Autore: Vincenzo Emanuele

  • La peggiore performance della sinistra italiana

    La peggiore performance della sinistra italiana

    Non ci sono buone notizie per la sinistra dal voto politico italiano. Considerando il blocco di sinistra tradizionale, costituito dai partiti di sinistra “classici” (partiti comunisti, socialisti e socialdemocratici) e il blocco di centrosinistra, che comprende anche i partiti della “nuova” sinistra, emerge un quadro alquanto negativo. Dal punto di vista nazionale, il blocco di centrosinistra registra la performance peggiore dal 1948. La sinistra tradizionale, invece, registra una performance negativa, ma il dato è lievemente maggiore se confrontato con il 2018 e con il 2001 (Figura 1)

    Figura 1: Performance della sinistra a livello nazionale

    Volgendo lo sguardo alla Figura 2, osserviamo come quella di oggi sia la peggiore performance elettorale della sinistra anche a livello comparato considerando le ultime elezioni politiche in 20 paesi dell’Europa occidentale. Il dato (24,5%), infatti, è peggiore anche alla sinistra francese, che aveva registrato una performance maggiore (32,6%).

    Figura 2: Performance della sinistra in chiave comparata

    Nota: l’analisi considera 406 elezioni politiche (Camera bassa) svoltesi in 20 paesi dell’Europa Occidentale dal 1945 a oggi. I paesi inclusi nell’analisi sono: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, e Svizzera. Per la selezione dei partiti di sinistra sono stati considerati i partiti del cosiddetto “class bloc” (Emanuele 2021).

  • In Italia nel 2022 uno dei maggiori cali dell’affluenza in Europa occidentale

    Figura 1. Maggiori crolli di affluenza tra due elezioni consecutive in Europa occidentale (1945-2022)

    Con i dati ormai sostanzialmente consolidati (7766 sezioni su 7904), si può parlare di un crollo senza precedenti dell’affluenza in occasione delle elezioni politiche del 2022. Infatti, i dati del Ministero dell’Interno mostrano come la percentuale di aventi diritto recatasi alle urne sia calata di circa 9 punti percentuali, passando dal 72,9% del 2018 al 63,78% (provvisorio) del 2022. Un dato che pone le elezioni italiane del 2022 nella top 10 dei maggiori crolli di affluenza nella storia dell’Europa Occidentale dal 1945 ad oggi.

    Nota: l’analisi considera 406 elezioni politiche (Camera bassa) svoltesi in 20 paesi dell’Europa Occidentale dal 1945 a oggi. I paesi inclusi nell’analisi sono: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, e Svizzera.

    Figura 2. Affluenza della più recente elezione politica in Europa occidentale

    Se invece guardiamo alla percentuale di votanti, il 63,78 (provvisorio) nel 2022 colloca l’Italia agli ultimi posti nel panorama europeo odierno. Come si vede dalla figura 2 in pagina, guardando i dati dell’affluenza della più recente elezione politica svoltasi nei 20 paesi dell’Europa Occidentale, il dato italiano è uno dei più bassi. Tra i grandi paesi europei è superato da Germania (76,6% nel 2021), Regno Unito (67,3% nel 2019) e Spagna (66,2% nel novembre 2019). l’Italia rimane davanti, tra i grandi paesi, solo alla Francia (47,5% di affluenza nel giugno 2022). Va però aggiunto che in Francia le elezioni legislative sono percepite come di “secondo ordine” rispetto alle presidenziali (queste ultime registrano un’affluenza molto maggiore).

  • La performance elettorale dei populisti potrebbe essere il terzo risultato migliore in Europa dal 2010

    La performance elettorale dei populisti potrebbe essere il terzo risultato migliore in Europa dal 2010

    Se gli exit poll appena usciti saranno confermati (Sky, La7 e Rai), si profila all’orizzonte un altro risultato di portata storica. Questa volta la nostra attenzione si concentra sulla performance dei partiti populisti. La definizione di populisti si basa sulla classificazione del dataset “PopuList” (Rooduijn et al. 2019). Per l’Italia, nel 2022, il dataset considera Fratelli d’Italia, la Lega e il Movimento 5 Stelle come tali. La loro performance aggregata, secondo la media degli exit poll, è di 50,5% e risulta quindi la terza migliore performance dei partiti populisti in Europa occidentale dal 2010 a oggi. Come mostra il grafico in pagina, fino ad oggi, il valore più alto era stato registrato sempre in Italia: nel 2018 (54,4%), tre punti in più della Francia 2022 (51,4%).

