Autore: Vincenzo Emanuele

  • Comunali 2011: il voto ai partiti per zona geografica

    di Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    Le elezioni comunali del 15 e 16 Maggio sono state una prova importante per testare lo stato di salute dei due maggiori partiti italiani, il Pd e il Pdl. Risulta pertanto interessante confrontare il risultato elettorale complessivo ottenuto da queste due forze politiche in queste elezioni con quello delle tornate precedenti. Per effettuare un raffronto omogeneo tra i dati abbiamo preso in considerazione solamente i risultati dei 23 comuni capoluogo nei quali si è votato anche alle regionali del 2010 (i quattro capoluoghi sardi e i due del Friuli-Venezia Giulia vengono pertanto eliminati dal computo).
    La Figura 1 presenta l’andamento di Pd e Pdl in valori percentuali nei 23 comuni capoluogo. Si nota come, dopo la sostanziale parità fra i due partiti sia nelle comunali 2006 che nelle politiche 2008, la forbice si allarga a favore del Pdl di poco meno di 4 punti alle regionali del 2010. In queste elezioni il quadro si rovescia completamente, ed è il Pd a sopravanzare il Pdl di 3,4 punti divenendo così il primo partito del paese nei comuni considerati. Tutto questo avviene nel quadro di un trend generale che vede i due grandi partiti sempre meno capaci di raccogliere quote significative dell’elettorato italiano: nel 2008 insieme raccoglievano il voto di 3 italiani su 4, tre anni dopo sommati sono sotto al 50%: un italiano su due ha scelto di affidarsi ad altri.


    FIG.1: I due partiti maggiori, dati percentuali.

    La Figura 2 è la stessa della precedente, ma i dati sono espressi in valori assoluti, cioè rappresentano i voti validi espressi in migliaia. E’ chiaro che ragionando in termini di dati assoluti il grafico risulta influenzato dai livelli di affluenza, più alti alle politiche del 2008 e più bassi alle regionali del 2010. I due partiti passano così da oltre 1 milione e centomila voti a testa raccolti nel 2008 ad un milione e duecentomila voti in due nel 2011: in pratica, complessivamente, il loro consenso si è dimezzato in termini assoluti. Rispetto al dato percentuale, troviamo altri elementi interessanti. Il crollo del Pdl tra 2010 e 2011 osservato nei valori percentuali (-8,2 punti) risulta di gran lunga ridimensionato (“appena” 118.000 voti in meno), mentre il Pd che in percentuale risultava in leggera flessione (-0,9 punti), in cifre assolute cresce (+ 54.000 voti). Così per entrambi, il vero tracollo elettorale appare avvenuto tra politiche e regionali, con il Pd che perde oltre mezzo milione di voti e il Pdl che ne perde più di quattrocentomila.


    FIG.2: I due partiti maggiori, valori assoluti (migliaia di voti).
    Le elezioni comunali del 15 e 16 Maggio sono state un banco di prova importante anche per le ambizioni degli altri tre unici partiti (oltre a Pdl e Pd) presenti in Parlamento. Come per i due maggiori partiti, abbiamo effettuato un confronto dell’andamento di queste forze politiche nei 23 comuni capoluogo al voto (ancora una volta sono stati esclusi i comuni delle due regioni, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia che non hanno votato nel 2010) fra le comunali del 2006 e quelle della settimana scorsa. La Figura 3 descrive i risultati dei partiti in termini percentuali mentre la Figura 4 presenta i valori assoluti dei voti raccolti.

    FIG.3: I partiti minori in Parlamento, dati percentuali
    Dai grafici emerge innanzitutto l’andamento molto regolare, quasi piatto, della spezzata grigia, quella dell’Udc. Il partito di Casini oscilla attorno ai 4 punti percentuali tra il 2006 e il 2011, con il picco del 4,5 alle scorse regionali. Guardando ai valori assoluti la situazione cambia, ma solo leggermente: lo scudocrociato riceve sempre poco più di centomila voti validi, ma questa volta la vetta è rappresentata dai 130.000 del 2008 (ancora una volta precisiamo che sui dati in valore assoluto incide il livello di affluenza alle urne, più alto alle politiche 2008 e più basso alle regionali 2010). Insomma l’esperimento del Terzo Polo, assai negativo ad esempio per il risultato di Futuro e Libertà, non è stato molto costoso per l’Udc, anche se dobbiamo precisare che il partito ha ottenuto i risultati migliori quando si è alleato con il centrodestra.


