di Aldo Paparo e Matteo Cataldi
Le elezioni nella capitale rappresentano certamente il caso più interessante di questa tornata di elezioni comunali. Non solo perché gli elettori romani pesano per oltre un terzo dei 7 milioni scarsi di italiani chiamati alle urne. Ma anche per l’inevitabile attenzione che tutti – partiti, osservatori, attori del sistema mediatico – hanno dedicato alla sfida portata al sindaco uscente Alemanno da Marino, Marchini, De Vito e molti altri.
I risultati del primo turno sono stati in linea con quelli del resto del paese: un buon risultato del centrosinistra, un inatteso arretramento per il centrodestra ed un crollo degli attori terzi, segnatamente il M5s e il terzo polo.
In questo articolo riepiloghiamo la storia elettorale degli ultimi 5 anni a Roma, partendo dalle precedenti elezioni comunali, che videro il successo del candidato del centrodestra in due turni. Poi ci concentriamo sull’analisi dei flussi elettorali per comprendere più in profondità i risultati osservati, tracciando gli elettori in movimento fra le comunali 2008 e quelle del 2013, così come quelli fra politiche e comunali di quest’anno.
La tabella 1 riassume i risultati elettorali nella capitale per le ultime 4 elezioni svoltesi nella capitale, con l’eccezione delle europee 2009 e delle recenti regionali. Innanzitutto si nota il dato della scarsa partecipazione registrata in queste amministrative, ancora una volta in analogia con il resto del paese: appena il 52,4% degli elettori romani si è recato alle urne. Dobbiamo comunque sottolineare come non si tratti di un fatto del tutto nuovo: come si può osservare, già in occasione delle regionali del 2010 la partecipazione era stata particolarmente bassa, pari al 56,5%. Dato questo peraltro straordinariamente simile a quello delle europee di un anno prima (56,6%). Comunque il valore di poco superiore al 50% registrato in questa occasione rappresenta un nuovo minimo storico.
Tab. 1 – Risultati elettorali a Roma: comunali 2008, regionali 2010, politiche e comunali 2013.
Venendo ai risultati di liste, coalizioni e candidati, il primo punto da considerare è che, nel periodo considerato, il centrosinistra ha sempre raccolto più consensi della coalizione rivale. Anche 5 anni fa, quando poi al secondo turno Alemanno sconfisse Rutelli conquistando il Campidoglio, vi riuscì recuperando al ballottaggio lo svantaggio registrato al primo turno. Quindi il fatto che Marino sia avanti non dovrebbe sorprendere; però gli ultimi mesi del Pd potevano lasciare attendere un risultato diverso, eccezionalmente negativo per il centrosinistra. Invece così non è stato: il risultato di Marino è sostanzialmente in linea con quello di Rutelli cinque anni fa, mentre merita una particolare notazione la flessione di oltre 10 punti del sindaco uscente rispetto a cinque anni fa.
Un ulteriore elemento che bisogna sottolineare è il recupero, almeno in termini di risultato percentuale, delle due coalizioni principali ai danni dei due attori nuovi che avevano registrato ottimi risultati alle politiche: la coalizione centrista di Monti e il M5s di Grillo. A febbraio avevano raccolto insieme quasi il 40% dei voti, tre mesi dopo hanno dimezzato i propri risultati rimanendo al di sotto del 20%. Nel dettaglio, la flessione è particolarmente marcata per il Movimento, sceso dal 27,3 al 12,8%: in valori assoluti sono andati persi il 70% dei voti della lista alle politiche. Marchini ha invece perso circa due punti percentuali rispetto alla coalizione montiana, anche se guardando ai valori assoluti si tratta sostanzialmente di un dimezzamento.
Attraverso l’analisi dei flussi elettorali ci proponiamo a questo punto di comprendere quali siano stati i movimenti di elettori che hanno determinato questa grande volatilità. Iniziamo quindi dalle analisi fra comunali precedenti e attuali, i cui coefficienti sono mostrati nella tabella 2. Come si può osservare, gli elettori del centrosinistra sono stati i più fedeli: quasi 6 su 10 hanno riconfermato il proprio voto cinque anni più tardi. Si tratta di un tasso di fedeltà comunque piuttosto basso, e infatti si registrano tre fuoriuscite significative (superiori all’1% degli elettori totali). La più rilevante è quella verso il non voto: un elettore di Rutelli su quattro non si è recato alle urne in queste comunali. Le altre due defezioni rilevanti sono quelle verso De Vito e Marchini, con il primo leggermente preferito.