    Figura 1. Migliori performance aggregate dei partiti populisti in Europa occidentale dal 2010 ad oggi

    Nota: l’analisi considera 71 elezioni politiche (Camera bassa) svoltesi in 20 paesi dell’Europa Occidentale dal 2010 a oggi. I paesi inclusi nell’analisi sono: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, e Svizzera. La lista dei partiti populisti è tratta dal dataset PopuList (Rooduijn et al. 2019). Il dato sull’Italia si riferisce agli exit poll (Quorum per Sky TG24, SWG per La7 e Opinio per Rai).

  • La crescita elettorale di FDI: la terza più rilevante nella storia dell’Europa Occidentale?

    La crescita elettorale di FDI: la terza più rilevante nella storia dell’Europa Occidentale?

    Con l’uscita dei primi exit-poll, si profila già un primo risultato clamoroso di queste elezioni. Se gli exit-poll saranno confermati dai dati reali, la performance elettorale di Fratelli d’Italia tra il 2018 e il 2022 costituirà il terzo maggiore incremento elettorale nella storia delle elezioni politiche in Europa Occidentale dal secondo dopoguerra (+19,8 punti percentuali tra 2018 e 2022), dal 4,4% al 24,2% (media degli exit-poll di Sky, La7 e Rai).

    Come si vede dal grafico in pagina, prima del 25 settembre 2022, il partito che aveva maggiormente migliorato la propria performance tra due elezioni consecutive era stato il PASOK il 1977 e il 1981 in Grecia (+22,8 punti percentuali), seguito dal Partito Socialdemocratico in Portogallo tra 1983 e 1987 (+20,3 punti percentuali). In Italia, invece, il caso più eclatante di crescita elettorale era stato registrato nel 2018, quando la nuova Lega di Salvini, crescendo dal 4,1% del 2013 al 17,4%, aveva fatto registrare un incremento di 13,3 punti percentuali. Con le elezioni italiane del 2022, il risultato del partito guidato da Giorgia Meloni sarebbe comunque il migliore per un partito italiano tra due elezioni consecutive dal 1945 ad oggi.

    Figura. Le maggiori crescite elettorali in Europa Occidentale 1945-2022

    Nota: l’analisi considera 406 elezioni politiche (Camera bassa) svoltesi in 20 paesi dell’Europa Occidentale dal 1945 a oggi. I paesi inclusi nell’analisi sono: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, e Svizzera. Il dato su Fratelli d’Italia nel 2022 si riferisce ad exit-poll (Quorum per Sky TG24, SWG per La7 e Opinio per Rai).

  • La migliore performance della “destra” nella storia dell’Europa occidentale

    La migliore performance della “destra” nella storia dell’Europa occidentale

    Con l’uscita dei primi exit poll, sembra emergere un risultato storico di queste elezioni. Fratelli d’Italia e Lega, otterrebbero, considerati congiuntamente, la più alta percentuale di voti mai registrata da partiti di destra nella storia dell’Europa occidentale dal 1945 a oggi. Con il 34,7%, infatti, il risultato congiunto dei partiti di Meloni e Salvini supererebbe di 6,5 punti la migliore performance elettorale registrata fino ad oggi, ossia quella dell’FPÖ nel 2008 (28,2%). Come mostra il grafico in pagina, l’Italia era già entrata in questa speciale “classifica” nel 2018, quando i due partiti di destra avevano totalizzato il 21,7% dei voti. Si tratta quindi di una netta avanzata della destra non solo in chiave nazionale ma anche comparata.

    Figura: Le migliori performance elettorali della destra in Europa occidentale dal 1945

    Nota: l’analisi considera 406 elezioni politiche (Camera bassa) svoltesi in 20 paesi dell’Europa Occidentale dal 1945 a oggi. I paesi inclusi nell’analisi sono: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, e Svizzera. Per la selezione dei partiti di destra da considerare nell’analisi si è fatto riferimento alla famiglia politica “right-wing” di ParlGov (Döring e Manow 2022). Il dato sull’Italia si riferisce agli exit poll (Quorum per SkyTG24, Swg per La7 e Opinio per Rai).

