Il quadro riassuntivo dei ballottaggi: arretramento del PD, avanzata del centrodestra e vittorie storiche del M5S

di Nicola Maggini

Per esaminare l’esito di queste elezioni comunali, il primo elemento da cui partire è quello relativo ai conteggi delle vittorie al ballottaggio nei 121 comuni superiori ai 15.000 abitanti (vedi Tabella 1). Come infatti avevamo visto in un precedente articolo, solo in 22 comuni superiori il risultato era già stato determinato al primo turno (con 11 vittorie per il centrosinistra guidato dal PD, con 8 vittorie per il centrodestra guidato da FI, due vittorie per le liste civiche e una della Lega). Prima di esaminare l’esito elettorale, in via preliminare va sottolineato che l’affluenza nei 121 comuni andati al ballottaggio è stata del 51,3%, con un calo di 10,7 punti percentuali rispetto al primo turno. Ora passiamo ad esaminare il risultato dei ballottaggi: su 121 comuni, in 34 ha vinto il centrosinistra (ossia le coalizioni guidate dal PD), in 29 il centrodestra (ossia le coalizioni guidate da FI), in 19 il M5S, in 17 le liste civiche, in nove le coalizioni di destra (ossia comprendenti Lega e/o FDI ma senza Forza Italia), in 6 le coalizioni di sinistra (ossia comprendenti SI e/o SEL e/o FDS, ma senza il PD), in 5 le coalizioni di centro (ossia comprendenti NCD e/o UDC), in un comune (Monserrato) “altri centrosinistra” (ossia Psi, Verdi, Idv e alleati, ma senza il PD) e in un comune (Brindisi) “altri centrodestra” (ossia una coalizione di centrodestra di liste collegate al movimento dei “Conservatori e Riformisti” di Raffaele Fitto, ma senza FI).

Tab. 1- Riepilogo vittorie al primo turno, ai ballottaggi e vittorie totali

Tabella 1

A questo punto è importante vedere in quanti comuni le principali forze politiche erano andate al ballottaggio, con che posizione e che tipo di sfide si presentavano agli elettori (Tabelle 2 e 3).

Tab. 2 – Numero di ballottaggi per aerea politica

Tabella 2

Tab. 3 – Riepilogo delle sfide tra prima e seconda coalizione nei 121 comuni superiori al ballottaggio

Tabella 3

Il centrosinistra era andato al ballottaggio in 90 comuni (48 da primo); il centrodestra in 61 (30 da primo); il M5S in 20 (6 da primo); le coalizioni di liste civiche in 32 (15 da prime); le coalizioni di destra in 15 (11 da prime); le coalizioni di sinistra in 8 (5 da prime); “altri centrosinistra” in 6 (2 da primi) e “altri centrodestra” in 2. Già questo dato ci dice che per il PD questi ballottaggi sono stati negativi dal momento che ha vinto solo in meno della metà di essi (più precisamente nel 37,8% dei casi) e in 24 comuni ha perso nonostante al primo turno si fosse classificato primo (mentre la rimonta è avvenuta solo in 10 casi). Il centrodestra ha invece vinto nel 47,5% dei ballottaggi dove era presente e in 11 comuni è riuscito a vincere ribaltando il risultato del primo turno (mentre in 12 comuni si è fatto rimontare). Se si guarda alle sfide dirette tra centrosinistra e centrodestra (45), il centrodestra vince in 24 sfide (di cui 10 partendo da secondo), mentre il centrosinistra vince in 21 sfide (di cui solo sei partendo da secondo). La bilancia delle sfide dirette tra le due tradizionali coalizioni delle Seconda Repubblica pende quindi a favore del centrodestra. A tal proposito è da sottolineare anche il fatto che quando il centrosinistra targato PD sfida al ballottaggio coalizioni di destra (senza FI), in 4 casi su 6 perde, così come perde a Brindisi contro una coalizione di centrodestra non comprendente FI. Questa cattiva performance delle coalizioni del PD ai ballottaggi è confermata anche dalle sfide con le liste della sinistra radicale (4 sconfitte su 5 ballottaggi) e con il M5S (11 sconfitte su 11, di cui ben 7 rimonte subite). Speculare all’andamento del PD è invece la performance del M5S, che vince nel 95% dei ballottaggi (19 su 20), vincendo tutti i confronti con il centrodestra (compresa la Lega da sola) e con il centrosinistra e perdendo solo in un caso (ad Alpignano in Piemonte) contro una coalizione di liste civiche. Questo dato è chiarissimo: il M5S è un “animale da ballottaggio”, dal momento che al secondo turno riesce sistematicamente ad avere la meglio sulle coalizioni tradizionali di centrosinistra e di centrodestra grazie alla sua natura di movimento trasversale in grado di raccogliere consensi in elettorati collocati su posizioni opposte lungo la dimensione sinistra-destra. Come avevamo scritto in un precedente articolo basato su dati di sondaggio, il vero “Partito della Nazione” in questo momento in Italia è il M5S (e non il PD di Renzi).

