di Federico De Lucia
Sino ad ora, nelle nostre analisi sulle elezioni provinciali del 15 e 16 maggio scorsi, ci siamo concentrati esclusivamente sulla competizione proporzionale: abbiamo cioè analizzato le prestazioni di partiti e schieramenti solo sotto il profilo dei voti ottenuti dalle liste di candidati consiglieri. Ci concentriamo ora, invece, sulla competizione maggioritaria.
Nelle Figure 1 e 2 sono riportate (in valori assoluti e percentuali) le prestazioni degli schieramenti di centrosinistra e di centrodestra, sotto il profilo dei consensi ottenuti dai candidati alla presidenza della Provincia. Il confronto che presentiamo è con le regionali dello scorso anno, e cioè con le prestazioni di allora dei due schieramenti nella competizione maggioritaria fra i candidati alla presidenza regionale.
Ovviamente, anche in questo caso, sono escluse dal nostro aggregato di riferimento le province di Gorizia, Trieste e Campobasso, nelle quali l’anno scorso non si è votato. Nel totale dei due schieramenti vengono conteggiati anche gli eventuali candidati minori che affersicono alla stessa area politica (ad esempio i candidati autonomi di IdV e SEL per il centrosinistra, o di La Destra per il centrodestra), al fine di fornire una esatta indicazione dei rapporti di forza fra i due schieramenti.
Come si vede, che si parli di valori assoluti o di percentuali, l’impressione che si ricava dalle due figure è piuttosto netta: da una parte il centrodestra scende sensibilmente, dall’altra il centrosinistra tiene e si consolida. Nonostante questo, e contrariamente rispetto alle contemporanee elezioni comunali, il centrodestra rimane in lieve vantaggio nel nostro campione, che, ricordiamolo, è nettamente favorevole al blocco conservatore sotto il profilo della geografia politica.
I candidati di centrosinistra, rispetto all’anno scorso, ottengono ben 25.000 voti in più, e questo è un dato che va sottolineato, se si pensa che l’affluenza è nel frattempo calata. Una rimobilitazione che si traduce in un incremento di ben 4,6 punti percentuali. I candidati di centrodestra, invece, perdono quasi 260.000 voti rispetto all’anno scorso, e crollano di ben 10,3 punti. Nel nostro aggregato dunque, il gap che separava le due coalizioni si è assottigliato sin quasi ad estinguersi. L’anno scorso era di 17,2 punti, ora è di soli 2,3. Tra l’altro, è bene ricordarlo, l’evidente calo del centrodestra che si è documentato non è in nessuna misura l’effetto ottico prodotto dalla nascita del terzo polo. Le forze che compongono tale formazione centrista provengono tutte, in effetti, dal centrodestra, ma alle regionali scorse, nel nostro aggregato, l’UDC aveva già una collocazione in gran parte autonoma, molto simile a quella che ha avuto in questa occasione. Dove correva da solo dunque, il partito di Casini è stato considerato come esterno al blocco di centrodestra sia per i dati del 2011 che per quelli del 2010. I voti maggioritari dei candidati terzisti sono raddoppiati rispetto a quelli dei candidati casiniani dell’anno scorso, e questo a causa, certo, della scissione finiana, ma anche, è bene dirlo, di un netto travaso di voti in fuga da Berlusconi. Il centrodestra ha dunque perso molti consensi: li ha persi verso il nuovo aggregato centrista, verso i candidati minori e verso l’astensione. Il centrosinistra è stato invece capace di rimobilitare il proprio elettorato, colmando quasi interamente la distanza che lo separava dai rivali in questo aggregato territoriale.