    FIG.4: I partiti minori in Parlamento, valori assoluti (migliaia di voti)
    Contro ogni previsione, i partiti che hanno perso di più in queste elezioni sono l’Italia dei Valori e la Lega. Il partito di Di Pietro ha visto ridursi i margini di manovra per via dell’accresciuta concorrenza nell’area che si colloca a sinistra del Pd: Vendola e soprattutto di Grillo hanno pescato nel suo stesso elettorato. Il Partito dell’ex Pm interrompe bruscamente il trend ascendente che lo aveva portato dal misero 2,3% delle comunali 2006 al 7,2% delle scorse regionali: scende al 4%, cedendo oltre 3 punti. In termini assoluti perde oltre 60.000 voti, il 37,8% del suo elettorato nel 2010: in pratica, quasi 4 elettori su 10 dall’anno scorso a oggi hanno lasciato l’Idv.
    La Lega Nord ha pagato il momento non felice del governo Berlusconi, giunto ai 3 anni di legislatura, e quindi al teorico massimo punto di down nel consenso dell’intero ciclo elettorale. Per la prima volta, infatti, ad una perdita di voti del Pdl non è seguita una parallela crescita leghista, come era accaduto in passato. La Lega deve assistere suo malgrado alla cosiddetta fine della “terza ondata” (Biorcio 2008, 68): dopo il boom di fine anni ’80 e quello, storico, del 1996 (10,1% alle politiche), dal 2008 il suo andamento era in costante crescita (dal 2,3% del 2006 al 7,7% del 2010). In queste comunali la Lega non va oltre il 5,6% nei 23 comuni capoluogo, perdendo così oltre 2 punti. Ragionando in termini assoluti il partito cede 33.000 voti rispetto alle regionali e 40.000 rispetto alla vetta dei 182.000 voti delle politiche.

  • Comunali 2011: nei comuni capoluogo centrosinistra avanti, ma più ballottaggi del 2006, specie al Nord

    di Vincenzo Emanuele e Aldo Paparo

    Gli scorsi 15 e 16 Maggio 29 comuni capoluogo di provincia sono andati al voto per il rinnovo delle rispettive amministrazioni comunali. Ai blocchi di partenza, la situazione era quella descritta dalla colonna di destra della Tabella 1: il centrosinistra governava 20 città mentre il centrodestra ne amministrava 9. Di queste, ben 22 erano state conquistate al primo turno (rispettivamente 15 e 7) e solo 7 (5 e 2) avevano necessitato di un secondo turno di ballottaggio per decretare il vincitore.

    Tabella 1


    Bisogna comunque precisare che per la stragrande maggioranza dei casi in questione il turno amministrativo precedente si era svolto nel 2006, nell’ambito di una congiuntura politica eccezionale e forse irripetibile: era infatti l’anno delle politiche caratterizzate dallo scontro tra le macrocoalizioni dell’Unione e della Casa delle Libertà. Questo spiega sia lo squilibrio a favore del centrosinistra nella situazione di partenza, sia il basso numero di ballottaggi. Le elezioni dello scorso week-end sono state caratterizzate in questo senso da una continuità e una discontinuità rispetto al 2006. La continuità è garantita dall’esito elettorale, ancora una volta favorevole al centrosinistra, che conquista al primo turno 12 città contro le 4 del centrodestra. La discontinuità è caratterizzata dal numero di ballottaggi, ben 13, quasi il doppio della tornata precedente, dovuti essenzialmente allo sfarinamento dei blocchi storici (Fli e Udc fuori dal centrodestra), a problemi nell’organizzazione dell’offerta a sinistra (spesso Idv e Sel con candidati diversi da quelli del Pd) e all’emersione di nuovi soggetti politici, non coalizionabili (il Movimento 5 Stelle).

    Osservando la Tabella 1 è possibile scendere più nel dettaglio del risultato elettorale, esaminando la situazione al livello delle singole zone geopolitiche.

    Nel Nord si rileva la situazione complessivamente più incerta, con ben 6 ballottaggi su 8 città al voto. La destra, che governava quattro città di cui 3 conquistate al primo turno, non ne conferma nessuna, anche se a Pordenone costringe l’amministrazione uscente al ballottaggio. La sinistra ottiene un risultato soddisfacente oltre ogni aspettativa, dal momento che riconferma Torino e Savona e porta la destra al ballottaggio in 4 città, tra le quali spiccano Novara, città natale del governatore del Piemonte, il leghista Cota, e Milano, cuore del potere del centrodestra berlusconiano.

    Nella Zona rossa il centrosinistra conferma lo storico predominio e anzi si migliora rispetto al recente passato: si conferma vincente al primo turno in 5 città e strappa al centrodestra Fermo. A Rimini e Grosseto si andrà invece al ballottaggio.

    Solo al Sud il centrodestra non peggiora rispetto ai già non lusinghieri risultati del 2006. Nel Mezzogiorno la coalizione berlusconiana, che governava 4 comuni su 14, già dopo il primo turno pareggia il computo confermandosi a Reggio Calabria e Latina e conquistando Caserta e Catanzaro. Il centrosinistra invece arretra rispetto al 2006: delle 10 città amministrate (di cui 6 vinte al primo turno) ne conferma 4 e ne perde 2, mentre in altre 4 la competizione verrà decisa solo al secondo turno. In compenso migliora sensibilmente in Sardegna, dove raggiunge il ballottaggio a Cagliari e pone il proprio vessillo a Olbia, entrambi feudi azzurri.

    Ma è chiaro che per individuare vincitori e perdenti di questa tornata elettorale, l’ultima rilevante prima delle politiche 2013, bisognerà aspettare l’esito dei ballottaggi: se il centrodestra riuscirà a portare a casa Milano e Napoli avrà tutto sommato limitato i danni; in caso contrario sarà una Caporetto dalle conseguenze difficilmente prevedibili per la tenuta del governo nazionale.