Il ballottaggio di domenica prossima potrebbe decidere le sorti future non solo della Francia, ma anche dell’Unione Europea. Il voto del primo turno ci consegna un quadro politico terremotato, con l’esclusione – per la prima volta dal 1958 – dei due grandi partiti socialista e gollista, architravi del sistema della V Repubblica.
La sfida al ballottaggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen rappresenta plasticamente l’accresciuta importanza di una dimensione di competizione alternativa alla (finora) prevalente linea di conflitto sinistra-destra. Una dimensione ortogonale all’asse sinistra-destra e sulla quale la letteratura scientifica non ha ancora elaborato una definizione condivisa. Si tratta del conflitto fra ‘società aperta’ e ‘società chiusa’ che oppone i fautori della globalizzazione, del multiculturalismo e dell’integrazione europea ai sostenitori della ‘demarcazione’ (Kriesi et al. 2006) del welfare chauvinism e del ritorno agli stati nazionali. Si tratta quindi dei due lati di un conflitto che tiene insieme (in modo non sempre coerente, soprattutto nel Sud Europa) temi culturali, economici e istituzionali, e di cui Macron e Le Pen sono i rispettivi alfieri. Se Marine Le Pen ormai da anni ha lanciato la sua sfida al sistema francese e alla destra gollista, la novità di questa elezione risiede nel fatto che per la prima volta anche l’altro lato di questo continuum ha trovato in Macron un imprenditore politico capace di politicizzare il conflitto su Europa e globalizzazione (invece di silenziarlo, tattica usata solitamente dai partiti socialisti mainstream) e mobilitare la propria base su questi temi.
Ma si tratta davvero di un nuovo cleavage, come sostenuto da parte della letteratura? O semplicemente della riattivazione di un vecchio conflitto che pareva sopito?
La mia ipotesi, naturalmente tutta da verificare, è che alla base di tale presunta nuova frattura ci sia la riattivazione del vecchio cleavage urbano-rurale. La nuova dimensione di conflitto sorgerebbe quindi su una vecchia frattura territoriale. Nell’originale formulazione di Lipset e Rokkan (1967), il conflitto città-campagna verteva sul tema dei dazi doganali e i prezzi delle materie prime. La nascente classe degli imprenditori industriali si batteva per l’eliminazione dei dazi, la completa apertura del mercato e il conseguente abbassamento dei prezzi delle materie prime. A essa si opponeva la declinante classe dei proprietari terrieri che, per difendere la produzione agricola nazionale, voleva il mantenimento dei dazi. Già all’epoca, insomma, si trattava di un conflitto tra fautori della globalizzazione e del protezionismo. E’ dunque possibile che tale conflitto si sia in qualche modo riattivato per effetto di nuovi imprenditori politici[1] che cercano di sfruttare elettoralmente le opportunità che esso offre?
Una prima – sebbene assolutamente preliminare – analisi che può essere condotta per verificare tale ipotesi riguarda lo studio del voto francese per dimensione demografica dei comuni. Si tratta di una variabile solitamente trascurata dagli studi elettorali, eppure rivelatasi un’importante determinante del voto, ad esempio in Italia (Emanuele 2011; 2013).
Se l’Italia in prospettiva comparata può certamente essere definito come ‘un paese di piccoli centri’ (Emanuele 2011, 118), con appena il 23% della popolazione che risiede in città con oltre 100.000 abitanti, la Francia è di gran lunga il paese europeo a maggiore trazione rurale. La Francia metropolitana (l’‘Hexagone’) presenta 35.281 comuni (in Italia sono circa 8.000), di cui poco meno dell’80% con meno di 1000 elettori (e il 12,5% con meno di 100 elettori). Un’eredità del modello organizzativo post-rivoluzionario, osservabile in qualche misura anche nel nostro Piemonte. Il dato più impressionante, come mostra la Figura 1, è che quasi il 50% degli votanti risiede in centri inferiori ai 5,000 elettori, mentre appena il 13% degli elettori vive in medio/grandi città (ossia con oltre 50,000 elettori, in Italia circa il 35%). Il comune di Parigi rappresenta appena il 3% dell’elettorato.
