Autore: Andrea Maccagno

  • I flussi elettorali a Lecce: Salvemini vince conquistando i voti del centro

    I flussi elettorali a Lecce: Salvemini vince conquistando i voti del centro

    Clamoroso a Lecce! In una città amministrata dal centrodestra dal 1998, in cui si è andati vicino alla elezione al primo turno del candidato Giliberti (fermatosi al 45,29%, con un distacco superiore ai 16 punti percentuali dal secondo), in una tornata nazionale complessivamente premiante per le coalizioni berlusconiane su tutta la penisola, a imporsi al secondo turno è stato il candidato di centrosinistra Salvemini. Un risultato netto il suo, con un tranquillo 54,76% di voti, frutto anche del decisivo apparentamento con le formazioni di centro del candidato Delli Noci. Mai come in questo caso è allora importante andare a leggere i flussi, per capire cosa abbia portato a un simile e imprevedibile esito.

    Fatto 100 i voti di Salvemini del ballottaggio, si nota come il candidato abbia saputo essere maggiormente trasversale rispetto al suo rivale. Infatti il suo bottino è rappresentato dai “propri” voti del primo turno solo per un 61,1%. Il resto è riuscito a strapparlo proprio all’elettorato centrista (24%) con cui ha chiuso l’accordo. Al contrario, Giliberti riesce ad attrarre al di fuori del proprio bacino elettorale solo per un più scarso 16,3%. Questo è un primo dato, al quale deve aggiungersi il fatto che l’astensione provenga per il 19,5% da elettori di centrodestra al primo turno: viceversa, il valore è 0 per quelli di centrosinistra.

    Tab 1. – Matrice dei flussi elettorali fra primo e secondo turno, provenienzeflussi LE dal primo turno provA rendere maggiormente palese il dato appena mostrato è l’evenienza per cui solo il 64,8% di chi aveva votato Giliberti al primo turno conferma il medesimo voto. Ancora una volta, invece, a pesare è quel 30,7% di cittadini che non è tornato alle urne a esprimere nuovamente la propria preferenza per il candidato di centrodestra, ma ha preferito astenersi. Anche qui discorso inverso per Salvemini il cui elettorato, per l’89,3%, si è rimobilitato per lui. È poi di nuovo apprezzabile la trasversalità di quest’ultimo, preferito dagli elettori di Ruberti (79,5% contro 20,5%), Delli Noci (60% contro 11,3%) e Valente (47,6% contro 0). Solo gli elettori di Centonze (Casapound) preferiscono Giliberti (33,8%), ma ancor di più l’astensione. È dunque evidente come Salvemini sia riuscito a conquistare i favori del resto dell’elettorato, persino di quello “grillino”, diviso a metà tra il nuovo sindaco e l’astensione. Chi si era invece astenuto al primo turno ha continuato a farlo anche al ballottaggio.

    Tab. 2 – Matrice dei flussi elettorali fra primo e secondo turno, destinazioniflussi LE dal primo turno dest

    Fig. 1 – Flussi elettorali fra primo e secondo turno (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)flussi LE dal primo turno

    Analizziamo ora i flussi tra le politiche del 2013 e questo turno di ballottaggio. Qui si vede come i candidati abbiano saputo attingere da differenti elettorati, soprattutto nel caso di Salvemini. Questi, fatto 100 il proprio bacino di voti, mostra come la maggior parte del proprio consenso arrivi da fuori i voti di Bersani, che ne costituiscono solo il 45,2%. In particolare il suo elettorato è composto da un considerevole 24,8% di cittadini che scelsero Berlusconi nel 2013, mentre in misura minima sono i voti provenienti da chi scelse Grillo alle politiche. Poco più coerente l’elettorato di Giliberti, che è composto per il 59,3% da chi votò Berlusconi nel 2013 e dal 24,2% di chi scelse il Movimento 5 Stelle. Del restante, è da considerare il 10,9% appartenente agli astenuti alle politiche, mentre il voto di Bersani non ha alcun peso sulla sua forza elettorale.

    Tab. 3 – Matrice dei flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio, provenienzeflussi LE dal 2013 prov

    Ciò che maggiormente colpisce è quindi l’elettorato grillino, profondamente cambiato tra 2013 e 2017. Se quello del 2017 ha scelto Salvemini, la stessa cosa non si può dire per quello delle politiche. Infatti solo il 9,6% ha preferito il candidato di centrosinistra, contro il 33,2% che ha votato per Giliberti. Altro dato significativo non è tanto come il 68,1% dei voti di Bersani sia andato a Salvemini e il 66,5% di quelli di Berlusconi sia andato a Giliberti; piuttosto sorprende che le restanti parti siano andati verso il non voto quelli di centrosinistra e verso l’avversario quelli di centrodestra. Infine l’elettorato montiano, che ha preferito di gran lunga Salvemini (57,5%).

    Tab. 4 – Matrice dei flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio, destinazioniflussi LE dal 2013 destIn conclusione, l’incredibile risultato del centrosinistra a Lecce è dovuto a una serie di fattori che i flussi sono riusciti a mostrare. Anzitutto la maggiore attrattività di Salvemini, che è riuscito ad ampliare la propria base elettorale, anche oltre l’apparentamento messo in atto. In secondo luogo la forte astensione che ha colpito soprattutto il centrodestra, incapace di bissare almeno i voti del primo turno, prendendone addirittura oltre 5600 in meno.

    Fig. 2 –Flussi elettorali fra politiche 2013 e ballottaggio 2017 (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)flussi LE dal 2013

     

    Riferimenti bibliografici:

    Corbetta, P.G., A. Parisi e H.M.A. Schadee (1988), Elezioni in Italia: struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.

    Maccagno, A. (2017), A Taranto e Lecce avanti il centrodestra: i risultati e i flussi elettorali /cise/2017/06/13/taranto-e-lecce-avanti-il-centrodestra/


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi riportati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle 102 sezioni elettorali del comune di Lecce. In entrambe le analisi abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (in una delle due elezioni prese in esame), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 20% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione).  Il valore dell’indice VR è pari a 3,9 per i flussi fra primo e secondo turno; 7,6 per i flussi dal 2013.

  • L’identikit dei candidati nei comuni capoluogo

    L’identikit dei candidati nei comuni capoluogo

    In vista del turno di ballottaggio di domani, andiamo a vedere l’affiliazione politica specifica dei vari candidati sindaco rimasti in gioco, facendoci aiutare dalla tabella esplicativa di seguito esposta.

    La tabella presenta sei colonne. Nelle prime due sono specificate la zona (Nord; Zona Rossa; Sud) e il comune capoluogo di riferimento. Nella terza e nella quarta compaiono i partiti ai quali i candidati sindaci (arrivati primi o secondi nella tornata dell’11 giugno) sono iscritti. Le ultime due servono per meglio specificare l’area di provenienza di quei candidati che non hanno una tessera di partito e quindi nelle precedenti colonne venivano raffigurati come civici. È poi essenziale ribadire la specificità del caso di Trapani, in cui è stato chiesto per Fazio (primo arrivato) il ripristino della custodia cautelare, evenienza che lo ha portato a non presentare la lista degli eventuali assessori, facendosi così di fatto escludere dal ballottaggio. In tabella però continua a comparire, perché il fatto non inficia l’analisi sul primo turno che segue.

    Tab. 1 – Affiliazione partitica dei candidati al ballottaggio nei comuni capoluogotessera partitoCiò che è subito evidente è come i partiti maggiori abbiano scelto persone provenienti per la maggior parte dalla società civile anziché propri esponenti. Questa opzione è occorsa ben 22 volte su 44. Quindi, il 50% dei candidati sindaco dei comuni capoluogo andati a ballottaggio non sono espressione diretta dei partiti nazionali, anche se di essi sono stati gli alfieri in queste elezioni. Per il restante 50%, i partiti che maggiormente propongono un proprio tesserato sono Partito Democratico (otto casi) e Forza Italia (sette). Segue più staccata la Lega Nord con tre, mentre uno a testa appartengono a Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Partito Socialista Italiano e Fare!.