Tab. 2 – Flussi elettorali a Roma fra primi turni delle consultazioni comunali: destinazioni 2013 degli elettorati 2008 dei vari candidati.
Il sindaco uscente Alemanno ha invece confermato meno di un elettore su due di quanti lo avevano scelto già al primo turno nel 2008; uno su tre non è andato a votare. Anche in questo caso sono significative entrambe le fuoriuscite verso i principali attori esterni ai poli: Marchini è stato scelto da un elettore di centrodestra del 2008 su 10, il doppio circa di quanti hanno votato De Vito. Ma si registra anche un significativo flusso diretto verso l’avversario di centrosinistra: quasi il 2% di tutti gli elettori romani aveva votato Alemanno 5 anni fa e oggi ha scelto Marino.
Fra quanti nel 2008 avevano votato candidati minori (il 9% degli elettori romani) si registra il massimo coefficiente verso il non voto, il 36%. Coloro che invece sono tornati alle urne hanno votato De Vito (uno su quattro) o Alemanno (uno ogni cinque). Infine non si registra alcun recupero significativo dal bacino del non voto 2008.
Passiamo adesso ai movimenti intercorsi fra le recenti politiche e il primo turno di queste comunali (tab.3). Come si può osservare, Marino è stato di gran lunga il più bravo nel convincere gli elettori della propria area politica a votarlo: tre elettori di Bersani su quattro lo hanno fatto. Nonostante il calo della partecipazione di 25 punti, meno di uno su dieci non è andato a votare. L’unica altra fuoriuscita rilevante dal bacino del centrosinistra è quella verso Marchini, comunque piuttosto contenuta.
Tab. 3 – Flussi elettorali a Roma fra consultazioni del 2013: destinazioni alle comunali degli elettorati alle politiche dei vari partiti.
Alemanno ha smarrito oltre un terzo degli elettori della coalizione di centrodestra alle politiche. Il 30% ha scelto di non votare, mentre nessun altro flusso in uscita è significativo. Veniamo ora alle colonne di maggiore interesse, quelle relative a Monti e Grillo, per comprendere dove siano finiti gli elettori che tre mesi fa avevano espresso un voto non bipolare. Per entrambi i gruppi i tassi di fedeltà superano a malapena il 25%. Fra i grillini, la metà ha disertato il seggio, mentre un quinto si è diviso in ugual misura fra i due competitor principali. I montiani invece registrano un coefficiente verso l’astensione pari a un terzo circa; nell’altro terzo che ha votato, ma non per Marchini, Alemanno è stato preferito a Marino in misura di due a uno. Non si registra alcun recupero rilevante dall’area del non voto, anche se il flusso stimato verso Marino sfiora il punto percentuale sugli elettori.
Mettendo insieme le osservazioni delle due matrici di flussi esaminate, si possono fare alcune considerazioni interessanti, in particolare relativamente agli elettori di centrosinistra. Quelli di Rutelli sembrano essere piuttosto diversi da quelli di Bersani. In effetti si tratta di circa 200.000 unità in più nel primo caso. Ed ecco chiarita la vistosa differenza nel flusso verso il non voto osservata nei due gruppi. Coloro che hanno abbandonato tale area politica fra 2008 e politiche 2013 hanno votato M5s con una frequenza nettamente maggiore di quelli che invece sono rimasti fedeli a Bersani. Fra questi, i pochi che ha defezionato ha scelto invece Marchini.
Anche per il centrodestra gli elettori erano molti di più cinque anni or sono che non alle politiche, eppure in entrambi i casi si registrano coefficienti verso il non voto pari a un terzo circa. La differenza risiede nel voto verso altre aree politiche: come abbiamo visto, fra gli elettori di Alemanno 2008 si osserva una vera e propria diaspora, con rivoli cospicui che sono andati persi verso ogni direzione possibile. Quanti hanno votato Berlusconi ma non il sindaco incumbent si sono invece praticamente tutti astenuti.
Nota metodologica: le analisi dei flussi elettorali qui mostrate sono state ottenute applicando il modello di Goodman corretto dall’algoritmo Ras ai risultati elettorali delle 2600 sezione romane. Sono state generate 24 matrici separate per ciascuno dei collegi uninominali per la Camera della legge elettorale Mattarella, poi riaggregate nelle matrici cittadine riportate. La media del VR è pari a 4,6 per le analisi fra comunali 2008 e 2013, 6,2 per quelle fra le due elezioni di quest’anno. In nessuna delle 48 analisi il VR supera la soglia critica di 15, in appena 3 è maggiore di 10.