  • Gli italiani e il giudizio sui tre governi della legislatura: Draghi il più apprezzato, ma entrambi i governi Conte superano il 50% di giudizi positivi

    Gli italiani e il giudizio sui tre governi della legislatura: Draghi il più apprezzato, ma entrambi i governi Conte superano il 50% di giudizi positivi

    Introduzione

    La XVIII legislatura ha visto la nascita di ben tre governi, confermando la tradizionale instabilità governativa del paese (Cioffi-Revilla 1984; Curini e Pinto 2017), caratterizzato oramai da molti anni da un frenetico turnover a Palazzo Chigi. In questa analisi presentiamo i dati del sondaggio CISE-ICCP* circa il gradimento delle esperienze governative che si sono succedute dal 2018 in poi. Nello specifico, proviamo a rispondere alle seguenti domande: cosa ne pensano gli italiani dell’insediamento di Draghi in sostituzione di Conte? Qual è il giudizio sulla prima esperienza di governo a guida Conte? Il secondo governo Conte riscuote un livello di gradimento più alto? E infine, qual è il giudizio sul governo Draghi?

    La sostituzione di Conte con Draghi

    Per cominciare, abbiamo chiesto un giudizio sull’avvicendamento al governo tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Come mostra la Tabella 1, il 57,6% dei rispondenti giudica favorevolmente l’insediamento a Palazzo Chigi dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea, mentre il restante 42,4% giudica la sostituzione di Conte un fatto negativo.

    Disaggregando i giudizi raccolti in base alle intenzioni di voto dei rispondenti (Tabella 2), osserviamo che i potenziali elettori di Azione-Italia Viva esprimono la percentuale più alta di soddisfazione circa l’insediamento di Draghi (88,9%). Il dato non deve sorprenderci: Renzi, leader di Italia Viva, è stato il principale responsabile della caduta del governo Conte II e ha apertamente rivendicato il suo ruolo nella sostituzione di Conte con Draghi a Palazzo Chigi. Tra le formazioni politiche del centrosinistra, tra coloro che hanno dichiarato di voler votare per il Partito Democratico si registra una percentuale elevata di soddisfazione per la nomina di Draghi (76,7%). Questa percentuale scende considerevolmente tra gli elettori dell’alleanza tra Sinistra Italiana e Verdi: solo il 36,2% reputa un fatto positivo la sostituzione del governo Conte II con il governo Draghi. All’interno della coalizione di centrodestra, i potenziali elettori della Lega guardano positivamente alla nomina di Draghi (66%). Una percentuale leggermente più alta rispetto a quella registrata per Fratelli d’Italia (61%) e senz’altro più alta di Forza Italia (56%). Un dato, quest’ultimo, che tuttavia si avvicina molto alla media generale di giudizi positivi (57,6%). Riguardo il gradimento riscontrato tra gli elettori delle forze di centrodestra, pesa sicuramente il giudizio negativo riguardo Conte, più che il consenso e l’affinità con Draghi. Al contrario, la percentuale più bassa è quella dell’elettorato del Movimento 5 Stelle (26,2%), che pure sosteneva l’esecutivo. Qui a pesare è invece probabilmente il giudizio positivo per l’esperienza del Conte II, un governo nel quale il M5S aveva una centralità ben diversa che nel successivo governo Draghi.

    Il governo Conte I

    Volgendo lo sguardo agli avvenimenti dell’inizio di legislatura, abbiamo registrato la soddisfazione riguardo l’azione di governo del governo Conte I, il cosiddetto governo giallo-verde formato da Movimento 5 Stelle e Lega (Tabella 3). I giudizi positivi (51,3%) superano di poco quelli negativi (48,7%). Il dato risulta abbastanza sorprendente, dal momento che i due partiti che lo sostenevano (M5S e Lega) risultano entrambi molto in calo secondo tutti i sondaggi (e il nostro non fa eccezione) rispetto al 2018. Possiamo quindi ipotizzare che le riforme e i provvedimenti più significativi di quel governo (su tutti, l’introduzione del reddito di cittadinanza, quota 100 e i decreti sicurezza) gli abbiano garantito una certa trasversalità di apprezzamento anche nell’elettorato dei partiti che all’epoca sedevano fra i banchi dell’opposizione.

