Proporzionale a geometria variabile. Ecco come si vota nei 28 paesi membri

di Vincenzo Emanuele

Quando si studia un’elezione, il sistema elettorale costituisce una fondamentale variabile di contesto di cui è necessario tenere conto. Il sistema elettorale, infatti, può influenzare le strategie competitive degli attori partitici e il comportamento di voto degli elettori (sono i cosiddetti “effetti psicologici”), oltre naturalmente ad incidere sulla trasformazione dei voti espressi dal corpo elettorale in seggi (il cosiddetto “effetto meccanico”). Dal momento che ci prepariamo ad affrontare l’analisi delle elezioni europee, è opportuno far luce su questo aspetto.

Qual è il sistema elettorale per l’elezione del Parlamento Europeo? Esiste un unico sistema comune a tutti gli stati membri oppure ogni paese adotta un sistema diverso?

Con una decisione del Consiglio (n. 772/2002) approvata dal Parlamento Europeo (PE) nel maggio del 2002, l’Unione Europea ha introdotto alcuni principi comuni per uniformare la procedura di elezione del PE, prima lasciata alla giurisdizione degli stati membri. Con questa decisione (che recepisce un indirizzo già presente nel Trattato di Amsterdam) l’UE ha stabilito che i membri del PE siano eletti in tutti i paesi membri con sistema proporzionale, utilizzando il voto di lista o il sistema del voto singolo trasferibile. Gli stati membri possono decidere se applicare una soglia di sbarramento, purché questa non sia superiore al 5% su base nazionale e possono stabilire se dividere il territorio nazionale in diverse circoscrizioni per l’allocazione dei seggi, purché questa suddivisione non influenzi la natura proporzionale del sistema di voto.

Sulla base di questi principi generali il sistema elettorale nei 28 paesi membri è divenuto più omogeneo, eppure la discrezionalità degli stati nazionali è ancora molto ampia. Oltre al numero di circoscrizioni e all’eventuale soglia di sbarramento, gli stati sono infatti lasciati liberi di decidere l’età dell’elettorato attivo e di quello passivo, la formula elettorale (ossia il meccanismo di traduzione dei voti in seggi), il metodo di elezione dei singoli deputati nonché l’eventuale presenza di sanzioni per coloro che si astengono. La Tabella 1 riassume le caratteristiche dei sistemi elettorali per l’elezione del PE nei 28 paesi membri. Si tratta di un proporzionale a geometria variabile, con 28 varianti nazionali, tale da produrre una babele di formule e soglie che introduce incentivi e vincoli diversi nei diversi contesti nazionali.

Tab. 1 Il sistema elettorale per l’elezione del PE nei 28 paesi membri.

 

Come possiamo vedere, l’età richiesta per votare è di 18 anni in tutta Europa con l’eccezione dell’Austria, in cui si può votare dai 16 anni in su. Una maggiore variabilità si riscontra nell’età dell’elettorato passivo, fissato a 25 anni per Italia, Cipro e Grecia. Tutti gli altri paesi sono più permissivi, concedendo la possibilità di essere eletti al PE anche a cittadini di 23 anni (Romania), 21 anni (Belgio, Irlanda e la stragrande maggioranza dei paesi dell’Est Europa) o perfino ai diciottenni (ben 15 paesi, tra cui Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia). In 4 paesi (Belgio, Cipro, Grecia e Lussemburgo), inoltre, il voto è obbligatorio, anche se di fatto non è prevista alcuna sanzione per i “trasgressori”, con l’eccezione del Lussemburgo, in cui gli astensionisti vengono sanzionati con un’ammenda pecuniaria che oscilla tra 100 e 250 euro per chi si astiene la prima volta e tra 500 e 1000 euro per i recidivi.

Al di là delle diverse normative sull’età dell’elettorato attivo e passivo e l’obbligatorietà del voto, le differenze più interessanti per la valutazione dei sistemi elettorali sono quelle concernenti il numero di circoscrizioni, la formula elettorale e la soglia di sbarramento. Un’analisi comparata di questi elementi ci permette di classificare i diversi sistemi a seconda del loro livello atteso di “disproporzionalità” [Gallagher 1991], ossia della distorsione che essi sono in grado di produrre nella traduzione dei voti in seggi. Una ulteriore variabile però deve necessariamente essere considerata in quanto capace di incidere prepotentemente sul livello di disproporzionalità atteso, ossia il numero di seggi da assegnare: quanto più esso è piccolo, tanto più esiste una disproporzionalità implicita del sistema elettorale[1].

