I risultati delle elezioni europee del 2024, analizzati dal Centro Italiano Studi Elettorali (CISE) nel corso dell’Election Night svoltasi al Loft di Viale Romania 32, mostrano per l’Italia delle conferme di evidenze stabili da anni e di altre più recenti, insieme ad alcune novità significative.
Il primo dato, per certi versi atteso, è il calo dell’affluenza, che arretra di oltre 6 punti rispetto alle europee 2019 (49,6 contro 56%). Le circoscrizioni ad avere perso di più sono Nord-Ovest (-8,5%) e soprattutto Nord-Est (-10%), meno nel Centro (-6,8%) e nel Meridione (-4,6%). Nelle Isole, in controtendenza, la partecipazione è aumentata (anche se di appena mezzo punto, restando così la più bassa in Italia: 37,7%).
Un ruolo decisivo lo ha ricoperto, anche stavolta, la compresenza di circa 3.700 elezioni comunali: lì dove, oltre alle europee, si votava anche per le tornate locali, l’affluenza è stata superiore di 20 punti (62,4% contro 42,3%). Questo effetto registra delle marcate differenze territoriali: lo scarto è di 11 punti al Nord, di circa 14 nella ex Zona Rossa e di ben 28 al Sud. Nei comuni del Sud dove si votava anche per le comunali, l’affluenza, addirittura, è stata più alta di circa 8,6 punti rispetto alle politiche del 2022.
Sul fronte dei partiti, quelli della coalizione di governo ottengono in totale 3,7 punti in più delle politiche 2022, migliorandosi tutti. Oltre che per Meloni, l’esito è positivo sia per Tajani – alla sua prima grande elezione dopo la scomparsa di Berlusconi – che per Salvini, la cui strategia di Lega nazionale posizionata sulla destra radicale ha funzionato. La Lega prende in tutto il Nord solo 4 punti in più che nel Sud (12,1 contro 6,9%).
Il Pd ottiene una chiara vittoria, che prescinde dalla percezione di debolezza diffusa verso la leader Schlein, specie se confrontata a Conte (dati di sondaggio disponibili in un approfondimento di Telescope). Una possibile chiave di lettura del successo dem è la capacità della segretaria di aver saputo tenere insieme il partito, dando spazio a tutte le componenti (in primis gli avversari interni), capaci di raccogliere molte preferenze. Il M5S ha ottenuto invece il peggior risultato nella sua storia, andando male nelle sue roccaforti elettorali: è terzo partito al Sud e quarto nelle Isole. La scelta di personalizzare la campagna elettorale su Conte – peraltro non candidato – non ha pagato, a fronte di candidati deboli. La grande sorpresa è l’affermazione, al 6,7%, di Alleanza Verdi e Sinistra: un partito che dispone di una leadership duale (Fratoianni e Bonelli), di cui si segnala il 40% tra i circa 17.400 voti validi degli studenti universitari fuorisede.
Un aspetto che sembra evidente è il rafforzamento del bipolarismo, chiaramente visibile dopo la vittoria di Meloni nel 2022. Le liste centriste, Stati Uniti d’Europa e Azione, non superano la soglia del 4%. Una sconfitta su cui pesa innanzitutto l’essersi candidati separatamente, oltre a una perduta centralità politica dopo la fine del governo Draghi. Meloni esce quindi bene dal voto, ma trova in Europa un contesto meno favorevole di quello che poteva attendersi.
Infatti, i tre gruppi tradizionali della maggioranza pro europeista (popolari, socialisti, liberali) tengono sostanzialmente rispetto al 2019, tanto da diminuire la rilevanza strategica del gruppo europeo di FdI in confronto alle previsioni della vigilia. Peraltro, questo avviene in un contesto di crescita dei partiti di destra: in parte per opera di Ecr e Id, ma in primis per il rafforzamento del Ppe.