Verso le Europee: quanto contano i candidati, e il ruolo a sorpresa dei “signori delle preferenze”

Manca poco più di un mese alle elezioni europee, e per i partiti è tempo di scadenze: la prima, ieri (22 aprile), col deposito dei loghi che compariranno nella scheda elettorale; la seconda, il 1° maggio, con quello delle liste dei candidati. Loghi e candidati: entrambi essenziali, ma cosa conta di più agli occhi degli elettori? Nelle scelte di voto per le europee è più importante il simbolo del partito da barrare o il nome dell’aspirante europarlamentare da scrivere? In altri termini: quanto pesano le preferenze sul totale dei voti delle diverse liste? Come cambia il dato tra i partiti e le circoscrizioni? Ed infine: cosa c’è dietro la scelta, presa da molti candidati locali, di presentarsi nonostante poche o nulle chance di essere eletti? Da queste domande trae le mosse la 3° puntata di Telescope.

1. Europee: gli elementi essenziali

Le europee sono definite elezioni di second order (Reif e Schmitt 1980), perché ai cittadini interessano meno di quelle nazionali. La posta in palio non è il governo del Paese, l’affluenza è sistematicamente più bassa. Gli elettori, allora, sono più inclini a dare un voto “sincero” anziché uno “strategico”. Il “voto utile”, che premia i partiti più grandi, pesa di meno. Sulla base di ciò, quali forze politiche partono, almeno sulla carta, avvantaggiate? Prima di rispondere bisogna ricordare cosa dice la teoria del ciclo elettorale (Paldam 1981): ogni governo vive una luna di miele nei suoi primi 100 giorni di vita, finiti i quali perde via via consenso raggiungendo il gradimento più basso a metà legislatura, prima di risalire verso la sua fine. Nel caso italiano, le europee del 2024 cadono dopo quasi un anno e otto mesi dalla formazione del governo Meloni. Si tratterebbe, quindi, del momento peggiore per l’esecutivo e, viceversa, del migliore per i partiti di opposizione. Questo è l’andamento strutturale di base, che non può prescindere però da un fattore cruciale: le preferenze per candidati specifici, grazie a cui eleggiamo i nostri parlamentari europei.

2. Le preferenze: com’è divisa l’Italia?

Alle europee le preferenze contano molto, nonostante le notevoli dimensioni delle circoscrizioni che accorpano più Regioni. Ogni elettore può darne fino a 3, rispettando l’alternanza di genere. Il numero espresso in media da ciascun votante varia tuttavia nelle diverse aree del Paese. Come visibile nella mappa qui sotto riportata, dedicata alle europee del 2019, il dato è inferiore a 0,2 in ampie parti dell’ex Zona Rossa come Emilia-Romagna e Toscana, oltre che nella maggior parte dei Comuni piemontesi. Nei Capoluoghi del Nord-Ovest e del Nord-Est il valore è più alto di quello della rispettiva Regione di appartenenza: Milano (0,66) supera la Lombardia (0,39), così come Torino (0,26) il Piemonte (0,21), Genova (0,37) la Liguria (0,36), Venezia (0,49) il Veneto (0,46), Trieste (0,59) il Friuli-Venezia Giulia (0,53), Bologna (0,46) l’Emilia-Romagna (0,27). La linea di demarcazione più profonda è però soprattutto tra Nord e Sud: in tutte le Regioni meridionali il dato oltrepassa quello nazionale (0,48), con un exploit nella circoscrizione Isole, specie in Sicilia.

3. Il caso particolare del Movimento Cinque Stelle

Tra tutti i partiti, quello che ha il minor numero di preferenze espresso in media da ciascun votante è il Movimento Cinque Stelle (0,31). Una condizione particolare e in apparenza contraddittoria, visto che proprio al Sud e nelle Isole il M5s ha la sua roccaforte elettorale. Un radicamento ormai consolidato: analisi successive alle europee 2019 hanno certificato il partito di Conte come la forza politica più territorializzata del Paese, persino più della Lega (Cataldi, Emanuele e Maggini 2024). Come si spiega? Col passare degli anni, il voto al M5s ha cambiato pelle. Oggi non è più un voto di semplice protesta, ma appare chiaramente legato ad alcuni temi specifici, tra cui una domanda di sostegno ai ceti più disagiati: temi che hanno prodotto il riconoscimento di un ruolo importante per il M5s al Sud. Interessante, guardando alla distribuzione del dato al di sotto del Lazio, come valori bassi siano presenti in Regioni quali Abruzzo, Campania, Puglia e Calabria, ma non nelle isole: in Sicilia e Sardegna il ricorso alle preferenze è infatti più simile agli altri partiti.

