Roma cambia colore: l’avanzata del M5S e la trincea del PD

di Luca Carrieri

Il voto del 5 Giugno a Roma per il rinnovo del consiglio e della giunta comunale ha rappresentato un profondo sovvertimento dei rapporti di forza tra i principali partiti e blocchi politici all’interno della capitale. A fronte di un significativo aumento dell’affluenza rispetto alle precedenti comunali, che è passata dal 52,8% al 56,2%, le scelte di voto sono radicalmente mutate, denotando una forte tendenza all’instabilità elettorale.

 Tab. 1 – Il voto a Roma: partiti e blocchi politici a confronto con il passato 

tableau roma

Il PD, che appoggiava la candidatura del vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, è stato senz’altro uno dei partiti perdenti in questa prima tornata di voto. Nella storia elettorale recente, cioè sin dalle elezioni politiche del 2013, i democratici erano stati il primo partito elettorale all’interno dei confini urbani, mantenendo tale primato fino all’exploit delle Europee del 2014, che li aveva portati al 43,1%. Le presenti comunali segnano una preoccupante battuta d’arresto per il PD, che si è fermato a quota 17,2% ed è stato “doppiato” elettoralmente dal M5S (35,3%), che si è affermato come formazione politica dominante nella capitale. Le premesse di questa sconfitta, affondano le proprie radici nelle inchieste giudiziarie di “Mafia Capitale”, che hanno coinvolto esponenti di spicco del PD romano, e nelle controverse dimissioni del sindaco uscente del partito democratico, Ignazio Marino. I gravi scandali si sono riverberati sul partito locale, che è stato commissariato dai vertici nazionali ed ha conosciuto un forte ridimensionamento di carattere organizzativo, con la chiusura di molti circoli. Inoltre, lo scioglimento anticipato delle giunte locali rappresenta sempre un evento assai rischioso per i partiti “incumbents” che normalmente subiscono una smobilitazione dei propri elettori alle successive elezioni (D’Alimonte e De Sio 2011). Tale dinamica sembra essersi materializzata anche in questo caso e le perdite elettorali registrate dal PD sono state ingenti (-66.815 voti e -9 punti percentuali rispetto alle elezioni comunali del 2013, vedi Tabella 1). Tuttavia, il declino del PD non è stato compensato dalle performance elettorali dei suoi alleati e dalle liste civiche che lo appoggiavano, che complessivamente hanno ottenuto il 7,5% dei voti validi, un dato inferiore a quello del 2013 (8,9%). Inoltre, la candidatura di Giachetti non sembra aver conferito un particolare slancio all’intera coalizione e la sua lista, RomaTornaRoma, si è fermata al 4,2% dei voti.

Tab. 2 – Il voto nei municipi di Roma

municipi di roma

Nota: tabella a cura di Fabiano Moscatelli.

Il risultato all’interno dei Municipi (Tabella 2) rafforza ulteriormente questa impressione negativa sulla performance del candidato del PD. Giachetti ottiene la maggioranza relativa dei voti soltanto all’interno del primo (il centro storico) e del secondo municipio (Nomentano-Parioli). Dalla mappa (Figura 1) si può notare come la concentrazione del voto del PD assomigli ad una vera e propria “trincea”, assediata da ogni parte da una marea gialla, “grillina”. Rimandando ovviamente ad analisi più approfondite, l’area della città in cui Giachetti prevale è quella più centrale, anziana, benestante ed istruita della città, segnalando una trasformazione del profilo sociale e demografico del voto dei democratici, che perdono terreno nelle zone più periferiche o in quelle storicamente rosse. In questa tornata elettorale, il centrosinistra ha assunto una fisionomia più “borghese” e una minore vocazione popolare, subendo un’erosione di consensi anche nelle roccaforti tradizionali, come Garbatella-Ostiense, Pigneto, Ardeatina e Centocelle.