    La Tabella 4 mostra le percentuali di giudizi positivi in base ai principali partiti e sembra confermare questa ipotesi. Come era lecito attendersi, Il Movimento 5 Stelle, forza politica che esprimeva il Presidente del Consiglio, registra la percentuale più alta di gradimento (88,4%). Inoltre, i pentastellati sono gli unici che mostrano un gradimento maggiore rispetto alla media generale. Tutti gli altri si discostano negativamente dalla media, ma solo gli elettori di Azione-IV (32%) e Fratelli d’Italia (36,2%) se ne discostano in modo netto esprimendo giudizi mediamente più negativi del resto del campione sull’esperienza giallo-verde. Il centrosinistra è sostanzialmente diviso a metà, con un apprezzamento che raggiunge il 48,2% nel caso del Partito Democratico e il 49,4% nell’Alleanza Sinistra-Verdi. Così come le altre due forze del centrodestra, Forza Italia (50,4%) e Lega (48,4%). Il dato della Lega è di particolare interesse. Nonostante il leader del partito Matteo Salvini fosse membro di spicco di quell’esecutivo, con responsabilità di conduzione del Ministero dell’Interno, gli elettori leghisti non mostrano un deciso gradimento. Le motivazioni possono essere ricercate nel condividere le ragioni della rottura del patto coalizionale suggerite dallo stesso Salvini, su cui poi il leader leghista ha posto le basi per creare la crisi di governo dell’8 agosto 2019.

    Il governo Conte II

    La crisi di governo dell’agosto 2019 ha portato alla nascita del governo “giallo-rosso” formato da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva e una parte di Liberi e Uguali (Articolo 1). Alla guida del nuovo esecutivo è stato confermato Giuseppe Conte. La Tabella 5 mostra il giudizio circa l’azione di governo del Conte II. Sebbene sia possibile osservare un aumento di gradimento, si tratta di pochi punti percentuali: da 51,3 a 52,5. Il quadro sembrerebbe dunque confermare una certa trasversalità di apprezzamento per questa esperienza di governo, alla stregua della prima esperienza governativa a guida Conte: una situazioni di “quasi pareggio” tra giudizi negativi e positivi, con una leggera superiorità degli ultimi. Questa volta, più che le singole riforme, oggetto del giudizio è sicuramente la gestione della pandemia e il lockdown, uno dei momenti più critici della storia del paese (Bull 2021).

    Ancora una volta, disaggregando per intenzioni di voto è possibile scavare più a fondo nei giudizi positivi e negativi finora raccolti. Come nel caso del primo governo Conte, il Movimento 5 Stelle è la forza politica che mostra tassi di gradimento più alti (89,5%). La netta differenza con il Conte I, però, è la più chiara divisione dell’elettorato sull’asse destra-sinistra. Il gradimento per il Conte II, infatti, scende in maniera evidente tra gli elettori di centrodestra, in particolare Lega (con la percentuale più bassa: 11,5%) e Fratelli d’Italia (17,8%). Forza Italia è in controtendenza, poiché vede aumentare leggermente il gradimento rispetto al governo Conte I, nonostante quel governo contenesse al suo interno forze del centrodestra come la Lega. Gli elettori del centrosinistra guardano con maggiore favore all’esperienza del secondo governo Conte, data la partecipazione del Partito Democratico e delle formazioni politiche della sinistra radicale. Gli elettori del Partito Democratico registrano infatti un livello di gradimento del 75,7%, mentre l’elettorato “rosso-verde” una percentuale leggermente più bassa (71%).

    Il governo Draghi

    La XVIII legislatura si chiude con il governo Draghi. Un esecutivo tecnico in tempi elettoralmente turbolenti (Emanuele, Improta, Marino e Verzichelli 2022), che, come abbiamo visto, la cui nascita è stata giudicata favorevolmente dal 57,6% dei rispondenti. L’esperienza governativa di Draghi volgerà a termine con il voto del prossimo 25 settembre. Come ha governato Draghi?  Il 62,4% giudica positivamente l’azione del suo governo. Dunque, una percentuale nettamente più alta rispetto al gradimento registrato sia per il governo Conte I che per il governo Conte II.