Esaminando nel dettaglio i risultati e l’affluenza nei comuni capoluogo (Tabelle 4 e 5), ossia i comuni che pesano di più in termini di numero di elettori in questa tornata di elezioni comunali e che hanno anche attirato una maggiore attenzione mediatica, il risultato di questi ballottaggi è ancora più chiaro: nei 20 comuni capoluogo dove si andava al ballottaggio, il centrodestra guidato da Forza Italia vince in sei (Benevento, Grosseto, Olbia, Pordenone, Savona, Trieste), “Altri centrodestra” in un comune (Brindisi), le coalizioni di destra in due (Isernia e Novara), il centrosinistra guidato dal PD in cinque comuni (Caserta, Bologna, Milano, Ravenna, Varese), il M5S in tre comuni (Carbonia, Roma, Torino), le liste della sinistra cosiddetta radicale in un comune (a Napoli, dove appoggiavano De Magistris), infine le liste civiche in un comune (Latina) e le coalizioni di centro in un comune (Crotone). Il centrodestra ha quindi ottenuto il numero maggiore di vittorie nei comuni capoluogo al ballottaggio. Al di là del conteggio numerico, comunque, in termini simbolici e quindi politici, le vittorie del M5S a Torino e Roma sono vittorie ‘pesanti’ e storiche: Virginia Raggi trionfa con oltre il 67% dei voti, divenendo così il primo sindaco donna di Roma e anche Chiara Appendino vince nettamente a Torino, in una città amministrata da venti anni dal centrosinistra. Il M5S vince in tutti e tre i comuni capoluogo dove era arrivato al ballottaggio contro un candidato del PD e in due di questi (Torino e Carbonia) riesce addirittura a ribaltare la situazione di svantaggio del primo turno (basti pensare che a Torino al primo turno Piero Fassino aveva ottenuto un vantaggio di circa 11 punti percentuali sulla Raggi). Se guardiamo ai voti in valori assoluti, la Raggi a Roma tra il primo e il secondo turno guadagna oltre 309.000 voti in più (un incremento pari al 67% dei voti ottenuti al primo turno), mentre Giachetti ne guadagna 51.100 (con un incremento pari al 16% dei voti del primo turno). Un incremento di voti simile per il M5S lo si registra a Torino, dove il dato è ancora più marcato: la Appendino aumenta in maniera considerevole i propri consensi di oltre 84.000 voti (quasi raddoppiandoli rispetto al primo turno con un incremento pari al 71%), mentre Fassino sostanzialmente tiene i suoi elettori con un incremento pari solo al 6% dei voti ottenuti al primo turno. Tutto ciò è avvenuto in un contesto dove l’affluenza (54,6%) è calata poco rispetto al primo turno, risultando la città dove il calo della partecipazione è stato più contenuto (-2,8 punti percentuali). A Roma l’affluenza è stata del 50,2%, ossia metà dei romani è rimasta a casa (con un calo rispetto al primo turno di quasi 7 punti percentuali).  A Carbonia, infine, Massidda del M5S incrementa del 150% i suoi voti del primo turno, mentre Casti del centrosinistra perde addirittura consensi tra il primo e il secondo turno. Ciò conferma quanto avevamo detto prima, ossia che al secondo turno il M5S è riuscito a fare il pieno delle seconde preferenze degli elettori dei candidati esclusi dai ballottaggi, in particolare di quelli del centrodestra come dimostrato dall’analisi dei flussi elettorali.