Figura 1. Numero di comuni e percentuale dell’elettorato per categoria di dimensione demografica, Francia 2017
Già questi numeri danno l’idea della salienza della dimensione urbano-rurale in Francia, nonché delle potenziali differenze (in termini socio-demografici, culturali, e politico-ideologici) fra gli elettori residenti nella moltitudine di ‘microcomuni’ e quelli della grande metropoli parigina. Non disponendo di dati individuali per accertare tali differenze, possiamo comunque analizzare, a livello aggregato, il voto a Macron e Le Pen nelle sei categorie di dimensione demografica che abbiamo individuato nella Figura 1 (cinque categorie più Parigi). Il risultato, graficamente rappresentato nella Figura 2, è notevole e offre una prima confortante evidenza empirica alla nostra ipotesi. I due candidati mostrano un profilo speculare rispetto alla variabile di dimensione demografica. Il voto a Marine Le Pen è marcatamente ‘rural-oriented’. Il suo consenso è inversamente proporzionale alla dimensione demografica dei comuni: è vicina al 27% nei comuni inferiori a 1,000 elettori, poi il suo consenso declina gradualmente fino al 15% delle città medio-grandi. A Parigi, poi, quasi scompare, fermandosi al 5% (e arrivando quinta, superata perfino dal socialista Hamon). All’opposto, il profilo di Macron rivela il suo carattere prevalentemente urbano: l’ex ministro di Hollande vede il suo consenso crescere in misura direttamente proporzionale alla dimensione demografica, dal 20% dei microcomuni (nei comuni inferiori ai 100 elettori è addirittura al 18,5%) fino al 35% di Parigi.
Figura 2. Andamento di Le Pen e Macron per dimensione demografica dei comuni, Francia 2017
I dati mostrano la presenza di due realtà profondamente distinte che convivono all’interno dello stesso paese: si registra uno swing di 18,1 punti tra Parigi e i comuni con meno di 1,000 elettori. Ci sono infatti 6,4 punti di vantaggio per Le Pen nei microcomuni e quasi 30 a favore di Macron nella capitale.
Non sappiamo, in assenza di appropriate analisi a livello individuale, se tali marcate differenze tra città e campagna siano solo il frutto casuale di altre variabili in gioco o se invece siano la manifestazione lampante della riattivazione, su basi nuove, del vecchio cleavage urbano-rurale.
Certo è che simili differenze tra città e campagna sono riscontrabili anche nell’analisi del voto sulla Brexit, con il ‘Remain’ vincente a Londra e in molte aree urbane e il ‘Brexit’ predominante nella ‘rural England’. Anche in quel caso il voto aveva plasticamente diviso i partiti e l’elettorato su un asse di conflitto diverso dal sinistra-destra tradizionale, con conservatori e laburisti divisi al loro interno sul voto, mentre UKIP da un lato, LibDem e SNP dall’altro politicizzavano i due lati del conflitto.
Un tema cruciale per comprendere la politica del XXI secolo, sul quale si dovrà necessariamente tornare con più approfondite analisi.
Riferimenti bibliografici
Dogan, M. (1967) ‘Political Cleavage and Social Stratification in France and Italy’, in S.M. Lipset and S. Rokkan (eds.) Party Systems and Voter Alignments: Cross-national perspectives, New York: The Free Press, pp. 129-95.
Emanuele V. (2011), ‘Riscoprire il territorio: dimensione demografica dei comuni e comportamento elettorale in Italia’, in Meridiana – Rivista di Storia e Scienze Sociali, 70, pp. 115-148.
Emanuele, V., (2013), ‘Il voto ai partiti nei comuni: La Lega è rintanata nei piccoli centri, nelle grandi città vince il Pd’ in De Sio, L., Cataldi, C. and De Lucia, F. (eds) (2013), Le Elezioni Politiche 2013, Dossier CISE(4), Rome, CISE, pp. 83-88.
Kriesi, H., Grande, E., Lachat, R., Dolezal, M., Bornschier, S., and Frey, T. (2006). Globalization and the transformation of the national political space: Six European countries compared. European Journal of Political Research, 45(6), 921-956.
Lipset, S.M. and Rokkan, S. (1967) ‘Cleavage structures, party systems and voter alignments: an introduction’ in S.M. Lipset and S. Rokkan (eds.) Party Systems and Voter Alignments: Cross-national perspectives, New York: The Free Press, pp. 1-64.
Rokkan, S. (1970) Citizens, Elections, Parties, Oslo: Universitetsforlaget.
Tarrow, S. (1971) ‘The urban-rural cleavage in political involvement: the case of France’, American Political Science Review, 65(2): 341-57.
[1] I partiti agrari che politicizzarono il cleavage urbano-rurale sono scomparsi o si sono trasformati a partire dagli anni ’50. Sulle condizioni per l’emersione di partiti agrari nei paesi europei si veda Rokkan (1970). Sul perché in Francia tale frattura non diede vita ad un partito agrario si veda Tarrow (1971). Per un’analisi del voto nelle aree rurali della Francia si veda Dogan (1967).