    Per quanto riguarda la differenziazione territoriale il dato risulta omogeneo per i rappresentanti civici, con in media uno per comune: 11 candidati nel Nord (su 11 comuni) contro cinque nella Zona Rossa (su quattro) e sei nel Sud (su sette). Il Pd invece fa meno bene al Nord (due) rispetto a Zona Rossa (due, ma su meno comuni) e Sud (quattro). Forza Italia porta a casa tre candidati propri al Nord e al Sud, mentre solo uno nella Zona Rossa. La Lega riporta i suoi tre candidati ovviamente solo al Nord, così come viene da questa zona l’unico esponente del Movimento 5 Stelle.

    Per quanto concerne infine la posizione tra primo e secondo posto, si nota che vi è poca differenza per i civici (10 primi contro 12 secondi), mentre più sbilanciato verso i primi il Pd (cinque contro tre) e soprattutto Forza Italia (sei contro uno).

    Se andiamo a considerare la coalizione elettorale nella quale i candidati civici hanno corso, notiamo che l’area di centrodestra è la più rappresentata con 21 candidati, tallonata però dal centrosinistra che ne conta 18. Due per la sinistra e solo uno per Movimento 5 Stelle e Fare!. Infine, di veri civici ne è rimasto solo uno, rappresentato da Federico Pizzarotti a Parma (tra l’altro primo classificato l’11 giugno).

    Per quanto riguarda le zone, il centrodestra prevale sul centrosinistra al Nord e al Sud (rispettivamente 11 contro otto e sette contro sei); viceversa nella Zona Rossa (tre contro quattro). Complessivamente il centrodestra arriva 14 volte primo contro le sei del centrosinistra, che di conseguenza arriva secondo 12 volte contro le sette del centro destra.

    In conclusione, le coalizioni di centrosinistra ricorrono più spesso all’espediente del candidato civico come leader dell’alleanza (10 contro 8) rispetto al centrodestra (10 contro 11). Non è una scelta che paga per i dem, in quanto quando corrono con un proprio candidato arrivano primi cinque volte su otto, mentre quando hanno preferito un civico sono arrivati primi una sola volta su 10. Indifferente invece sembra essere per il centrodestra, forse più abituato a poter contare su esponenti fuori dalla militanza politica. Infatti, in sette occasioni arriva primo un candidato afferente a Fi, Lega o Fdi e in altrettante sette arriva primo un candidato più civico (quattro contro tre in riferimento alla seconda piazza).

  • Chi vincerà i ballottaggi nei capoluoghi? Il quadro dei risultati del primo turno e i simulatori CISE

    Chi vincerà i ballottaggi nei capoluoghi? Il quadro dei risultati del primo turno e i simulatori CISE

    17Mancano ormai appena sette giorni ai ballottaggi che il prossimo 25 giugno decideranno i primi cittadini in 22 comuni capoluogo di provincia. Mostriamo qui il quadro sintetico dei risultati del primo turno con un breve commento. Basta poi cliccare sui nomi di ciascuna città nel testo sottostante per accedere ai simulatori dell’esito del ballottaggio che il CISE ha predisposto per voi.

     

    Tab. 1 – I risultati al maggioritario nei 25 comuni capoluogo di provincia al voto (clicca per ingrandire)sintesi capoluoghi dopo Iturno

     

    Ad Alessandria la sindaca uscente Maria Rita Rossa ottiene il maggior numero di consensi (31,94%) e andrà al ballottaggio con il candidato di centrodestra Cuttica Di Revigliasco, che si è avvicinato alla sfidante fermandosi al 30,25%. Al secondo turno dovrebbe andargli l’8,21% conquistato da Direzione Italia, il partito fittiano che in questa provincia piemontese correva da solo. La sinistra del Pd è invece un serbatoio vuoto, contando appena l’1,22%. La vera sfida sarà raccogliere i voti dei pentastellati, che al primo turno hanno ottenuto il 12,31% dei voti. Il restante 16,07% è andato ad altre formazioni espressioni di realtà civiche ed anche su queste sarà fatta una rincorsa per conquistarne la fetta maggiore e aggiudicarsi la poltrona di primo cittadino.

    Asti è stato il caso più intricato di questo turno amministrativo. Fino al 13 giugno l’unica sicurezza era la vittoria al primo turno della coalizione di centrodestra con il 47,62% dei voti. Un ottimo risultato se si pensa che il comune era precedentemente governato dal centrosinistra, ma non decisivo per chiudere la partita già nella giornata di domenica. Sarà ballottaggio, ma per giorni è stato in dubbio con chi. I risultati del ministero davano al secondo turno la coalizione di centrosinistra, con uno scarto di appena 13 voti a scapito del Movimento 5 Stelle (15,29% contro 15,25). Dopo vari riconteggi il risultato è stato ribaltato. Secondo si è classificato il candidato pentastellato con il 15,3%, mentre il centrosinistra si è fermato al 15,28%. In termini assoluti la differenza è stata di appena sei voti. Asti è dunque l’unico capoluogo in cui accede al secondo turno un candidato del Movimento. Fuori da questi tre contendenti rimane il discreto risultato della sinistra, con il 6,75%, e uno scarso risultato del centro, con il 2,26%. Infine i civici insieme raccolgono il 12,78%. Insomma, Rasero ha un’infinità di opzioni per raccogliere quei pochi voti che gli mancano per strappare il comune al centrosinistra e mettere la bandierina del centrodestra.

    A Belluno il candidato di sinistra uscente Massaro va vicino ad ottenere la rielezione al primo turno, fermandosi al 46,19% dei consensi. Anche in questa provincia veneta sarà quindi ballottaggio, nello specifico con il candidato di Forza Italia Gamba, che ha raccolto il 25,1% dei voti. Qui il centrodestra è andato diviso e per il secondo turno difficilmente basterà l’11,38% leghista. Soprattutto considerando che Massaro può contare anche sul potenziale bacino del Pd, che consiste in un 8,95%. Ininfluenti invece i voti del M5S (3,63%) e delle liste civiche (4,75%).

    A Como l’amministrazione uscente di centrosinistra di trova in svantaggio, con appena il 26,89% dei voti. Peraltro si sta parlando già di un’area che abbraccia le formazioni politiche a sinistra del Pd, per cui al ballottaggio i voti necessari da ottenere saranno specialmente quelli andate alle civiche che, nel complesso, godono del 32,88% dei consensi. Un bacino consistente a cui cercherà di attingere anche il primo arrivato, Landriscina, per il centrodestra (34,77%). Anche in questo caso male il M5S, fermo appena al 5,46% dei voti.

    Genova segue la scia delle regionali liguri e del laboratorio del centrodestra unito. Qui cinque anni fa vinse per il centrosinistra Marco Doria, dopo aver battuto candidate più illustri alle primarie di coalizione come l’uscente Vincenzi e la senatrice Pinotti. Ma in questa tornata ha deciso di non ripresentarsi agli elettori e Crivello ha preso il suo posto. Questi però è arrivato solo secondo, con il 33,39% dei voti. L’opzione unitaria di centrodestra, capeggiata da Bucci, è stata invece preferita dal 38,8% dei consensi. Al ballottaggio cercheranno di conquistare anzitutto il 18,07% del Movimento 5 Stelle, uscito distrutto nella città del proprio leader soprattutto dopo il caso Cassimatis, la quale però non ha inciso quasi per nulla nella contesa elettorale.

    Gorizia viene da un’amministrazione di centrodestra e a questa tornata candida Ziberna in una larga coalizione (Centro, Fi, Ln, Fdi) per riconquistare la poltrona di primo cittadino. L’obiettivo però non è stato raggiunto per una manciata di voti, giacché i voti raccolti si sono fermati al 49,88%. Anche in questo caso ad accedere al ballottaggio sarà il centrosinistra, che può contare 22,68% di voti ottenuti al primo turno. Ad ogni modo l’esito della sfida sembra già scritto. Il bacino alla sua sinistra è praticamente nullo (1,63%) e il M5S dispone di pochi voti contendibili (5,35%). Meglio invece le liste civiche che, nel complesso, rappresentano un quinto delle preferenze (20,46%).

