Dall’Emilia-Romagna al governo: la sfida (aperta) del 26 Gennaio

In Emilia-Romagna la sfida per la guida della regione è aperta, apertissima, stando agli ultimi sondaggi disponibili (D’Alimonte 2019). Stefano Bonaccini, il candidato di centrosinistra, viene infatti accreditato di un vantaggio di un paio di punti sulla candidata del centrodestra, Lucia Borgonzoni. E solo per questo motivo questa tornata elettorale regionale assume un’importanza cruciale. L’Emilia-Romagna, simbolo del governo incontrastato del centro-sinistra (ci torneremo in seguito) e fulcro della cosiddetta “cintura rossa” comprendente anche Toscana, Umbria e Marche, è divenuta contendibile per la prima volta (negli anni Settanta il PCI da solo era stabilmente sopra la quota del 40%).

Il carattere nazionale delle elezioni…

Vi sono però almeno altri due motivi di interesse che è bene tenere a mente: il primo è il carattere nazionale di queste elezioni. O per lo meno si è assistito al tentativo di trasformarle in elezioni “nazionali” da parte del centrodestra e in particolare della Lega, che in caso di vittoria è pronta a passare all’incasso a Roma, chiedendo le dimissioni del governo e nuove elezioni politiche. Considerato che si tratta (insieme alle scorse regionali in Umbria ed alle regionali calabresi, che si terranno lo stesso giorno) di uno dei primi test elettorali per il nuovo governo a guida MoVimento 5 Stelle-PD, si può capire come l’attenzione verso queste regionali sia fuori dal comune. Comparate a cinque anni orsono (Maggini 2014) – quando le elezioni si tennero quasi in sordina, dopo le dimissioni del presidente uscente Vasco Errani, e la partecipazione toccò un minimo storico mai registrato prima (37,7%) – il cambio è radicale.

Il secondo motivo di interesse, invece, riguarda la campagna elettorale. In Emilia-Romagna nel novembre del 2019 è nato un nuovo movimento sociale – quello delle “sardine”; un movimento capace di prendere la scena per alcuni mesi al leader dell’opposizione Matteo Salvini, ribaltandone il discorso politico e ridando slancio a una coalizione, quella del centrosinistra, all’epoca indietro nei sondaggi e soprattutto in una posizione di rincalzo sui temi cari alla Lega. La proiezione nazionale di questo movimento, le cui manifestazioni si sono estese prima in altre città dell’Emilia-Romagna e successivamente in tutta Italia dando una visibilità mediatica notevole ai fondatori, non ha giovato alla campagna elettorale leghista, per lo meno in termini di presenza mediatica. Quanto all’effetto sul voto, occorrerà attendere il verdetto del 26 Gennaio.

…E il loro carattere regionale

Se l’attenzione mediatica della campagna elettorale ha un rilievo nazionale, l’accento del candidato del centrosinistra, Bonaccini, è rivolto quasi esclusivamente sulla contesa regionale. Non è un caso che il logo della campagna del centrosinistra sia il viso stilizzato di Bonaccini stesso e il nerbo ideologico sia il buon governo emiliano-romagnolo e i risultati economico-sociali della regione (occupazione, sanità, trasporti). Non è un caso inoltre che, in Emilia-Romagna, i leader nazionali dei partiti al governo siano stati se non assenti, per lo meno marginali. E non solo quelli del PD, ma anche (in parte) del MoVimento 5 Stelle che corre con un suo candidato, Simone Benini. Forse è tendenzioso pensare che questo sia dovuto alla preferenza del Movimento per la vittoria di Bonaccini, piuttosto che per un buon risultato dei 5 Stelle ed una contemporanea sconfitta del centrosinistra. Tuttavia, appare evidente come sino ad oggi la campagna elettorale dei 5 Stelle sia stata sottotono, appesantita dal dibattito sull’opportunità stessa di presentarsi alle elezioni, scelta questa votata dagli iscritti del MoVimento in contrasto con i desiderata della leadership, che avrebbe gradito invece uno stop fino agli Stati Generali del partito a marzo.

