A guardare l’attualità e i commenti politici degli ultimi mesi, chiunque avrebbe ricavato l’impressione che il vero vincitore delle elezioni del 4 marzo 2018 fosse stato Matteo Salvini, nuovo protagonista della politica italiana; e di conseguenza le tormentate vicende di questo agosto 2019, con la di fatto auto-estromissione di Salvini dal governo, e l’inizio di possibili nuovi scenari, sarebbero apparse incomprensibili.
Non così se si adotta il passo più lento e approfondito della ricerca scientifica, in cui il risultato del 2018 non viene raccontato secondo l’impressione delle prime settimane e mesi dopo il voto, ma affidando a un nutrito gruppo di studiosi di varie università italiane – sotto il coordinamento del Cise – il compito di analizzare il risultato da diversi punti di vista, applicando teorie sviluppate e testate su tutte le grandi democrazie, e utilizzando metodi di analisi rigorosi. Con una riflessione a freddo, svolta nei mesi successivi al voto sulla scorta di abbondanti dati e di una lettura ragionata delle altre analisi. Uno sforzo che Stefano Bartolini e Roberto D’Alimonte inaugurarono ormai quasi 25 anni fa, dando vita a un gruppo di ricerca poi divenuto il Cise, e alla tradizione di una fortunata collana di volumi (da allora adottati in molte università italiane, ma alla portata anche dei semplici cittadini interessati alla politica) che oggi si arricchisce di una nuova riflessione dedicata alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, curata da Alessandro Chiaramonte e Lorenzo De Sio.
Una riflessione articolata in numerosi aspetti: gli eventi politici che fanno da retroterra alle elezioni e alla definizione dell’offerta politica (Federico De Lucia e Aldo Paparo); le strategie di competizione dei partiti (Vincenzo Emanuele, Nicola Maggini e Aldo Paparo); la campagna elettorale (Cristian Vaccari); la partecipazione al voto (Dario Tuorto); i risultati di voto e i flussi elettorali (Lorenzo De Sio e Matteo Cataldi); il voto sul territorio (Matteo Cataldi e Vincenzo Emanuele); l’impatto della riforma elettorale (Alessandro Chiaramonte, Roberto D’Alimonte e Aldo Paparo); gli eletti (Filippo Tronconi e Luca Verzichelli); l’evoluzione del sistema partitico (Alessandro Chiaramonte e Vincenzo Emanuele).
Ed è con questa lente più approfondita e accurata che il voto del 4 marzo emerge con caratteristiche inedite, e per certi versi in grado di spiegare l’apparentemente inattesa piega presa dagli eventi politici in questa strana estate del 2019.
Perché il 2018 è stato un «voto del cambiamento». Un risultato che ha visto vincitori (e successivamente protagonisti al governo) due partiti che segnano una cesura rispetto all’evoluzione della politica italiana nell’ultimo decennio. A partire da quel novembre 2011 (la caduta di Berlusconi e il governo Monti), in cui la Lega Nord passa a un’opposizione in cui resterà per sette anni; e in cui il sostegno di quasi tutte le principali forze politiche a un governo di misure dure e impopolari crea le condizioni per la progressiva crescita di consensi che porterà il Movimento 5 stelle a diventare nel 2013 (e ancor più nel 2018) il primo partito italiano. Così che il 2018 non rappresenta altro che lo sbocco politico, con l’arrivo al governo, di un processo di cambiamento che in termini elettorali era emerso con forza già nel 2013. Con ormai una chiara domanda da parte dell’elettorato di una netta cesura, ovvero di un cambiamento, rispetto ai sette anni di governo tra 2011 e 2018, visto che a essere premiati in modo notevole sono i due principali partiti rimasti ininterrottamente all’opposizione.
Così leggere oggi queste analisi ci dà una lente per cogliere anche il segno di ciò che abbiamo visto accadere dopo il voto: l’enfasi del governo giallo-verde sull’inversione di rotta rispetto a provvedimenti-simbolo del governo Monti come la legge Fornero; l’impatto dell’innovazione rappresentata da Salvini sulla coalizione di centro-destra (con la vertiginosa ascesa nei sondaggi e il prosciugamento di Forza Italia); e infine – storia di questi giorni – il coinvolgimento anche del centro-sinistra in un processo di cambiamento rispetto a cui in questi mesi si era ancora tenuto ai margini. Da un’analisi approfondita del voto del 4 marzo emergono le dinamiche profonde di questa legislatura.
A. Chiaramonte, L. De Sio (a cura di)
Il voto del cambiamento. Le elezioni politiche del 2018
Bologna, Il Mulino, 2019
pp. 296, ISBN 978-88-15-28431-0
Dalla quarta di copertina:
Al gruppo di ricercatori riunito su iniziativa del Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE) si deve questa approfondita analisi delle elezioni politiche del marzo 2018. Dopo un’introduzione sugli eventi politici che fanno da retroterra alle elezioni e sulla definizione dell’offerta politica, segue una serie di contributi più specifici sulla campagna elettorale, sulle strategie di competizione dei partiti, sui risultati di voto e sui flussi elettorali, sull’impatto della riforma elettorale, sugli eletti, nonché sull’evoluzione del sistema partitico. Viene così fornita un’interpretazione di ampio respiro a un voto che si è connotato soprattutto per il «cambiamento», da cui sono usciti vincitori – e successivamente protagonisti al governo – due partiti (Lega e M5s) che segnano una cesura nel panorama politico italiano dell’ultimo decennio.