    La Spezia è un altro comune ligure come Genova la cui amministrazione uscente era di centrosinistra, ma l’offerta presentata dal centrodestra unito ha riscosso maggior successo al primo turno. Infatti, il candidato Peracchini vince momentaneamente con il 32,61% contro il 25,07% dell’avversario democratico Manfredini. La partita è comunque aperta dal momento che il candidato alla sinistra del Pd ha raccolto il 15,38% dei voti e sarà determinante al ballottaggio. Minor peso avrà il M5S, fermo all’8,8%. Rimane comunque un bacino contendibile del 18,14% afferente alle liste civiche.

    A Lodi la coalizione uscente di centrosinistra si trova di poco avanti con il 30,62%, contro il 27,32% del centrodestra. Anche qui M5S nettamente distante, fermo al 9,58%. La sinistra ottiene un modesto risultato, quale è il 5,82% dei consensi. Gli altri candidati, invece, insieme raggruppano il 26,66% dei voti, costituendo un’area dalla quale cercare di ottenere i voti necessari a vincere il turno di ballottaggio.

    A Monza il primo turno finisce quasi in parità con un risultato più soddisfacente per il centrodestra, che nella precedente consigliatura costituiva l’opposizione. Nello specifico, Scanagatti (sindaco uscente) ha raccolto il 39,91% dei voti, mentre Allevi si è fermato al 39,84%. Poco votato anche qui il M5S, che ha raccolto il 7,64% delle preferenze. Ancora meno la sinistra, ferma all’1,28%. I restanti candidati risultano esser stati scelti dall’11,33% dell’elettorato.

    Padova torna al voto dopo che il sindaco Bitonci aveva perso l’appoggio della sua maggioranza. Ricandidatosi con un’ampia coalizione di centrodestra, è risultato nuovamente il più votato con il 40,25% dei consensi. Al secondo turno sfiderà Giordani, di centrosinistra. La partita è però tutt’altro che chiusa, soprattutto considerando l’exploit delle formazioni di sinistra, che con in loro 22,83% potranno convergere su Giordani affossando Bitonci e la sua coalizione. Le altre formazioni raccolgono in totale il 7,72%, di cui il 5,25% è appannaggio del M5S.

    A Verona il sindaco uscente Tosi non può ricandidarsi, avendo concluso il suo secondo mandato. Al suo posto viene candidata la moglie e senatrice Bisinella, che è riuscita ad accedere al secondo turno con il 23,54% dei voti, battendo il centro sinistra fermo al 22,48%. Ma chi ha raccolto più preferenze è stato Sboarina per il centrodestra, arrivato al 29,96%. Basso anche in questa occasione il M5S, fermo al 9,52%; ancor di più la sinistra, con il 4,6%.

    A Lucca, il ballottaggio vedrà sfidarsi Alessandro Tambellini (appoggiato da Partito Democratico e quattro civiche) e Remo Santini (appoggiato da Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia e due civiche). Il primo parte in vantaggio con il 37,48% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 34,96%. Ci sono poi sul mercato elettorale i voti di Fabio Barsanti (Casapound e civica) che ha raccolto il 7,84%, Massimiliano Bindocci (M5s) con il 7,54%, Donatella Buonriposi (liste civiche) con il 5,14%, Matteo Garzella (liste civiche) con il 4,02%, Manfrotto Marinella (lista civica di sinistra) con il 2,35 e Quilici Ilaria (Lega Toscana) con lo 0,63%.

    A Parma, il ballottaggio vedrà sfidarsi Federico Pizzarotti (appoggiato dalla lista civica Effetto Parma) e Paolo Scarpa (appoggiato da Pd e due civiche). Il primo parte in vantaggio con il 34,78% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 32,73%. Ci sono poi sul mercato i voti di Laura Cavandoli (Lega Nord, FI, FdI e una civica) con il 19,27%, Daniele Ghirarduzzi (M5s) con il 3,18%, Luigi Alfieri (civico) con il 2,57%, Filippo Greci (lista civica facente riferimento a Direzione Italia) con l’1,97%, Ettore Manno (Rifondazione comunista e PCI) con l’1,97%, Emanuele Bacchieri (Casapound) con l’1,77%, Laura Bergamini (Partito Comunista) con l’1,24%, Pia Russo (civica) con lo 0,47%.

    A Piacenza, il ballottaggio vedrà sfidarsi Patrizia Barbieri (appoggiato da Lega Nord, FI, FdI, Partito Pensionati e una civica) e Paolo Rizzi (appoggiato da Pd e due civiche). Il primo parte in vantaggio con il 34,78% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 28,19%. Ci sono poi sul mercato i voti di Massimo Trespidi (appoggiato da due liste civiche) con il 13,71%, Andrea Pugni (M5s) con il 9,12%, Luigi Rabuffi (appoggiato da una civica di sinistra) con il 5,96%, Stefano Torre (civico) con il 4,28% e Sandra Ponzini (civica di sinistra) con il 3,94%.

    A Pistoia, il ballottaggio vedrà sfidarsi Samuele Bertinelli (appoggiato da Pd, Verdi e svariate civiche) e Alessandro Tomasi (FdI, Lega Nord, Forza Italia e Centristi X l’Europa e una civica). Il primo parte in vantaggio con il 37,52% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 26,68%. Ci sono poi sul mercato i voti di Roberto Bartoli (appoggiato da due civiche) con l’11,72%, Nicola Maglione (M5s) con l’8,92%, Ginevra Lombardi (due civiche) con il 5,21%, Alessandro Sabella (lista civica) con il 5,12%, Francesca Barontini (lista di sinistra) con il 2,56%, Lorenzo Berti (Casapound) con l’1,39% e Alessio Cioni (civico) con lo 0,75%.

    A Catanzaro, il ballottaggio vedrà sfidarsi Sergio Abramo (appoggiato da FI e diverse civiche) e Vincenzo Ciconte (appoggiato da Pd, UdC, Psi, IdV e diverse civiche). Il primo parte in vantaggio con il 39,59% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 30,98%. Ci sono poi sul mercato i voti di Nicola Fiorita (appoggiato da civiche di sinistra) con il 23,36% e Bianca Laura Granato (M5s) con il 6,05%.

    A L’Aquila, il ballottaggio vedrà sfidarsi Americo Di Benedetto (appoggiato da Pd, Mdp e diverse civiche) e Pierluigi Biondi (appoggiato da Fi, Noi con Salvini, Fdi, UdC, Rivoluzione cristiana e una civica). Il primo parte in vantaggio con il 47,07% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 35,84%. Ci sono poi sul mercato i voti di Carla Cimoroni (appoggiato da alcune civiche tra cui una di sinistra) con il 6,30%, Fabrizio Righetti (M5s) con il 4,83%, Nicola Trifuoggi (appoggiato da due civiche) con il 2,69%, Giancarlo Silveri (civico) con il 2,03% e Claudia Pagliariccio (Casapound) con l’1,21%.

    A Lecce, il ballottaggio vedrà sfidarsi Mauro Giliberti (appoggiato da Direzione Italia, Forza Italia, FdI, Lecce Popolare, Noi con Salvini e diverse civiche) e Carlo Maria Salvemini (appoggiato da Pd e diverse civiche). Il primo parte in vantaggio con il 45,29% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 28,90%. Ci sono poi sul mercato i voti di Alessandro Delli Noci (appoggiato da Udc, Pensionati e svariate civiche) con il 16,90%, Fabio Valenti (M5s) con il 6,33%, Luca Ruberti (civico di sinistra) con l’1,52% e Matteo Centonze (Casapound) con l’1,02%.

    A Oristano, il ballottaggio vedrà sfidarsi Andrea Lutzu (appoggiato da Fi, FdI, Riformatori Sardi – Liberal democratici e alcune civiche) e Pierluigi Biondi (appoggiato da Pd, Psi, Partito Sardo d’Azione e civiche). Il primo parte in vantaggio con il 29,60% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 21,84%. Ci sono poi sul mercato i voti di Vincenzo Pecoraro (Udc e liste civiche) con il 17,05%, Filippo Martinez (appoggiato da alcune liste civiche) con il 14,97% dei voti, Anna Maria Uras (civico) con il 9,34%e Patrizia Cadau (M5s) con il 7,18%.

