Legge elettorale, le convenienze (e i danni) del «tedesco»

Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 28 maggio

Matteo Renzi vuole le elezioni anticipate e a questo punto gli importa poco il sistema elettorale. A Silvio Berlusconi importa molto il sistema di voto, cioè evitare i collegi uninominali, e poco le elezioni anticipate. Al M5S vanno bene sia le elezioni anticipate che il modello tedesco. Alla Lega di Matteo Salvini va bene tutto. Mattarella non vuole le elezioni anticipate ma vuole fortemente un sistema elettorale “armonizzato”. Questo è il puzzle in cui si dibatte la politica italiana oggi.

In fondo a questo guazzabuglio di interessi si stagliano il ritorno al proporzionale e la fine di un ciclo. Pare che Renzi sia pronto a sacrificare quel che resta della democrazia maggioritaria e del principio fondante della Seconda Repubblica sull’altare delle elezioni anticipate. Pur di andare a votare prima della legge di bilancio e delle elezioni siciliane sembra aver deciso che il sistema elettorale in vigore in Germania possa sostituire i due sistemi confezionati dalla Consulta con le sue improvvide sentenze del 2014 e del 2016. Una decisione del genere equivale all’accettazione del ritorno al proporzionale.

L’alfiere della Terza Repubblica, il Macron italiano, diventerebbe il restauratore della Prima. Infatti, il sistema tedesco è al 100% un sistema proporzionale. Ma c’è un però. In Germania solo i partiti che hanno almeno il 5% dei voti e quelli che arrivano primi in tre collegi possono partecipare alla distribuzione dei seggi. La soglia del 5% è uno strumento potente. La tabella in pagina mostra cosa succederebbe in Italia con il modello tedesco sulla base delle attuali stime di voto e di alcune ipotesi alternative con soglie più basse.

Con la soglia al 5% prenderebbero seggi solo quattro partiti. I “magnifici quattro”: Pd, M5s, Forza Italia e Lega Nord. Di per sé questo non è un male. Sarebbe una drastica e salutare semplificazione del quadro politico. Una cosa mai vista in Italia dal 1946. Chissà se la Consulta avrà qualcosa da ridire. L’Italicum da questo punto di vista era meno distorsivo. Con tanti partiti che non arrivano al 5% i “magnifici quattro” sarebbero sovra-rappresentati. Si produrrebbe cioè un effetto maggioritario. E questo va bene.

Il problema è il governo. Con i dati di oggi ci sarebbero sulla carta due coalizioni che si contenderebbero la maggioranza assoluta dei seggi. Il fatidico 51% potrebbe andare a Pd e Fi, ma anche a M5s e Lega Nord. Potrebbe essere una roulette. Proprio l’esito che la cancellazione del ballottaggio dell’Italicum voleva scongiurare. D’altronde una soglia più bassa (2,5%) – come si vede nella Tabella 1 – ridurrebbe il rischio di una possibile maggioranza M5s-Lega Nord ma indebolirebbe Pd e Forza Italia rendendo necessaria una coalizione tra Berlusconi e i partiti a sinistra del Pd.

Tab. 1 – Distribuzione dei seggi in base alle attuali intenzioni di voto con il sistema tedesco in tre diverse versioni[1]tedesco 3 soglie

Insomma, il tedesco non è la panacea dei nostri problemi di governabilità post-referendum costituzionale. Ma non sarebbe un cattivo sistema a condizione che resti un tedesco vero e non un tedesco in salsa italiana. Su questo però i dubbi sono legittimi. In particolare la soglia deve restare al 5% e nel nostro caso non va permesso il suo aggiramento attraverso l’escamotage delle vittorie nei collegi. Le desistenze sono una nostra specialità e servirebbero a far sparire la soglia. Senza soglia al 5% il tedesco in salsa italiana sarebbe il trionfo della rappresentatività e il funerale della governabilità. E va trovata una soluzione soddisfacente per il problema dei seggi in soprannumero. Tema da affrontare in altro momento.

Meglio del tedesco ci sarebbe il Mattarellum bis, il cosiddetto Rosatellum. Ma è stato messo frettolosamente da parte. Ci dicono che per la sua approvazione mancherebbero i voti al Senato. Può darsi, ma finché non ci si prova non si può sapere. Nell’attuale Senato – dispiace dirlo – può succedere di tutto. Tutto è possibile se si negozia per davvero. Nessun esito è scontato. Varrebbe la pena provarci e lasciare agli altri la responsabilità del no. Ma pare che il percorso sia segnato. Si finirà a Berlino sperando che sia veramente Berlino e non Roma.

Siamo arrivati a questo punto per la voglia di elezioni anticipate di Renzi e le pressioni di Mattarella per l’armonizzazione degli attuali sistemi di voto. Sono loro i veri protagonisti della partita. Renzi sembra aver deciso. L’interesse per il voto in autunno è tale da giustificare ai suoi occhi il ritorno al proporzionale. Ma vuole essere sicuro che questo sacrificio porti veramente alle elezioni anticipate. Teme la trappola. Il presidente Mattarella vuole fortemente la riforma elettorale. Non sembra disposto ad accettare il rischio di elezioni in autunno, nel bel mezzo del processo di approvazione della legge di bilancio e senza alcuna certezza che si possa fare rapidamente un governo dopo il voto. Noi nel nostro piccolo speriamo di non finire in una palude peggiore dell’attuale.


[1] Le intenzioni di voto utilizzate sono state calcolate facendo la media di 5 sondaggi pubblicati in questa settimana