Sulla base delle caratteristiche appena menzionate (circoscrizioni, formula, soglia e numero di seggi da assegnare), i sistemi elettorali proporzionali sono classificabili lungo un ideale continuum tra proporzionalità e disproporzionalità, dove ad un estremo (quello della proporzionalità) stanno i sistemi con tanti seggi da assegnare in un’unica circoscrizione nazionale (M molto alto), utilizzando il metodo del quoziente naturale (Hare) e senza soglie di sbarramento; all’altro estremo stanno invece i sistemi con pochi seggi da assegnare in molte circoscrizioni (M molto basso), formula D’Hondt e un’alta soglia di sbarramento.

La stragrande maggioranza dei paesi dell’UE (22 su 28) elegge i propri deputati in una circoscrizione unica nazionale. L’eccezione è rappresentata da alcuni grandi paesi, come l’Italia[2], il Regno Unito, La Francia e la Polonia e due paesi piccoli ma culturalmente eterogenei come Belgio e Irlanda, in cui i seggi sono ripartiti in diverse circoscrizioni così da salvaguardare la rappresentanza dei singoli territori. Nella Tabella 1 abbiamo riportato anche il valore della magnitudo (M) media del paese, data dal rapporto dai seggi totali spettanti e il numero di circoscrizioni. Si osserva una grande variabilità nel valore medio di M, oscillante tra il 2,75 dell’Irlanda e il 96 della Germania. Una analoga variabilità è riscontrabile nelle formule elettorali. Qui il metodo di traduzione dei voti in seggi più utilizzato è quello del divisore D’Hondt, adottato da ben 17 paesi, mentre il più proporzionale metodo del quoziente (Hare o le sue varianti Hagenbach-Bischoff e Droop) è utilizzato da 6 paesi e quello del divisore Sainte-Laguë da 3. L’Irlanda e Malta, infine, votano con il sistema del voto singolo trasferibile, utilizzato nei due paesi anche per le elezioni politiche nazionali. Per quanto concerne la soglia di sbarramento, invece, solo la metà dei paesi la prevede, generalmente del 5% (9 casi[3]) o più raramente del 4% (Austria, Italia e Svezia), del 3% (Grecia) o dell’1,8% (Cipro). Riguardo poi il meccanismo di elezione dei deputati, circa due terzi dei paesi (18 su 28) prevedono il voto di preferenza, sebbene con diverse modalità (lista aperta, flessibile o addirittura panachage come in Lussemburgo[3]), mentre 8 paesi votano con le liste bloccate (l’ordine di lista è preventivamente deciso dal partito).