    A Rieti, il ballottaggio vedrà sfidarsi Antonio Cicchetti (appoggiato da Fi, FdI, Direzione Italia, UdC e alcune civiche) e Simone Petrangeli (appoggiato da Pd, Psi e svariate civiche). Il primo parte in vantaggio con il 47,29% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 41,78%. (jaximplant.com) Ci sono poi sul mercato i voti di Giosué Calabrese (civico) con il 5,28%, Giuseppina Rando (M5s) con il 5,27%, Massimo D’Angeli (Forza Nuova) con lo 0,35%.

    A Taranto, il ballottaggio vedrà sfidarsi Stefania Baldassarri (appoggiato da Fi, Direzione Italia e diverse liste civiche) e Rinaldo Melucci (appoggiato da Pd, Psi, centristi e liste civiche). Il primo parte in vantaggio con il 22,27% dei consensi, mentre il secondo insegue con il 17,92 %. Ci sono poi sul mercato elettorale i voti di Mario Cito (Lega d’azione meridionale) con il 12,46%, Francesco Nevoli (M5s) e 12,43%, Vincenzo Fornaro (DeMa e liste civiche) con il 9,76%, Franco Sebastio (civico di sinistra) con il 9,25%, Pietro Bitetti (appoggiato da civiche di sinistra, Pensionati, Rivoluzione cristiana e altre liste civiche) con l’8,19%, Massimo Brandimarte (liste civiche di sinistra) con il 3,60%, Luigi Romandini (civico) con il 2,97%, Giuseppe Lessa (civico) con l’1,11%.

    A Trapani, il ballottaggio avrebbe dovuto vedere sfidarsi Girolamo Fazio (appoggiato dall’UdC e alcune civiche) e Pietro Savona (appoggiato da Pd e due civiche).
    Il primo, però, che era stato il candidato più votato al primo turno con il 31,79% dei consensi, contro con il 26,27% del rivale, non correrà al ballottaggio. Infatti, non ha rispettato la scadenza per la consegna della lista per gli assessori ed è quindi decaduto. La vittoria di Savona è però tutt’altro che scontata: perché questi conquisti la poltrona di primo cittadino dovrà votare al ballottaggio la maggioranza degli aventi diritto, altrimenti l’elezione sarà nulla.

  • A Taranto e Lecce avanti il centrodestra: i risultati e i flussi elettorali

    A Taranto e Lecce avanti il centrodestra: i risultati e i flussi elettorali

    Taranto e Lecce vanno entrambi al ballottaggio con il centrodestra avanti. Se per Lecce è quasi una formalità, dati gli alti risultati e la tradizione politica della città, per Taranto è un’inversione rispetto alla giunta di centrosinistra uscente. Al secondo turno però le coalizioni partiranno alla pari, avendo ottenuto entrambi scarsi risultati dovuti all’offerta elettorale frastagliata. Male invece il Movimento 5 Stelle che si piazza solo quarto in entrambe le città.

    Tabella 1 – Risultati Comune di Taranto dal 2012 al 2017[1]taranto tableu

    Taranto è andata al voto dopo l’esperienza della giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Ippazio Stefano. L’affluenza si è attestata ad un livello di poco inferiore al dato nazionale (58,51% contro il 60,07%), in calo altresì rispetto alle amministrative 2012 (62,4%) e alle politiche del 2013 (62,9%), ma in risalita rispetto alle europee del 2014 (42,2%).

    L’offerta elettorale è stata particolarmente frastagliata, con ben dieci candidati sindaco per un totale di 37 liste. A raccogliere più voti è stata la coalizione di centrodestra, capeggiata per la carica di primo cittadino da Stefania Baldassarri. La candidata sindaca andrà al ballottaggio forte appena del 22,27% dei voti, come mostra la Tabella 1. All’interno della coalizione, la forza di maggior successo è Forza Taranto, lista civica che nasconde la presenza di Forza Italia, con il 6,74%. Le restanti liste a sostegno sono tutte civiche, ad eccezione di Direzione Taranto, che si rifà al partito di Fitto (2,53%). In totale la coalizione ha raccolto il 25,99%, quindi circa 3,7 punti percentuali in più rispetto alla candidata sindaca, che non sembra quindi essere particolarmente attrattiva. Ad ogni modo, il risultato della coalizione rispetto a cinque anni fa è migliorato: allora infatti essa si classificò solo quarta. Rimane invece sulle stesse percentuali il partito berlusconiano: 6,8% nel 2012; 6,7% nel 2017. La differenza con le elezioni politiche ed europee è netta, rispettivamente -18,9% e -10%.

    Chi invece esce sconfitto è senza dubbio il centrosinistra, che aveva governato la città nella precedente tornata. All’epoca andò al ballottaggio mancandogli solo lo 0,48% dei voti per vincere al primo turno. Quest’anno non riesce nella stessa imprese ottenendo appena il 17,92% dei consensi e collocandosi quindi secondo. A trainare l’alleanza vi è il Pd, che raccoglie l’11,81%; gli altri, tra cui i centristi e il Psi, si distribuiscono tra lo 0,74% e il 2,18%. Interessante notare come anche in questo caso la coalizione acquisisca più voti del candidato sindaco sostenuto (20,58%). Il tonfo del Pd è quindi fragoroso: -4,2% rispetto alle amministrative 2012; -9,9% rispetto alle politiche del 2013; -25% rispetto alle europee del 2014.

    Arriva terzo, restando fuori dal ballottaggio, Mario Cito, cinque anni fa al ballottaggio per la destra, oggi invece capeggiando un’unica lista civica. Solo quarto il Movimento 5 Stelle, con appena il 12,43% del suo candidato sindaco e il 9,97% della lista. Migliora sì rispetto al 2012 (1,9%), ma registra una caduta vertiginosa rispetto al 2013 (27,7%) e al 2014 (25,4%). Gli altri sei candidati hanno ottenuto un consenso che va dall’1,11% al 9,76%.

    A Taranto, quindi, l’offerta politica atomizzata non restituisce l’idea di un chiaro vincitore. Può in parte sorridere il centrodestra, che centra il ballottaggio come prima forza, migliorando i risultati del 2012. Male invece per il centrosinistra, che arriva al secondo turno molto debolmente, e per il Movimento 5 Stelle, addirittura quarto.

    Dai flussi di Taranto si evince come l’elettorato non sia riuscito a indirizzarsi verso un candidato specifico e si sia diviso almeno tanto quanto si è dimostrata frastagliata l’offerta politica per la conquista della carica di primo cittadino. Infatti, se confrontato il voto di domenica 11 giugno con quello delle politiche 2013, sono pochi gli elettori che confermano il candidato espressione della stessa area. L’apice è raggiunto dal 31,1% di elettori che confermano il voto al M5S, che sappiamo però essere arrivato quarto al primo turno. Il restante 69,9% è stato indirizzato per poco più di un terzo al candidato di centrosinistra Melucci e per quasi un altro terzo verso il non voto. Ciò che rimane va in misura maggiore alla candidata di centrodestra (10,1%). Gli elettori berlusconiani del 2013 mostrano un comportamento altresì sorprendente: ben il 46,7% si rifugia nel non voto. Solo l’11,6% sceglie la candidata naturale Baldassari, addirittura meno del candidato civico (di destra nel 2012) Cito, scelto dal 18% dei berlusconiani 2013. Ma anche l’elettorato di centrosinistra appare diviso. Fatto 100 quello di Bersani del 2013, solo il 26,1% ha scelto Melucci. Evidente appare la frattura a sinistra, con due candidati (Sebastio e Bitetti), che insieme raccolgono il 30,8% di quel bacino elettorale. Ad una tornata di forte astensione, però, sorprende come nel non voto defluisca solo il 9%, mostrando come questo sia preso meno in considerazione dall’elettorato tarantino di centrosinistra, a differenza del 46,7% berlusconiano, 44,4% montiano e 21,3% grillino. Infine ben il 72,9% di chi si era astenuto nel 2013 ha continuato a disertare le urne. La parte restante ha scelto maggiormente la candidata di centrodestra (14,1%).

