di Federico De Lucia
Nello scorso, cruciale, fine settimana elettorale europeo, si è votato anche in Grecia. Sotto gli occhi preoccupati della comunità internazionale e dei mercati finanziari, i cittadini greci, vessati dalle severissime manovre economiche che il Parlamento ha dovuto approvare sotto la spinta dei partner europei, si sono recati alle urne per decidere il proprio futuro.
I sondaggi dei mesi scorsi avevano già in qualche modo previsto che il sistema greco, fino al 2009 uno dei meno frammentati d’Europa, sarebbe in questa occasione letteralmente esploso; ma la grande domanda era se le forze che sino ad oggi hanno sostenuto il governo tecnico filoeuropeista, ovvero la grande coalizione formata dal partito di destra moderata, Nea Demokratia, e dal partito di sinistra moderata, il Pasok, sarebbero riuscite a mantenere una maggioranza parlamentare. Ebbene, la risposta è che, nonostante ND si sia aggiudicata il premio di maggioranza di 50 seggi previsto dal sistema elettorale greco per il primo partito (premio che è stato persino innalzato rispetto al passato, dato che sino ad ora era stato di 40 seggi), non solo nessun partito è riuscito a raggiungere la maggioranza dei seggi, ma nemmeno la somma dei due partiti moderati giunge a tale fatidica soglia, fermandosi due seggi sotto l’obiettivo.
ND e il Pasok, nel loro complesso, subiscono un vero e proprio crollo elettorale, passando dal 77,4% dei voti che avevano ottenuto nel 2009, al 32,1% di oggi. Meno di un terzo dei votanti greci si è dunque espresso a favore dei partiti che sino ad oggi hanno fornito all’Europa le garanzie economiche richieste. ND ha perso 15 punti rispetto al 2009; il Pasok addirittura 30. Questi due partiti possono essere oggi considerati come un centro politico assediato, da destra e da sinistra, da forze ostili alle politiche di austerità che l’Europa impone. La totalità di questi voti si è infatti spostata verso le ali estreme dello spettro politico: limitandosi ai partiti entrati in Parlamento, i tre partiti alla sinistra del Pasok ottengono complessivamente il 31,4% dei voti mentre i due alla destra di ND il 17,6%.
A sinistra si rende protagonista di un grande risultato, il 16,8% (triplicando la percentuale del 2009), il partito di sinistra radicale Syriza, forte di una posizione ambigua, e proprio per questo allettante per l’elettorato: il partito guidato da Alexis Tsipras infatti, pur essendo nettamente contrario alle misure del governo tecnico, non si spinge sino a proporre l’uscita dall’Euro come una alternativa praticabile. I comunisti del KKE ottengono l’8,5% (rispetto al 7% del 2009) mentre Dimar (partito scissosi dal Pasok nel corso della legislatura) si ferma al 6,1%.
A destra, ottengono il 10,6% gli Indipendenti greci , corrente di scissionisti da ND contraria al governo tecnico, mentre desta particolare preoccupazione in tutta Europa il successo di Chrysi Avgi (Alba d’Oro), partito di estrema destra esplicitamente filonazista, entrato in Parlamento con il 7% dei consensi. Esce invece dalla Camera il partito populista di destra Laos (Lega popolare ortodossa).
I partiti che ottengono rappresentanza passano dunque da 5 a 7, ma ciò che cambia sono i rapporti di forza fra essi: il numero effettivo di partiti elettorali (un indice di misurazione che tiene conto anche delle dimensioni dei partiti, e non solo della loro quantità) passa dai 3,16 del 2009 agli 8,95 di oggi. Un quadro, dunque, di preoccupante frammentazione e di forte contrapposizione sulle scelte di fondo.
A questo punto si apre una delicatissima fase di consultazioni, che il sistema istituzionale greco prevede come molto cadenzata: i leader dei primi tre partiti, nell’ordine, potranno disporre ciascuno di tre giorni di mandato esplorativo per formare una coalizione che goda del sostegno della maggioranza dei membri della Camera. Ben pochi però sono gli scenari praticabili. Maggioranze di centrodestra o di centrosinistra sono assolutamente impossibili o da un punto di vista prettamente numerico (come ad esempio la coalizione di centrosinistra proposta da Syriza), o comunque da un punto di vista programmatico poiché i due tronconi moderati dello spettro politico (ND e il Pasok) hanno posizioni in riguardo alle politica europea assolutamente non compatibili con quelle delle porzioni estreme, che tutte si oppongono in una qualche misura ai termini imposti dall’Europa come condizioni per poter godere dei prestiti necessari alla Grecia per evitare il default. L’unica soluzione possibile (ritenendo inimmaginabile che la sinistra radicale e comunista possa pensare di collaborare con i neonazisti in chiave antieuropeista) resta dunque quella che sostiene il governo uscente, ma come abbiamo detto, ND (pur fortemente avvantaggiata dal premio di maggioranza) e il Pasok si fermano assieme a 149 seggi: due in meno rispetto alla maggioranza assoluta. È perciò necessario coinvolgere almeno un altro dei partiti entrati in Parlamento, ovvero, nella sostanza, ottenere dall’Europa una qualche rinegoziazione delle condizioni del prestito. Vedremo se sarà possibile: se i tre mandati esplorativi falliranno, si dovrà tornare alle urne, e l’instabilità politica si intensificherà ulteriormente.