    Guardando al gradimento per Draghi tra l’elettorato dei singoli partiti, il giudizio è estremamente positivo tra gli elettori di Azione-Italia Viva (100%) e nel Partito Democratico (92,7%). Tra i rispondenti che hanno dichiarato di voler votare queste formazioni il gradimento per Draghi è indiscutibilmente alto. Del resto, da sempre (sin dai tempi del governo Monti), gli elettori del PD sono quelli maggiormente ben disposti nei confronti di governi tecnici e soluzioni istituzionali. Il gradimento più basso è invece riscontrabile tra gli elettori del Movimento 5 Stelle (39,7%) i quali si discostano più di tutti dalla media generale (62,4%). Il gradimento per Draghi è molto al di sotto della media anche nel potenziale elettorato della sinistra verde (41,1%). All’interno della coalizione del centrodestra il gradimento più alto risiede tra gli elettori di Forza Italia (67,7%), seguito da Lega (64,6%) e per ultimo Fratelli d’Italia (60%). Il partito di Giorgia Meloni, benché fermamente all’opposizione, ha al suo interno un elettorato non ostile a Draghi e nel complesso non distante da quello delle altre forze di centrodestra che invece sostenevano l’esecutivo. D’altronde, la stessa Meloni non ha mai cercato lo scontro frontale con l’ex banchiere centrale europeo, concentrandosi maggiormente sulla critica delle componenti di centrosinistra dell’esecutivo (su tutte: Partito Democratico e Movimento 5 Stelle).

    Conclusioni

    Dall’analisi dei livelli di gradimento per le tre esperienze governative della XVIII legislatura emerge un quadro interessante. In primo luogo, l’elettorato giudica positivamente la sostituzione di Conte con Draghi sul finale di legislatura. In secondo luogo, il governo Draghi registra una quota maggiore di giudizi positivi tra l’elettorato generale rispetto ad entrambi i governi Conte. Tuttavia, il gradimento per il Conte I e per il Conte II rimane importante e sebbene minore rispetto a Draghi, supera di poco la maggioranza assoluta. Nel complesso, gli elettori italiani hanno apprezzato le tre esperienze di governo, pur diversissime fra loro e caratterizzate da formule coalizionali mai sperimentate in precedenza.

    Sul lato dei partiti, il potenziale elettorato del Movimento 5 Stelle naturalmente si pone in netto contrasto con l’esperienza a firma Draghi, mentre giudica positivamente le esperienze di governo guidate dall’attuale leader pentastellato. Tra gli elettori del Partito Democratico convivono due anime: c’è favore sia per quanto riguarda il secondo esecutivo Conte che per l’esecutivo Draghi, con un sostanziale favore anche circa la sostituzione di Conte con quest’ultimo. All’interno del centrodestra, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega seguono strade diverse. Il potenziale elettorato di Forza Italia non è ostile alle due esperienze di governo Conte come ci si aspettava, ma conferma il gradimento all’azione di governo Draghi. Gli elettori di Fratelli d’Italia mantengono invece un giudizio critico su entrambi i governi Conte ma mostrano gradimento per il governo Draghi. Tra i leghisti un’ampia insoddisfazione è riscontrabile solo in merito al secondo governo Conte, orientato maggiormente alla sinistra dello spazio politico, mentre vi è anche in questo caso un sostanziale gradimento per Draghi.

    *Nota metodologica

    Sondaggio somministrato con metodologia CAWI su un campione di 861 intervistati, da mercoledì 31 agosto fino a lunedì 5 settembre, dalla società Demetra di Mestre. Il campione è rappresentativo della popolazione italiana in età di voto per combinazione di sesso e classe di età, titolo di studio e zona geografica. Successivamente il campione è stato ponderato per sesso, combinazione di classe ed età, zona geografica e ricordo del voto (di coalizione) espresso nella precedente elezione del 2018. I non cittadini sono stati esclusi dal questionario.

    Riferimenti bibliografici

    Bull, M. (2021). The Italian government response to Covid-19 and the making of a prime minister. Contemporary Italian Politics, 13(2), 149-165.

    Cioffi-Revilla, C. (1984). The political reliability of Italian governments: An exponential survival model. American Political Science Review, 78(2), 318-337.

    Curini, L., & Pinto, L. (2017). L’arte di fare (e disfare) i governi: Da De Gasperi a Renzi, 70 anni di politica italiana. EGEA spa.