    Tabella 2 – I flussi elettorali di Taranto tra Politiche 2013 e Comunali 2017, destinazioniflussi taranto destVolgendo invece lo sguardo ai flussi di provenienza per ogni candidato, notiamo come il dato più singolare sia probabilmente rappresentato dall’elettorato di Melucci. Questo, infatti, è composto solo per il 42,6% da chi votò Bersani nel 2013 e da addirittura il 41,7% da chi aveva scelto il Movimento 5 Stelle. Questo mostra come a Taranto, in linea teorica, il voto grillino sia più un voto di centrosinistra e, così, dovrebbe essere più semplice per Melucci contare su questo bacino di consensi per il secondo turno. La sfidante Baldassari, invece, ha ottenuto più voti da chi non era andato a votare nel 2013 (45,1%), mentre nettamente inferiore è il consenso derivante da chi votò Berlusconi nel 2013 (15,9%). È invece nuovamente Cito che fa della base dell’ex Cavaliere la roccaforte del proprio consenso. Ben il 44,2% dei propri voti proviene da lì; solo il 26,1% dal non voto e addirittura il 19,1% da quelli di Bersani 2013. Chi invece riflette con maggior coerenza il voto 2013 è il Movimento 5 Stelle. Fatto 100 l’elettorato di Nevoli, ben il 74,8% aveva votato la lista di Grillo quattro anni fa. Infine una considerazione sul non voto: il 65,6% di chi si è astenuto l’11 giugno si era astenuto nel 2013. La forza politica però che più sembra aver risentito di questo fenomeno è quella berlusconiana: infatti il 18% dei non votanti scelsero Berlusconi nel 2013. Combinando i dati delle due tabelle, quindi, nel centrodestra è occorso un fatto singolare: che aveva votato Berlusconi quattro anni fa ha preferito maggiormente astenersi nel 2017 e non votare Baldassari; chi ha votato Baldassari quattro anni fa aveva deciso di astenersi e solo in minima parte aveva preferito Berlusconi.

    Tabella 3 – I flussi elettorali di Taranto tra Politiche 2013 e Comunali 2017, provenienzeflussi taranto provFigura 2 – I flussi elettorali a Taranto fra Politiche 2013 e Comunali 2017 (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)flussi taranto fig

    Lecce mostra un’affluenza elettorale particolarmente alta, soprattutto se confrontata con la media nazionale e con le precedenti consultazioni referendarie ed europee. Il 70,16% del corpo elettorale si è presentata ai seggi, un risultato lievemente in calo rispetto al 2012 quando votò il 73,8%, ma superiore al 60,07% degli altri comuni di questa tornata, al 63,73% del 4 dicembre e al bassissimo 46,7% del 2014 (Tabella 4).

    Tabella 4 – Risultati Comune di Lecce dal 2012 al 2017[1]lecce tableu

    La città da quando è stata introdotta l’elezione diretta, salvo un periodo dal 1995 al 1998, è sempre stata amministrata dal centrodestra. Nel 2012 Paolo Perrone rivinse le elezioni al primo turno con il 64,3% dei consensi, lasciando poco spazio ai competitor. Quest’anno, avendo completato il doppio mandato, per la coalizione berlusconiana si è presentato Mauro Giliberti. Il risultato è buono, ma non paragonabile al precedente. Il centrodestra, quando manca ancora una sezione al termine dello spoglio, rimane prima coalizione, ma sarà necessario un ballottaggio per assegnare la carica di sindaco, dato che l’alleanza forzista ha ottenuto il 45,22% dei voti. Chi ha avuto un ruolo guida, però, è stato il partito fittiano Direzione Italia conquistando il 17,45% delle preferenze, seguito dalla lista civica Grande Lecce con il 10,56%. Solo terza Forza Italia con l’8,93%. È questo un risultato decisamente basso, specialmente se confrontato con le elezioni precedenti in cui la sua percentuale (Pdl) si attestava al 27,8%. Da allora il calo è stato progressivo: 25% alle politiche e 22,7% alle europee. Bene invece la parte alla destra, che con Fratelli d’Italia raccoglie il 5,65%, incrementando

    i consensi rispetto alle precedenti elezioni. Meno bene Lecce Popolare, ferma al 2%. Interessante infine notare la discrepanza tra il voto alle liste e quello al candidato sindaco, testimonianza di un discreto utilizzo del voto disgiunto. Ebbene, se Giliberti avesse ottenuto tanti consensi quanti quelli delle liste a lui candidato, sarebbe stato eletto sindaco al primo turno con il 52,03% dei voti. Questo testimonia probabilmente una scarsa attrattività del candidato in questione.

    Chi riesce ad approdare al secondo turno è il centrosinistra di Carlo Salvemini, ottenendo il 28,97% dei voti. È un risultato migliore rispetto a quello di cinque anni fa per quanto riguarda la coalizione, all’epoca ferma al 25,84%, ma anche rispetto alle politiche, quando ottenne il 27,7%. Quest’anno il centrosinistra si presentava con il Pd e quattro liste civiche. Lecce Città Pubblica e Pd sono le formazioni politiche che hanno raccolto più consensi (attorno all’8,5%, quando si sono scrutinate 101 sezioni su 102). Se la coalizione cresce, però, il Pd cala. Era al 10,6% nel 2012, al 20% nel 2013 e al 37,6% nel 2014. Salvemini registra l’effetto opposto rispetto a Giliberti. Raccoglie 4,3 punti percentuali in più rispetto alle liste a lui collegate, dimostrando come la sua candidatura sia in parte apprezzata anche fuori i confini della sua coalizione.

    Al terzo posto si colloca la coalizione di centro guidata dall’Udc, con un buon 16,9%. Questo è un risultato quattro volte superiore rispetto al 2012 e forse anche per questo motivo si è reso necessario il doppio turno. L’Udc singolarmente prende grosso modo la stessa percentuale del 2012, ma è la coalizione di liste civiche alleate che permette, insieme, di arrivare a questo ottimo risultato.

    Come a Taranto, così anche a Lecce il Movimento 5 Stelle si classifica quarto, dimostrando la difficoltà riscontrata su tutto il territorio nazionale in questa tornata amministrativa. Al candidato Fabio Valente è andato il 6,3% dei consensi, mentre la lista è ferma al 5%. È vero che migliora rispetto al 2012, ma la caduta rispetto a politiche ed europee è forte: si tratta rispettivamente del -20,7% e del -18,9%.

    Infine, per quanto riguarda i flussi, alcuni dati sono particolarmente interessanti da analizzare (tabelle 5 e 6). Fatto 100 l’elettorato dei vari candidati sindaco, il 54% di quello di Salvemini proviene da chi nel 2013 aveva votato Bersani, mostrando quindi una discreta coerenza di scelta. Così come capita a Valente per il M5S, il cui 66% proviene da quel serbatoio di voti, a cui si aggiunge un 28% proveniente dal non voto: è così chiaro come il Movimento sia per nulla attrattivo nelle restanti parti dell’elettorato. I voti di Giliberti, invece, provengono per il 43% da chi votò Berlusconi nel 2013, ma anche per il 31% da chi votò il M5S, mostrando come questo movimento non collocabile sull’asse sinistra-destra a Lecce prese maggiormente i voti dalla destra. Questo risultato è riscontrabile anche facendo 100 l’elettorato grillino del 2013 e vedendo come il 55% di esso si sia spostato proprio su Giliberti. Infine interessante notare come il 59% di chi votò Monti nel 2013 abbia scelto Salvemini nel 2017 e 0 Giliberti, il quale invece pesca più di tutti tra i non votanti delle politiche (25%).