Fig. 1 – Mappa del voto nei municipi di Roma

mappa roma 2016

Fonte: www.corriere.it

Al contrario, ad aver vinto questa prima tornata di voto è stato il M5S, insieme alla sua candidata Virginia Raggi. Il M5S aveva già rivelato le sue potenzialità elettorali alle politiche del 2013, dove aveva raggiunto il 27,3% a livello romano, sfiorando il sorpasso al PD. La forbice tra i due partiti si era nuovamente allargata alle elezioni Europee del 2014, dove però i pentastellati avevano contenuto le perdite, confermando un solido 25% dei voti validi. D’altra parte, i “grillini” avevano mostrato difficoltà più acute nella competizione regionale e in quella locale, dove i loro candidati non avevano mai propriamente sfondato. Infatti, alle precedenti comunali il M5S si era fermato al 12,8%, non replicando il successo delle politiche del 2013 e rimanendo ampiamente staccato dal centrosinistra e dal centrodestra. Le presenti elezioni segnano un’inversione di tendenza. Rispetto alle precedenti comunali, il partito ha quasi triplicato i suoi consensi, ottenendo il 35,3% dei voti validi e conquistando 281.650 voti in più rispetto al punto di partenza.  Tale percentuale di voto costituisce un esito straordinario per un partito singolo in un’elezione amministrativa e indica quanto il M5S abbia messo delle radici anche a livello comunale, in cui non era mai stato veramente competitivo.

L’analisi del voto municipale ha visto prevalere Virginia Raggi in 13 municipi su 15, dando la misura del successo pentastallato nella capitale. La candidata del M5S ha raggiunto il suo risultato migliore a Tor Bella Monaca, una delle periferie estreme della città, sfondando la soglia del 40% dei voti. Inoltre, ha scalzato il PD e la sinistra dalle sue roccaforti storiche, come Garbatella-Ostiense e ha vinto in quelle della destra, come Cassia-Flaminia. Complessivamente, ha ottenuto un consenso più trasversale ed eterogeneo all’interno della città, mettendo in luce la crisi dei partiti tradizionali.

La vicenda del centrodestra romano è stata invece più complessa e travagliata. La coalizione guidata dall’ex premier Silvio Berlusconi aveva puntato in un primo momento su Guido Bertolaso, ex capo del dipartimento della protezione civile. Tale candidatura ha però creato un’insanabile spaccatura tra FI e LN-FDI. Questi ultimi partiti, i cosiddetti partiti “lepenisti”, hanno costituito una coalizione di destra, che ha invece sostenuto la candidatura di Giorgia Meloni, presidente di FDI-AN. In seguito, lo stesso Silvio Berlusconi ha cambiato idea a campagna elettorale in corso, scaricando Bertolaso e decidendo di appoggiare Alfio Marchini, costruttore romano, già candidato alle precedenti elezioni comunali. I risultati elettorali del centrodestra sono stati ampiamente sotto le aspettative. FI ha subito un crollo senza precedenti, fermandosi al 4,2%, risultando l’altro partito perdente insieme al PD. Tale esito elettorale è stato modestissimo, soprattutto se paragonato ai precedenti elettorali di FI-PDL, che si era attestato stabilmente al di sopra del 10%. Le liste alleate del centrodestra non sono state in grado di intercettare tali voti in uscita, neanche quelle del candidato Marchini, e di evitare il collasso del centrodestra a Roma. Le insegne partitiche non hanno giovato a Marchini, il quale non ha ottenuto particolari benefici dall’appoggio di Berlusconi. Nel voto a livello municipale la sua candidatura ha avuto un risultato di rilievo soltanto nel municipio Cassa-Flamina, in cui ha raggiunto il 17% dei voti validi.

La coalizione di destra ha avuto una dinamica certamente più positiva dei rivali del centrodestra. Infatti, pur non raggiungendo il secondo turno elettorale, FDI-AN, il partito della candidata Giorgia Meloni, ha fatto un vero e proprio balzo in avanti, conquistando il 12,3% dei voti. Si tratta di un autentico “ritorno” della destra romana di matrice missina, che storicamente ha avuto un forte radicamento all’interno della città. L’effetto traino di Giorgia Meloni è stato decisivo, testimoniato dalla sua affermazione personale nel voto maggioritario. Il risultato della LN, che si è presentata sotto le insegne della lista Noi con Salvini, non è stato straordinario, fermandosi al 2,7% ma si è comunque inscritto in un trend di lieve e costante aumento rispetto alle precedenti consultazioni. Nel complesso questa coalizione, che è arrivata al 19,6% sembra in grado di avanzare la propria egemonia sull’intero campo di un centrodestra allargato a Roma.

Il voto per la Meloni nei municipi fornisce alcune indicazioni interessanti. La Meloni ha avuto le sue aree di relativa forza specialmente nel quinto (Prenestino-Centocelle) e sesto (Tor Bella Monaca) municipio, dove ha superato il candidato del PD Giachetti, Buone indicazioni di voto per lei sono giunte anche da Tiburtina ed Aurelia (rispettivamente quarto e tredicesimo municipio). Si può dire che la Meloni ha avuto una distribuzione del voto abbastanza omogenea a livello territoriale ed un profilo sensibilmente “popolare” a livello sociale.