L’Emilia-Romagna (non più) rossa

Gli ultimi sondaggi, come ricordato, assegnano qualche punto di vantaggio al centrosinistra (D’Alimonte 2019). Stando però alle ultime consultazioni elettorali, il principale partito della coalizione, il Partito Democratico, non è il primo partito in regione da quasi due anni. Andrebbe quindi sfatato il mito della regione rossa (elettoralmente). Come mostra la Tabella 1 alle politiche del 2018 il MoVimento 5 Stelle (27,5%) ha sopravanzato di oltre un punto il Partito Democratico (26,4%) e la stessa Lega ha avuto una performance al di sopra della media nazionale (19,2%), scalzando nettamente Forza Italia (9,9%), partito ormai ai margini della competizione politica, alla guida del centrodestra. Non solo, il centrodestra è stata la prima coalizione con quasi tre punti di margine sul centrosinistra. Seppure con un turnout in netto calo rispetto al 2018 (-11 punti percentuali in un anno), alle elezioni europee del 2019 i rapporti di forza si ribaltano a discapito del MoVimento 5 Stelle (12,9% in calo di oltre 14 punti), ma non a favore del PD, bensì della Lega. Il partito di Salvini compie un balzo di oltre 14 punti percentuali (33,8%), sorpassando di 2,6 punti il PD, in recupero però rispetto al 2018. Ciò che più conta è che i tre partiti di centrodestra alle Europee arrivano al 44,4%, praticamente la soglia della vittoria alle regionali. Se è vero storicamente che l’Emilia-Romagna è sempre stata una regione non contendibile per il centro e il centrodestra da cinquant’anni a questa parte, è pur vero che negli ultimi due il PD non è stato il primo partito e il centrosinistra non è stata la prima coalizione. Ogni tornata ha certamente la sua specificità: tuttavia, al di là della retorica e dell’esito di queste regionali, è evidente che l’Emilia-Romagna non sia più rossa elettoralmente (e le sconfitte in alcune roccaforti alle recenti amministrative lo dimostrano ulteriormente).

Tab. 1 – Risultati elettorali in Emilia-Romagna nelle recenti elezioni politiche, europee e regionali[1]

L’offerta elettorale

La campagna elettorale è stata presentata come una competizione bipolare tra il centrosinistra ed il centrodestra, tuttavia l’offerta elettorale è più ricca (e determinante per gli esiti della contesa, data la legge elettorale che prevede l’elezione diretta del presidente che ottiene la maggioranza semplice dei voti). Sono 7 i candidati ai nastri di partenza: oltre Bonaccini (CS), Borgonzoni (CD) e Benini (M5S), ci sono tre liste di sinistra radicale. La prima è quella de L’Altra Emilia-Romagna (Stefano Lugli è il candidato presidente), la seconda è quella di Potere al Popolo (Marta Collot) e la terza è quella del Partito Comunista (Laura Bergamini). Queste ultime due non sono presenti in tutte le province. L’ultima lista, invece, è quella no-vax (Movimento 3V Vaccini Vogliamo Verità) guidata da Stefano Battaglia. Sia centrosinistra che centrodestra propongono coalizioni allargate, 7 liste ciascuna.

Al di là dei risultati dei singoli partiti – la Lega è molto probabile che si riconfermi il primo partito emiliano-romagnolo – ciò che conterà, anche per le fortune del governo in carica, sarà la vittoria finale e l’elezione del presidente della regione. Dovesse spuntarla il centrosinistra il governo Conte potrà rifiatare; dovesse vincere il centrodestra le pressioni per elezioni anticipate saranno immediate e costanti. Se poi, come qualche politologo ha pronosticato, questo significherà un ulteriore ripiegamento su sé stesso del governo per non cedere al centrodestra è presto per dirlo. Di certo, seppure si elegga solo ed esclusivamente il presidente di una regione che può vantare performance economiche invidiabili, il riflesso del risultato avrà una portata nazionale. Che lo si voglia o no.