Tab. 4 – Risultati nei comuni caplouogo tra primo e secondo turno (valori assoluti e variazioni percentuali)

Tabella 4

Tab. 5 – Affluenza tra il primo e il secondo turno nei comuni capoluogo (valori assoluti e percentuali)

Tabella 5

Il PD si consola vincendo a Bologna e soprattutto a Milano. Nel primo caso, Vriginio Merola si conferma sindaco col 54,6% dei consensi, nonostante in valori assoluti tra primo e secondo turno abbia guadagnato meno voti rispetto alla rivale di centrodestra Lucia Borgonzoni (infatti l’incremento di voti di Merola è stato pari al 22% dei sui voti al primo turno, mentre quello della Borgonzoni dell’80%). Rimanendo sempre in Emilia-Romagna, il PD vince anche a Ravenna con De Pascale, riuscendo sostanzialmente a mantenere i propri elettori del primo turno, a fronte di un aumento di voti (pari al 45% dei voti ottenuti al primo turno) del candidato di centrodestra Alberghini. Per quel che riguarda Milano, nel capoluogo lombardo (nonché capitale economica e finanziaria del paese) Beppe Sala riesce ad ottenere una vittoria importante (anche in termini simbolici) che rende meno amaro il risultato complessivo dei ballottaggi per il PD. Sala si impone sullo sfidante di centrodestra Stefano Parisi con il 51,7% dei consensi, riuscendo anche a fare una migliore pèrformance tra il primo e il secondo turno rispetto al suo avversario (l’incremento di voti per Sala è infatti pari al 18% dei voti ottenuti al primo turno, mentre l’incremento di voti di Parisi è pari al 13%). Da sottolineare è anche il fatto che Milano è la città, dopo Torino, dove l’affluenza (51,8%) tra primo e secondo turno è calata meno (-2,9 punti percentuali). In generale il PD è andato molto bene in Lombardia, vincendo in molti comuni superiori e strappando con Galimberti Varese (storica roccaforte leghista) al centrodestra dopo 23 anni, riuscendo così a ribaltare il risultato del primo turno.

La rimonta al PD invece non è riuscita a Trieste, dove l’incumbent Cosolini non si conferma sindaco, nonostante un incremento di voti maggiore tra primo e secondo turno rispetto al rivale di centrodestra Dipiazza (che diventa sindaco con il 52,6%). Il dato positivo per il centrodestra (e negativo per il PD) in Friuli-Venezia Giulia viene confermato anche dalla vittoria a Pordenone. Buono anche il risultato in Toscana, dove Vivarelli Colonna per il centrodestra batte lo sfidante Mascagni per il centrosinistra con il 54,9% dei consensi.

