di Matteo Cataldi e Vincenzo Emanuele
Domenica scorsa oltre 46 milioni di francesi si sono recati alle urne per eleggere il settimo presidente della V Repubblica. L’affluenza è stata massiccia: sebbene in calo di 4 punti rispetto al 2007, è andato a votare quasi l’80% dei francesi, un dato che rappresenta un’iniezione di fiducia per la classe politica transalpina per di più giunto in un momento storico in cui la crisi economica tende un po’ in tutta Europa ad acuire il discredito dell’opinione pubblica verso la capacità di rappresentanza dei partiti e dei loro leader. Le aspettative della vigilia circa un sostanziale equilibrio tra Hollande e Sarkozy sono in larga parte confermate: il candidato del Ps è primo con il 28,6% seguito da quello dell’Ump al 27,2%. Qui emerge un primo dato significativo: mai un Presidente uscente era giunto secondo al primo turno delle presidenziali, elemento che denota in modo lampante lo scarso apprezzamento dell’elettorato francese per il Presidente. Nonostante ciò la partita in vista del ballottaggio è apertissima, e non solo perché i due candidati più forti accedono al secondo turno distanziati l’uno dall’altro di appena 1,4 punti. Ma soprattutto perché, guardando al risultato degli altri candidati, scopriamo che la destra rimane sostanzialmente maggioritaria in Francia. Come accaduto già altre volte nella storia delle elezioni francesi, i sondaggi pre-elettorali hanno sottovalutato il risultato del Front National, attestato alla vigilia tra il 14 e il 16%. Ebbene, il responso delle urne consegna a Marine Le Pen la percentuale di voti più alta della storia dell’estrema destra francese. La figlia del vecchio leader del Fn ottiene il 17,9% con oltre 6 milioni e quattrocentomila voti, migliorando sensibilmente il record del padre che nel 2002 con il suo 16,9% era riuscito a strappare un insperato ballottaggio contro Chirac scalzando il candidato socialista Jospin. Anche senza un’accurata analisi di flussi a supporto possiamo facilmente presumere che una quota significativa di elettori dell’Ump ha dirottato la propria preferenza versola Le Pen, per spostare a destra il baricentro della politica francese e dare un segnale di malcontento a Sarkozy. Questo è uno degli elementi di flessibilità consentiti dal sistema elettorale a doppio turno: la possibilità per l’elettore di esprimere un voto per i proprio candidato preferito o di lanciare un messaggio dirottando inizialmente la propria scelta verso un candidato estremo, per poi raccogliersi o meglio “se rassembler” attorno al candidato che accede al ballottaggio. Per quanto attiene alla geografia del voto in questo primo turno, il Presidente uscente arretra ovunque rispetto a cinque anni fa, risultando il candidato più votato in 39 dei 96 dipartimenti francesi metropolitani contro i 72 del 2007. Le perdite sono particolarmente consistenti nei dipartimenti della Picardie, dell’Ile de France (fino al 7% in meno nel dipartimento Seine-Saint Denis) e in generale in tutto il nord-est dove più forte è stata l’avanzata di Mme Le Pen (si vedano le figure più in basso). Ma cede terreno anche a sud, nelle regioni mediterranee (Provence-Alpes-Cote d’Azur e Languedoc Roussillion), che tuttavia rimangono, assieme a quelle più orientali, i bastioni del voto al candidato dell’UMP. L’insediamento territoriale dello sfidante Hollande non si discosta molto da quello riscontrato nel 2007 e ai tempi della candidatura di Jospin. Il candidato socialista la spunta sul rivale in 56 dipartimenti raccogliendo, in proporzione, la maggior parte dei consensi nella parte centro-occidentale dell’esagono, nelle regioni di Limousine, Poitou-Charentes, Aquitaine, Midi-Pyrénées e Bretagne. In particolare in Bretagne e Midi-Pyrénées sembra aver approfittato del calo di Bayrou che qui cede in media oltre 10 punti. All’estrema