    Emanuele, V., Improta, M., Marino, B., & Verzichelli, L. (2022). Going technocratic? Diluting governing responsibility in electorally turbulent times. West European Politics, 1-29. https://doi.org/10.1080/01402382.2022.2095494.

    Copyright immagine in copertina: Filippo Attili

  • Going technocratic? Diluting governing responsibility in electorally turbulent times

    Going technocratic? Diluting governing responsibility in electorally turbulent times

    Emanuele, V., Improta, M., Marino, B., and Verzichelli, L. (2022) Going technocratic? Diluting governing responsibility in electorally turbulent times, West European Politics, DOI: 10.1080/01402382.2022.2095494

    Technocracy has recently triggered growing scholarly interest, especially as an alternative form of ruling to both party government and populism. In the context of weakened parties-citizens links and increasing external constraints faced by Western European ruling parties, technocratic appointments might help deal with the responsibility-responsiveness dilemma highlighted by Peter Mair. However, research on the explanatory factors of technocratic appointments is still underdeveloped. This article argues that the recourse to technocracy is fuelled by electoral volatility. In contexts of high electoral turbulence – and even more when parties frequently enter or exit the party system – ruling parties turn to technocratic appointments to dilute responsibility. This expectation is tested through an original longitudinal multilevel dataset including 655 cabinets and 373 elections in 20 Western European countries from 1945 to 2021. The findings of this article contribute to the current debate on technocracy and shed new light on the general understanding behind political representation.

  • Comunali 2022, il quadro dei vincitori e delle sfide al ballottaggio nei 142 comuni superiori

    Comunali 2022, il quadro dei vincitori e delle sfide al ballottaggio nei 142 comuni superiori

    *Una prima versione di questo articolo è stata pubblicata su Il Sole 24 Ore del 14 giugno 2022

    Sebbene ancora parziali, i risultati delle elezioni comunali di ieri sembrano fornirci tre indicazioni piuttosto chiare: il centrodestra, quando è capace di formare coalizioni unitarie, è in questo momento maggioritario nel paese; al suo interno Fratelli d’Italia conferma nelle urne il predominio che ormai da mesi gli viene attribuito dai sondaggi, a scapito della Lega (sorpassata dal partito della Meloni anche nelle tradizionali roccaforti del Nord); il ‘campo largo’ di centrosinistra appare ancora piuttosto ‘stretto’ sul piano locale, con il M5S ormai marginale se non del tutto assente e un Pd che dimostra il suo radicamento ma fatica a costruire coalizioni davvero larghe e vincenti.

    Nel contesto di uno spoglio che è andato avanti con estrema lentezza e dove, a 8 ore dall’inizio dello scrutinio, in ben 13 comuni superiori ai 15.000 abitanti sui 142 al voto non era disponibile il risultato di nemmeno una sezione, il quadro complessivo delle vittorie e dei ballottaggi è quello delle tabelle in pagina.

    Tabella 1 Vincitori al I turno e confronto con le precedenti comunali

    Cominciando dalle prime, sono 79 su 142 i comuni già assegnati. Oltre metà dei comuni superiori al voto ha già eletto il proprio sindaco. Un dato piuttosto alto che testimonia una complessiva riduzione della frammentazione del quadro politico che con l’avvicinarsi delle elezioni del 2023 diventa progressivamente meno caotico riavvicinandosi agli schemi bipolari classici che avevano caratterizzato la Seconda Repubblica. Si osserva un discreto vantaggio delle coalizioni di centrodestra e destra che vincono in 34 comuni (di cui 28 con Forza Italia e 6 senza) contro i 28 del centrosinistra. Si tratta di un deciso avanzamento rispetto alla situazione di partenza che, come riporta la Tabella 1, vedeva un sostanziale pareggio fra le due coalizioni (53 a 52, includendo nel centrosinistra anche i comuni vinti dal M5S, vedi Angelucci et al. 2022). Il vantaggio del centrodestra è ancora più ampio se consideriamo i soli capoluoghi di provincia: qui il blocco conservatore ha vinto 8 comuni (tra cui le importanti vittorie di Genova e Palermo, le due principali città al voto) mentre Pd e alleati si fermano a 3. Completano il quadro 12 sindaci civici, 3 che guidano coalizioni centriste e 2 sostenuti da coalizioni di sinistra senza il Pd. Il successo del centrodestra è deriva principalmente dal risultato del Nord, dove i candidati del blocco Meloni-Salvini-Berlusconi nei diversi formati coalizionali doppiano le forze di sinistra (19 a 8). Nel Sud si nota un maggiore equilibrio (13 a 14, con i candidati civici che al momento portano a casa ‘solo’ 9 vittorie contro le 24 delle precedenti comunali) mentre nella Zona rossa è in vantaggio il centrosinistra (6 a 2).