    Tabella 5 – I flussi elettorali di Lecce tra Politiche 2013 e Comunali 2017, destinazionilecce dest

    Tabella 6 – I flussi elettorali di Lecce tra Politiche 2013 e Comunali 2017, provenienzelecce prov

    In conclusione, Lecce rimane una città di centrodestra, la cui coalizione però non è riuscita a realizzare lo stesso risultato della rielezione di Perrone. Una vittoria al secondo turno è però decisamente probabile, anche guardando l’appoggio alle liste di Giliberti. Migliora il centrosinistra che riesce ad arrivare al ballottaggio, ma è lontano da una possibilità di vittoria. Bene il centro, quasi al 17%, mentre male per il Movimento 5 Stelle che, pur migliorando i risultati del 2012, si classifica quarto ben lontano dalla doppia cifra.

    Figura 2 – I flussi elettorali a Lecce fra Politiche 2013 e Comunali 2017 (percentuali sull’intero elettorato, clicca per ingrandire)lecce figura flussi

    Riferimenti bibliografici:

    Corbetta, P.G., A. Parisi e H.M.A. Schadee [1988], Elezioni in Italia: struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Bologna, Il Mulino.

    Goodman, L. A. (1953), Ecological regression and behavior of individual, «American Sociological Review», 18, pp. 663-664.

    Plescia, C., e L. De Sio (2017), An evaluation of the performance and suitability of R× C methods for ecological inference with known true values, «Quality & Quantity», pp.  1-15.


    NOTA METODOLOGICA

    I flussi riportati sono stati calcolati applicando il modello di Goodman alle oltre 100 sezioni elettorali del comune di Lecce e 191 sezioni di Taranto. In entrambe le analisi abbiamo eliminato le sezioni con meno di 100 elettori (oggi o nel 2013), nonché quelle che hanno registrato un tasso di variazione superiore al 20% nel numero di elettori iscritti (sia in aumento che in diminuzione).  Il valore dell’indice VR è pari a 14,8 a Lecce e 8,3 a Taranto.


    [1] Nella parte superiore di ciascuna tabella sono presentati i risultati al proporzionale; nella parte inferiore si usano i risultati maggioritari (per le comunali).

    Sinistra è la somma dei risultati ottenuti da candidati (comunali) o partiti (politiche ed europee) di sinistra ma non in coalizione con il Pd;

    il Centro-sinistra somma candidati (comunali) del Pd o le coalizioni (politiche ed europee) con il Pd;

    Il Centro è formato da candidati (comunali) o coalizioni (politiche ed europee) sostenuti o contenenti almeno uno fra Udc, Ncd, Fli, Sc, Dc, Adc, Api, Udeur;

    il Centro-destra somma candidati (comunali) sostenuti da Fi (o Pdl) o coalizioni (politiche ed europee) contenenti Fi (o Pdl) o Direzione Italia, Gs, Mpa;

    la Destra è la somma di candidati (comunali) sostenuti da  Lega, Fdi o La Destra o coalizioni (politiche ed europee) contenenti almeno uno di questi.

    Criteri per l’assegnazione di un candidati a un polo: se un candidato è sostenuto dal Pd o dal Pdl (o Fi) è attribuito al centro-sinistra e al centro-destra rispettivamente, a prescindere da quali altre liste facciano parte della coalizione a suo sostegno. Se un candidato è sostenuto solo da liste civiche è un candidato civico. Se una coalizione è mista civiche-partiti, questi trascinano il candidato nel loro proprio polo se valgono almeno il 10% della coalizione, altrimenti il candidato resta civico. Se un candidato è sostenuto da partiti appartenenti a diverse aree (escludendo Pd e Pdl che hanno la priorità), si valuta il relativo contributo dei diversi poli alla coalizione del candidato per determinarne l’assegnazione (al polo che pesa di più).

  • Verso le comunali: amministrazioni uscenti e offerta elettorale nel Sud

    Verso le comunali: amministrazioni uscenti e offerta elettorale nel Sud

    Al Sud le elezioni amministrative coinvolgono 80 comuni superiori, di cui 9 capoluoghi di provincia (Catanzaro, Frosinone, L’Aquila, Lecce, Oristano, Palermo, Rieti, Taranto e Trapani). I candidati totali sono 428, in media 5,4 per comune; media che si alza a 6,1 nei capoluoghi, dove i candidati totali sono 55. Le formazioni politiche maggiormente presenti sono Pd e M5s, entrambi competitivi in 9 capoluoghi su 9 e praticamente appaiati nella totalità dei comuni superiori (rispettivamente 65 e 64). Subito dietro Forza Italia, anch’essa presente in tutti i capoluoghi, ma più ridimensionata se si considera il totale dei grandi comuni (54 su 80). Percentuali di presenza inferiori invece per sinistra (che non presenta grosse differenze tra comuni superiori e capoluoghi, con percentuali del 41% e 44%), centro (meglio nei capoluoghi, 33% contro 21%) e destra (meno bene nei capoluoghi, 11% contro 30%).

    Il numero totale delle liste ammonta nei comuni superiori a 1337, con una media di 16,7 per amministrazione. Numero che aumenta nei capoluoghi, arrivando a toccare le 21,3 di media (per un totale di 192 liste). Le formazioni che ne hanno presentate di più sono quelle a sostegno del Pd nei comuni maggiori, ossia 338 (in media 5,2 a comune, contro le 277 di FI), e quelle a sostegno di Forza Italia nei capoluoghi, ossia 62 (in media 6,9 a comune, contro le 59 del Pd). Discorso analogo per le più piccole formazioni di sinistra nei comuni non capoluogo (più forti del centro con 79 liste contro 58) e di centro (Ap e Udc) nei capoluoghi (16 liste contro le appena 11 della sinistra). In fondo alla “classifica” le liste di destra (Lega e FdI), presenti una sola volta nei capoluoghi e 55 fra gli altri.

    Infine, i candidati al di fuori di questi schieramenti sono 171, di cui 20 nei comuni capoluogo. Le liste a loro sostegno sono 466 (in media 7,3 a comune), di cui 34 nei comuni capoluogo (in media 3,8 a comune). Essi soltanto, insieme alla destra, fanno registrare medie più basse nei capoluoghi rispetto ai comuni superiori non capoluogo.

    Tab. 1 – Riepilogo dell’offerta elettorale, candidati e listeofferta_sud

    Per quanto riguarda le amministrazioni uscenti, esse sono in maggior parte appartenenti al Pd e in secondo luogo a Fi. Si sta parlando rispettivamente di 32 consigli uscenti contro 26 in tutti i comuni superiori, contro i quattro per ciascuno tra i capoluoghi. La sinistra finisce il mandato in 7 comuni superiori e in un solo capoluogo. Centro, Altri e Destra hanno rispettivamente 6, 5 e 2 comuni superiori uscenti e zero capoluoghi. M5s e grandi coalizioni non sono invece presenti in alcun comune.

    Tab. 2 – Le amministrazioni uscenti nei comuni superiori al voto[1]uscenti_sud

    A Catanzaro nel 2012 vinse con appena il 50,62% dei voti al primo turno la coalizione di centrodestra guidata da Sergio Abramo, che a questa tornata si ripresenta per il secondo mandato. L’alleanza prevede Forza Italia, Federazione Popolare e altre quattro liste civiche. Il resto del quadro è tutto sommato di semplice lettura. Gli sfidanti infatti sono Vicenzo Ciconte per il centrosinistra (Pd, Idv, Udc, Psi, Pensionati, Socialisti e Democratici più cinque liste civiche), Bianca Granata per il Movimento 5 Stelle e Nicola Fiorita, candidato sindaco con tre liste civiche che lo sostengono.

    Situazione analoga a Frosinone, dove il sindaco uscente Nicola Ottaviani, vittorioso al ballottaggio contro il centrosinistra nel 2012 con la coalizione di centrodestra (53,12%), tenta la rielezione. Lo sostiene un’ampia alleanza formata da Fi, Fdi, Ap e sei liste civiche. A contendergli la carica di primo cittadino saranno Fabrizio Cristofari per il centrosinistra (Pd, Socialisti e Riformisti più tre liste civiche), Christian Bellincampi per il Movimento 5 Stelle, Fernando Incitti di Casapound e Giuseppina Bonaviri e Stefano Pizzutelli, espressioni di liste civiche.