destra dello schieramento politico, la geografia del voto alla candidata del Front National resta fortemente strutturata secondo una logica Est-Ovest, con le zone di forza principali concentrate a est della linea Le Havre-Valence-Perpignan. E’ soprattutto nelle regioni e nei dipartimenti nord-orientali fino al confine con il Benelux che Marine Le Pen è riuscita a fare meglio del padre. Questi territori dalla forte impronta industriale, colpiti dalla crisi e con una massiccia presenza di immigrati, nel 2007 furono la principale chiave della vittoria di Sarkozy, ma oggi sembrano, in attesa del ballottaggio tra due settimane, avere almeno momentaneamente voltato le spalle al Presidente. Dalla parte opposta dello scacchiere politico, il candidato del Front de Gauche, il “rivoluzionario” Mélenchon, raggiunge l’11,1%. Sebbene ridimensionato rispetto alle previsioni (che lo davano in lotta per la terza posizione con Marine Le Pen) si tratta comunque di un successo eccezionale: era dai tempi di Georges Marchais (1981), storico segretario del Partito comunista francese, che un candidato dell’extreme gauche non raggiungeva le due cifre in una competizione presidenziale. Il quadro è completato dal centrista Bayrou, al 9,1%, dimezzato rispetto a 5 anni fa ma tuttavia ancora in grado di esercitare un potere decisivo indirizzando i suoi elettori al ballottaggio verso l’uno o l’altro candidato. Senza tener conto dei cinque candidati minori (tra i quali l’ecologista Eva Joly è al 2,3% e l’ex gollista Dupont-Aignan all’1,8%), questa tornata elettorale ci consegna, in attesa di un quadro più preciso dopo le legislative, un panorama partitico profondamente mutato. Finiti i tempi della “quadriglia bipolare” degli anni ’70 e ’80, ridottasi drasticamente la frammentazione osservata nelle ultime tornate (esemplare il caso del 2002, con nessun candidato che raggiungeva il 20%),la Franciaemerge come un sistema costituito da 5 forze rilevanti. Rispetto al passato la principale novità è costituita dallo svuotamento del centro e delle mezze ali in favore delle estreme. I tre candidati “centrali”, vale a dire Hollande, Bayrou e Sarkozy ottengono insieme il 64,9% contro il 75,7% del 2007 (allora erano Royale, Bayrou e Sarkozy). Se cinque anni fa meno di un francese su quattro indirizzava il proprio voto verso un candidato estremo, oggi lo fa più di un francese su 3: è il segno della radicalizzazione della competizione politica, in parte dovuta sicuramente agli effetti della crisi economica. In vista del ballottaggio la partita è apertissima. Sarkozy può contare sul fatto che l’area di destra, come anticipato in precedenza, rimane maggioritaria: sommando ai propri voti quelli di Le Pen e di Dupont-Aignan (ex Ump) raggiungerebbe il 46,9%, contro il 43,7% della gauche (frutto della somma di Hollande, Mélenchon, Joly, Poutou e Arthaud). D’altro canto c’è da considerare che la politica non è matematica e la “sommabilità” dei consensi a sinistra appare maggiore, se non altro perché già la notte delle elezioni siala Jolyche Mélenchon hanno annunciato il loro pieno appoggio a Hollande, mentre Sarkozy dovrà faticare molto di più per conquistare gli elettori di Marine Le Pen, che ha impostato tutta la sua campagna, oltre che su un antisocialismo viscerale, anche sull’attacco alla politica del Presidente, troppo vicina alle banche e alla finanza. In attesa del verdetto 6 maggio, a breve sul sito del Cise sarà online il simulatore del ballottaggio francese con il quale ciascuno potrà divertirsi a riassegnare a Hollande e a Sarkozy i voti dei candidati sconfitti al primo turno e pronosticare chi sarà il nuovo inquilino dell’Eliseo.
FIG. 1: Distribuzione del voto a Hollande per dipartimento.
FIG. 2: Distribuzione del voto a Sarkozy per dipartimento.
FIG. 3: Distribuzione del voto a Le Pen per dipartimento.