    Tabella 2 Il quadro delle sfide al ballottaggio

    Ovviamente il quadro risulta ancora estremamente parziale e andrà completato con i ballottaggi le cui sfide sono sintetizzate nella Tabella 2. Nella metà circa dei comuni (32 su 63) che andranno al ballottaggio fra due settimane si riproporrà la classica sfida fra centrosinistra e centrodestra (o destra), con le coalizioni guidate dal Pd che partono in vantaggio in 14 comuni e dovranno inseguire il candidato rivale nei restanti 18. Nel complesso le coalizioni a guida Pd competeranno in 41 città su 63 mentre quelle di centrodestra in 35 (44 se consideriamo anche le coalizioni di a guida Lega o Fratelli d’Italia che in 3 città affronteranno il derby contro candidati di Forza Italia). Si assiste poi ad un vistoso arretramento dei candidati civici che correranno al ballottaggio in 25 comuni (di cui 4 in cui la sfida sarà tra due civici). Considerando i comuni già assegnati al primo turno, i candidati civici potrebbero, nella migliore delle ipotesi, raggiungere la cifra di 37 comuni vinti contro i 36 delle scorse comunali. Quasi certamente, però, rimarranno ben al di sotto di tale cifra. Infine merita una considerazione finale il M5S. Il partito di Conte aveva vinto 8 comuni cinque anni fa. In questo primo turno non ne ha vinto nessuno e ai ballottaggi correrà per vincere solo in 2 città. Questo dato, unito alle deludenti performance elettorali nei grandi comuni al voto, fa suonare certamente un forte campanello d’allarme circa la competitività del Movimento non solo fra i pentastellati ma per l’intera strategia coalizionale del centrosinistra.

    Riferimenti bibliografici

    Angelucci, D., Emanuele, V., Improta, M., Marino, B., Paparo, A., e Trastulli, F. (2022), ‘Tutti i numeri delle comunali: situazione di partenza, offerta e formule coalizionali nei 142 comuni superiori al voto’, https://cise.luiss.it/cise/2022/06/11/tutti-i-numeri-delle-comunali-situazione-di-partenza-offerta-e-formule-coalizionali-nei-142-comuni-superiori-al-voto/

  • The Deinstitutionalization of Western European Party Systems

    The Deinstitutionalization of Western European Party Systems

    Alessandro Chiaramonte is Full Professor of Political Science at the University of Florence, Italy.
    Vincenzo Emanuele is Assistant Professor of Political Science at Luiss Guido Carli in Rome, Italy.

    “Despite the many studies on the crises of Western European party systems over the past three decades, few are theoretically novel and even fewer are characterized by relevant empirical assessments. This groundbreaking book is indeed one of them. Chiaramonte and Emanuele offer an encompassing account of the evolution of party systems in Western Europe, an excellent discussion of the theoretical components of their deinstitutionalization, as they put it, and masterly empirical analyses of their factors.”
    —José Ramón Montero, Universidad Autónoma de Madrid, Spain.

    “Although a great deal of attention has been devoted to party system ‘institutionalization’ in new democracies, this book focuses on the much more momentous ‘deinstitutionalization’ of the party systems of old democracies. Evidence of this phenomenon has been accumulated in various domains, and the book provides a comprehensive and coherent multidimensional framework to analyze the crisis affecting party systems with new data, indicators, and techniques.”
    —-Stefano Bartolini, European University Institute in Florence, Italy.

