Ballottaggi, l’affluenza cala ancora ma rimane sui livelli delle comunali 2012

di Vincenzo Emanuele

 Nel giorno dello storico cappotto del centrosinistra ai danni del centrodestra (il conteggio finale è di 16-0 nei comuni capoluogo) l’altro dato da registrare è l’ulteriore abbassamento della partecipazione elettorale. L’affluenza era già crollata due settimane fa rispetto alle ultime comunali (60,5% nei 92 comuni superiori con un calo di 16,2 punti), oggi arretra di altri 11,2 punti nei 66 comuni superiori ai 15.000 abitanti in cui ha avuto luogo il turno di ballottaggio. La partecipazione è infatti scesa sotto la soglia simbolica del 50% dei votanti (48,6%). Escludendo dall’aggregato il caso elettoralmente “pesante” del comune di Roma, in cui l’affluenza è scesa un po’ meno (-7,7 punti) ma è rimasta inferiore alla media nazionale (45,1%), la partecipazione complessiva degli altri 65 comuni è stata leggermente superiore alla metà degli aventi diritto (52,4%), con un calo di ben 15 punti rispetto a due settimane fa (vedi Tabella 1).

Tab. 1 Confronto fra partecipazione al I e al II turno 2013 nei diversi aggregati.

 

Prendendo in esame i soli 11 capoluoghi l’affluenza diminuisce di 9 punti (oltre 18 escludendo Roma) attestandosi su un livello ancora più basso (46,7%). Più di un elettore su due è rimasto a casa.

Eppure questo dato negativo non è un’assoluta novità della politica italiana. Alle elezioni amministrative dello scorso anno era andata anche peggio: nei 19 capoluoghi al ballottaggio l’affluenza era diminuita di oltre 17 punti rispetto al primo turno, scendendo addirittura al 45,1% [Emanuele 2012, 111]. Il crollo di votanti dunque c’è ed è preoccupante, ma non rappresenta l’apice storico della crisi democratica del paese: al massimo esso può essere considerato la prosecuzione di un’onda lunga che già un anno fa aveva raggiunto livelli drammatici.

Analizzando i dati delle principali città al voto (Tabella 2), l’affluenza è diminuita in tutti gli 11 capoluoghi, ma con intensità profondamente diverse: mentre le sfide cruciali di Brescia (-6,2 punti) e Treviso (-4,7 punti) al Nord riportano molti cittadini ai seggi, altrove si assiste ad un vero e proprio tracollo. E’ in particolare il caso di Avellino (-23,1), su cui ha indubbiamente inciso l’enorme numero di elettori rimasti senza candidato dopo il primo turno (il 58% di elettori aveva votato per candidati esclusi dal ballottaggio), e di Barletta (-27,7), città in cui la partita per il sindaco si era di fatto già chiusa dopo il primo turno (16,8 punti di distacco a favore del centrosinistra già due settimane fa).

Tab. 2 Confronto fra partecipazione al I e al II turno 2013 nei capoluoghi di provincia.

 

Scendendo nel dettaglio delle diverse macro-aree del paese (Figura 1), anche il turno del ballottaggio conferma la maggiore partecipazione del Nord del paese (52,3%) rispetto al Sud (48,1%), ma il dato sorprendente è quello della Zona rossa. Qui la partecipazione era già crollata al primo turno rispetto alle precedenti comunali (-20 punti). Oggi scende di altri 14 punti, raggiungendo appena il 46,3%, una cifra record. E nemmeno si può addurre la giustificazione della scarsa competitività di quest’area del paese, in cui i candidati del Pd partivano ovunque largamente in vantaggio sui rivali. La non competitività e il dominio elettorale del centrosinistra sono caratteristiche peculiari delle regioni rosse, che però da sempre spiccano per cultura civica e alti tassi di partecipazione. Evidentemente in queste regioni qualcosa si è rotto.

Suddividendo infine il campione in tre classi di dimensione demografica, si conferma la tendenza, già evidenziata al primo turno, verso una diminuzione della partecipazione al crescere della dimensione del comune. Nella fascia di comuni compresi fra 15 e 50 mila abitanti l’affluenza è stata di 5 punti superiore alla media nazionale (53,6%), mentre nei 18 comuni compresi fra 50 e 500 mila abitanti ha votato il 51,3% e a Roma (unica città superiore ai 500 mila abitanti) appena il 45,1% (vedi Figura 2).

Fig. 1 Affluenza nei 66 comuni superiori disaggregati per Zona geopolitica.

 

Fig. 2 Affluenza nei 66 comuni superiori disaggregati per categorie di dimensione demografica.

 

Dopo questa lunga panoramica sull’affluenza nei diversi aggregati e contesti territoriali rimane però da chiarire un punto: quali sono i fattori che incidono sulla maggiore o minore affluenza alle urne? L’influenza di queste variabili è statisticamente significativa?

Una bassa affluenza al ballottaggio è per certi aspetti fisiologica ed è dovuta a diversi fattori: si vota solo per il sindaco e dunque manca il traino fondamentale del voto di preferenza per i consiglieri; si sceglie solo fra i due candidati più votati al primo turno e dunque gli elettori dei candidati esclusi perdono interesse nei confronti della sfida; molte competizioni appaiono inoltre già sostanzialmente decise dopo il primo turno, poiché il distacco tra i due candidati più votati è talmente alto da far ritenere impossibile una rimonta, e ciò disincentiva ulteriormente il ritorno dei cittadini alle urne.

Abbiamo quindi deciso di verificare se esiste una correlazione fra la partecipazione al ballottaggio nei 66 comuni superiori e due variabili legate ai risultati del primo turno: i punti percentuali di distacco fra i primi due candidati e il totale percentuale raccolto dagli stessi al primo turno (detto anche Indice di bipolarismo). L’ipotesi è che un maggior distacco al primo turno disincentivi la partecipazione alle urne (il primo candidato è già dato per vincente), mentre una maggior percentuale dei primi due classificati tenda ad essere correlata con una più alta affluenza (il totale dei cittadini “coinvolti” dal ballottaggio è infatti maggiore). I risultati confermano l’ipotesi appena esposta. Come vediamo nella Tabella 1, vi è una correlazione negativa fra scarto percentuale dei due candidati più votati al primo turno e affluenza (r=-.302) e una correlazione di segno opposto ma di simile intensità (r=.272) fra Indice di bipolarismo e affluenza. Entrambe le associazioni risultano statisticamente significative con un intervallo di confidenza superiore al 95%.

Vincenzo Emanuele è professore associato in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai cleavages e ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su European Journal of Political research, Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua prima monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018), mentre la seconda The deinstitutionalization of Western European party systems è edita da Palgrave Macmillan. Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.