di Federico De Lucia
Dopo aver analizzato, in precedenti articoli, le prestazioni degli schieramenti e dei partiti parlamentari, confrontandole con le tornate elettorali degli ultimi cinque anni, forniamo ora il riepilogo delle prestazioni di tutti i partiti (parlamentari o meno, grandi o piccoli che siano). In questo caso, a causa di esigenze di omogeneità nell’offerta politica, ci limitiamo ad un confronto con le regionali scorse. Ovviamente, a maggior ragione che per le analisi precedenti, il nostro aggregato territoriale si limita alle sole 8 Province per le quali il confronto con il 2010 è possibile. Nella Tabella riportiamo i risultati delle elezioni sia in valori assoluti che in percentuali.
Tabella 1.
Come già si era visto in un precedente articolo, i cinque partiti più grandi, quelli rappresentati in Parlamento, perdono consensi assoluti rispetto all’anno scorso. Ed in particolare sono i partiti di governo a mostrarsi più in difficoltà, mentre fra quelli di opposizione, l’unico a tenere è il PD. I partiti minori sono invece tutti in attivo rispetto alle regionali. In particolare, ed in coerenza con le aspettative, è SEL, la formazione di Vendola, a fare il passo in avanti più significativo. Il valore assoluto di quest’anno raddoppia rispetto a quello delle regionali scorse. Le altre liste minori (FdS, PSI, La Destra, ApI) rimangono per lo più costanti, il che, va detto, in un contesto di calo della partecipazione è un dato che identifica comunque una prestazione positiva. Come si vede, ottengono una quota rilevante di consenso, ben maggiore rispetto alle regionali, i movimenti minori, liste civiche od altro, che in tabella abbiamo collocato sotto la voce Altri (di CDX o di CSX o del Terzo Polo). Questo dipende dal fatto che a livello provinciale (e comunale), queste piccole liste hanno tradizionalmente molto più successo rispetto che a livello regionale.
Passando a commentare i valori percentuali, le impressioni ricavate dall’analisi dei voti assoluti escono addirittura rafforzate. I partiti di governo sono in grossa difficoltà. PdL e Lega Nord calano in modo consistente, e le loro perdite non sono affatto compensate dalla pur consistente crescita del voto ai movimenti minori e alle liste civiche d’area. Lo schieramento nel suo complesso subisce dunque un notevole ridimensionamento, perdendo quasi 11 punti percentuali.
Sulla sinistra, il PD riesce a tenere le posizioni, mentre l’IdV cala sensibilmente. Salgono invece i partiti minori, le liste civiche e le formazioni della sinistra radicale. In particolare è SEL a fare il balzo maggiore, collocandosi, nel nostro aggregato, poco al di sotto del 4%. Sebbene si tratti di un considerevole passo in avanti rispetto al 2010, anno nel quale la formazione di Vendola era ancora agli esordi, va detto che la percentuale ottenuta non appare lusinghiera quanto quella che i sondaggi indicavano come prevedibile. Il movimento di Vendola, pur salendo molto rispetto all’anno scorso, nel nostro aggregato è rimasto nettamente al di sotto delle attese. Nel complesso il centrosinistra, pur non guadagnando consensi assoluti rispetto all’anno scorso sfrutta la smobilitazione delle destre per salire di 4,5 punti. Lo scarto che separa i due schieramenti, nel corso di un anno, è dunque sceso di ben 15 punti percentuali: dai 17 punti del 2010 ai due scarsi di oggi. Una rimonta pressochè identica a quella che abbiamo rintracciato nella competizione fra candidati.
Più complessa risulta l’analisi della prestazione dei partiti che compongono il terzo polo. Se si osservano i risultati delle liste singolarmente intese il giudizio non può che essere nettamente negativo: mentre l’UDC cala di più di un punto, l’ApI e soprattutto il nuovo movimento di Fini restano addirittura sotto l’1%. Tuttavia, per questi movimenti, le attenuanti ci sono tutte: in primo luogo il loro dato è sottostimato perché questi partiti non erano presenti ovunque con liste proprie, avendo spesso fatto lista comune fra loro, o essendo entrati in liste civiche locali; in secondo luogo si tratta di movimenti nati da pochissimo, con una organizzazione territoriale estremamente flebile, cosa che a livello locale produce conseguenze assolutamente nefaste; in terzo luogo questi movimenti si collocano in un’area politica che tradizionalmente soffre moltissimo la concorrenza di liste civiche e movimenti locali in generale. Se si osserva l’ottimo risultato della voce “Altri Terzo Polo” (in cui, tra l’altro, sono state inserite anche le varie liste congiunte presentate dai tre movimenti in esame) ci si rende conto bene del fenomeno di cui parliamo: è anche e soprattutto grazie a queste altre liste (civiche o congiunte che siano) che la quota di consensi del nuovo agglomerato centrista è salita sopra l’8%.
Riassumendo dunque, queste elezioni provinciali mostrano: un deciso calo del centrodestra sotto il profilo del consenso alle liste, sia per il PdL che per la Lega Nord; una tenuta del PD e del centrosinistra in generale, con le perdite di Di Pietro compensate dalla relativa crescita di SEL; un terzo polo di dimensioni ancora piccole, ma che, pur non avendo certo sfondato e non essendo ancora quantificabile esattamente in ciascuna delle sue componenti, si è dimostrato sufficientemente corposo dal costringere gli altri due poli al ballottaggio in molte circostanze.