Una vittoria triplice per Salvini: numerica (diventa il baricentro del governo); geografica (diventa un partito uniformemente nazionale), strategica (ora ha diverse opzioni).
Tab. 1 – Risultati elettorali in Italia nelle elezioni europee 2014, 2019 e nelle elezioni politiche 2018
La geografia del successo di Salvini sta in tre numeri: rispetto ai suoi risultati 2018, moltiplica i suoi voti per 1,5 al nord, per 2 al centro, e per più di 3 al sud e nelle isole. Quindi, il profilo geografico di oggi della Lega appare più nazionalizzato, mentre il calo del Movimento 5 stelle (più forte nelle regioni del Nord, meno in quelle roccaforti del Sud) lo rende ancora più confinato geograficamente al Sud, con Fratelli d’Italia che aumenta significativamente.
Tab. 2 – Rendimento elettorale alle europee 2019 rispetto alle politiche 2018[1]
Così i primi dati del Luiss Cise che ha analizzato lo spoglio nel corso della Luiss Election Night, la maratona che l’Ateneo intitolato a Guido Carli ha organizzato in collaborazione con Sky Tg24, Radio Luiss, Scuola di Giornalismo e Luiss Datalab.
In sintesi:
Nel 2018 l’Italia era spaccata in due: la Lega rappresentava il Nord, il M5s il Sud. Come spiega Lorenzo De Sio, Direttore Luiss Cise: “Ci chiedevamo chi avrebbe potuto costruire una sintesi fra le due parti del Paese – e i loro diversi interessi. Il risultato del 26 maggio è chiaro: offre una chance a Matteo Salvini. La sua Lega diventa un baricentro non solo nell’ambito del governo ma anche sul piano territoriale. E da domani anche del sistema partitico, perché adesso ha una possibile maggioranza di governo alternativa”
Il M5S, invece, perde più o meno ovunque in Italia una quota simile (tra 13 e 17 punti). Tuttavia, questo calo incide più fortemente al Nord, dove il partito aveva meno voti, traducendosi in un dimezzamento. Mentre, al Sud dove aveva circa il 45%, il partito guidato da Luigi Di Maio ha perso circa un terzo dei propri voti. Quindi, oggi, il M5S ha un profilo ancor più meridionalizzato, oltre che essere assai meno strategico nel nuovo assetto del sistema partitico italiano.
E Salvini ha dalla sua anche una centralità strategica, che gli deriva dal poter – se vuole – puntare a (o minacciare) anche una maggioranza alternativa. Non solo assieme Berlusconi e Meloni (cosa che con questi numeri pare pressoché scontata), ma addirittura anche solo con Fdi, Salvini potrebbe riuscire a ottenere quota 40% al proporzionale e vincere il 70% dei seggi al maggioritario che garantirebbe una maggioranza, questa volta politicamente omogenea – specie in un contesto di frammentazione delle altre forze. In questo contesto, si segnala, infatti, anche il sorprendente risultato di Fdi che, nonostante la prorompente ascesa della Lega, riesce a crescere notevolmente.
Per certi versi, dato l’attuale assetto tripolare, Salvini è forse più forte di quanto Berlusconi non sia mai stato (in tempi di bipolarismo). Infatti il Cavaliere, per vincere le elezioni, ha sempre avuto bisogno di una coalizione ampia ed eterogenea (FI, AN, LEGA, UDC). Oggi Salvini invece potrebbe essere competitivo anche solo con il partito guidato da Giorgia Meloni.
Possibilità che chiama in causa le strategie degli altri partiti. Cosa farà il PD? Zingaretti ha ottenuto un risultato importante: accertare che il partito è ancora in vita. Allontanandosi in maniera netta dal 18,7% della sconfitta di Renzi e avvicinandosi al 25,4% con cui nel 2013 Bersani aveva “non vinto”. Zingaretti, rispetto al Pd della sconfitta del 2018, dalla sua ha una risorsa: la possibilità di ricostruire legami con altri partiti nel campo di centrosinistra (Verdi e Più Europa). Inoltre, il partito gode di una certa omogeneità nelle sue performance elettorale, anche se ancora un po’ più debole al Sud.
[1] Le percentuali indicano, fatti 100 i voti delle politiche 2018, il risultato delle europee 2019