i principali destinatari degli elettori in uscita sia da La Sinistra (12%) sia da Forza Italia (15%) e FDI (21%).

    Per quanto attiene i flussi in uscita degli altri partiti, si nota come il PD sia la principale destinazione. Infatti, sia per la Lega che per il Movimento 5 Stelle, all’incirca un elettore su cinque ha dirottato la propria preferenza alle comunali verso il PD, nonostante i due partiti di governo abbiano anche concesso qualcosa agli altri soggetti politici in campo (la Lega perde infatti un 7% verso Fratelli d’Italia, partner all’interno della coalizione mentre il 9% degli elettori del Movimento 5 Stelle si orienta verso le liste della sinistra).

    Evidentemente forti della candidatura del sindaco uscente Nardella, alle comunali, il PD e le liste ad esso collegate sembrano quindi essere riusciti ad attirare molti i voti dai bacini elettorali delle europee degli altri partiti. Nel complesso, PD e altre liste Nardella hanno raccolto fra il 18 e il 23% degli elettori di tutti i principali partiti rivali: M5S, Lega, FI, FDI.

    Tab. 2 – Flussi elettorali a Firenze fra europee 2019 e comunali 2019, destinazioni (clicca per ingrandire)dest_FIOsservando i dati relativi alla provenienza dei voti dei vari partiti delle comunali in termini di bacini elettorali delle europee (Tabella 3), queste considerazioni sembrano venire confermate. I voti del Partito Democratico provengono in gran parte da quegli elettori che hanno votato il PD alle europee (84%), ma anche dalla Lega (9%) e dal Movimento 5 Stelle (6%), mentre non si registrano flussi in ingresso da parte dei sostenitori de La Sinistra alle europee. Le altre liste nella coalizione di Nardella, invece, sembrano raccogliere consensi dai bacini elettorali di praticamente tutti gli altri partiti (come ad esempio il 8% dagli elettori di Fratelli d’Italia, il 6% da quelli di Forza Italia e il 7% da quelli della Lega), con la significativa eccezione del M5S.

    L’elettorato della Lega alle comunali è formato essenzialmente da chi ha sostenuto il partito alle elezioni europee (il 93%) e da alcuni elettori del Movimento 5 Stelle (4%). Nel contesto fiorentino, la Lega sembra dunque non essere stata in grado di attrarre significativamente i consensi provenienti dagli altri partiti nelle elezioni comunali.

    Discorso analogo può essere fatto per il M5S, che raccoglie quasi esclusivamente voti dai suoi sostenitori alle europee (89%). L’unico ingresso degno di nota è quello dalla Lega, che pesa per il 6% dai voti del Movimento alle comunali.

    La composizione dell’elettorato degli altri partiti presenta invece tratti più eterogenei. La coalizione a sostegno di Antonella Bundu è formata in parti sostanzialmente uguali da elettori de La Sinistra (il 38% dei voti) e degli altri partiti del centrosinistra (il 3% dal PD e il 16% da Europa Verde e il 13% da Più Europa). Un 15% di elettori delle liste Bundu proviene poi dal Movimento 5 Stelle.

    Anche Fratelli d’Italia mostra una composizione piuttosto variegata attraendo, oltre agli elettori di FDI alle europee (da cui proviene il 47% dei voti di FDI alle comunali), anche gli elettori della Lega (il 35%), di Forza Italia (l’12%).

    Infine, Forza Italia, nonostante la crisi di consensi, sembra in grado di attrarre elettori anche fuori dal proprio bacino delle europee, attirando elettori degli partiti del centrodestra: il 15% dei suoi consensi proviene dalla Lega e il 7% da Fratelli d’Italia.

    Tab. 3 – Flussi elettorali a Firenze fra europee 2019 e comunali 2019, provenienze (clicca per ingrandire)prov_FIIl diagramma di Sankey (Figura 1) riassume graficamente le stime dei flussi elettorali appena discusse. A sinistra sono considerati i bacini elettorali delle europee, a destra quelli delle comunali. Le diverse bande, colorate in base al bacino di provenienza delle europee, mostrano i flussi dell’elettorato tra europee e comunali. L’altezza delle bande e i rettangoli dei diversi bacini sono proporzionali alla relativa dimensione sul totale degli elettori.