Il risultato a livello di “poli” (Tabella 1) indica una profonda ristrutturazione dei rapporti di forza dentro il comune di Roma. Il polo di centrosinistra ha vissuto un impressionante declino elettorale. Nella capitale, il centrosinistra ha sempre potuto contare su un decisivo serbatoio di voti, molto importante anche a livello nazionale. Dalle politiche del 2013 alle Europee del 2014 le percentuali del polo di centrosinistra sono oscillate dal 33,7% al 45,4%, questo gli aveva consentito di mantenersi costantemente come dominante in tutto il periodo in esame. Ovviamente, il PD è sempre stato il principale perno di tale polo, anche se in passato il contributo elettorale dei partiti minori del centrosinistra è stato molto rilevante. Alle ultime comunali il polo di centrosinistra ha coinciso praticamente con il solo PD. La cosiddetta vocazione maggioritaria del PD non ha funzionato a Roma ed il polo nel suo insieme è sprofondato al 25,9%. Il cambiamento dell’offerta elettorale in capo al centrosinistra sembra aver contribuito ad una smobilitazione. Questo esito ha fornito precise indicazioni strategiche al centrosinistra a livello comunale: un’offerta elettorale più inclusiva sarebbe stata maggiormente in grado di portare benefici elettorali. Un centrosinistra con un formato coalizionale ampio è stato storicamente più competitivo.

Molte di queste considerazioni sono valide anche per il polo di centrodestra, anch’esso ai suoi minimi storici (11%) dal 2013. La spaccatura consumatasi tra i due poli, quello della destra e del centrodestra è andata a scapito di quest’ultimo. Il dato di FI indica una strutturale debolezza del partito di Berlusconi a livello locale, ulteriormente aggravata dalla sua strategia autarchica. Anche il polo di destra non ha messo in campo una strategia ottimale. Infatti, nonostante il buon risultato della Meloni, la sua coalizione non ha comunque raggiunto il ballottaggio. Pur avendo ribaltato i rapporti di forza elettorali all’interno dell’area di centrodestra, tale divisione non ha concretamente avvantaggiato nessuna delle due forze in campo. Inoltre, la somma di questi due poli avrebbe potuto condurre ad un risultato superiore a quello del centrosinistra. Quest’elezione ha rappresentato dunque un’importante occasione sfumata per l’insieme di questo blocco.

Il maggiore beneficiario di questa frammentazione a livello di poli elettorali è stato il M5S. Ovviamente, molti altri fattori hanno contribuito a determinare le fortune elettorali del M5S, ma il restringimento del perimetro delle altre coalizioni lo ha posto in una situazione di vantaggio. Infatti, l’ampia inclusività dei poli del centrosinistra e del centrodestra aveva in precedenza posto un argine alla tripolarizzazione del sistema partitico romano ed all’emergere del M5S come soggetto autenticamente locale. Il cambiamento dell’offerta elettorale da parte dei vecchi attori partitici ha aperto una finestra-opportunità per il M5S, che anche grazie alle tante disfunzioni locali, alla corruzione e allo scioglimento anticipato della giunta Marino, è così riuscito a catalizzare il malcontento popolare e a trasformarlo in uno straordinario successo. Pur aspettando i risultati del ballottaggio, che spesso riservano dei ribaltamenti di fronte, non si possono comunque oscurare i dati parziali, che hanno segnato una forte avanzata locale del M5S.

Riferimenti bibliografici

D’Alimonte, R. e Chiaramonte, A. (a cura di), 2010, Proporzionale se vi pare, Bologna, Il Mulino.

D’Alimonte, R. e De Sio, L. (2010), ‘Il voto. Perché ha rivinto il centrodestra’, in R. D’Alimonte e A. Chiaramonte (a cura di), Proporzionale se vi pare, Bologna, Il Mulino.

Luca Carrieri è dottorando di ricerca presso la Luiss Guido Carli e attualmente sta svolgendo un periodo di visiting presso University of Houston. I suoi principali interessi sono i mutamenti organizzativi dei partiti ed i comportamenti di voto in Italia e in Europa. Ha recentemente collaborato ai dossier CISE, “Le Elezioni Politiche 2013” e “Le Elezioni Europee del 2014” e con “Astrid rassegna”.