Il ritorno del proporzionale

Pubblicato su Il Sole 24 Ore dell’ 11 Gennaio

Si torna al passato. I partiti della maggioranza di governo hanno presentato in questi giorni un progetto di legge che reintroduce un sistema elettorale proporzionale. Gli è già stato appiccicato l’etichetta di Germanicum, come se fosse simile a quello in vigore in Germania, ma non è così. Di tedesco ha solo una soglia al 5% e anche questa non è detto che sopravvivrà al passaggio parlamentare. E per di più, per ridurre l’impatto della soglia, è stato previsto un complicato meccanismo per dare ai partiti più piccoli una sorta di diritto di tribuna. Il tedesco con i suoi collegi uninominali è una altra cosa. Brescianellum, dal nome del primo firmatario del progetto, è l’etichetta che gli si addice di più. La pura e semplice verità è che deputati e senatori verranno eletti con una formula proporzionale. La conversione dei voti in seggi verrà fatta a livello nazionale, e non circoscrizionale come in Spagna. I seggi assegnati ai partiti che ne avranno diritto verranno poi distribuiti a livello di circoscrizioni e di collegi plurinominali. Senza voto di preferenza.

Se questo sistema elettorale verrà approvato finirà per
certo la stagione del bipolarismo. Bipolarismo imperfetto quanto si vuole, ma
che ha permesso agli italiani di giudicare prima del voto gli accordi fatti tra
i partiti e avere voce in capitolo sulla formazione dei governi. Ora si vuole
tornare a un sistema in cui gli accordi si faranno dopo il voto a totale
discrezione dei partiti. La riforma di Berlusconi del 2005 aveva già indebolito
questo assetto e lo stesso era successo con la formazione del governo Monti nel
2011 e l’avvento del M5s nel 2013. Ma il sistema elettorale oggi in vigore, il Rosatellum,
lascia aperta la porta ad un possibile ritorno al bipolarismo grazie ai suoi
collegi uninominali. Con la cancellazione di questi collegi (ed è questo lo
scopo del Brescianellum) questa porta si chiude. Torniamo così ai tempi della
Prima Repubblica senza i partiti di allora, gli elettori di allora e la classe
politica di allora.  

La responsabilità di questo ritorno al passato è ben
distribuita. Ma c’è chi è più responsabile di altri. In primis il M5s. Con la
storia che non è né di destra né di sinistra, né carne né pesce, vuole togliere
agli italiani la possibilità di scegliere il governo del paese per restituirla
a quei partiti che era nato per combattere. Preferisce un sistema elettorale che
lasci le mani libere per schierarsi una volta da una parte e una volta dall’altra
come ha già fatto. È diventato il partito dei due forni, il capofila della
numerosa famiglia di Ghino di Tacco. E così si ritrova insieme a tutti quei
piccoli partiti, da quello di Renzi a quello di Berlusconi, che puntano a un
sistema proporzionale per valorizzare l’utilità marginale del loro modesto
pacchetto di voti. Il Pd ha cercato di resistere alla deriva proporzionalista
ma senza convinzione. Alla fine, dopo l’addio alla vocazione maggioritaria, il
proporzionale va bene anche lui.

Paradossalmente a questa deriva ha contribuito moltissimo
anche la Lega di Salvini. La sua indisponibilità a dar vita a un polo di
governo capace di rassicurare l’Europa e i mercati ha fornito un alibi potente
a chi vuole tornare al passato. La conversione di Matteo sulla via di Damasco,
dopo l’estremismo balneare dell’estate del 2019, non ha convinto gli scettici.
E allora meglio un sistema che gli neghi un premio in seggi per poter governare
stabilmente. Perché questo è il punto.

Il vero obiettivo di questa riforma non è quello di adeguare
il sistema elettorale alla nuova composizione delle Camere dopo il taglio dei
parlamentari. Questo è l’alibi, fornito dal Pd al M5s. I veri obiettivi della
riforma sono due. Il primo è quello di impedire che alle prossime elezioni il
centro-destra possa trasformare una maggioranza relativa di voti in maggioranza
assoluta di seggi. Boris Johnson con il 43,6% dei voti ha ottenuto il 56,2% dei
seggi. Con il Rosatellum la cosa sarebbe possibile, in misura minore, anche per
Salvini e alleati. Con il Brescianellum no. Solo nel caso di un consistente
voto disperso il sistema genererebbe una disproporzionalità tale da rendere possibile
la maggioranza assoluta di seggi. (https://boxmining.com/) Ma è un evento improbabile. Quindi se il
centro-destra arrivasse, per esempio, al 45% di voti dovrebbe cercare alleati
fuori dal suo campo per poter governare. Quali? Il M5s, Italia Viva o altri che
nel frattempo si formeranno grazie alla proporzionale?

Il secondo obiettivo è quello di condizionare Salvini anche
nel caso in cui il centro-destra ottenesse la maggioranza assoluta di seggi.
Con il Rosatellum Salvini e Meloni, pur presentandosi con Forza Italia,
avrebbero forse potuto farne a meno dopo il voto. Con il Brescianellum non sarà
così. Senza il premio in seggi che è caratteristico dei sistemi maggioritari o
di quelli misti è difficile che Lega e Fdi possano arrivare da soli al 50%. E
quindi dovranno in ogni caso fare i conti con Berlusconi. E questa per molti è
una garanzia.

La conclusione di tutta questa vicenda è che per evitare
il rischio dell’estremismo di destra si finirà per accettare il costo della
debolezza dei governi e il rischio della instabilità permanente. I veri
vincitori saranno le lobbies e i piccoli partiti che con il loro 5, 6, 7% avranno
un grande potere di ricatto. Si moltiplicherà la famiglia dei Ghino di Tacco. Anzi
si sta già allargando. Tanto più che il diritto di tribuna garantisce una
rappresentanza anche a chi sta sotto la soglia nazionale. Ma in fondo perché ci
sorprendiamo?  A chi è mai interessata
nel nostro paese la stabilità dei governi? Non siamo mica in Germania. E non
sarà una soglia tedesca (che poi tedesca non è) a farci diventare di colpo
tedeschi. È cosa nota che a molti la stabilità fa paura, sa di deriva
autoritaria. Ad altri semplicemente non interessa, come se non contasse niente
avere governi che abbiano davanti a sé un orizzonte temporale per decidere e
implementare le loro decisioni. E allora viva il ritorno al passato. Intanto
godiamoci la “stagnazione felice”.

Roberto D’Alimonte (1947) è professore ordinario nella Facoltà di Scienze Politiche della LUISS Guido Carli dove insegna Sistema Politico Italiano. Dal 1974 fino al 2009 ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” della Università degli Studi di Firenze. Ha insegnato come visiting professor nelle Università di Yale e Stanford. Collabora con il centro della New York University a Firenze. I suoi interessi di ricerca più recenti riguardano i sistemi elettorali, elezioni e comportamento di voto in Italia. A partire dal 1993 ha coordinato con Stefano Bartolini e Alessandro Chiaramonte un gruppo di ricerca su elezioni e trasformazione del sistema partitico italiano. I risultati sono stati pubblicati in una collana di volumi editi da Il Mulino: Maggioritario ma non troppo. Le elezioni del 1994; Maggioritario per caso. Le elezioni del 1996; Maggioritario finalmente? Le elezioni del 2001; Proporzionale ma non solo. Le elezioni del 2006; Proporzionale se vi pare. Le elezioni del 2008. Tra le sue pubblicazioni ci sono articoli apparsi su West European Politics, Party Politics, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. E’ membro di ITANES (Italian National Election Studies). E’ editorialista de IlSole24Ore. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.