    Tale rappresentazione grafica dei flussi consente di visualizzare i principali movimenti di elettori. Il centrosinistra fiorentino sembra essere riuscito a pescare molto fuori dalla propria area di consensi. Il Partito Democratico ed i suoi alleati riescono ad attirare i consensi dai bacini elettorali di tutti gli altri partiti, pur concedendo qualcosa alle liste a sostegno di Antonella Bundu e qualcosa verso l’astensione (all’interno della quale come abbiamo detto sopra sono conteggiati anche i voti ai soli candidati sindaco, quindi è lecito immaginare che ci sia anche una quota di voti al candidato Nardella, che ne ha raccolti oltre 9.000 su un totale inferiore a 13.000). In particolar modo, sia la Lega che il Movimento 5 Stelle perdono entrambi voti a favore del Partito Democratico, mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia perdono voti verso le altre liste civiche del centrosinistra.

    Sulle ragioni di questo spostamento di voti, possono chiaramente essere fatte delle ipotesi. Com’è noto, la logica che muove le elezioni comunali, più prossime al cittadino e in cui si sceglie il proprio amministratore locale, è ben diversa rispetto alla logica che muove gli elettori alle elezioni politiche o europee. Si può supporre dunque che, dietro questo spostamento di voti da parte degli elettori in sostegno del candidato sindaco uscente, ci sia stata la volontà di premiarne l’attività di governo della città. Oppure – ipotesi non in contraddizione con la precedente – si può immaginare che, non avendo considerato in questa analisi i dati relativi ai voti di preferenza, la presenza di candidati consiglieri particolarmente radicati e conosciuti all’interno della comunità cittadina abbia permesso alle liste del centrosinistra di raccogliere consensi anche al di fuori del bacino di voti delle elezioni europee, permettendo così il grande successo alle comunali. In ogni caso, questa capacità del centrosinistra di conquistare voti alle comunali al di fuori del proprio perimetro di riferimento costituisce una rilevante novità rispetto agli ultimi anni (Paparo 2017, Paparo 2018).

    Fig. 1 – Flussi elettorali a Firenze fra europee 2019 (sinistra) e comunali 2019 (destra), percentuali sull’intero elettorato (clicca per ingrandire)sankey_FI

    La distribuzione geografica del voto

    Passiamo adesso ad analizzare qual è stata la distribuzione geografica del voto all’interno delle varie sezioni elettorali della città di Firenze. Comprendere la distribuzione del voto ci consente infatti di capire non solo quale sia stata la misura del successo dei vari partiti ma anche che tipo di insediamento territoriale essi presentano, se più o meno radicato all’interno del centro cittadino invece che delle periferie.

    Per quanto riguarda il PD (Figura 2) si nota come vi siano numerose sezioni in cui il partito supera la percentuale ottenuta a livello comunale, superando addirittura il 50% dei consensi in alcune di esse. Il dato che balza immediatamente all’occhio è, però, la relativa forza del PD non tanto nelle sezioni centrali ma in quelle un po’ più periferiche. Le percentuali maggiori di consenso sono infatti raggiunte in quartieri leggermente decentrati rispetto al centro storico, come ad esempio al Galluzzo, a Rifredi, a L’Isolotto e a Campo di Marte. Viceversa, il PD sembra ottenere risultati in proporzione peggiori nelle sezioni del centro storico, storicamente più vicine al centrodestra. La distribuzione geografica del voto al Partito Democratico sembra dunque suggerire che, rispetto ad altri casi in Italia che mostravano il PD di Zingaretti come fortemente legato ai centri storici dei grandi centri urbani (Ajello 2019), a Firenze il partito ha proporzionalmente una maggiore forza nelle sezioni più decentrate rispetto a quelle più centrali della città.

    Fig. 2 – Risultati elettorali del PD per sezione alle elezioni comunali del 2019 di Firenzefirenze_PD

    Il voto alla Lega (Figura 3) sembra avere invece un andamento differente. Il partito di Salvini ottiene percentuali leggermente superiori alla media cittadina in alcune sezioni del centro e della zona di Gavinana, tuttavia è nelle sezioni della parte nord-occidentale della città che la Lega ottiene il suo risultato migliore. Nei quartieri popolari di Ugnano, Mantignano e Le Piagge in particolar modo, la Lega raggiunge il 30% dei consensi.

    Fig. 3 – Risultati elettorali della Lega per sezione alle elezioni comunali del 2019 di Firenzefirenze_LEGA

    Veniamo infine al Movimento 5 Stelle (Figura 4), il cui voto appare come quello con la più netta distribuzione geografica. Come per la Lega si può vedere che i consensi del M5S sono tendenzialmente più alti nei quartieri nord-occidentali della città, in particolar modo nelle sezioni di Novoli, Rifredi e Le Piagge, dove sostanzialmente ottiene percentuali doppie rispetto alla media cittadina.