    A L’Aquila nel 2012 vinse al ballottaggio il centrosinistra contro il centro con il 59,2% dei voti. A questa tornata i candidati sindaco sono sette. Americo Di Benedetto per il centrosinistra (Pd, Democratici Progressisti, Democratici Socialisti, Socialisti e Popolari, Abruzzo Civico e altre quattro liste civiche), Pierluigi Biondi per il centrodestra unito (Fi, Fdi, Noi con Salvini, Udc, Rivoluzione Cristiana e due liste civiche), Fabrizio Righetti del Movimento 5 Stelle, Claudia Pagliariccio di Casapound  e Carla Cimoroni, Giancarlo Silveri e Nicola Trifuoggi come candidati civici.

    Lecce da quando c’è l’elezione diretta del sindaco si è sempre espressa verso il centrodestra (ad eccezione della prima occasione in cui vinse il centrosinistra: dal 1995 al 1998). Nel 2012 la coalizione di Paolo Perrone vinse addirittura con il 64,3% al primo turno. Quest’anno ci proverà Mauro Giliberti a confermare il trend, con un’alleanza composta da Fi, Fdi, Noi con Salvini, Direzione Italia e quattro liste civiche. A sfidarlo c’è sia una coalizione di centrosinistra (Pd e quattro liste civiche) ed una di centro (Udc, Pensionati e cinque liste civiche). A completare il quadro il Movimento 5 Stelle, Casapound e un candidato sindaco espressione di una lista civica.

    A Oristano la giunta uscente è di centrosinistra, che nel 2012 aveva battuto al ballottaggio la coalizione di centro con il 58,06% dei voti. Quest’anno il Pd è alleato con il Partito Sardo d’Azione, con l’Unione Popolare Cristiana, con il Psi e con due liste civiche. Il centro invece è formato da Udc, Partito dei Sardi e due liste civiche. Sono presenti inoltre una coalizione di centrodestra (Fi, Fdi, Fortza Paris, Riformatori Sardi-Liberaldemocratici e una lista civica), il Movimento 5 Stelle e due candidati civici.

    Il caso palermitano invece è totalmente da considerare a parte. Nel 2012 vinse al ballottaggio Leoluca Orlando, sostenuto da Idv, Rifondazione e Verdi, contro Fabrizio Ferrandelli, appoggiato da Pd, Vendola e due liste civiche. Al primo turno Orando prese il 47,42% dei consensi, anche se le liste a suo sostegno si fermarono complessivamente al 14,99% dei voti. Ferrandelli invece andò al ballottaggio con appena il 17,34% dei voti, anche se le liste che lo appoggiavano complessivamente avevano ottenuto il 18,53%. Cosa ancora più insolita, però, è che si ritrovano di nuovo contro a questa tornata elettorale, ma non con gli stessi schieramenti a sostegno della propria candidatura. Orlando, infatti, si presenta con il centrosinistra (Alleanza Per Palermo, Palermo 2022, Movimento 139, Mosaico Palermo, Uniti Per Palermo, Sinistra Comune e soprattutto Democratici E Popolari, cioè il Pd unito con il centro). Ferrandelli, invece, è diventato il candidato del centrodestra (Palermo Con Fabrizio, I Coraggiosi Palermo, Palermo Prima Di Tutto, Udc, Cantiere Popolare, Forza Italia e Al Centro). Contendono la carica di primo cittadino anche Ugo Forello per il Movimento 5 Stelle, Ismaele La Vardera con una lista di destra, Nadia Spallitta con una si sinistra e Ciro Lomonte con una lista civica.

    A Rieti Simone Pietrangeli, sindaco uscente di centrosinistra, che vinse nel 2012 al ballottaggio con il centrodestra con il 67,17% dei voti, si ricandida con il sostegno di Pd, Psi e quattro liste civiche. Il centrodestra mette in campo una larga coalizione che va dall’Udc, Fi, Direzione Italia, Fdi a cinque liste civiche. Vi è poi un candidato del Movimento 5 Stelle e uno di Forza Nuova. Chiude l’elenco un esponente civico.

    Taranto presenta ancora una volta un’offerta elettorale decisamente frammentata. Se nel 2012 vi son stati 11 candidati sindaco e 31 liste, a questa tornata assistiamo ad una sfida tra 10 candidati e ben 36 liste. Nel 2012 alla fine si impose il centrosinistra al ballottaggio, sconfiggendo la destra con il 69,67% dei voti (si sfiorò però la vittoria al primo turno, mancata per uno 0,08%). Quest’anno il Pd ci prova con un altro esponente, in coalizione con Psi, centristi e quattro liste civiche. Il centrodestra si presenta con Fi (Forza Taranto), Direzione Italia e ben sei liste civiche. C’è poi ancora il candidato di destra che perse al ballottaggio nel 2012; una coalizione più centrista formata da Rivoluzione Cristiana, Pensionati e cinque liste civiche; due esponenti di sinistra (uno appoggiato da DeMa, Verdi e una lista civica; l’altro da tre liste civiche); il candidato del Movimento 5 Stelle e, infine, altri tre candidati civici.

    A Trapani nel 2012 andò al ballottaggio il centrodestra del Pdl (secondo al primo turno con il 27,42%) ed il centro di Udc, Fli, Mpa (arrivato primo con il 37,93%). Questi ultimi, nonostante questo risultato, persero giacché Vito Damiano (Pdl) con il 53,56% ottenne la maggioranza dei voti. Quest’anno Forza Italia ci riproverà con Antonio D’Alì come candidato sindaco, in alleanza con Psi e Per La Grande Città. Girolamo Fazio, che nel 2012 appoggiò proprio il Pdl, quest’anno gareggerà contro, sostenuto da una coalizione centrista (Lista Fazio, Uniti Per Il Futuro, Progetto Per Trapani, Udc – Trapani Tua e Io Ci Sono). Gli altri competitor sono Pietro Savona per il centrosinistra (Pd, Cittadini per Trapani e Trapani Svegliati); Marcello Maltese per il Movimento 5 Stelle; Giuseppe Marascia con una lista civica.


    [1] Sono inclusi solo quei comuni che superiori lo erano già in occasione delle precedenti elezioni comunali e che quindi già in tale occasione votavano con il sistema elettorale a doppio turno e liste multiple a sostegno dei candidati.

  • Verso le comunali: offerta elettorale e situazione di partenza nei comuni del Nord

    Verso le comunali: offerta elettorale e situazione di partenza nei comuni del Nord

    Siamo ormai nella settimana che ci porterà al primo turno delle elezioni comunali di quest’anno. Si tratta di una tornata molto importante, l’ultimo appuntamento elettorale prima delle prossime elezioni politiche, che coinvolgerà in tutto oltre 1.000 comuni, che amministrano oltre 10 milioni di cittadini italiani. Come sempre, il CISE seguirà accuratamente queste imminenti elezioni amministrative, concentrandosi in particolare sui risultati che si osserveranno nei comuni superiori ai 15.000 abitanti, quelli che votano con il doppio turno e le liste dei partiti. Sono in tutto 161, di 25 capoluoghi di provincia, per un totale di circa 7 milioni di abitanti e 6 milioni di elettori.

    In questo articolo, nello specifico, guardiamo ai comuni settentrionali, inquadrando la situazione di partenza in termini di amministrazioni uscenti, e l’offerta elettorale in campo in questo 2017.

    Al Nord l’offerta elettorale si caratterizza per la presenza di 343 candidati nei 60 comuni superiori, di cui 97 nei 12 comuni capoluogo. Questi nello specifico sono: Alessandria, Asti, Belluno, Como, Cuneo, Genova, Gorizia, La Spezia, Lodi, Monza, Padova e Verona. I candidati del Pd sono i più presenti (57/60 nei comuni superiori e ben 12/12 fra i capoluoghi). Rapporti simili sono raggiunti anche da Forza Italia (57/60 e 11/12) e Movimento 5 Stelle (48/60 e 12/12). I candidati di sinistra si presentano maggiormente nei comuni capoluogo (67% contro il 45%), mentre Ap, Udc e Lega e Fdi hanno un peso decisamente minore, con le formazioni centriste più forti nei capoluoghi, a differenza della destra più forte nei comuni superiori non capoluogo.

