di Federico De Lucia
Alla fine gli elettori di centrodestra hanno scelto di rimanere a casa anche in occasione di questo importante turno di ballottaggio. Contrariamente rispetto a due settimane fa, è ora possibile attribuire un significato esatto a questo comportamento. Astenersi al secondo turno è cosa ben diversa, infatti, che astenersi al primo. Un conto è astenersi per mandare un semplice, più o meno risentito, messaggio di insoddisfazione verso i propri rappresentanti, altro conto è scegliere deliberatamente, non recandosi alle urne al ballottaggio, di rischiare di regalare la vittoria allo schieramento avversario. Restando a casa in questa ultimissima occasione, gli elettori di centrodestra hanno fatto questa seconda scelta, o quantomeno hanno ottenuto questo secondo risultato. Il risultato, inutile dirlo, è l’esponenziale rafforzamento del messaggio di insofferenza da loro inviato a PdL e Lega Nord. L’affluenza, rispetto al primo turno, è calata in modo vistosissimo: si è passati dal 60,8% al 45,9% degli aventi diritto al voto. Un tracollo che ha colpito in modo nettamente asimmetrico il centrodestra, come reso palese dalla Tabella 1.
Fra il primo ed il secondo turno (considerando nel primo di questi anche i candidati minori delle due aree politiche) i candidati di destra hanno perso quasi 80.000 voti, mentre quelli di sinistra hanno confermato lo stesso numero di elettori di due settimane prima. Pare cioè essersi concretizzata la peggiore fra le prospettive che due settimane fa avevamo indicato come possibili per il centrodestra. Mentre i propri sostenitori sono rimasti in gran parte a casa, gli elettori delle sinistre hanno confermato un grado di mobilitazione notevole e, quel che più conta, si sono mostrati come assolutamente disponibili a votare in modo strategico, cioè a modificare razionalmente il proprio comportamento elettorale fra primo e secondo turno, convergendo sul candidato più progressista fra i due rimasti in lizza, al fine di canalizzare su un solo nome il voto contrario alle forze conservatrici.
In attesa di procedere ad una analisi più approfondita, riportiamo qui il riepilogo definitivo delle vittorie e delle sconfitte alle elezioni Provinciali 2011. Si tratta di una tabella già pubblicata in un precedente articolo, ma che adesso è stata aggiornata con i risultati dei ballottaggi.
Il computo del ballottaggio è 4 successi a 2 per il centrosinistra, che riesce così nell’impresa di portarsi sul 7 a 4 complessivo, esattamente come nel 2006. Dal comportamento razionale dell’elettorato di centrosinistra e dall’ulteriore smobilitazione da parte di quello di destra sono derivate ben tre delle quattro vittorie ottenute dal centrosinistra in questo turno di ballottaggio: mentre a Trieste è stato infatti sufficiente mantenersi fedele il bacino di voti del primo turno, sia a Mantova che a Macerata che a Pavia le differenze di mobilitazione dei due elettorati sono stato assolutamente decisive nel determinare l’esito favorevole ai progressisti. In particolare, può essere considerata una vera e propria impresa il successo di Pavia, dove il candidato di sinistra partiva da uno svantaggio superiore ai dieci punti percentuali: in quel caso i due fattori cui si faceva riferimento (voto strategico degli elettori dei candidati di sinistra minori, astensionismo degli elettori di destra) hanno agito simultaneamente, determinando una sorta di ribaltone rispetto a ciò che si era visto due sole settimane fa.
Se a questi successi aggiungiamo il fatto che anche nei due casi in cui il centrosinistra è uscito sconfitto, Vercelli e Reggio Calabria, come vedremo, la smobilitazione dell’elettorato di destra ha portato ad una vittoria risicatissima, il quadro che risulta è una sorta di corollario di quello di due settimane fa. Una sconfitta bruciante dello schieramento governativo, colpito da un evidente astensionismo asimmetrico, ed una sinistra al contrario capace di tenere le posizioni, e di sfruttare a proprio vantaggio la pessima prestazione degli avversari.