di Matteo Cataldi
Il ciclo elettorale espansivo della Lega nord, che ha coinciso con l’avvio della terza ondata leghista a partire dalle elezioni politiche del 2008, aveva conosciuto già in occasione delle elezioni amministrative dello scorso anno una pesante battuta d’arresto e un’inversione di tendenza – sebbene anche allora si fosse trattato solo di un test parziale. L’analisi della performance elettorale della Lega nord nel primo turno delle elezioni comunali di quest’anno ci mette di fronte a una potente onda di riflusso del carroccio in tutto il centro nord.
Il calo della Lega nord, dopo che l’esperienza di governo dei primi tre anni della Legislatura aveva ingenerato tra i suoi elettori una diffusa delusione e che erano venuti alla luce i modi in cui venivano spesi i soldi del partito, era in larga parte atteso ma la sua portata si è rivelata maggiore delle aspettative.
Un crollo tanto vistoso che la strepitosa vittoria di Tosi, rieletto sindaco a Verona, non può oscurare. Non è un caso che la sua lista personale abbia ottenuto oltre il triplo dei voti che sono stati assegnati alla lista del partito (13.000 contro 45.000 circa). Questo risultato è in gran parte frutto del successo personale ottenuto da Tosi, che è maturato perfino contro Bossi (e a fianco di Maroni) in aperto contrasto con la linea di governo del partito tenuta dal segretario federale.
Detto di Verona e del motivo per cui non terremo conto del voto alla lista del sindaco Tosi ma solo di quello della lista del partito, nel resto dei capoluoghi del centro nord l’arretramento è stato prepotente. In molti capoluoghi la Lega è tornata al livello dei consensi di un ciclo fa, cioè sostanzialmente alle percentuali di voto delle elezioni comunali del 2007, leggermente meglio di quanto fatto registrare alle politiche del 2006. Nel confronto con le elezioni regionali del 2010, nell’insieme dei 14 comuni capoluogo, il calo è stato di circa 10 punti percentuali praticamente a parità di affluenza (61.4% nel 2010, 61.2% quest’anno).
Scendendo nel dettaglio delle singole città, a Monza, dove il partito candidava il sindaco uscente Mariani, la Lega si è fermata al 7.7% (percentuale che sale al 10.4 se includiamo anche la lista civica coalizzata), praticamente il risultato delle politiche del 2006 che le è costato l’esclusione dal ballottaggio.
A Belluno, il candidato Colle, vicesindaco nella giunta uscente, è arrivato addirittura sesto dietro ai candidati del centrosinistra e della sinistra (che parteciperanno al ballottaggio), e ai candidati del centrodestra, dell’Udc e del Movimento 5 stelle. Il 4.6 ottenuto dalla Lega a Belluno è il peggior risultato di sempre, in qualunque tipo di elezione, conseguito dal carroccio nella Seconda repubblica.
A Parma Zorandi giunge settimo con meno del 3% dei voti validi, un punto in più delle comunali precedenti ma quasi 12 punti percentuali in meno rispetto a due anni fa e 6 in meno del 2008.
Fatto 100 il risultato della Lega nel 2010, ovunque ad eccezione di Gorizia, il partito di Bossi ha ceduto oltre il 50% dei propri voti, più che dimezzando il suo peso. Nei capoluoghi delle regioni di più recente insediamento (Emilia Romagna e Toscana) il calo è ancora più marcato, attorno al 70-80%.
Se allarghiamo la nostra analisi a tutti i comuni superiori non capoluogo del centro nord (56), la Lega cede anche in questo caso 10 punti percentuali rispetto alle regionali e poco meno (8.8%) in relazione alle politiche del 2008.
Occorre precisare che si tratta di un insieme di comuni poco rappresentativo dell’universo dei comuni centro-settentronali. Per due ragioni: la prima è il peso assolutamente preponderante dei comuni del nord-est e in particolare di quelli lombardi; la seconda ragione risiede nella diversa consistenza del voto alla Lega nei centri urbani maggiori rispetto ai comuni più piccoli. La Lega è l’esempio più lampante di partito “village-oriented” ovvero di quel tipo di partiti che fanno il pieno di voti nei centri più piccoli per poi perdere peso al crescere della dimensione demografica dei comuni.
Per questo aggregato, in termini di variazione rispetto al 2010 il partito di Bossi cala del 67%. Come per i comuni capoluogo anche per quelli superiori il ripiegamento del carroccio è maggiore nelle regioni in cui più consistente era stato l’avanzamento nei precedenti appuntamenti elettorali e dove per la prima volta aveva ottenuto risultati lusinghieri.
Nella zona rossa, che comprende l’Emilia Romagna, la Toscana l’Umbria e le Marche la Lega perde 4 elettori su 5 rispetto alle regionali del 2010 anche in questo caso praticamente a parità di affluenza. Nel nord-ovest (Piemonte e Liguria) sono invece 3 su 4.