    This book offers a systematic and far-reaching account of party system institutionalization in Western Europe. Drawing upon a wide array of data and through a comparison of 20 countries from the end of WWII to 2019 across three arenas of party competition (electoral, parliamentary, and governmental ones), the empirical analysis shows that, over the past decade, the level of institutionalization in the Western European party systems has dramatically declined compared with previous decades. Electoral, parliamentary, and – in some cases – governmental instability and unpredictability have reached record-high levels. Although the impact of the 2008 Great Recession has certainly worked as a catalyst, this process of de-institutionalization has been mainly driven by long-term factors, such as cleavage decline and the titiming of the democratic onset. Moreover, its consequences are relevant not only for the relationship between parties and voters, but also for the very quality of democracy, as party system deinstitutionalization causes a decline in the citizens’ satisfaction of the way democracy works and even an erosion of the ‘objective’ democratic standards. In a nutshell, Western Europe, once seen as the land of stability and the cradle of democracy, may have become the land of party system deinstitutionalization and incipient democratic backsliding.

    Party systems; Party Politics; Elections; Democracy; Time-series-cross-section analysis

    Chiaramonte, A. and Emanuele, V. (2022), The deinstitutionalization of Western European party systems, London: Palgrave Macmillan.

    Clearly, there are some people to thank. First, we thank all panel chairs and discussants of the conferences where we presented some preliminary drafts of our work. Preliminary versions of book chapters were presented at the conference ‘Political parties in comparative perspective’ held at the Georgetown University and the New York University, Florence, March 22-23, 2018; at the 114th annual conference of the American Political Science Association, Boston, August 30-September 2, 2018; at the 12th ECPR General Conference, Hamburg, August 22-25, 2018; at the CISE LUISS Seminar, Rome, December 6, 2018; at the 26th International Conference of Europeanists, Carlos III University, Madrid, June 20-22, 2019; at the 115th APSA Conference, Washington DC, August 29-September 1, 2019; and at the XXXIII SISP Conference, Lecce, September 12-14, 2019. We thank Hans Noel, Paul Webb, Richard Katz, Darren Schreiber, Zac Greene, Michelangelo Vercesi, Maria Laura Sudulich, Aiko Wagner, Michal Kotnarowski, Alejandro Tirado Castro, José Rama, Andrés Santana, Piotr Zagórski, Martin Bull, Despina Alexiadou, Davide Gianluca Bianchi, Francesco Raniolo, and Alessandro Campi for their feedbacks. We also warmly thank other colleagues with whom, in different venues, we discussed some book-related topics: amongst the many, Liesbet Hooghe, Gary Marks, Fernando Casal Bértoa, Paolo Segatti, Scott Mainwaring, Sorina Soare, Nicola Martocchia Diodati, Piero Ignazi, and Leonardo Morlino.

    This book was born from the discussions held at the Florentine seat of the CISE and was enriched from the constant debates with the other researchers of the CISE. We therefore wholeheartedly thank the CISE founder Roberto D’Alimonte, the CISE director Lorenzo De Sio and the CISE researchers and collaborators, including Aldo Paparo, Nicola Maggini, Davide Angelucci, Luca Carrieri, Davide Vittori, and Federico Trastulli. A special ‘thank you’ shall go to Marco Improta for his help with the collection of the governmental data, Bruno Marino for having accurately read the entire manuscript, and Palgrave’s anonymous reviewers. As usual, we bear full responsibility for the errors and the shortcomings of this work.

  • Anatomy of the Italian populist breakthrough: a ‘demarcationist’ fuel driving Lega and Five-star Movement electoral success?

    Anatomy of the Italian populist breakthrough: a ‘demarcationist’ fuel driving Lega and Five-star Movement electoral success?

    To cite the article:

    Emanuele, V., Santana, A., and Rama, J. (2021), ‘Anatomy of the Italian populist breakthrough: a ‘demarcationist’ fuel driving Lega and Five-star Movement electoral success?’ Contemporary Italian Politics, DOI:10.1080/23248823.2021.2000346

    The article is open access and can be accessed here

    Abstract

    At the 2018 general election, Italy’s two main populist parties, the Five-star Movement (M5s) and the League (Lega), achieved unprecedented success. They secured an absolute majority of votes and seats and eventually gave birth to the first government in Western Europe to be composed entirely of populist parties. Although the two parties are today located on opposite sides of the political spectrum, their experience of governing together raises relevant questions about the compatibility of their electorates. Using individual-level survey data, in this article we analyse the predictors of electoral support for the two parties. Empirical results show that the parties’ voters occupy opposing positions on the left-right dimension and do not share all populist traits but share a ‘demarcationist’ profile, as not only the Lega but also the M5s is influenced by anti-EU and anti-immigration attitudes.