Guardando infine alla disaggregazione per area geopolitica [1] , si nota una difficoltà del PD nei comuni capoluogo del Sud dove riesce a vincere solo a Caserta e Crotone (oltre a Salerno già vinta al primo turno), mentre il centrodestra (oltre ad aver vinto a Cosenza al primo turno) vince anche a Benevento e a Olbia, senza contare che le liste di centrodestra di Fitto vincono a Brindisi e quelle della destra a Isernia. Il dato più importante tra i comuni del Sud, in termini di peso elettorale della città, è senza dubbio quello di Napoli, dove De Magistris (sostenuto da una coalizione di liste di sinistra) vince in maniera netta (con il 66,9% dei consensi) contro il candidato del centrodestra Lettieri. Guardando ai valori assoluti, De Magistris è riuscito a vincere sostanzialmente rimobilitando i suoi elettori del primo turno, come mostrato anche dall’analisi dei flussi elettorali. Da sottolineare, in ogni modo, che Napoli è il comune capoluogo dove la partecipazione è stata più bassa (36%). Solo poco più di un terzo degli elettori ha deciso di recarsi alle urne e questo è certamente il sintomo di un malessere generalizzato della società napoletana nei confronti della politica, un malessere confermato dal fatto che Napoli si trova nel gruppo dei comuni capoluogo dove l’affluenza è calata di più tra primo e secondo turno (gruppo che comprende Caserta, Crotone, Brindisi, Isernia e Benevento). Il calo dell’affluenza particolarmente marcato nei comuni del Sud si spiega probabilmente con il fatto che al secondo turno viene meno il traino del voto di preferenza per i candidati consigliere e nel meridione il voto personale è storicamente molto importante.

Ricapitolando, se si considerano anche i sindaci eletti al primo turno, il conteggio delle vittorie e delle sconfitte nei comuni superiori ai 15.000 abitanti mostra che il centrosinistra ha vinto in 45 comuni, il centrodestra in 36, il M5S in 19 (così come le liste civiche), le coalizioni di destra in 10, le coalizioni di sinistra in 6, le coalizioni di centro in 5 e, infine, “altri centrosinistra” e “altri centrodestra” in un comune ciascuno (come si è visto nella Tabella 1). Se è vero quindi che il PD in termini numerici ha vinto in un numero maggiore di comuni rispetto ai suoi avversari, si tratta però solo di una vittoria numerica e non politica. E ciò risulta ancora più evidente se si considera il confronto con le comunali del 2011 (vedi Tabella 6): su 132 comuni superiori per cui è possibile fare un confronto col passato[2] , il centrosinistra ne governava 84, contro i 29 del centrodestra (mentre il M5S non ne governava nessuno). Oggi nei 132 comuni superiori il centrosinistra dimezza il numero di comuni governati (42), il centrodestra avanza arrivando a governarne 32 e il M5S ne ottiene 18. Questo dato è un chiaro indice della trasformazione in senso tripolare del sistema partitico italiano (D’Alimonte, Di Virgilio, Maggini 2013; Chiaramonte e Emanuele 2014).  Inoltre, per ciò che concerne lo stato di salute delle principali forze politiche del paese, si possono delineare delle dinamiche abbastanza chiare. Per quel che riguarda il centrodestra, queste elezioni ci dicono che è competitivo quando è unito e infatti nei ballottaggi è andato meglio del PD negli scontri diretti. Il centrosinistra targato PD è in affanno e si trova in una fase di arretramento elettorale. Infine, il M5S ha ottenuto due vittorie storiche in due grandi città come Roma e Torino e soprattutto si dimostra (quasi) invincibile nei ballottaggi, sfruttando la sua natura di “catch-all party” (Kirchheimer 1966). Si tratta di un vero “Partito della Nazione” trasversale, come detto in precedenza, il cui problema casomai è quello di riuscire ad arrivare al ballottaggio: quando ci arriva, però, riesce ad attrarre gli elettori della coalizione (di centrosinistra o di centrodestra) esclusa dal ballottaggio, come dimostrano in maniera emblematica i casi di Roma e Torino, dove la Raggi e la Appendino sono riuscite a fare il pieno tra gli elettori del centrodestra.  E se la sconfitta del PD a Roma era preventivabile (visti i problemi a livello locale), il dato di Torino è invece stato una sorpresa e un campanello d’allarme anche in chiave nazionale. In definitiva, nonostante il successo importante di Milano, queste comunali sono state la prima vera sconfitta per il PD da quando Renzi è segretario.