4. Dove pesa di più il voto ai candidati

In queste zone del Paese, alle elezioni europee del 2019 il voto candidate-oriented (Fabrizio e Feltrin 2007) ha raggiunto, ancora una volta, dimensioni notevoli. Lo dimostra il confronto su quanti candidati hanno preso da soli almeno lo 0,5% dei voti validi della propria circoscrizione: nel Nord-Ovest, dove si assegnano più seggi per il Parlamento Europeo (20), sono stati 12, inclusi i 3 leader nazionali di centrodestra (Salvini, Berlusconi e Meloni); nelle Isole, in cui i posti in palio per Bruxelles sono meno della metà (8), il numero di candidati risulta però triplicato (36), battendo persino quello dell’Italia Meridionale (34). Oggi, il declino organizzativo dei partiti e il connesso aumento della volatilità elettorale hanno reso in alcune regioni il voto personale quasi il principale elemento di continuità nel sistema politico; emblematico il caso della Sicilia (Emanuele e Riggio 2017).

5. Il grande paradosso: il ruolo dei “signori delle preferenze”

Proprio in Sicilia, la competizione politica resta dominata dai “signori delle preferenze”, ossia politici che detengono un rilevante pacchetto di voti che può essere mantenuto nel tempo in elezioni successive o spostato a sostegno di altri candidati (Emanuele e Marino 2016). Le loro scelte strategiche (ricandidature o endorsements) sono spesso la variabile chiave del sistema, e i loro pacchetti di voti si muovono quasi indipendentemente dalle scelte partitiche e coalizionali. Però c’è un paradosso. In elezioni come quelle europee, con circoscrizioni vastissime e un numero di seggi in palio relativamente basso, in teoria questi politici (che hanno un seguito molto concentrato a livello locale) non dovrebbero essere particolarmente rilevanti e interessati, perché quasi sempre hanno troppi pochi voti per essere eletti. Eppure in vista delle elezioni europee si candidano eccome. Perchè? Anzitutto perché i partiti non vogliono privarsi del loro apporto; ma soprattutto perché queste elezioni – per i “signori delle preferenze” – rappresentano un’occasione unica per contarsi, ovvero per ricevere una certificazione inequivocabile di quanti voti sono in grado di ottenere: voti in grado di certificare il loro peso politico nelle trattative per future candidature nelle elezioni amministrative (a tutti i livelli) e politiche, anche a livello nazionale. Vediamo ad esempio il caso del palermitano Edy Tamajo, oggi assessore regionale nella giunta Schifani e recordman di preferenze: 13.984 alle regionali 2017 in una lista di centrosinistra (Sicilia Futura), 21.700 nella tornata del 2022 ma nel centrodestra con Forza Italia, quando è diventato il più votato in assoluto dell’Isola.  Ecco quindi che le imminenti elezioni europee, viste in quest’ottica, non sono soltanto l’elezione dei 76 membri del Parlamento Europeo di spettanza dell’Italia, ma il miglior investimento possibile per la carriera politica di molti esponenti locali. In attesa della prossima elezione.

Riferimenti bibliografici

Cataldi, M., Emanuele, V. e Maggini, M. (2024), “Territorio e voto in Italia alle elezioni politiche del 2022”, in Chiaramente, A. e De Sio, L. (a cura di), Un polo solo. Le elezioni politiche del 2022, Bologna: il Mulino, pp. 177-216.

Fabrizio, D. e Feltrin, P. (2007), ‘L’uso del voto di preferenza: una crescita continua’, in A. Chiaramonte and G. Tarli Barbieri (a cura di), Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, Bologna: Il Mulino, pp.175–199.

Emanuele, V. e Marino, B. (2016), ‘Follow the candidates, not the parties? Personal vote in a regional de-institutionalised party system’, Regional and Federal Studies, 26(4), pp. 531-554.

Emanuele, V. e Riggio, A. (2017), “L’altra faccia del voto in Sicilia: il consenso ai Signori delle preferenze fra ricandidature ed endorsements”, in Emanuele V. e Paparo A. (a cura di), Dall’Europa alla Sicilia. Elezioni e opinione pubblica nel 2017, Dossier CISE, pp. 283-295.

Reif, K., & Schmitt, H. (1980). Nine second‐order national elections–a conceptual framework for the analysis of European Election results. European journal of political research, 8(1), 3-44.

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