    Fig. 4 – Risultati elettorali del M5S per sezione alle elezioni comunali del 2019 di Firenzefirenze_M5S

    In conclusione, si può dunque dire che le elezioni comunali di Firenze rappresentino un caso significativamente deviante rispetto all’andamento complessivo della tornata di amministrative. La coalizione a sostengo del candidato sindaco del PD riesce ad affermarsi già al primo turno aumentando i propri consensi sia in riferimento alle elezioni del 2018 sia in riferimento alle europee. Non si realizza invece lo sfondamento, verificatosi invece in altre parti d’Italia (De Sio 2019), della Lega, che, pur aumentando i propri consensi e consolidando la propria posizione di primo partito della coalizione di centrodestra, aumenta solo di poco i consensi ottenuti nel 2018.

    Come ci hanno mostrato i flussi elettorali, la spiegazione di questo risultato va ricercata nella maggiore capacità del PD e delle liste alleate di intercettare voti oltre il bacino degli elettori dei partiti del centrosinistra. A Firenze il centrosinistra è riuscito ad intercettare una parte significativa degli elettori del M5S e delle liste del centrodestra, convincendoli ad esprimere sulla scheda per le comunali la propria preferenza di voto al PD e alle liste collegate al sindaco Nardella. Sebbene siano necessarie altre analisi più approfondite, si può dunque supporre che il risultato possa essere ricollegato ad una maggior radicamento sul territorio dei candidati del centrosinistra (e quindi specularmente ad una maggiore debolezza relativa della Lega e del M5S), ed una volontà dell’elettorato di premiare l’amministrazione del sindaco uscente.

    Infine, per quanto riguarda la geografia del voto, diversamente da altrove, a Firenze il PD non ottiene consensi sopra la media nelle sezioni del centro storico, ma in quelle leggermente più decentrate rispetto al centro cittadino. Sembra quindi delinearsi un partito meno rinchiuso all’interno delle mura del centro di quanto non osservato recentemente anche nella Zona Rossa (Ferrara 2018), e maggiormente legato ad alcune zone più periferiche. Consensi invece molto più concentrati geograficamente per Lega e M5S i quali sembrano possedere una maggiore forza all’interno della periferia nord-occidentale della città che premia significativamente i due partiti di governo.

     

    Riferimenti bibliografici

    Ajello, M. (2019), ‘Elezioni europee, il Pd si afferma come partito delle Ztl’, Il Messaggero, lunedì 27 maggio 2019, disponibile a: https://www.ilmessaggero.it/politica/elezioni_europee_pd_zingaretti_citta_centri-4518781.html

    Angelucci, D. e Paparo, A. (2019), ‘Comunali: equilibrio, stabilità e il ritorno del bipolarismo’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/06/13/comunali-equilibrio-stabilita-e-il-ritorno-del-bipolarismo/

    De Sio, L. (2019), ‘La nazionalizzazione della Lega di Salvini’, Centro Italiano Studi Elettorali, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/05/27/la-nazionalizzazione-della-lega-di-salvini/

    Ferrara, E. (2018), ‘PD, ovvero il partito delle ZTL’, La Repubblica, 27 giugno 2018, disponibile a: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/06/27/pd-ovvero-il-partito-delle-ztlFirenze01.html

    Goodman, L. A. (1953), ‘Ecological regression and behavior of individual’, American Sociological Review, 18, pp. 663-664.

    Paparo, A. (a cura di) (2018), Goodbye Zona Rossa. Il successo del centrodestra nelle comunali 2018, Dossier CISE (12), Roma, LUISS University Press.

    Paparo A. (a cura di) (2017), La rinascita del centrodestra? Le elezioni comunali 2017, Dossier CISE (9), Roma, Centro Italiano Studi Elettorali.

    Schadee, H.M.A., Corbetta, P.G., (1984), Metodi e modelli di analisi dei dati elettorali, Bologna, Il Mulino.


    [1] Occorre specificare che i dati su cui sono cui abbiamo effettuato quest’analisi e quelle seguenti si basano esclusivamente sui voti alle singole liste. Non sono stati presi in considerazione i voti espressi per i soli candidati sindaci, che nei risultati dell’analisi vengono per questo conteggiati all’interno del non voto (valido a una lista).

    NOTA METODOLOGICA

    I flussi presentati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman (1953) alle 360 sezioni elettorali del comune di Firenze. Seguendo Schadee e Corbetta (1984), abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in ognuna delle due elezioni considerate nell’analisi), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 15% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione). Il valore dell’indice VR  è pari a 10,5.