Tab. 6 – Riepilogo delle vittorie nei 132 comuni superiori in cui è possibile un confronto con le comunali precedenti

Tabella 6

Riferimenti bibliografici

Chiaramonte, A. e De Sio, L. (a cura di), Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino.

Chiaramonte, A. and Emanuele, V. (2014), ‘Bipolarismo Addio? Il Sistema Partitico tra Cambiamento e De-Istituzionalizzazione’, in A. Chiaramonte e L. De Sio (a cura di), Terremoto elettorale. Le elezioni politiche del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 233-262.

Corbetta P., Parisi, A. e Schadee, H. (1988), Elezioni in Italia. Struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

D’Alimonte, R., Di Virgilio, A. e Maggini, N. (2013), ‘I risultati elettorali: bipolarismo addio?’, in ITANES (a cura di), Voto amaro. Disincanto e crisi economica nelle elezioni del 2013, Bologna, Il Mulino, pp. 17-32.

Diamanti, I. (2009), Mappe dall’Italia politica. Bianco, rosso, verde, azzurro… e tricolore, Bologna, Il Mulino.

Emanuele. V. and Maggini, N. (2015), ‘Il Partito della Nazione? Esiste, e si chiama Movimento 5 Stelle’, /cise/2015/12/07/il-partito-della-nazione-esiste-e-si-chiama-movimento-5-stelle/.

Kirchheimer, O. (1966),’The Transformation of the Western European Party System’ in J. LaPalombara and M. Weiner (eds.),
Political Parties and Political Development, Princeton, NewJersey:
Princeton University Press.

 

[1] Sul concetto di zone geopolitiche e le diverse classificazioni proposte, vedi Corbetta, Parisi e Schadee (1988), Diamanti (2009), Chiaramonte e De Sio (2014).

[2] Sono esclusi dall’analisi i sei comuni siciliani con popolazione compresa tra i 10 e i 15.000 abitanti e altri 11 comuni superiori ai 15.000 abitanti (Altopascio, Anguillara Sabazia, Bovolone, Bracciano, Caravaggio, Caronno Petrusella, Cirò Marina, Codogno, Corbetta, Laterza, Rocca Di Papa) per i quali non è possibile fare un raffronto perché alle precedenti elezioni comunali votavano in un turno unico e con regole elettorali diverse in quanto inferiori ai 15.000 abitanti.

 

Nicola Maggini è ricercatore in scienza politica presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano. È membro del laboratorio di ricerca spsTREND "Hans Schadee" e del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali). In precedenza è stato Jean Monnet Fellow presso lo Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto Universitario Europeo e ha partecipato a due progetti di ricerca europei Horizon 2020: Sirius-Skills and Integration of Migrants, Refugees and Asylum Applicants in European Labour Markets e TransSol-Transnational solidarity at times of crisis. Si è addottorato, con lode, in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane nel marzo 2012. Ha pubblicato articoli in diverse riviste scientifiche italiane e internazionali, tra cui Journal of Common Market Studies, West European Politics, American Behavioral Scientist, South European Society and Politics, RISP-Italian Political Science Review, Journal of Contemporary European Research, SocietàMutamentoPolitica-Rivista Italiana di Sociologia, Sociological Research Online, International Sociology e Quaderni di Scienza Politica. Ha pubblicato, per Palgrave MacMillan, il libro Young People’s Voting Behaviour in Europe. A Comparative Perspective (Palgrave Macmillan, 2016). È inoltre coautore di diversi capitoli in volumi collettanei e ha co-curato numerosi volumi della serie dei Dossier CISE. Infine, è autore di diverse note di ricerca pubblicate nella serie dei Dossier CISE. I suoi interessi di ricerca si concentrano sullo studio degli atteggiamenti e comportamenti socio-politici, dei sistemi elettorali, del comportamento di voto e della competizione partitica in prospettiva comparata.