di Roberto D’Alimonte
Prima o poi il Senato voterà sulla decadenza di Berlusconi da senatore. A essere precisi il Cavaliere potrebbe evitare il voto dimettendosi. Ma oggi non sembra proprio essere questa la sua intenzione. Sulla carta non dovrebbero esserci dubbi sull’esito del voto, visto che a favore della decadenza esiste una netta maggioranza. A quel punto Berlusconi darà seguito alla sua minaccia di far cadere il governo?
Non è certo, ma è altamente probabile, anche se è una mossa che potrebbe non giovargli affatto. Se questo accadrà si aprirà una crisi di governo dagli esiti imprevedibili.
Il capo dello Stato ha ribadito più volte di ritenere la riforma elettorale una priorità. Ma che possibilità esistono di approvare un nuovo sistema di voto in uno scenario così confuso? Ragioniamo su due possibili ipotesi. La prima è che, nonostante tutto, il governo non cada e che Pd e Pdl cerchino un accordo su una riforma “ponte” che vada incontro alle preoccupazioni del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale. Ma quale riforma può venir fuori da un accordo in punta di possibili elezioni anticipate? Dipenderà dai sondaggi. Ma non solo. Conteranno anche le idiosincrasie dei due maggiori partiti. La tenace avversione del Pdl nei confronti del collegio uninominale elimina dal novero delle opzioni possibili sia la resurrezione della legge Mattarella sia l’introduzione del doppio turno francese. In campo restano i sistemi proporzionali con o senza premio di maggioranza e prima di tutto la correzione del cosiddetto Porcellum.
Come è noto da tempo, i problemi dell’attuale sistema di voto sono due: un premio che può risultare eccessivo perché viene assegnato indipendentemente dai voti presi dal primo arrivato e le liste bloccate. La soluzione al secondo problema è semplice e si chiama voto di preferenza. Berlusconi non lo ama, ma potrebbe accettarlo se la riforma complessiva fosse di suo gradimento. La correzione del premio è invece molto più complicata. E qui conteranno i sondaggi. Come abbiamo scritto anche recentemente (Sole 24 Ore dell’11 Agosto) il premio di maggioranza andrebbe assegnato con il doppio turno se nessuno ottiene al primo turno almeno il 40% dei voti. È un meccanismo semplice e efficace. Ma è anche un modo per far sì che il voto dia sempre e comunque una maggioranza di seggi a un partito o una coalizione. Lo stesso meccanismo dovrebbe essere previsto per il Senato sostituendo i 17 premi regionali con un unico premio nazionale. Dopodiché si dovrà incrociare le dita sperando che i due corpi elettorali diversi non producano risultati diversi tra le due Camere.
È difficile che una destra con un leader dimezzato accetti una riforma del genere. A parte la sua storica idiosincrasia per il doppio turno, se i sondaggi la daranno per sicura perdente non vorrà un sistema elettorale che produrrà un sicuro vincente. È più probabile invece che punti ad una soluzione per cui se nessuno arriva al 40% dei voti il premio non viene assegnato oppure viene assegnato un premietto che non garantisce la maggioranza assoluta dei seggi. Questa riforma risolverebbe il problema della incostituzionalità del Porcellum, ma ne creerebbe un altro. Se il sistema politico rimane tripolare, con un M5S come terzo polo, è impossibile che qualcuno arrivi anche solo al 40% dei voti (per non parlare del 45%). E allora cosa succede? Si tornerebbe alla situazione attuale. Con una differenza. Avremmo un sistema elettorale “costituzionalizzato”, ma un sistema politico comunque ingovernabile.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 25 agosto