Frattura urbano-rurale e voto in Sicilia (2001-2012)

Quale regione più vasta d’Italia, la Sicilia non esenta da cleavages, linee di frattura che ne definiscono il quadro socio-politico. A quella che coinvolge i due versanti, correlando positivamente i maggiori livelli di reddito con la partecipazione elettorale (D’Amico 1993), se ne aggiunge perlomeno una seconda, riguardante la natura dell’organizzazione e del consenso dei partiti lungo l’asse città-campagna. Le principali aree urbane siciliane coincidono con i Comuni Capoluogo. Di questi, otto su nove rientrano nella classifica dei primi undici centri per popolazione, con quattro che contano oltre 100.000 abitanti: Palermo, Catania, Messina e Siracusa.

Nell’Isola, le realtà rurali presentano risultati elettorali discostanti da quelli degli agglomerati più abitati. L’elemento demografico crea discrimine nella prestanza alle urne di centrodestra, centrosinistra e Movimento Cinque Stelle. Per ottenere risultati confrontabili fra tutti i partiti, che esulino quindi dalla loro percentuale di voti in termini assoluti, può adoperarsi un particolare quoziente di localizzazione denominato “soglia di urbanità elettorale”, calcolabile come il rapporto fra il numero di voti alle liste nei Comuni Capoluogo ed il numero di voti totali alle stesse. È un indice utilizzabile quale metro di paragone per valutare le caratteristiche demografiche dell’elettorato. Il dato muta ad ogni elezione influenzato da variabili che ne alterano il valore, su tutte l’astensionismo asimmetrico nel caso colpisca maggiormente i Comuni Capoluogo rispetto al resto delle Province. Lo si denota nel 2012 nella tabella qui proposta, riassunto della soglia di urbanità elettorale per le consultazioni celebratesi nell’Isola dal 2001:

Tab.1: Soglia di urbanità elettorale in Sicilia (elezioni regionali 2001-2012)

sicilia urbanità elettorale

Per stabilire se un partito superi o meno la soglia, serve computare la misura percentuale dell’apporto dei Comuni Capoluogo sui voti totali ottenuti dal medesimo partito:

N.voti partito nei Comuni Capoluogo ×100/N.voti partito totali

Ciò permette di realizzare una classificazione delle forze politiche. Qualora l’apporto dei nove Comuni Capoluogo sul totale dei voti del partito si discosti più del 5% dalla soglia di urbanità elettorale, il comportamento di ciascuna lista sarà City oriented. Se invece si mostrasse inferiore del 5%, rientrerà nel gruppo Village oriented. Quando le variazioni non sono così significative in senso positivo o negativo, All around.

La tabella ordina i risultati delle liste per il periodo in esame, mentre i grafici dipingono i partiti in relazione al loro consenso totale (asse delle ascisse), e all’interfacciarsi con la soglia di urbanità elettorale (asse delle ordinate):

Tab.2: Classificazione dei partiti in Sicilia (elezioni regionali 2001-2012)

 

sicilia tipo di partito urbanità

sicilia urbanità 2001sicilia urbanità 2006

sicilia urbanità 2008

sicilia urbanità 2012

Le quattro consultazioni si qualificano per motivi di continuità e radicale novità. Per ciascuna elezione il partito più votato in assoluto coincide con quello che in termini percentuali dovette maggiormente la sua consistenza ai Comuni Capoluogo: Forza Italia nel 2001 e nel 2006 (33,63%, 31,18%), il Popolo delle Libertà nel 2008 (34,20%) e il Movimento Cinque Stelle nel 2012 (38,78%). I trionfi in Sicilia si cingono imprescindibilmente ai proseliti nei centri urbani. Eccezion fatta per la più recente tornata, il dato premia le forze politiche di centrodestra, considerando anche Ccd-Mpa (32,10% e 31,03%), nel 2001 e nel 2006 più in alto, anche se flebilmente, della soglia di urbanità elettorale, rientrando così nel gruppo All around. Fuor di dubbio, l’elezione maggiormente competitiva negli undici anni oggetto d’analisi fu quella del 2006, con sei partiti raccolti in una forbice del 2,92%, equamente divisi tra All around (Fi, Mpa, An) e Village oriented (Ds, Udc, Margherita), sguarnendo il campo dei City oriented.