    Le liste totali sono 792 nei comuni superiori (in media 13,2 a comune), di cui 222 nei capoluoghi (in media 18,5 a comune). La formazione politica con più liste al proprio sostegno è Forza Italia (223 nei comuni superiori: in media 4,3 a comune; 65 in quelli capoluogo: 5,9 per comune). Seguono le liste a sostegno del Pd (183 e 47). Anche in quest’occasione Ap, Udc e Lega sono più staccati: con la destra più forte nei comuni superiori non capoluogo (40 contro 1), mentre il centro con soli 12 e 8, ma con medie per comune a livello dei partiti maggiori (3 e 4).

    Per quanto riguarda gli “altri candidati”, sono 134 nei comuni superiori, di cui 51 nei capoluoghi. Le liste a loro sostegno sono 217 (in media 4,5 a comune), di cui 74 nei capoluoghi (in media 6,2).

    Tab. 1 – Riepilogo dell’offerta elettorale, candidati e listenord_offerta

    Le amministrazioni uscenti sono nettamente appannaggio del Pd: in particolare 33 nei comuni superiori, di cui 7 nei capoluoghi. Segue Forza Italia, rispettivamente con 12 e 2. Sinistra, Centro, Lega, Fdi e alleati ne detengono una a testa in entrambe le categorie. M5s e grandi coalizioni, invece, sono amministrazioni uscenti in un solo comune superiore. Gli ultimi 3 appartengono a formazioni altre da quelle qui specificate.

    Tab. 2 – Le amministrazioni uscenti nei comuni superiori al voto[1]nord_uscenti

    Ad Alessandria l’amministrazione uscente è quella di centrosinistra del sindaco Maria Rita Rossa, ricandidata a questa tornata, composta da Pd, Sel, Idv, Rifondazione Comunista, Moderati e Insieme per Rita Rossa, che vinse al ballottaggio contro il centrodestra con il 67,97%. A questa tornata i candidati sono otto. Oltre all’uscente, appoggiata da Pd, Moderati, Sinistra e civica), è presente il centrodestra (composto da Forza Italia, Lega, Fdi e civica) e Movimento 5 Stelle. Un ulteriore candidato è espressione della sinistra, mentre un altro della destra fittiana e del Popolo della famiglia. Chiudono il cerchio altri tre candidati di provenienza civica.

    Anche Asti viene da un’amministrazione uscente di centrosinistra, che nel 2012 aveva battuto il centrodestra al ballottaggio con il 56,9% dei voti. A questa tornata i candidati sindaco sono otto. Il Pd si presenta da sol, affiancato solo da due liste civiche. Il centrodestra invece è unito nella coalizione composta da FI, Lega e Fdi più civiche. In solitaria invece il centro, con Ap che compete senza alleati, così come ovviamente il M5s. gli altri quattro candidati sono espressione di liste civiche.

    A Belluno si ricandida il sindaco uscente Jacopo Massaro, espressione di liste civiche che nel 2012 sconfissero al ballottaggio la coalizione di centrosinistra. Quest’anno, invece, il Pd si candida in solitaria contro Massaro, così come fa la Lega, il M5s e la sinistra del Partito Comunista dei Lavoratori. Altri due civiche completano l’elenco dell’offerta elettorale.

    A Como l’amministrazione uscente è quella di centrosinistra, che nel 2012 si impose al ballottaggio contro il centrodestra con il 74,87%. Quest’anno il Pd si presenta solo con Verdi e una civica. Ad essi si oppongono il centrodestra unito (Fi, Lega, Fdi più civiche), col ricongiungimento quindi del partito berlusconiano e di quello leghista. Anche qui compete un esponente del M5s, mentre gli altri quattro sono espressione di liste civiche.

    A Cuneo l’offerta elettorale trova una sua ricomposizione, dopo che la scorsa tornata aveva presentato uno scenario particolarmente frammentato. All’epoca vinse Federico Borgna, candidato del centro, che sconfisse il centrosinistra con il 59,88% al ballottaggio. Lega, Pdl, Fli, invece, correvano tutti separati. Quest’anno Borgna è diventato candidato sindaco del centrosinistra, trovando l’appoggio del Pd. Ma anche il centrodestra si presenta unito, nella coalizione comprendente Fi, Lega e Fdi. Infine, oltre i tre civici, vi è anche un candidato di Casapound ed uno del M5s.

    A Genova nel 2012 vinse al ballottaggio Marco Doria, esponente del centrosinistra vendoliano che aveva battuto i candidati democratici alle primarie di coalizione. Quest’anno per il centrosinistra si candida Crivello, mentre Bucci sarà l’esponente del centrodestra unito (Fi, Lega e Fdi). Interessante sarà vedere il risultato di Pirondini del M5s, arrivato secondo alle primarie del movimento, ma diventato in seguito candidato ufficiale dopo la sottrazione del ruolo alla vera vincitrice Marika Cassimatis. Quest’ultima si presenta con una lista civica recante il suo nome. Gli altri civici sono tre. Infine, in solitaria, un candidato del Partito Comunista dei Lavoratori ed uno del Popolo della Famiglia.

    Gorizia viene invece da un’esperienza di centrodestra, che nel 2012 vinse al primo turno con il 51,5% dei voti. Quest’anno ci riprovano con una coalizione allargata molto simile anche se con un differente candidato sindaco, contro un centrosinistra composto dal Pd e tre civiche. Segue un candidato del M5s e uno della sinistra, a cui si aggiungono cinque civici.

    Analogo il caso di La Spezia, dove lì a vincere al primo turno è stato il centrosinistra con il 52,55%. La coalizione si ripresenta in forma allargata ma con un differente candidato sindaco. Gli si oppongono un candidato di centrodestra, a sua volta unito (Fi, Lega, Fdi più civiche), uno del M5s, uno di Casapound, uno di Forza Nuova e ben sette civici.

    Lodi dopo le elezioni nel 2013 vinte dal centrosinistra ed un commissariamento torna al voto con sette candidati sindaco. Il centrosinistra è composto dal Pd e da quattro liste civiche, mentre il centrodestra si presenta con la larga coalizione di Fi, Lega, Fdi, Pensionati ed una civica. A contendere la carica di primo cittadino anche il M5s e quattro civici.

    Monza vede la riproposizione del sindaco uscente di centrosinistra, che nel 2012 vinse al ballottaggio con il 63,69% contro il centrodestra. A Scanagatti si contrappone (ognuno con un proprio candidato sindaco) il centrodestra unito (Fi, Lega, Fdi più civiche), il Movimento 5 Stelle, Rifondazione Comunista e il Popolo della Famiglia. Qui i candidati civici sono solo due.

    Massimo Bitonci, sindaco sfiduciato a Padova, tenta la rielezione in questa elezione “anticipata” dopo soli tre anni dalla precedente. Nonostante i dissidi in maggioranza, l’alleanza continua a essere composta da Lega, Fi, Fdi più il partito di Fitto ed alcune liste civiche. Il Pd si contrappone con una lista di sinistra e quattro civiche. Completano l’elenco i candidati del M5s, di Casapound, del Popolo della Famiglia, oltre a due civici.

    Finita l’esperienza Tosi, a Verona l’ex sindaco prova a far eleggere Patrizia Bisinella, senatrice nonché sua moglie, sotto i simboli della lista del marito. Anche qui il centrodestra propone una coalizione larga composta da Lega, Fi, Fdi, Pensionati e civiche. Il centrosinistra schiera, invece, solo il Pd più due liste civiche. Chiudono l’elenco un candidato del M5s, uno della sinistra, uno del Popolo della Famiglia ed un civico.


    [1] Sono inclusi solo quei comuni che superiori lo erano già in occasione delle precedenti elezioni comunali e che quindi già in tale occasione votavano con il sistema elettorale a doppio turno e liste multiple a sostegno dei candidati.