Riferimenti bibliografici

D’Alimonte, R. (2019), ‘Regionali Emilia-Romagna: Bonaccini è avanti, ma più voti al centrodestra’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2019/11/17/regionali-emilia-romagna-bonaccini-e-avanti-ma-piu-voti-al-centrodestra/

Maggini, N. (2014), ‘Regionali Emilia-Romagna: record storico di astensioni, ma i rapporti di forza rimangono inalterati a vantaggio del Pd’, disponibile a: https://cise.luiss.it/cise/2014/11/24/regionali-emilia-romagna-record-storico-di-astensioni-ma-i-rapporti-di-forza-rimangono-inalterati-a-vantaggio-del-pd/


[1] Nella parte superiore della tabella sono presentati i risultati al proporzionale (per le politiche 2018 sono riportati i voti espressamente assegnati ai partiti, prima dell’attribuzione dei voti al solo candidato di collegio sostenuto); nella parte inferiore si usano i risultati maggioritari.

Nella parte superiore, ciascuna riga somma i risultati dei relativi partiti, a prescindere dalla coalizione della quale facessero parte. Nella categoria partiti di sinistra rientrano: PRC, PC, PCI, PAP, SEL, SI, MDP, LeU, RC. Nella categoria altri partiti di centrosinistra sono inseriti: Insieme, PSI, IDV, Radicali, +EU, Verdi, CD, DemA. Nella categoria partiti di centro rientrano: NCI, UDC, NCD, FLI, SC, CP, NCD, AP, DC, PDF, PLI, PRI, UDEUR, Idea, CPE. Nella categoria partiti di destra rientrano La Destra, MNS, FN, FT, CPI, DivB, ITagliIT.

Nella parte inferiore, invece, si sommano i risultati dei candidati (uninominali), classificati in base ai criteri sotto riportati. Per le politiche 2013 e le regionali 2014 e 2019, abbiamo considerato quali voti raccolti dai candidati quelli delle coalizioni (che sostenevano un candidato, premier o governatore). Sinistra alternativa al PD riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra PAP, RC, PRC, PCI, PC, MDP, LeU, SI, SEL, Insieme, PSI, +EU, CD, DemA, Verdi, IDV, Radicali – ma non dal PD. Il Centrosinistra è formato da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia il PD; il Centro riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra NCI, UDC, CP, NCD, FLI, SC, PDF, DC, PRI, PLI, CPE, Idea, UDEUR (ma né PD né FI/PDL).Il Centrodestra è formato da candidati nelle cui coalizioni a sostegno compaia FI (o il PDL). La Destra riunisce tutti i candidati sostenuti da almeno una fra Lega, FDI, La Destra, MNS, FN, FT, CasaPound, DivBell, ITagliIT – ma non FI (o il PDL).

Quindi, se un candidato è sostenuto dal PD o da FI (o PDL) è attribuito al centrosinistra e al centrodestra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno.

Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico (Altri). Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo PD e FI/PDL che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).

Davide Vittori è post-doc fellow presso la LUISS-Guido Carli. Ha pubblicato di recente per LUISS University Press "Il Valore di Uno. Il Movimento 5 Stelle e l’esperimento della democrazia diretta". È stato visting PhD presso lo European University Institute e visiting student presso la University of Nijmegen e la Johns Hopkins University. I suoi interessi di ricerca spaziano dall'analisi delle organizzazioni partitiche al comportamento elettorale e i sistemi partitici europei. Ha pubblicato contributi per la Rivista Italiana di Scienza Politica, Comparative European Politics, Swiss Political Science Review e altre riviste. È co-curatore di una special issue su Digital Activism e Digital Democracy per l'International Journal of Communication. Ha collaborato alla stesura di alcuni degli ultimi rapporti CISE.