Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 17 settembre
Sono dieci anni che il centrosinistra governa Milano. Sarà così anche per i prossimi cinque. È quanto risulta dal sondaggio Winpoll-Il Sole24Ore. Stando alle attuali intenzioni di voto il sindaco uscente Beppe Sala dovrebbe riuscire a conquistare un secondo mandato già al primo turno. Il suo vantaggio sul rivale più accreditato che è il candidato del centrodestra, Luca Bernardo, è tale da sfidare l’aleatorietà dei sondaggi. Resta solo un margine di incertezza se ci sarà un secondo turno o meno. Ma anche nel caso in cui si andasse al ballottaggio l’esito pare scontato. Non è stato così nelle precedenti comunali. Allora Sala prevalse sul candidato del centrodestra Stefano Parisi ma di poco. Parisi al primo turno prese più o meno gli stessi voti che questo sondaggio attribuisce a Bernardo, ma al ballottaggio riuscì ad allargare i suoi consensi. Non sembra che sia il caso di Bernardo.
A favore di Sala giocano tre fattori. Il primo è la forza del Pd. Il 26,3% stimato qui ne fa di gran lunga il primo partito a Milano. Non è una sorpresa. Alle elezioni europee del 2019, la consultazione in cui a livello nazionale la Lega superò il 33%, il Pd aveva ottenuto a Milano il 36% contro il 27,4% del partito di Salvini. Bisogna tornare alle comunali del 2011 per vedere il Pd al secondo posto dietro Forza Italia, e anche allora solo di un 0,1%. Il dato di oggi è simile a quello delle politiche del 2018, 26,9%, e a quello delle comunali del 2016, 29%. Al di là del risultato del Pd, è l’asse della politica milanese che nel corso degli ultimi anni si è spostato verso il centrosinistra, complice il declino di Forza Italia che alle comunali di dieci anni fa aveva il 28,7% e oggi è stimata all’8,1%.
Il secondo fattore a sostegno del sindaco uscente è il voto personale. Già nelle precedenti elezioni la sua lista civica aveva ottenuto il 7,7% dei voti. In queste elezioni viene stimata al 17,9%. Non tutti sono voti personali ma una parte certamente sì. Un indizio viene dai flussi tra il voto alle ultime europee e le intenzioni di voto in queste comunali. Una quota piccola, ma non insignificante, di elettori che allora hanno votato i partiti del centrodestra o il M5s, oggi sembrano preferire la lista civica di Sala al voto per i loro partiti di riferimento o per la lista civica di Bernardo. Un altro indizio viene dal voto disgiunto, cioè dal voto di chi si esprime per il consiglio a favore di una lista di centrodestra ma dichiara di votare Sala invece di Bernardo come sindaco. Secondo i nostri dati si tratta nel complesso di 4,5 punti percentuali in più a Sala rispetto alle sue liste.
Il terzo fattore è lo straordinario sviluppo di Milano di questi ultimi anni, nonostante la pandemia. Va da sé che chi ha amministrato la città in questo periodo ne beneficia in termini di gradimento. Ed è appunto il caso di Sala che ha saputo essere in sintonia con i settori più dinamici della città.
A Milano in queste elezioni si gioca anche una altra partita, tutta interna al centrodestra, tra Salvini e Meloni, tra Lega e Fratelli d’Italia. Una sfida in cui la posta in gioco ha una valenza politica che va al di là della conquista di Palazzo Marino. Di Milano si parla come di un test per capire se Fdi sia destinata a diventare il primo partito del centrodestra a livello nazionale. L’idea di chi avanza questa ipotesi è che se a Milano, città con una radicata cultura antifascista, Fdi prendesse un voto più della Lega non sarebbe azzardato proiettare questo risultato su tutto il territorio nazionale. Tanto più che un evento del genere avrebbe una tale risonanza simbolica da produrre di per sé un effetto moltiplicatore dei consensi a favore del partito della Meloni.
Su questa questione il nostro sondaggio suggerisce che la Lega dovrebbe riuscire a mantenere il primo posto tra i partiti del centrodestra. Il margine stimato però è tale da non garantire che sarà così a urne chiuse. In ogni caso merita sottolineare che anche a Milano Fdi conferma il suo trend ascendente. Aveva preso il 2,4% alle comunali del 2016 e il 5,2% alle Europee e ora viene stimata vicino al 10%. Come nel resto del Paese, una parte significativa di questi voti proviene dagli altri partiti del centrodestra. In fondo i loro elettorati sono piuttosto simili. Oggi li divide soprattutto il giudizio sul governo Draghi, mentre hanno posizioni simili sulla scala sinistra-destra, su green pass e Unione Europea. E la Meloni ne approfitta, a dispetto della ambiguità di Salvini o forse proprio per questo.
Una osservazione finale sul M5s. A Milano, come in gran parte del Nord, è ridotto ai minimi termini. È tornato sui valori delle comunali del 2011 e cioè tra il 3 e il 4% mentre alla comunali di cinque anni fa aveva comunque superato il 10%. Per non parlare delle politiche del 2018 quando con il 18,4% aveva superato sia Forza Italia che Lega e era dietro solo al Pd. Altri tempi. Se il 3-4 Ottobre Sala vincerà al primo turno non avrà nemmeno bisogno di porsi il problema se cercarne il sostegno o meno. A Milano sono diventati irrilevanti.