Le sorprese albergano nel centrosinistra, profilatosi marcatamente periferico e in affanno nel voto cittadino suo marchio di fabbrica nel resto del Paese. Per due volte i Ds (22,79% e 28,40%) s’incontrano nel gruppo Village oriented, mentre solo una volta una forza dell’area progressista, La Margherita nel 2001 (30,97%), oltrepassò la soglia. A invertire la rotta non bastò la nascita del Pd, incapace di incanalare tra le sue fila un consenso al contrario neutralmente equivalente al rapporto tra i voti dei Comuni Capoluogo e il totale regionale (31,47% nel 2008, 28,24% nel 2012). La spiegazione venuta a capo giustificherebbe il gap rinvenendolo all’insediamento delle sub-culture politiche comuniste dell’Isola. In principio la genesi del Pci isolano non s’ascrisse al movimento operaio, all’opposto slegato dal movimento socialista e con un carattere corporativo (Macaluso 1970). La categoria socio-economica le cui istanze vennero raccolte da Botteghe Oscure fu quella contadina, nello specifico quella bracciantile più povera, esclusa e lontana dalle città a causa di ritardi infrastrutturali. Si capirà come un’analisi del genere diluisca col trascorrere del tempo e sfumi con l’evoluzione della società, affermandosi meglio a prodromo di un debole radicamento territoriale su questo livello. Basti ricordare che nelle elezioni politiche del 2008 il Pd di Veltroni batté nelle grandi città italiane il Pdl di Berlusconi (Emanuele 2011), mentre alle simultanee regionali siciliane patì in quest’ambito un distacco ancor peggiore rispetto al dato finale (vedi Figura in basso).

sicilia rendimento urbanità 2008

Le ultime due tornate isolane assurgono rilievo perché videro un solo partito attestarsi meglio della soglia di urbanità elettorale. In ciò si vidima il paragone tra Pdl e M5s, col Pd classificatosi in ambo i casi nella piazza d’onore. Esclusivamente l’aggregazione politico-elettorale costituita da Cdu-Udc, riferibile storicamente a Totò Cuffaro, tenne pedissequamente fede per undici anni al profilo Village oriented.

Alle elezioni del prossimo 5 novembre toccherà sancire il riequilibrio tra città e campagne. Qualora conservasse l’inclinazione City Oriented, una più alta partecipazione dei centri urbani favorirebbe il M5s, pur con dimensioni meno sproporzionate rispetto al 2012. Al voto d’opinione delle città fa appello anche la coalizione di centrosinistra guidata da Micari, sperando talaltro nell’incidenza di Leoluca Orlando ed Enzo Bianco, sindaci di Palermo e Catania. Forse, soltanto così s’attutirebbero i colpi inferti dal blocco di centrodestra, che per l’eterogeneità dei suoi attori è l’autentico catch all siciliano.

 

Riferimenti bibliografici:

D’Amico R., “La ‘cultura elettorale’ dei siciliani”, in Morisi M. (a cura di), “Far politica in Sicilia. Deferenza, consenso e protesta”, Feltrinelli, 1993, pagine 211-257.

Emanuele V., “Riscoprire il territorio: dimensione demografica dei comuni e comportamento elettorale in Italia”, in “Meridiana”, numero 70, 2011, pagine 115-148.

Macaluso E., “I comunisti e la Sicilia”, Editori Riuniti, 1970, pagina 23.

Alessandro Riggio è dottore magistrale in Governo e Politiche presso la LUISS Guido Carli e collaboratore del CISE. Si è laureato con una tesi dal titolo 'Il Gattopardo in laboratorio: anatomia dei partiti, trasformazioni elettorali e mutamenti politici in Sicilia (2001-2012)'. I suoi interessi di ricerca riguardano lo studio dei partiti, del comportamento di voto e della geografia elettorale. Con uno specifico riferimento al caso siciliano