Concludendo, è possibile classificare, sulla base delle considerazioni precedenti, i 28 sistemi elettorali in termini di disproporzionalità attesa nella traduzione dei voti in seggi. Come ricordato all’inizio, il sistema elettorale è una variabile cruciale per comprendere l’assetto di un dato sistema partitico e la sua meccanica di competizione. Un sistema maggiormente disproporzionale tenderà a sovra-rappresentare i grandi partiti e rendere più complicato l’accesso dei piccoli partiti alla rappresentanza. Conseguentemente, ciò incentiverà comportamenti strategici sia dal lato dell’offerta (creazione di cartelli elettorali, fusioni tra piccoli partiti etc.) sia dal lato della domanda (gli elettori tenderanno ad abbandonare i partiti più piccoli spostandosi sulle alternative meno sgradite fra quelle che hanno concrete opportunità di ottenere seggi). Abbiamo classificato i sistemi elettorali dei 28 paesi membri sulla base del livello atteso di disporporzionalità attraverso una valutazione qualitativa, utilizzando una scala a 7 punti (da Molto alta a Molto bassa). Un caso estremo di proporzionalità quasi perfetta è quello della Germania, che elegge i suoi 96 deputati in una circoscrizione unica nazionale e senza alcuna soglia di sbarramento. Anche i sistemi elettorali di Spagna e, in misura minore, Paesi Bassi, Portogallo, e Bulgaria appaiono altamente proporzionali. All’estremo opposto troviamo l’Irlanda, che pur non prevedendo alcuna soglia esplicita ha un M medio di 2,75 che rende altamente disproporzionale il sistema. Alla stregua dell’Irlanda, anche la Polonia appare come un sistema altamente disproporzionale, dal momento che abbina un M medio di circa 3,9 e l’assegnazione dei seggi con formula D’Hondt ad uno sbarramento nazionale del 5%. Paesi con sistemi altamente disproporzionali sono poi Cipro, Estonia, Malta, Lussemburgo che, eleggendo solamente 6 deputati, presentano un’alta soglia implicita di sbarramento, tanto da rendere superflua l’applicazione di una soglia esplicita. Francia e Regno Unito presentano invece una disproporzionalità rispettivamente medio-alta e alta per un motivo diverso. In questi paesi l’alto numero di seggi da assegnare è suddiviso in diverse circoscrizioni (M medio di circa 9 per la Francia e 6 per il Regno Unito) ed è inoltre prevista una soglia di sbarramento (circoscrizionale per la Francia e nazionale per il Regno Unito) del 5% e l’applicazione del metodo D’Hondt. Decisamente meno distorsivo è infine il sistema italiano: qui, nonostante la ripartizione del territorio in 5 circoscrizioni  per l’elezione dei deputati, l’assegnazione dei seggi è nazionale ed è previsto uno sbarramento nazionale del 4% con il metodo del quoziente.



[1] Più precisamente, ciò che va considerato è il rapporto tra numero di circoscrizioni e numero di seggi da assegnare, ossia la magnitudo (M) della circoscrizione, data dai seggi che vengono assegnati nella stessa. Se in una circoscrizione ci sono 100 voti espressi e 20 seggi da assegnare (M=20), la massima soglia implicita raggiungibile dal sistema sarà del 5% (100/20=5): per essere sicuri del seggio bisogna ottenere al massimo 5 voti. Se invece i seggi da assegnare sono soltanto 4, la soglia implicita massima sarà del 25% (100/4=25): per essere sicuri del seggio bisogna ottenere al massimo 25 voti. Ragioniamo in termini di soglia massima perché la soglia implicita reale dipenderà poi dalla effettiva distribuzione dei voti tra i diversi partiti/candidati.

[2] In realtà in Italia, pur essendo previste 5 circoscrizioni, la ripartizione dei seggi è nazionale.

[3] In Francia la soglia di sbarramento del 5% si applica al livello circoscrizionale.

[4] In Lussemburgo è possibile votare per candidati appartenenti a liste diverse. Questa modalità di voto prende il nome di panachage [Cox 2005, 71].

Vincenzo Emanuele è ricercatore in Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli di Roma. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienza della Politica presso la Scuola Normale Superiore (ex SUM) di Firenze con una tesi sul processo di nazionalizzazione del voto in Europa occidentale e le sue possibili determinanti. La sua tesi ha vinto il Premio 'Enrico Melchionda' conferita alle tesi di dottorato in Scienze Politiche discusse nel triennio 2012-2014 e il Premio 'Celso Ghini' come miglior tesi di dottorato in materia elettorale del biennio 2013-2014. È membro del CISE, di ITANES (Italian National Election Studies) e co-coordinatore del Research Network in Political Parties, Party Systems and Elections del CES (Council of European Studies). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle elezioni e i sistemi di partito in prospettiva comparata, con particolare riferimento ai processi di nazionalizzazione e istituzionalizzazione. Ha pubblicato articoli su Comparative Political Studies, Party Politics, South European Society and Politics, Government and Opposition, Regional and Federal Studies, Journal of Contemporary European Research, oltre che sulle principali riviste scientifiche italiane. La sua monografia Cleavages, institutions, and competition. Understanding vote nationalization in Western Europe (1965-2015) è edita da Rowman and Littlefield/ECPR Press (2018). Sulle elezioni italiane del 2018, ha curato la Special Issue di Italian Political Science ‘Who’s the winner? An analysis of the 2018 Italian general election’. Clicca qui per accedere sito internet personale. Clicca qui per accedere al profilo su IRIS.